Nel 1984 Elia s’impegna nella vendemmia dei vigneti del padre in provincia di Reggio Emilia. Trova un inatteso aiuto nell’arrivo della cittadina Emilia che, alla vigilia della laurea, cerca di pagarsi almeno le spese del soggiorno. Da Londra arriva poi un suo fratello maggiore che provoca scompigli nella quiete campestre della famiglia. All’inizio la sequenza della masturbazione di Elia, di spalle accostata all’immagine di un crocifisso casalingo vicino al titolo, fa sospettare che questa opera prima rientri nel filone di un maledettismo infrancesato all’emiliana. L’esordiente Righi, invece, si ispira semmai alla lezione del bolognese Valerio Zurlini. Lo si sente sia nel lirismo con cui descrive la natura, sia nel riserbo sui sentimenti dei personaggi, affidati ai gesti e agli sguardi più che ai dialoghi, riserbo che un po’ si disperde nell’accelerazione narrativa dopo l’arrivo del fratello. Azzeccate la scelta e la direzione dei giovani protagonisti D’Agostin e Longhi. Produzione di Simona Malagoli per Ierà/Indiosmundo. Distribuisce Ierà.
Valerio è un aspirante attore ventinovenne che non riesce a sbarcare il lunario e nei momenti di sconforto fissa il suo trenino elettrico. L’amico d’infanzia Christian è un pusher (ma lui precisa: “rivenditore al dettaglio”) che fa affari con la mala cinese. Valerio vive con Serena, che persegue un dottorato grazie ad una borsa di studio e comincia a sentir ticchettare l’orologio biologico. Christian invece vive con la nonna che ha visioni della Madonna e aggredisce chiunque entri in casa. Infine Giovanna, sorella di Valerio, fa la fisioterapista e mantiene il fratello, invitandolo ripetutamente a crescere e a prendersi le sue responsabilità nei confronti di Serena. Cosa che, a modo suo, fa anche il pragmatico Christian, convinto che le donne non vadano capite ma protette. Nel panorama della commedia italiana contemporanea, in cui hanno la meglio (produttivamente e distributivamente parlando) le messinscene paratelevisive popolate da giovani gaudenti e senza un problema al mondo, l’esordiente trentenne Ciro De Caro racconta il mondo dei suoi coetanei in modo totalmente realistico, a cominciare dai dettagli di ambiente e dalla descrizione della realtà (non) lavorativa dei giovani.
Dopo le rivolte studentesche del ’68, Michele è esiliato a Londra, ma si mantiene in contatto epistolare con la madre e le sorelle. Un giorno arriva la notizia che Michele è morto. Tratto dal romanzo (1973) di Natalia Ginzburg, sceneggiato da S. Cecchi D’Amico e Tonino Guerra e diretto da un Monicelli maturo e impegnato, è un buon film, insolito e intelligente.
Da un romanzo di Michael Crichton: un satellite artificiale precipita in un villaggio del Messico, provocando un’epidemia che uccide quasi tutti tranne un vecchio e un bambino. Buon film di fantascienza con effetti speciali, rumori speciali, parole speciali e l’intento di fare una piccola lezione di morale. Film solenne, attento ai dettagli, efficace nel sostenere la suspense.
La NASA sta per lanciare verso Marte navicella spaziale. Per un guasto la spedizione viene simulata, ma non tutti credono all’inganno. Tipico frutto della paranoia americana dopo lo scandalo Watergate, acquista nella 2ª parte la sua vera fisionomia di apologo contro il potere, pur mantenendo le cadenze di un thriller d’inseguimento. Nel 1975 era uscito il best seller Non siamo mai andati sulla Luna di Bill Kaysing.
I subita sono tradotti dai subeng con google, potrebbero esserci delle imprecisioni. I subita presenti in rete non erano sincronizzati.
