La storia di un gruppo di sopravvissuti a un’epidemia di zombie che si è abbattuta su tutto il pianeta. Guidati dallo sceriffo Rick Grimes (interpretato dall’attore inglese Andrew Lincoln), i superstiti vagano alla ricerca di un posto sicuro dove rifugiarsi. Ma l’assedio quotidiano a cui sono sottoposti e il costante pericolo di morte non tardano a far emergere i peggiori istinti dell’essere umano. Nella battaglia per difendere la vita dei suoi famigliari e dei suoi compagni, Rick sarà costretto a rendersi conto che la paura e la disperazione dei sopravvissuti possono essere molto più insidiose dei morti viventi.
Professore di psicofisiologia in cerca di esperienze extrasensoriali assume sostanze allucinogene che gli provocano mutazioni biologiche e genetiche. Ispirato a un romanzo di Paddy Chayefsky, che disconobbe il film, cioè il modo in cui il regista aveva alterato la sua sceneggiatura, e volle firmarla solo come Sydney Aron, è irritante, squilibrato ma con momenti di esaltata genialità soprattutto a livello figurativo, grazie alla fotografia di J. Cronenweth e alle sue immagini psichedeliche. Ottimo esordio di W. Hurt.
Non è proprio il primissimo Dracula dello schermo (c’è il muto Nosferatu di Murnau), ma è certo quello che ha reso popolare il conte vampiro dei Carpazi. E lanciato in grande stile l’interprete, il bravissimo (e oppiomane) Bela Lugosi. La storia è quella solita. Dracula mozzica un bel po’ di turisti finché non arriva l’ammazza vampiri Van Helsing a saldargli il conto.
Esistono diversi doppiaggi di questo film. Quello del 1986, considerato il sacro graal perchè introvabile, quello del 1993 e quello più recente del 2003. Per ulteriori, interessanti informazioni leggete qui
Nella cartella quindi troverete le tre versioni originali (un vhsrip 1986, un vhsrip del 1992 e un bdrip 2003) più una quarta con video preso da bluray 2003 e triplo audio (1986+1993+2003)
Il Limbo, da qualche parte tra cielo e terra. Un gruppo di “guide” ha il compito di aiutare le anime dei nuovi morti a ricordare un momento di gioia della loro vita. Gli istanti prescelti – il romantico primo appuntamento, l’ultima sigaretta, una semplice serata a casa – andranno a costituire il personale paradiso di ogni deceduto. Fra i trapassati e il gruppo delle guide spicca il rapporto di riluttante amicizia che nasce tra Watanabe, un settantenne triste in lotta con sé stesso per trovare un senso a una vita inerte, e Mochizuki, il giovane assegnato al vecchio per aiutarlo nella scelta del ricordo.
Il medico legale Warren Chapin (Vincent Price), confortato dai risultati delle autopsie condotte sui cadaveri di alcuni condannati a morte, ha sviluppato la teoria secondo la quale la paura, al massimo stadio, sprigiona il “tingler”, un’energia di tale intensità da schiacciare la spina dorsale e condurre alla morte. Convinto di riuscire a materializzare questa sfuggente forza negativa, Chapin sperimenta droghe pesanti su se stesso, sulla infedele moglie Isabel e sulla muta Martha Higgins, consorte dell’equivoco Oliver, giungendo alla conclusione che il “tingler”, sempre in agguato in ciascuno di noi, può essere reso inoffensivo soltanto da un grido di terrore. Quando Martha muore, apparentemente vittima di uno dei suoi allucinogeni, Chapin, dissezionandone il cadavere, riesce finalmente a catturare la diabolica presenza, che ha la forma di un mostruoso parassita, e la chiude in una piccola gabbia. Isabel tenta inutilmente di servirsi del mostro per uccidere il marito e questi, ormai persuaso della pericolosità della sua ricerca, lo restituisce al cadavere facendo sì che Martha, per un attimo, si rianimi e provochi la morte di Oliver, vero responsabile dell’omicidio. Lo sceneggiatore Robb White è costretto a sacrificare l’elemento fantastico per architettare una soluzione che liberi il protagonista dai dubbi e renda giustizia alla povera donna assassinata. Il film che ne deriva è, in parte, macchinoso negli sviluppi e povero nelle situazioni, svolgendosi tra la sala della morgue e le borghesi pareti domestiche, e slittando tra uno scienziato un po’ folle, due donne infelici, e un uomo cinico che medita l’omicidio perfetto. Nonostante tutto, The Tingler è un piccolo cult. Girato in bianco e nero, con una breve e quasi impercettibile sequenza a colori (quella della vasca riempita di sangue), poggia sulla personalità di Vincent Price, sull’esplicito (e dati i tempi, coraggioso) riferimento al LSD, e sull’idea della “morte in diretta” che anticipa – secondo alcuni – le tematiche dell’Occhio che uccide diretto da Michael Powell l’anno successivo. Ma la vera attrazione del film, al momento della sua prima distribuzione, è il procedimento “Percepto!”, un effetto speciale – per così dire – collaterale escogitato dall’inventivo William Castle per coinvolgere direttamente il pubblico in sala. Alle ultime bobine, mentre sullo schermo si proiettava l’ombra del “tingler”, le poltrone del cinema cominciavano improvvisamente a vibrare e il pubblico, sorpreso e divertito, si abbandonava al grido liberatorio trascinato dalla voce tonante di Vincent Price che comandava di urlare per sbaragliare il mostro.
