New England, 1630. Il rigido e bigotto William, che si difende fieramente sostenendo di aver solo praticato il verbo di Cristo, viene giudicato da una corte e allontanato dalla comunità assieme a sua moglie Katherine e ai loro cinque figli. I reietti si sistemano in una piccola fattoria solitaria ai confini di un fitto bosco. La figlia maggiore Thomasin ha dei dubbi, si sente peccatrice. Porta Sam, il fratellino neonato, a giocare vicino al bosco, ma il bambino le viene misteriosamente sottratto. Inoltre, il raccolto va male. Perciò William decide di cercare cibo nel bosco assieme al figlio Caleb, che, turbato dalla scomparsa del fratellino, si fa domande sul Bene e sul Male, sul peccato e su dove egli sia destinato, se Inferno o Paradiso.
Un film di Roman Polanski. Con Josiane Belasko, Jacques Rosny, Maïté Nahyr, Patrice Alexsandre, Serge Spira, Jacky Cohen, Eva Ionesco, Dominique Poulange, Louba Guertchikoff. Titolo originale Le locataire. Commedia, durata 125 min. – Francia 1976. MYMONETRO L’inquilino del terzo piano valutazione media: 3,83 su 37 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Trelkovski, modesto impiegato di origini polacche, prende possesso a Parigi di un appartamento la cui inquilina precedente, Simon Chule, si è uccisa buttandosi dalla finestra. O, sarebbe meglio dire, è l’appartamento stesso a prendere possesso dell’uomo. Circondato da inquietanti e grotteschi vicini, Trelkovski scopre nell’appartamento orribili tracce dell’ex-inquilina e finisce progressivamente in un tunnel di follia che lo conduce al totale sdoppiamento di personalità nella ragazza. Tratto dal romanzo “Le locataire chimerique” di Roland Topor, è il decimo lavoro di Polanski e sicuramente il più kafkiano, grazie alle atmosfere claustrofobiche e grottesche che inchiodano lo spettatore a questo condominio popolato di personaggi che sembrano parenti dei vicini di casa di Rosemary Woodhouse. Una dramma gotico e psicologico sulla diversità e sulla figura dello straniero, interpretato da un Polanski dostoevskijano e interpretabile come metafora e riflessione sull’artista, in bilico tra follia e razionalità estrema e ossessionato da un pubblico volgare e gretto. Come in Rosemary’s baby, anche qui il nemico è rappresentato dalla società, il vicinato che complotta contro il protagonista con fare massonico. E Trelkosky, smarrito come un personaggio di Kafka, finisce per diventare una pedina ingabbiata in un sinistro meccanismo più grande di lui, inesorabilmente condannato a un destino beffardo dal quale non riesce a svincolarsi. Il terrore quotidiano e fantastico e i simbolismi tipici di Polanski si fanno sempre più estremi con lo scorrere del film: dagli inquilini nel bagno ai macabri ritrovamenti all’interno delle pareti (ossessione polanskiana fin dai tempi di Repulsion) si arriva all’inesorabile sdoppiamento di personalità – anche nell’abbigliamento – in Simon Chule. Fotografato dall’operatore Sven Nykvist, capace di prospettive inusuali ed estreme, L’inquilino del terzo piano è uno dei migliori incubi prodotti dalla mente disturbata del regista polacco.
Diviso in due parti, Ein Bild der Zeit (Il grande giocatore-Un quadro dell’epoca) e Inferno-Menschen der Zeit (Inferno-Uomini dell’epoca), è il primo dei tre film che Fritz Lang ha dedicato alla figura del genio malefico del dottor Mabuse (gli altri due sono Il testamento del dottor Mabuse-1933 e Il diabolico dottor Mabuse-1960). I diversi capitoli della saga sono il prodotto di tre periodi oscuri della storia tedesca del secolo scorso: gli anni sonnambuleschi della Repubblica di Weimar, l’incubo folle del nazismo, e il terrore della guerra fredda. Mabuse, incarnazione del male assoluto e a capo di un’organizzazione criminale internazionale, è capace di provocare un crollo in borsa e di appropriarsi di enormi ricchezze grazie al suo potere ipnotico.
Ci sono due versioni, a voi la scelta se satrip con vign ita o dvdrip con vign eng.
Il dottor Henry Jekyll, filantropo e uomo integerrimo, divide il suo tempo tra poveri bisognosi di cure ed un’estenuante ricerca scientifica. Suggestionato dalle insinuazioni di Sir George Carew, padre della sua futura sposa Millicent, circa la vera natura della rettitudine umana, il giovane sperimenta in laboratorio una serie di droghe e di preparati convinto di poter separare il bene dal male nella personalità di ciascun individuo.
