Avventura veneziana assai Kitsch di una zitella americana (Hepburn in gran forma) con l’amante latino già sposato (chi se non Brazzi?). Regia accurata e convenzionale di Lean per un film turistico-sentimentale che spiacque ai critici, ma ebbe un grande successo nei paesi di lingua inglese, aprendo al regista la via alle successive coproduzioni internazionali. Bella fotografia di J. Hildyard. Tratto dalla commedia The Time of the Cuckoo (1952) di A. Laurents. Musiche di Alessandro Cicognini, il compositore preferito di V. De Sica. Titolo in GB: Summer Madness.
Un film anomalo per il regista Cronenberg. Un pilota di dragster perde il contratto con il manager e decide di gareggiare da indipendente. Il problema è vincere nonostante si cerchi in tutti i modi di farlo perdere.
Jane è una ragazza senza radici che sta iniziando una carriera nell’ambiente del porno e, quando non lavora, passa le giornate con la collega Melissa, tra canne e videogiochi, e con l’unico affetto della sua vita, il chihuahua Starlet. Un giorno, decisa a personalizzare la sua stanza in affitto, acquista un thermos da una vecchietta che ha allestito una piccola vendita nel suo giardino. Un thermos che si rivelerà contenere diecimila dollari. In dubbio sul da farsi, Jane comincia a frequentare la vecchia Sadie e a farle da autista. La donna dapprima è diffidente, poi pian piano si apre a questa amicizia inattesa e sempre più importante. Come un coniglio estratto da un cilindro apparentemente vuoto, come un mucchio di soldi trovati dentro un vecchio utensile, Starlet è qualcosa di magico e fortunato, che vive di una serie di casi incredibili, proprio come l’incontro che racconta.
Tema: la felicità. Che cos’è e come la si ottiene? Quanto pesa il caso (la forza del destino) e quanto le scelte? In che misura con grandi o piccoli gesti possiamo influire sulla vita di un estraneo? Tutte ambientate a Manhattan (N.Y.), s’intrecciano – in una narrazione fluida e ben legata ma non lineare – 5 storie di 4 gruppi sociali (avvocati, insegnanti e allievi, donne delle pulizie, periti delle assicurazioni). 2° film di Sprecher (vincitrice del Festival di Torino 1997 con Clockwatchers ) scritto con la sorella Karen. Sono evidenti il piacere di raccontare storie e personaggi, la cura dei particolari, il gusto di una regia efficace e polita, l’impegno di attori noti e meno noti. C’è anche un lucido discorso laico sulla speranza per chi, pur avendo la sua croce, ne tiene conto, ma reagisce e non si rassegna.
Musical proletario imperniato su Nick Murder, operaio siderurgico di New York, quartiere Queens, che tradisce Kitty, madre delle sue tre figlie, con Tula, fulva commessa di facili costumi, finché capisce che, benché sessualmente appagante, una relazione extraconiugale non può sostituire la famiglia e l’amore che, nonostante tutto, prova per la moglie. Scritto e diretto da J. Turturro alla 3ª regia, è il film più cattolico e, nella 1ª parte, più becero tra quelli in concorso a Venezia 2005, nutrito dai dialoghi più spiritosi e scurrili mai usciti da Hollywood. Sa essere sentimentale e insolente, delicato e sciamannato, sottile e sghignazzante. Nel suo temerario miscuglio di comicità, tragedia, amore, sesso, pathos, poesia, canzoni e balletti può respingere o irritare gli spettatori bennati, ma è così ricco di invenzioni registiche da rifornire dieci commedie hollywoodiane dell’ultimo decennio. Attori strepitosi, anche K. Winslet in controparte, che cantano con le voci di Janis Joplin, Tom Jones, Connie Francis, Bruce Springsteen, Ute Lemper, Anna Identici, tranne il duetto Sarandon/Gandolfini che intona “The Girl That I Marry” di I. Berlin. Prodotto da Joel ed Ethan Coen. Non distribuito, o quasi, negli USA.