Sin City è una città nera, dove la notte non tramonta mai, abitata da una schiera di personaggi più cupi della notte stessa. Tutti cattivi, ognuno a modo suo: Marv, tenero bestione con un talento creativo per la sofferenza altrui; Kevin, ragazzo emotivo che ritrova la serenità divenendo uno spietato divoratore di esseri umani; la sua abietta guida spirituale il cardinale Roark, padrone della città; Dwight, fascinoso criminale che asseconda il suo destino e dispensa morte a piene mani; Gail, sua amata e regina delle prostitute che governano la città vecchia, donne che danno grande piacere, se si paga bene e si sta alle regole, o grande dolore, se si va oltre il seminato; un bastardo giallo, che violenta e mangia bambine impunito, coperto dal mostro suo padre che è anche Senatore della città, e contrastato solo da Hartigan, uno sbirro sul viale del tramonto disposto ad una carneficina per fermarlo e salvare Nancy, timida ballerina di lap dance. Esseri che hanno poco di umano, anime nere che anneriscono il già nero skyline della città del peccato. E in mezzo a tutto questo nero, ogni gesto fuori dal piano regolatore che la morte stessa sembra attuare, brilla di un vivido accecante: il grande cuore rosso di Goldie, il sangue scarlatto versato in olocausto e quello giallo per la catarsi di Hartigan, occhi verdi, azzurri e d’oro che sono l’unica traccia di un’anima dietro le armi. Dopo alcuni mezzi e mal riusciti adattamenti da lui supervisionati, Frank Miller si decide finalmente a mettere il suo nome a corredo di una sua storia trasposta dal fumetto alla pellicola. Per chi conosce Miller, questa è la fine di un’attesa durata vent’anni; per chi non sa chi sia, perché magari pensa che i fumetti siano roba da bambini, basti dire che Frank Miller è, semplicemente, indiscutibilmente, il re del noir degli ultimi venti anni, a prescindere da ogni disciplina artistica, artigianale o d’intrattenimento che si voglia considerare. Se questo film fosse uscito nel 1991, quando cioè è nato, con stile molto cinematografico, sulle pagine della Dark Horse Comics, oggi il linguaggio cinematografico sarebbe diverso da come lo conosciamo: per esempio, non sarebbe affatto doveroso fare una citazione dietro l’altra, ma si racconterebbero storie che iniziano coi titoli di testa e finiscono coi titoli di coda. Oggi Miller, che da qualche anno non sforna più capolavori di carta, si è fatto dei compagni di merende: Tarantino e Rodriguez, due tipi in gamba che sanno benissimo quanto grande sia il debito che hanno col maestro. Dal primo si è fatto spiegare un po’ di marketing, dal secondo come si accende la macchina da presa, ha ripescato uno dei tanti suoi soggetti eccelsi del passato e ne ha fatto un film magnifico. Se la prossima volta il signor Miller avrà il coraggio di fare tutto da solo, e avrà premura di scrivere come sa fare, potremmo davvero trovarci di fronte ad un nuovo Anno Zero del cinema d’azione. Altro che Pulp Fiction…
Quentin Tarantino, come «Special Guest Director», ha diretto la sequenza in macchina con Jackie Boy (Benicio del Toro) dell’episodio Un’abbuffata di morte per la simbolica cifra di 1 dollaro, restituendo un favore all’amico Rodriguez, che aveva composto alcune musiche per il suo Kill Bill per la stessa cifra.
Investigatore privato assunto per rintracciare ragazza scappata di casa si reca in Florida ed è coinvolto in misterioso intrigo che fa capo a preziosa statuetta. Penn prende una detective story e, intrecciando due fili narrativi (l’investigazione e la vita privata dell’investigatore), la trasforma in un film nero di obliqua suggestione e di fascino malato. Hackman eccellente. Scritto da Alan Sharp.
Justin Kemp, giovane uomo con un passato alcolico e un futuro da papà – la moglie aspetta la loro bambina -, è convocato come giurato in un sordido caso di omicidio alle porte di Savannah, in Georgia. La vittima, Kendall Carter, è stata presumibilmente picchiata a morte e abbandonata in un fosso dopo una violenta discussione col suo ragazzo, membro pentito di una gang di quartiere. Il colpevole ideale per i dodici giurati e per il procuratore della contea in piena campagna elettorale. Faith Killebrew espone i fatti e la vertigine sale.
Clint Eastwood non ha più tempo da perdere, a 94 anni continua a girare con la regolarità di un metronomo e va dritto al punto, piombandoci in una (messa in) scena coniugale, un’immagine che il film metterà rapidamente in crisi. Giurato numero 2 gioca costantemente col motivo del visibile e dell’invisibile, dell’evidente e del nascosto: la sposa bendata, il protagonista abbacinato dal temporale, il testimone confuso dalla distanza, il pubblico ministero ‘accecato’ dalla carriera… L’autore passa il tempo a evidenziare i punti ciechi, quello che i personaggi non vedono o non vogliono vedere. Ma è tutto lì, in piena luce. La fotografia è limpida, l’illuminazione uniforme, l’inquadratura spinta al massimo punto di eccellenza, eppure tutti guardano senza vedere. E qui risiede la profondità del film, molto più che nel dilemma morale che deve affrontare l’eroe e che richiede una sola scelta giusta. Non è tanto la morale in sé a essere messa in discussione, quanto la nostra capacità di cogliere i fatti a cui applicarla.