Edit: aggiunta versione 720p, peccato sia senza subita
Il dottor Henry Jekyll (Paul Massie) sta compiendo esperimenti sulla natura umana, la moglie Kitty (Dawn Addams) è rassegnata a essere trascurata dal marito e l’amico Paul Allen (Christopher Lee) si fa vivo solo per bussare a quattrini. Tutto cambia quando Jekyll sperimenta su se stesso la sua nuova invenzione, diventando Mr. Hyde (sempre Paul Massie). Punto di partenza è ovviamente l’opera letteraria di Robert Louis Stevenson, ma Fisher, invece di presentare un Jekyll buono e un Hyde orrido e scimmiesco, ribalta ambiguamente le carte dipingendo un Jekyll gretto e imbelle in contrasto con un Hyde bello, con solamente una strana luce negli occhi azzurri a testimoniare la sua diversità (un procedimento simile verrà seguito da Jerry Lewis per il suo divertente #Vedi#Le foli notti del dottor Jerryl). Il Male non viene più rappresentato dal brutto e dall’animalesco, ma dal bello e dall’aristocratico, e il Bene, in fondo, non esiste. La prediletta ambientazione vittoriana fornisce a Fisher il pretesto per una precisa rappresentazione dell’aristocrazia inglese da lui spesso raffigurata, anche in altri film, come corrotta e crudele. Purtroppo, non è possibile definire questo film un capolavoro perché la geniale intuizione che ne è alla base viene in parte sprecata da una trama sviluppata in modo banale. Buona l’interpretazione di Paul Massie nel doppio ruolo
Alla vigilia delle nozze tra il dottor Jekyll e Fanny Osborne viene rinvenuto il cadavere di una bambina violentata e massacrata a bastonate da un misterioso uomo in frac. Non è che il primo di una lunga serie di delitti, compiuti naturalmente dallo stesso dottore sotto le mentite spoglie di Mister Hyde. A un certo punto la fidanzata scopre tutto e a sua volta sperimenta un diabolico sdoppiamento di personalità.
Il dottor Henry Jekyll studia la possibilità di separare nella psiche umana la naturale propensione al bene dall’istinto animalesco al male. Ottenuto in laboratorio un siero, lo sperimenta su di sé trasformandosi nella quintessenza della malvagità.Credendo di poter controllare il suo spaventoso alter-ego al quale dà il nome di Mr. Hyde, Jekyll continua durante il giorno ad esercitare l’attività di medico, ma, lontano da occhi indiscreti, non esita ad assaporare l’estasi inebriante del male assoluto.
Un medico conosciuto e stimato si trasforma, grazie ad un ritrovato di cui è il solo a conoscere il segreto, in un essere crudele e spietato. In queste vesti tiene segregata una ragazza che ha reso schiava della sua tirannia, mentre come dottor Jekyll è promesso ad un’altra. Dopo qualche tempo si rende conto di non poter più controllare la parte malvagia che è in lui.
Nella cittadina inglese dove vive il prof. Robert Miles, che passa il tempo a registrare le “voci dei morti” col suo gatto nero, si succedono strane morti. Molto liberamente ispirato al racconto di E.A. Poe, è un impasto non riuscito di parapsicologico, demoniaco e horror fantastico con gli ingredienti del giallo.
Il film, recitato in farsi, racconta la storia di una città fantasma iraniana, Bad City, dove una strana e stanca popolazione è diventata la preda di un vampiro solitario che divora gli abitanti della città. La città è dominata da “cattive” persone. È sede di spacciatori, prostitute, criminali e altri strani e insoliti individui. Ma c’è un giovane che nutre ancora speranza per il futuro. Un giovane che crede ancora nell’amore. Nella colonna sonora verrà utilizzata della musica western suonata con la chitarra, e del pop iraniano. Le riprese cominceranno a gennaio a Taft, in California.