La storia di un gruppo di sopravvissuti a un’epidemia di zombie che si è abbattuta su tutto il pianeta. Guidati dallo sceriffo Rick Grimes (interpretato dall’attore inglese Andrew Lincoln), i superstiti vagano alla ricerca di un posto sicuro dove rifugiarsi. Ma l’assedio quotidiano a cui sono sottoposti e il costante pericolo di morte non tardano a far emergere i peggiori istinti dell’essere umano. Nella battaglia per difendere la vita dei suoi famigliari e dei suoi compagni, Rick sarà costretto a rendersi conto che la paura e la disperazione dei sopravvissuti possono essere molto più insidiose dei morti viventi.
Nella notte di San Silvestro Gioia Fabbricotti (Magnani), che fa la comparsa a Cinecittà dove è chiamata Tortorella, incontra casualmente il vecchio amico Umberto Pennazzuto (Totò) detto Infortunio, ridotto a far da palo al ladro Lello (Gazzara). Per un equivoco Tortorella crede che Lello voglia corteggiarla e finisce in prigione al suo posto. Tratta da due racconti ( Le risate di Gioia , Ladri in chiesa ) di Alberto Moravia, sceneggiata da Suso Cecchi D’Amico, Age & Scarpelli, è una notturna commedia buffa dai risvolti tristi che contano e pesano più della facciata, appoggiata a due malinconici personaggi di vinti dalla vita cui si aggiunge Lello, diseredato come loro, ma più lucido e ribelle. M. Monicelli dosa con sapienza, comicità e amarezza, crepuscolarismo e satira di costume, affidandosi al godibilissimo duetto di una Magnani bionda e bravissima e di un Totò in grande forma. Gazzara, americano di origine siciliana, s’inserisce agevolmente tra i due.
Damien ha diciasette anni e frequenta con profitto il liceo. Figlio di un pilota in missione e di una madre dottoressa, da qualche tempo ha un problema. Un problema che ha il volto e il piglio sfrontato di Tom, che non perde occasione a scuola per provocarlo. Figlio adottivo di una coppia che gestisce una fattoria in montagna, Tom ha paura di amare e tiene a distanza chi vorrebbe tanto farlo. Come Damien che con la pubertà ha scoperto il desiderio e la sua inclinazione sessuale. Ma Tom non ci sta e tra loro il confronto si fa aspro. Poi la vita, scandita da trimestri, irrompe gravosa togliendo o donando dentro una nuova stagione.
Domestica di mezza età, campagnola semplice e buona, fa da spettatrice in una famiglia borghese gretta e in crisi. Sceneggiato con maestria da Ennio Flaiano e Rodolfo Sònego, è un film intimista, giocato sulle mezze tinte, curato nei particolari, azzeccato nelle psicologie e nella descrizione di un ambiente. Tra i migliori di Emmer.
Il passaggio della tredicenne Vic (Marceau) dall’infanzia all’adolescenza viene visto attraverso i rapporti con i coetanei, la famiglia, l’amore. Il tutto pervaso di poesia e delicatezza.
Brown è a capo di una potente organizzazione fuorilegge e il tenente Diamond cerca disperatamente di rintracciare Alicia, moglie di Brown, che con la sua testimonianza potrebbe far condannare il marito. Ma la donna è tenuta prigioniera dal gangster il quale, nel tentativo di fuggire in seguito al tradimento di alcuni suoi affiliati, porta con sé Susan, una splendida ragazza che lo amava prima di sapere chi egli fosse in realtà. Susan interessa anche a Diamond, il quale insegue i due e fa arrestare Brown, non senza qualche difficoltà.
Le pellicole cinematografiche di Star Trek sono tredici, prodotte dal 1979 al 2016. Il cast protagonista dei primi sei film è quello della serie classica, capitanato da Kirk.[73] Nei quattro film successivi l’equipaggio di Kirk lascia posto a quello della “Next Generation” comandato da Picard. Il settimo film, Generazioni, costituisce il “trait d’union” tra i due differenti cast e li vede entrambi presenti.[74] L’undicesimo, il dodicesimo e il tredicesimo film, del 2009, 2013 e 2016, rappresentano invece un reboot della serie classica ambientati in una nuova linea temporale, con un cast completamente rinnovato (tranne Leonard Nimoy che interpretò nei primi due film un cameo nei panni di uno Spock anziano).