Una serie di inspiegabili suicidi colpisce Tokyo dopo il suicidio di gruppo di 54 studentesse delle superiori, gettatesi sotto un treno della metropolitana in arrivo, mano nella mano e con un sorriso stampato in bocca. Il detective Kuroda e il resto delle forze di polizia sono sconcertati. All’inprovviso una criptica telefonata alla polizia li mette sulle tracce di uno strano sito web che sembra seguire i vari suicidi, ancora prima che questi avvengano. Si tratta di veri suicidi?
I mostri (The Munsters) è una situation comedy brillante con elementi horror prodotta negli Stati Uniti e andata in onda per la prima volta dal 24 settembre 1964 sul network statunitense CBS
I protagonisti della serie televisiva sono una famiglia di mostri che vive in un sinistro maniero come una qualsiasi famiglia americana. I membri di questa bizzarra famiglia sono il padre Herman, una sorta di mostro di Frankenstein che fa sentire la sua forza così come impone l’ordine nella casa; la madre Lily, una specie di vampira ricalcata sul modello della famosa Bride of Frankenstein; il nonno, un vampiro vestito nella “classica” tenuta resa famosa da Bela Lugosi; il figlio Eddie Wolfgang, lupo mannaro, e la nipote Marilyn, l’unica ragazza “normale” della famiglia in tutti i sensi.
L’horror giunge con le parole: se ne accorge un dj radiofonico, che si interroga sul senso di troncare le comunicazioni. Da un talento ribelle del cinema canadese, un film di genere che usa l’intelligenza contro l’imbarbarimento della società. Come un Carpenter meno corporeo: un assedio dove il verbo conduce morte.
Nel gennaio del 1995 un terremoto di 7.2 gradi della scala Richter colpì i dintorni dell’isola di Awajima. Yukari, volontaria della protezione civile, arriva nella città di Kobe per aiutare gli sfollati. La dottoressa Nomura, una psicologa, le offre ospitalità nel suo studio per la notte. Qui Yukari vede i disegni del test di Baum fatti da Chihiro, un’adolescente affetta da problemi di personalità multipla. Yukari si sente in dovere di aiutarla indagando sulla dottoressa Takano, che assieme al dottor Manabe stava conducendo esperimenti sulla separazione della mente dal corpo.
Un film sugli zombie è in lavorazione. Il regista Higurashi non è soddisfatto della resa dell’attrice protagonista, Chinatsu, le cui reazioni di fronte all’attacco di uno zombie gli sembrano troppo finte, non realistiche. L’attore che fa lo zombie, Ko, cerca di confortarla, ma Chinatsu è davvero preoccupata per la situazione. Nao, la truccatrice, spiega ai due che la location in cui si trovano è maledetta: si dice infatti che sia stata usata tempo addietro dall’esercito giapponese per misteriosi esperimenti su cavie umane miranti a riportare in vita i morti. Un membro della troupe viene improvvisamente attaccato da quello che lui crede un attore truccato da zombie, ma è invece uno zombie vero.
Se vi piacciono i film di Zombie come a me questo non lasciatevelo scappare.
Una Plymouth Fury rossa del ’58 ha un potere malefico e demoniaco. Vent’anni dopo un adolescente timido la rimette in sesto e stabilisce con essa un rapporto di gelosia morbosa, seminato di molte morti violente. Da un romanzo di Stephen King. Il mostro è un’auto di serie, macchina orrorifica ingegnosa, ma non ha abbastanza carburante per tutto il percorso.
