Una ragazza da un giorno all’altro si trova senza lavoro e ha un’idea: affittare un gigantesco spazio pubblicitario e scriverci il suo nome. Scritta da Ruth Gordon e Garson Kanin, è una commedia che con artigli vellutati graffia amabilmente usi e costumi della società americana, ma che mantiene soltanto in parte il brio satirico della 1ª mezz’ora. J. Holliday è bravissima. 1° film di J. Lemmon (1925-2001)
Victor e Betty girano la Francia in camper truffando i casinò. Vivono nel lusso e si divertono. Rubare è davvero una grande gioia. Un “divertimento” del grande autore francese, intelligente e sottile come sempre. Premiato al festival di San Sebastiano.
Estate 1910, Baia de La Slack nel Nord della Francia. Delle sparizioni misteriose di persone spingono l’ispettore Machin e il suo assistente a recarsi sul luogo per cercare di indagare. In zona vive la famiglia Brufort a cui appartiene Ma Loute, un giovane che lavora come raccoglitore di cozze e, insieme al padre, come trasportatore a braccia di borghesi che vogliono raggiungere la riva opposta di una piccola laguna. Proprio da borghesi è formata la famiglia dei Van Peteghem che raggiunge la villa di famiglia in stile egizio situata su un’altura prospiciente il mare.
Due storie che finiscono con il confluire nella terza costituiscono la struttura narrativa di Diari. Nella prima la sedicenne Leo si trova a dover affrontare il ritorno, dopo dieci anni, del padre. L’uomo, attore di teatro, tiene un seminario a cui Leo decide di iscriversi in totale incognito. Ali, protagonista della seconda parte, è un ragazzo extracomunitario perfettamente integrato e appassionato di manga. Al punto di celarsi in Internet sotto le vesti di un supereroe per agganciare la più bella della scuola. Leo e Ali si troveranno a doversi occupare insieme di un anziano la cui percezione del tempo si va facendo complicata spingendolo a ritenere ancora presente un antico amore. Attilio Azzola con questo film, vincitore del Gran Prix Ecrans Juniors a Cannes, ha realizzato un’opera prima del tutto inusuale nel panorama del cinema italiano. Il film è infatti il risultato di un progetto che ha le sue radici in Lombardia e, nello specifico, in Brianza. Nel corso del primo semestre 2007 Azzola e l’educatrice Maria Grazia Braghi hanno dato il via a un’esperienza formativa con adolescenti finalizzata alla stesura del soggetto e alla scelta sia dei personaggi sia degli ‘aiuti’ nelle varie mansioni della troupe. Ne è nato così un film sui giovani che li vede al centro di tutto il processo. Volendo sfuggire agli stereotipi sugli adolescenti ‘bruciati’ oppure integrati il film assume una dimensione in costante equilibrio tra fiaba e realtà. Grazie a questa scelta gli attori (non professionisti e per questo decisamente più ‘veri’ di altri loro coetanei presenti sul grande schermo) non vengono ridotti a un’omologazione paramocciana. La sceneggiatura può quindi permettersi di affrontare con tutta la leggerezza necessaria (il che non è sinonimo di banalità) le complesse dinamiche di relazione tra i figli e la figura paterna nonché il non facile rapporto con le persone anziane. È proprio grazie a un vecchio un po’ svanito che Leo e Ali riusciranno ad andare più a fondo nella scoperta di se stessi ricordandoci che non tutti i giovani vedono albekiare tre metri sopra il cielo
Il lido di Ostia, in una domenica qualsiasi del mese di agosto. Persone di diverse estrazioni sociali si dirigono verso la spiaggia per sfuggire alla calura cittadina. Nell’arco della giornata si compiono i destini di tutti: un disoccupato diventa rapinatore e viene arrestato, una ragazza e il suo corteggiatore, dopo essersi ingannati vicendevolmente, si scoprono poveracci e non milionari come avevano tentato di darsi ad intendere, una ricca signora scopre che il suo appartamento è andato a fuoco. È il primo film del genere “spiaggia”, poi ripreso (anche troppo) negli anni Sessanta. Ma qui c’è molto di più: i toni del neorealismo sono ancora vigorosi e attendibili, i ritmi del racconto straordinariamente equilibrati. Da ricordare l’interpretazione di Emilio Cigoli, il grande doppiatore, nella parte del papà affettuoso.
Due sposini (lui è un reduce della guerra mondiale) non riescono a trovare un tetto. Saranno accolti, fortunatamente, nella casa di un vecchio professore, malato di solitudine. Gli sposini gli ridaranno la gioia dell’esistenza. Lui li nutre, li ristora, li protegge.
Viktor Navorski giunge all’aeroporto J.F. Kennedy di New York dalla Krakozhia, un piccolo stato sorto dalla frantumazione dell’Urss. Nel momento in cui giunge al desk dei visti viene però bloccato. In Patria c’è stato un colpo di stato. Il nuovo regime non viene riconosciuto dagli Stati Unitie quindi lui non può entrare in America. Benché il responsabile dell’aeroporto, in attesa di un’ispezione per passaggio di grado, a un certo punto lo spinga ad infrangere la legge Viktor non esce dal terminal che diventa la sua casa in attesa di poter realizzare il sogno per cui è giunto negli States.