Ogni episodio ha inizio con il diario di un ufficiale dell’Enterprise, non sempre con il diario di bordo del capitano, ed esplora la psicologia e il background dei singoli personaggi. Christopher Pike è tormentato dalla visione avuta, grazie al contatto con il cristallo temporale sul pianeta klingon Boreth, del suo incidente nel futuro[8] e deve fare i conti con la consapevolezza del futuro che l’aspetta alla fine di questa missione.
I Jefferson (The Jeffersons) è una sit-com, prodotta negli USA dal 1975 al 1985. Fu il secondo dei 4 spin-off della serie tv Arcibaldo (All in the Family), dopo Maude e prima di Archie Bunker’s Place (che in Italia continuò a chiamarsi Arcibaldo) e 704 Hauser. La serie ebbe a sua volta uno spin-off (chiuso dopo solo 4 puntate), Checking In, incentrato sulla figura della domestica Florence che lascia casa Jefferson per gestire il St. Frederick Hotel a Manhattan. La serie venne ideata dal prolifico autore e produttore televisivo Norman Lear. A differenza di altri suoi show, il telefilm aveva connotati politici più smorzati nei toni, evolvendo presto in una più tradizionale sitcom a sfondo comico. Tuttavia, alcuni episodi della serie contengono riferimenti a tematiche e problematiche importanti come il razzismo, il suicidio, l’analfabetismo e la diffusione incontrollata delle armi. Inoltre, spesso viene usata la parola “negro” (“nigger”), specialmente durante le prime stagio George e Louise Jefferson sono una coppia nera, lui imprenditore (ha una catena di lavanderie), lei casalinga. Apparsi inizialmente nella serie televisiva Arcibaldo, dove vivevano in un piccolo appartamento nel Queens (a fianco dei Bunker, protagonisti della sitcom), iniziarono ad arricchirsi nel settore delle lavanderie, arrivando ad aprirne ben sette, come asserisce George in un dialogo nell’episodio 18 dell’undicesima serie. Salutati gli odiati vicini (perlomeno da George), i Jefferson si dirigono verso Manhattan. Stabilitisi in un elegante appartamento dell’Upper East Side di Manhattan, questa famiglia nera rappresenta, con situazioni più o meno esilaranti, il punto d’incontro tra due differenti stili di vita e due mondi culturali: quello povero di Harlem, dal quale proviene e da cui è riuscita a tirarsi fuori, e quello attuale. Il filo conduttore della serie è quindi il tema dell’inserimento di una famiglia di colore nel tessuto sociale dell’alta borghesia, composta per la stragrande maggioranza da bianchi, lasciando allo spettatore, dietro le risate, le analisi sulle differenze dei valori che si contrappongono. La serie verte anche delle relazioni con la domestica scansafatiche Florence, i vicini Willis (anche questi odiati da George per il loro matrimonio interraziale), il bizzarro vicino Henry Bentley, il pidocchioso portiere Ralph ed in generale con i vari clienti e compagni d’affari di George. La serie, benché sia a sfondo comico, tratta spesso di tematiche quali il razzismo, il suicidio, l’analfabetismo e la diffusione incontrollata delle armi.
Edit 12/9/24: aggiunti ultimi otto episodi della seconda stagione
Su cinque autocarri una spedizione umanitaria internazionale porta aiuti alimentari alle popolazioni affamate del Sahel. Finisce male. Ovvero: degli europei portano da mangiare agli africani e gli africani li mangiano. Film estremo, radicale – scritto con Raphael Azcona – nell’irrisione del terzomondismo, della carità come business, del mal d’Africa come rimorso, tormento, paura delle anime belle europee. Notevole per la sincerità della rabbia ferreriana, madre di un sarcasmo ironico e sornione, e per la traslucida trasparenza dello stile, interessante persino nei suoi difetti, divertente. Ma si ride verde. Fu inevitabilmente un insuccesso commerciale.