Siamo nel 1922, il cinema allora, oltre ad un’ancor immatura consacrazione, possedeva quel merito di cui gode ciò che per primo riesce ad esplorare, e talvolta superare, gli argini e i limiti della sperimentazione. Il compito più difficile e apprezzato di alcuni registi del periodo, è stato indubbiamente quello di aver rapprersentato visioni e idee prima d’allora presenti solo in letteratura. In un asssurdo antropomorfismo cinematografico, potremmo affermare che in quegli anni la settima arte, attraversava pressappoco il periodo dell’infanzia, fase che, come per l’uomo, segna e caratterizza notevolmente la propria personalità e l’intera vita futura. Allo stesso modo, questo film segnerà e caratterizzerà molte produzioni successive, e non di meno, saprà imprimersi nella mente d’ogni spettatore. Ispirato al romanzo “Dracula” di Bram Stoker, il regista attraversò non pochi problemi legali. Variò infatti nomi, titolo e luoghi, tuttavia fu egualmente costretto a distruggere ogni copia. Per fortuna, clandestinamente Murnau ne conservò una copia, permettendo alla pellicola di sopravvivere fino ai nostri giorni. La storia racconta di Hutter, giovane impiegato immobiliare, inviato presso il conte Orlok, affinchè permetta l’acquisto di una casa da parte di questi. Lungo il viaggio, Hutter, apprende dalla popolazione locale l’esistenza del famoso vampiro Nosferatu.
Raggiunto il suo cliente, già dai primi giorni l’impiegato realizza una terrificante verità: dietro la figura del conte si cela in realtà quella del famigerato vampiro. Fuggito dal castello, Hutter ritorna dala moglie Ellen, turbata durante la sua assenza da continui presagi notturni. La maledizione di Nosferatu tutttavia si abbatte sullo stesso Hutter e sulla popolazione . Il conte, spostatosi anch’esso dal castello, prende possesso della sua nuova dimora, e silenziosamente ogni notte scruta e spia la moglie dell’impiegato, reso ormai debole e malato. Sarà Ellen ,sacrificando se stessa, a salvare il paese dalla pestilenza e dalla presenza malefica del conte Orlok. Di carattere profondamente psicanalitico, la pellicola si discosta da tutte le altre opere di natura espressionista. Simbolica la scelta del regista di rappresentare spazi aperti e luoghi che, seppur vasti, appaiono comunque immersi in un’atmosfera cupa e visionaria. Peculiare scelta di Murnau, è l’utilizzo di effetti speciali, ombrosi e spettrali sensazionalismi che riescono ad aumentare la dimensione occulta della pellicola. Celebri alcune scene, come l’immagine spettrale della foresta “in negativo” attraversata dal giovane Hutter, o il movimento della carrozza che procede a balzi. Il film, complesso ed elaborato, è ricco di simboli e metafore, diverse inoltre possono essere le diverse interpretazioni e chiavi di lettura. Indubbiamente, la pellicola rappresenta una profonda immersione nel mondo dell’occultismo, trascendendo e spaziando su figure, immagini e temi che rappresentano l’uomo e la sua esistenza. Sequenze e fotografie anacronistiche, forse a qualcuno potranno risultare attempate e ridicolmente minimaliste, ma meritano osservazione e acuta analisi.Sinteticamente una sola parola: Storia.
Shun Takahata si è appena lamentato della sua vita, noiosa e uguale a se stessa, quando la mattina, in classe, la testa del professore esplode e al suo posto compare un gioco parlante e assassino (il Daruma ga koronda, “Daruma è caduto”), una versione mortale di “Un, due, tre, Stella” che miete una vittima dopo l’altra, lasciando un solo vincitore per aula. Non c’è tempo per domandarsi cosa stia succedendo, ma solo per prepararsi al secondo gioco, altrettanto infantile e sterminatore. Basterebbe la sequenza iniziale, da antologia degli incipit cinematografici più visionari e strizzastomaco, per aver ragione di fare un bell’inchino a Miike e magari sperare di indovinare un nuovo punto di svolta nella sua filmografia, che ne ha già conosciuto più di uno. Il resto del film mantiene le promesse, perché, anche se la struttura drammaturgica è presto chiara e non subisce variazioni, lo tengono insieme una coerenza visiva e una misura narrativa eccellenti.
Valoroso yakuza, Ozaki manifesta evidenti problemi psichici, mettendo in imbarazzo il proprio clan. La decisione è sofferta ma necessaria: il boss degli Azamawari delega Minami, amico e fratello di sangue di Ozaki, di uccidere lo yakuza impazzito, e di liberarsi poi del corpo in uno sfasciacarrozze di Nagoya. Giunto a Nagoya, compiuta a metà la missione, Minami dovrà fronteggiare l’inspiegabile sparizione del cadavere del compagno: durante la disperata ricerca del corpo, il giovane vedrà oltre la facciata di una cittadina anonima, che nasconde in realtà verità grottesche ed è teatro di insospettabili fenomeni. Gommatevi le mani, plastificate i coltelli e sprangate le finestre: prese queste necessarie precauzioni, Gozu è un tunnel viscoso che dilata il tempo e i sensi, uno yakuza-movie imbevuto di estratto di pineale al punto da far apparire Paura e Delirio a Las Vegas alla stregua di una passeggiata nel parco. Onirico, edipico, transgenico, esterofilo, ricco di latte materno e simbolismi abbastanza da far rivoltare nella tomba persino Lorca, il titolo è in grado di far girare a caso le lancette degli orologi biologici di chiunque. D’altra parte, questo Dark Water “al latte” non mancherà certo di far girare a caso i cosiddetti di quei taluni non amanti dello sconquasso mentale, con lungaggini, esplicito estremo, trovate incomprensibili e chi più ne ha più ne metta; ma Miike è questo, prendere o lasciare.