Ultimo film di Clint, non ai livelli dei capolavori del passato comunque un ottimo film che merita una visione.
Sopravvissuti due volte. Alla vita di prima, piena di scheletri nell’armadio, e a quella sull’isola, ancor più pericolosa e sul filo del rasoio. Due volte perduti: caduti dalla pentola nella brace. Quello che succede ai passeggeri del volo 815 della Oceanic Airlines con rotta da Sidney a Los Angeles travalica l’incidente aereo e diventa un caso “ai confini della realtà”. Su quale isola del Pacifico del sud sono precipitati i 48 sopravvissuti del disastro? Che razza di creatura è quella che ha dilaniato in un sol colpo il copilota dell’aereo intrappolato ancora vivo nella cabina di pilotaggio finita in cima agli alberi? Come fa un orso polare a trovarsi su un atollo tropicale? Che cosa nasconde il messaggio che si ascolta una volta riattivata la radio, proveniente dall’isola e sempre lo stesso da 16 anni? Ma soprattutto: chi diavolo sono e che cosa nascondono gli scampati alla tragedia?
Un film di Narciso Ibañez Serrador. Con Lewis Flander, Prunella Ramsone, Antonio Iranzo Titolo originale ¿Quién puede matar a un niño?. Drammatico, durata 92 min. – Spagna 1976. MYMONETRO Ma come si può uccidere un bambino? valutazione media: 3,17 su 10 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Thomas arriva insieme a sua moglie in un’isola spagnola per trascorrere una vacanza. I due si accorgono che l’isola è popolata solo da bambini. In realtà, gli adulti sono stati uccisi dagli stessi bambini; per salvarsi occorre dunque uccidere i piccoli. È una cosa ripugnante, ma Thomas deve farsi forza.
La serie è ambientata in una ucronica età della Reggenza inglese[1] in cui non vi è razzismo e i monarchi e i nobili britannici sono anche neri o mulatti. Seguendo la cronologia dei romanzi, ogni stagione è autoconclusiva e incentrata su uno dei fratelli Bridgerton: Anthony, Benedict, Colin, Daphne, Eloise, Francesca, Gregory e Hyacinth.
Ogni stagione si muove nello stesso arco temporale: la stagione sociale, il momento dell’anno in cui l’alta società ritorna nelle dimore di Londra, ed i figli dei nobili che hanno raggiunto l’età idonea vengono presentati ed introdotti in società, partecipando a balli ed eventi mondani per cercare moglie o marito. Le stagioni di Bridgerton si aprono quindi con il debutto delle ragazze davanti alla regina, la quale per tradizione sceglie una favorita il cui favore la proteggerà e accompagnerà durante la stagione.
Due provinciali ventenni, Tina e Lia, giungono in città in autostop. Non sanno nemmeno loro che cosa vogliono e allora si aggregano a una comune dove c’è di tutto: droga, sesso, ragazza-madre con tre gemelli a carico, un confidente della polizia, ecc.
Carlo, giovane emigrato da Rovigo in un Paese nordeuropeo, s’esibisce come “stallone” nei night-clubs. Poiché ha bisogno di molti soldi, si prostituisce occasionalmente anche ai viziosi coniugi Paul e Veronica. Un giorno, però, alla vista della loro figlia Charlotte, se n’innamora e decide di lasciare il mestiere e sposarla: purtroppo si scopre impotente con lei, poiché la propria virilità si manifesta solo davanti agli spettatori. Charlotte gli si offre davanti ai clienti di un night-club, ma poi l’abbandona per sempre.
Guido Maldini vive con la sua famiglia in una tenuta della campagna padana ai tempi del fascismo. Il suo temperamento dispotico e violento lo fa odiare da tutti e dal figlio innanzitutto che, colto dall’esasperazione, cerca invano di ucciderlo.