A Parigi, un giovane americano che lavora come sosia di Michael Jackson incontra Marilyn Monroe che lo invita in una comune di sosia in Scozia dove vive con Charlie Chaplin e sua figlia, Shirley Temple.
Conroe, Texas. Michael Perry è nel braccio della morte. Verrà ucciso tra otto giorni, per il triplice omicidio compiuto dieci anni prima. Il ragazzo che era con lui quella notte, Jason Burkett, sconta invece l’ergastolo. E così suo padre, per altri reati. Werner Herzog esce dalla grotta che ha visto gli esseri umani dei primordi esprimere se stessi attraverso l’arte e fermare la propria esistenza nel racconto (Cave of forgotten dreams) ed entra nell’abisso di esistenze altrettanto senza tempo, congelate nella reclusione, dove la comune esperienza del passare dei giorni è alterata, per darcene il racconto altrimenti muto. A tale of death. A tale of life, questo il titolo. Ancora una volta, Herzog è mosso da una curiosità personalissima. Dedicherà poi il documentario ai parenti delle vittime, ma inizialmente non pare dover rispondere a nessuno se non alla sua volontà di indagare agli estremi della vita, come sempre. Intervista, dunque, Perry e Burkett, la figlia e i fratelli delle vittime, la guardia che, dopo essersi occupata di 120 esecuzioni, è crollata in occasione di una di esse e non ha mai più messo piede al lavoro, la giovane avvocatessa che si è innamorata di Jason Burkett e, pur non potendolo toccare, l’ha sposato e ha trovato il modo di avere un figlio da lui. La posizione del regista è chiara da subito, l’annuncia pacatamente ma fermamente, e nonostante le inquadrature trattenute a lungo, le copiose lacrime degli intervistati in scena, non si avverte quasi mai la complicità di Herzog con l’una o l’altra dichiarazione e meno che mai la sua simpatia per l’una o l’altra delle persone coinvolte, se non quell’apertura umana che gli appartiene e che fa di lui il grande artista che è. Ciò che emerge dal documentario è piuttosto l’impossibilità di una sovrapposizione totale e univoca tra crimini e criminali: atroci i primi, umani i secondi. Soprattutto sotto questa luce va probabilmente intesa la dedica ai parenti delle vittime, che troppo spesso individuano la risposta ai loro abissali “perché?” in un capro espiatorio. Pur preferendo senza dubbio i film e i documentari nei quali il regista tedesco ha accostato questi stessi temi in maniera meno diretta e frontale, è difficile pensare ad un modo più rispettoso e approfondito di condurre quest’indagine. L’ironia di cui egli è principe, pur emergendo in qualche modo dalla realtà famigliare degli intervistati e dall’incredibile accanirsi del destino su alcuni di essi, è di fatto opportunamente assente. Presenziano il riguardo e la compassione.
I subita sono stati tradotti con google, potrebbero esserci delle imprecisioni.
La vita di Giovanni XXIII, il “papa buono”, ricostruita attraverso la lettura del suo diario spirituale, dall’infanzia a Sotto il Monte sino all’elezione alla più alta carica religiosa.
Uscito da un istituto psichiatrico, Dignan si unisce a uno sbandato di testa fine e a un ricco pappamolla per fare una rapina, seguita da un colpo grosso, organizzato da un ciarliero truffatore, che non riesce altrettanto bene. 1° film di W. Anderson, scritto con O. Wilson, pimpante protagonista in coppia col fratello Luke. Andrew W., un terzo fratello, fa la parte di un amico poco raccomandabile. È una commedia spiritosa in cadenze di balletto ladresco che ha almeno due meriti: il colorito disegno dei personaggi e una efficace descrizione d’ambiente. Nasce da un corto omonimo (1994).
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