Un attore di nome Kosuke interpreta il ruolo di Lemon in una versione teatrale di Yotsuya Kaiden e la sua nuova amante Miyuki interpreta Oiwa. Tuttavia, mentre approfondiscono le rispettive prestazioni, la linea tra la fantasia e la realtà viene oscurata fino a quando degli omicidi insanguinano il loro rapporto.
Dall’omonimo romanzo di Yasushi Akimoto ( Chakushin ari = Una chiamata persa), sceneggiato con Daira Minako dall’autore. La maniera del prolifico Miike (5 film all’anno in media) è riconoscibile anche in questo thriller di paura telefonica, fondato sull’ubiquità del cellulare, questa nostra protesi tecnologica e mediatica che ci rende raggiungibili sempre e in ogni luogo. Qui si aggiunge il fattore tempo. I messaggi terrificanti che la protagonista Yumi (Kou) e le sue amiche ricevono anticipano di qualche giorno il futuro e mettono la vittima in ascolto del proprio, imminente avvenire di morte. Yumi, indagando, cerca di interrompere la catena delle morti violente.
La famiglia Katakuri è vittima della malasorte: la loro locanda non attira alcun cliente. La colpa è probabilmente dell’ambiente circostante, molto trascurato. Quando i clienti arrivano la situazione non migliora considerando che i malcapitati finiscono per soccombere nei modi più strani. Il primo cliente si suicida in preda ad una visione mistica, un campione di sumo muore durante un amplesso amoroso, un ufficiale della marina viene ucciso in seguito ad una lite. È il momento giusto per l’eruzione del vulcano a cui, forse, farà seguito una nuova era piena di speranza e felicità.
L’unico tema comune in entrambi i film, è la guerra degli yōkai: il primo film utilizzava la figura di un demonebabilonese in viaggio verso il Giappone per punire le popolazioni indigene; nel lungometraggio moderno vengono utilizzate figure di rigetto per punire la popolazione.
Dall’oriente un terzetto di mediometraggi va a comporre un film solo per duri di stomaco. Cina: per combattere le rughe, la facoltosa signora Qing pranza spesso da zia Mei, specie di fattucchiera i cui ravioli sono un elisir di lunga vita. Il segreto è nel ripieno: carne di feti abortiti. Corea: un regista e sua moglie vengono rapiti da una comparsa psicopatica che li tortura. Il motivo è che l’uomo non riesce ad accettare che il regista oltre che bravo, bello e ricco, sia anche buono. Giappone: una giovane scrittrice è tormentata dal ricordo di un delitto commesso da bambina. Gli estremorientali sembrano essersi resi conto di essere le genti più allucinate del pianeta, al momento, e decidono di unire le forze e mettere insieme questa sorta di campionario dell’efferatezza. Scegliete dal catalogo l’episodio che più vi aggrada e tuffatevi nel maelstrom della follia pura.
Un film di Roger Corman. Con Vincent Price, Elizabeth Shepherd, John Westbrook Titolo originale Tomb of Ligeia. Horror, durata 81′ min. – Gran Bretagna 1964. MYMONETRO La tomba di Ligeia valutazione media: 3,13 su 8 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Ligeia, moglie di Sir Verden, muore asserendo di poter vincere la morte con la forza della volontà. Quando lui si risposa con Lady Rowena, ricompare. È l’ultimo e forse il migliore dei film di Corman sotto il segno di E.A. Poe, sia per l’impegno plastico-figurativo sia per la cura nella costruzione narrativa, grazie alla sceneggiatura del giovane Robert Towne.
Una troupe di spericolati documentaristi d’assalto – composta dal regista Alan, dalla sua fidanzata assistente Shanda e dai cameramen Mark e Jack, oltre che dalla guida locale Felipe – si addentra nella foresta amazzonica alla ricerca di immagini esclusive sulle misteriose tribù, forse cannibali, che vivono nei suoi meandri. Dopo due mesi senza avere notizie della troupe, la produzione finanzia una spedizione di recupero e soccorso guidata dall’antropologo professor Monroe.
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