La menzogna. Sofia frequenta, insieme all’amica Chiara, una scuola di recitazione. L’insegnante, Mariangela Melato, afferma che l’attore deve saper fingere e affinare questa sua capacità. Allora Sofia mente, con tutti, anche con il suo ragazzo, Cesare. Questo la porta a scoprire una verità scomoda: Chiara e Cesare si amano.La verità. Sofia fugge. Raggiunge la Svizzera e incontra un ferroviere. In treno ha letto una rivista su cui Stefania Sandrelli afferma che l’attore cinematografico è sempre sé stesso. Al ferroviere offre per simpatia una prestazione sessuale, salvo poi recarsi dalla moglie e dirle tutta la verità. L’illusione. Sofia torna a casa sconvolta e scopre che la relazione tra Cesare e Chiara è già finita. Parte per Roma per affrontare un provino cinematografico. Qui ha luogo un duetto seduttivo tra lei e il regista sulla base di quanto afferma Alida Valli e cioè che l’attrice è un’illusa che illude. Giuseppe Bertolucci non smette di sperimentare ma questa volta lo fa con un vigore maggiore rispetto a Il dolce rumore della vita. Interrogandosi nuovamente sul senso della vita e della sua rappresentazione, Bertolucci raggiunge un livello più elevato di maturità stilistica.
Graziano, un brigadiere di scorta a un magistrato che indaga su trame poco chiare, riesce a mettere il giudice che deve proteggere sulla strada giusta e a fargli capire molte cose sull’omicidio di cui si sta occupando. Il giudice viene per questo ucciso, e a Graziano viene affidata la protezione di un altro alto magistrato, connivente col terrorismo.
Un altro film dell’accoppiata Russell-Jackson. Si tratta di una storia molto vicina a Donne in amore e si può considerare come il prologo di quel capolavoro. Una giovane ragazza inglese è divisa tra un professore e un soldato.
40 anni dopo la canzone di David Bowie “Space Oddity” – che raccontava le peripezie di un astronauta intristito – suo figlio esordisce nella regia con un film di SF intimista a basso costo, scritto da Nathan Parker e imperniato sul tecnico Sam Bell che, da 3 anni solo su una base lunare, lavora per la multinazionale Lunar Industries per spedire ogni giorno capsule di Elio 3, energia solare più pulita di quella terrestre. Lo aiuta Gertie, robot parlante: lo consiglia, lo tiene in contatto video con moglie (che forse sta per lasciarlo) e figlia, gli serve cioccolata calda, lo rade. 2 settimane prima del rientro gli capita un incidente in jeep e scopre l’esistenza di un replicante, un altro Sam Bell. In attesa della squadra di salvataggio, i due cercano di superare la reciproca crisi d’identità. Prodotto da Trudie Styler, moglie di Sting, fotografato da Gary Show, musicato da Clint Mansell, è un film artigianale all’antica (senza computer-graphic ): una SF da camera, con un suo semplice spessore originale anche nella spettrale parte finale da incubo e delicate sfumature sui temi della solitudine e del valore della memoria. Rockwell se la cava bene nella doppia parte.
Scritto con Joey Curtis e Cami Delavigne, è una tristissima storia d’amore sotto il segno delle differenze che in una giovane coppia si acuiscono col tempo, e delle svolte che non arrivano. Si cita un blues di successo: “You Always Hurt the One Who Loves” (“Fai sempre del male a chi ama”). Gosling lo suona con l’ukulele, la Williams improvvisa un tip-tap per la strada. Pochi anni dopo i due si rinfacciano, rimpiangono, si accusano. Nel frattempo la fotografia luminosa dell’amore nascente diventa livida e cupa. Nulla da eccepire sulla bravura dei 2 protagonisti; la Williams si guadagnò anche una candidatura all’Oscar. La regia asseconda con puntiglio dolente i simboli, le allusioni, le trovate plastiche. Musiche di Grizzly Bear. Uscito in USA nel 2010, è rimasto congelato per 3 anni e distribuito da noi col contagocce (dalla meritoria Movies Inspired). Troppo sentimentale per il pubblico italiano?
Mahmud Nasir è un musulmano che vive a Londra con la moglie e i due figli. Pur essendo intimamente devoto non è un praticante impeccabile, cede ai piaceri dell’alcool, a un linguaggio colorito e salta buona parte delle preghiere obbligatorie ma, in previsione del matrimonio del figlio più grande con la figliastra di un leader integralista, si prepara a dimostrarsi un vero musulmano, per ottenere la benedizione del futuro consuocero e far felice la sua famiglia. Peccato però che, proprio negli stessi giorni, Mahmud scopra per caso di essere stato adottato e, soprattutto, di essere nato ebreo, sotto il nome di Solly Shimshillewitz.
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