Mercoledì Addams è una studentessa liceale dal carattere peculiare, che si rivela pericolosa per gli altri studenti della sua scuola superiore, dove, per difendere il fratello Pugsley, adotta soluzioni un po’ estreme che determinano la sua espulsione per tentato omicidio ai danni di un nuotatore, a capo della sua squadra che perseguita e bullizza Pugsley.
I genitori, Morticia e Gomez, decidono così di portare Mercoledì alla Nevermore Academy, scuola privata frequentata da normali e ”reietti” (individui con poteri sovrannaturali), in cui hanno studiato loro stessi durante l’adolescenza. Inizialmente ostile, presto Mercoledì si troverà a proprio agio, coltiverà per la prima volta legami di amicizia autentici, e imparerà a padroneggiare i suoi poteri psichici per fare luce sugli antefatti che hanno colpito la sua famiglia 25 anni prima, e per sventare una serie di omicidi che colpiscono la cittadina di Jericho che ospita la scuola
La nuova famiglia Addams (The New Addams Family) è una serie televisivacanadese–statunitense del 1998. È basata sui personaggi ideati da Charles Addams e sulla serie originale del 1964La famiglia Addams. La serie, in Italia, è stata trasmessa nel 1999 da Rai Uno. La serie poi fu replicata nel 2010 e nel 2013 sul canale Frisbee.Alcuni particolari sono cambiati rispetto all’originale, come la residenza degli Addams: nell’originale la residenza era 001 Cimitery Lane, mentre ora è 1313 Cimitery Lane. Quasi tutti i 65 episodi sono stati girati a Vancouver, nella Columbia Britannica,in Canada, mentre quelli finali negli Stati Uniti. La serie televisiva racconta le vicende della Famiglia Addams. La famiglia Addams è una famiglia stravagante e bizzarra, estremamente tetra per certi aspetti quanto comica per altri. I componenti della famiglia sono il padre (Gomez Addams), la moglie (Morticia Addams), lo zio Fester, la nonna Addams, la figlia Mercoledì, il figlio Pugsley e il maggiordomo Lurch. La famiglia abita al 1313 di Cemetery Lane in una specie di castello. Esattamente come in ogni famiglia, ognuno ha il proprio hobby, solamente che quelli della famiglia Addams sono estremamente stravaganti ed agghiaccianti, soprattutto agli occhi delle persone ospiti della famiglia. Gli hobby infatti, possono spaziare dal terrorizzare gli ospiti nel cimitero di famiglia, a cercare di tagliare la testa al fratellino più piccolo utilizzando una ghigliottina. Tuttavia la Famiglia Addams si ripropone di fare umorismo ed ironia su molti aspetti della cultura americana e nella maggior parte delle situazioni la famiglia cerca di esporre concetti ed idee giuste (anche se utilizzando sistemi un po’ estremi).
La famiglia Addams è un telefilm comicostatunitense andato in onda fra il 1964 e il 1966 sul network statunitense ABC.La serie creata, da David Levy, è ispirata all’omonimastriscia a fumetti creata da Charles Addams (1912–1988), e pubblicata sul New Yorker. La famiglia in questione è composta da Gomez Addams (John Astin), ricchissimo e distinto gentiluomo amante dei sigari e con l’hobby di far saltare trenini elettrici, da sua moglie Morticia (Carolyn Jones), fascinosa dark lady sempre pallidissima e vestita di nero, e dai loro due figli, la piccola e sadica Mercoledì e il pingue Pugsley. Vivono in una enorme e fatiscente villa di stile vittoriano, decisamente sinistra, che ospita anche lo strampalato zio Fester (l’ex bambino prodigio Jackie Coogan), una non meglio specificata ma altrettanto bislacca nonnina ed un cugino, chiamato Itt, che parla un grammelot incomprensibile e di cui niente si vede a parte un enorme ammasso di capelli che ne copre interamente la figura. La famiglia ha come maggiordomo un gigantesco surrogato del (cinematografico) mostro di Frankenstein, chiamato Lurch (Ted Cassidy), mentre da vari anfratti della casa talvolta esce una Mano (mozza), a cui la famiglia si rivolge col medesimo nome. L’enorme e smisurata ricchezza della famiglia consente ai protagonisti di non lavorare mai e di coltivare le proprie stranezze.
Dal romanzo (1971) di William Peter Blatty: a Georgetown Regan MacNeil, figlia dodicenne di un’attrice divorziata, è posseduta dal demonio. Il giovane padre Karras e un anziano sacerdote esperto in esorcismi tentano di salvarla. Potente, discusso film dell’orrore per adulti che ebbe, oltre a un immenso successo, grande influenza sugli sviluppi del genere. La critica ne denunciò generalmente la dimensione truculenta, l’uso e l’abuso degli effetti speciali (di Dick Smith e Rick Baker: efficaci e innovatori), la frequente stupidità della sceneggiatura (peraltro premiata con 1 Oscar a W.P. Blatty e un altro per il suono), ma c’è un punto indiscutibile: è un film che mette paura. E un fenomeno interessante: non si rimane soltanto spaventati dalle mostruose metamorfosi della bambina, ma si simpatizza, quasi ci si identifica con lei. La voce italiana di L. Blair è di Laura Betti.
I subita in Dominion sono stati tradotti con google, potrebbero esserci delle imprecisioni.
E’ un’ abitudine statunitense,da qualche tempo, realizzare remake di film girati solo pochi anni prima, talvolta, con la medesima regia, per adattare successi d’oltroceano al lifestyle americano. E’ accaduto anche con Ju-on, lungometraggio nipponico di Takashi Shimizu. Una giovane infermiera si reca in una casa per accudire una anziana donna con gravi problemi psichici. Lentamente scoprirà l’esistenza di fantasmi e presenze venuti da un orrendo passato. A differenza dell’originale, che qualche brivido lo dava grazie a una trama costruita sulle storie di singoli personaggi che entravano nella casa (era interessante il cambio di stato mentale prima-dopo), la versione a stelle e strisce si perde subito introducendo in pochi minuti tutte le icone possibili del cinema horror: una casa, un bambino murato vivo, un gatto, un misterioso libro e una vasca da bagno (per non citare la doccia…). Il film si trasforma, di conseguenza, in un banale mix di culture e di tradizioni anglonipponiche (come quando il Sol Levante ha acquistato il Rockfeller Center), che non riesce a creare minimamente tensione e suspense.
Questo è il remake del 2004 del film Ju-on: Rancore fatto dallo stesso regista nel 2000. Come spesso succede l’originale è meglio del remake.
Sull’onda del nuovo horror giapponese un agghiacciante lungometraggio che metterà a dura prova anche i meno suggestionabili. Adattamento cinematografico di un progetto televisivo dello stesso regista. Ju-On, nonostante sia figlio di titoli quali il noto The Ring (Ringu), omaggiato qui quasi esplicitamente, riesce ad essere personale in modo convincente. Il film è diviso in capitoli, cronologicamente sfasati, che ricostruiscono gli eventi accaduti attorno a una casa avvolta da una maledizione. Chiunque entri in contatto con la casa o con con qualcuno che sia stato colpito dalla maledizione è a sua volta perseguitato fino alla morte; comincerà così una lunga catena di violente dipartite e misteriose scomparse. A differenza di pellicole nipponiche dello stesso genere questa non gioca tanto sul suggerimento, puntando decisamente su ben ritmati flash visivi, immersi dall’inizio alla fine in atmosfere veramente inquietanti.
Delle studentesse delle superiori, tra cui Mitsuko (Reina Triendl), Keiko (Mariko Shinoda) e Izumi (Erina Mano), diventano i bersagli di alcuni fantasmi che hanno assunto l’aspetto di uno sposo con la faccia di un maiale e di un’insegnate con una mitragliatrice. Basato sul romanzo “Real Onigokko” di Yusuke Yamada.
Nel segreto di un laboratorio celato all’interno della sua clinica psichiatrica, il dottor Vance si dedica a trapianti di organi per restituire bellezza alla cognata (e amante) Laura rimasta sfigurata in seguito ad un incidente del quale egli si sente responsabile. Giselle, una ragazza ricercata dalla polizia, intuisce parte della verità quando, nel suo vagabondare, si rifugia nella casa di cura: insospettita dalla sparizione di alcune giovani ricoverate, commette lo sbaglio di ricattare il dottore (il vero assassino) credendo che Laura, la misteriosa reclusa che si aggira nel laboratorio, sia l’artefice dei delitti. Elio Scardamaglia rielabora senza molta convinzione la fantamedicina di Occhi senza volto e di Seddok, l’erede di Satana inquadrandola negli stereotipi del greve horror all’italiana. William Berger, nel ruolo del folle dottor Vance, si salva a stento dalla mediocrità dell’insieme.In alcune filmografie la regia è attribuita a Lionello De Felice.La pellicola è conosciuta anche con i seguenti titoli alternativi: Les nuits de l’épouvante, The Blade in the Body, The Murder Clinic, The Murder Society, Night of Terrors, Revenge of the Living Dead.
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