Un film di Charles Chaplin. Con Charles Chaplin, Virginia Cherril, Harry Myers, Florence Lee, Al Ernest Garcia, Hank Mann Titolo originale City Lights. Commedia, b/n durata 86 min. – USA 1931. MYMONETRO Luci della città valutazione media: 4,88 su 29 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Uno dei capolavori immortali del grande Charlie Chaplin, che girò ben centomila metri di pellicola nell’arco di tre anni, ripetendo all’infinito intere sequenze e scegliendo di lasciare il film muto (con accompagnamento musicale) proprio nel periodo in cui si cominciava ad affermare il sonoro. Charlot, povero vagabondo dall’animo sensibile e pieno di generose aspirazioni, acquista una rosa da una giovane fioraia cieca che per un equivoco lo scambia per un milionario. Vagabondando per la città, Charlot arriva sul molo dove salva dal suicidio un vero milionario, in vena di generosità solo quando è ubriaco. Deciso ad aiutare la fioraia di cui si è innamorato, bisognosa di una costosa operazione chirurgica che le potrebbe restituire la vista, Charlot fa mille mestieri tra i quali lo spazzino e il pugile, prima di reincontrare il milionario da cui riceve finalmente il denaro sufficiente per l’operazione… ma il finale ha un sapore malinconico. Charlot infatti è finito per un equivoco in prigione e dopo un anno ritrova la ragazza guarita e ora proprietaria di un negozio di fiori, che lo riconosce solo nel momento in cui gli prende la mano per fargli l’elemosina. Il film, con il suo magistrale intreccio tipicamente chapliniano di tragico e comico, ebbe un enorme successo tra un pubblico già minacciato dalla recessione economica sia in Europa che in America.
Reduce dalla guerra 1914-18 incontra in Emilia un commilitone, senza lavoro come lui, e con lui si aggrega agli squadristi in camicia nera, ma nell’ottobre del ’22 la loro marcia su Roma è piuttosto anomala. Commedia al vetriolo che canzona con spirito mordace e aguzzi risvolti satirici il fascismo squadrista delle origini. Il duetto tra finto-spaccone e finto-tonto Gassman-Tognazzi fa faville.
Gilliam, un regista la cui creatività è incontenibile sin dallo straordinario film d’esordio Brazil, questa volta è fedele al libro di hunter S. Thompson a cui si ispira. Le avventure di Gonzo e Duke a Las Vegas rischiano di essere allucinate quanto quelle del Barone di Munchausen. Solo che qui lo sfondo è vero. In un’America sempre più consumista che del ’68 ha conservato solo gli aspetti più deleteri. Film ‘acido’ in tutti i sensi
Young Goon è un cyborg, Il-Soon un ladruncolo che fa proprie le caratteristiche dei volti altrui. O almeno, così credono. Entrambi vivono in un ospedale psichiatrico dalle pareti verdi (e imbottite), trascorrendo le giornate insieme ad altri particolarissimi pazienti: una donna decisamente sovrappeso che divora tutto il cibo che le capiti a tiro, un ragazzo che ritrova la sua dimensione camminando all’indietro, “malati” che – ciascuno a suo modo – creano a loro immagine e somiglianza, qualcosa di congeniale per passare il tempo. L’universo di Park Chan Wook, dopo la consacrazione a icona mondiale del cinema (grazie alla trilogia della vendetta e all’apprezzatissimo Old Boy) torna, per sua stessa ammissione, “ad assomigliare a un giardino di infanzia, dove le ossessioni dei bambini possono, talvolta, non coincidere con la visione del mondo pretesa dagli adulti”. Proprio in questa metafora si gioca la boutade di I’m a Cyborg, But That’s Ok, nel tentativo di ritrovare un gioco spassoso con cui catturare lo spettatore, lasciando il sospetto, però, di non riuscire appieno nell’intento.
Due butteri maremmani (in fuga dopo una maledetta rapina) vagabondano per la Toscana (siamo negli anni del Risorgimento) facendo strani incontri. Notevole esordio del giovane Lucchetti che realizza un “conte philosophique” alla Voltaire (cioè un discorso serio sotto vesti di favola) ambientato in un’Italia mai esplorata dal cinema.
Giovane sicula dal sangue caldo sbarca a Londra per uccidere Vincenzo che l’ha sedotta e abbandonata. Ma nella metropoli avviene una felice metamorfosi. Commedia all’italiana in trasferta inglese. Confezione di lusso, sostanza da avanspettacolo, caricaturale più che satirica, con una bieca insistenza sui più vieti luoghi comuni sul Sud. Nomination all’Oscar come miglior film straniero.
“La verginità di una donna è un orzaiolo nell’occhio del diavolo” così recita un detto irlandese e quando il diavolo ne soffre, a causa della giovane e bella Britt, decide di mandare sulla terra Don Giovanni assieme al fidato scudiero Pablo. La missione è semplice: sedurre la fanciulla, figlia di un pastore protestante, facendo così scomparire l’affezione oculare. Ma, al contrario delle aspettative, la figlia è meno arrendevole della madre (che interessa a Pablo) e l’amore è in agguato. Bergman passa con consumata abilità dal rigore narrativo e stilistico de La fontana della vergine a questo divertissement che nasconde tra le pieghe, come sempre, più di una riflessione di livello alto. A partire da quella sull’amore di cui Don Giovanni, che non ci ha mai creduto, si trova a dire: “Ho veduto l’amore da vicino. È un dono eccezionalmente raro. I mortali capaci di amare sono in numero ristretto e la loro sofferenza è grande. Pare che essi siano vicini a Dio, che siano il suo specchio e riflettano la sua luce e rendano la vita sopportabile agli altri che brancolano nel buio. Forse sarà così … Io ho scelto un’altra strada che si chiama disprezzo e indifferenza”. In una sola battuta di questo film, diviso teatralmente in tre atti, il regista riesce a condensare una riflessione sul sentimento inserendovi un collegamento con il Dio costantemente cercato. Ovviamente è ben lungi da romanticismi svenevoli e ci ricorda (lui ormai giunto al quarto matrimonio) che il talamo coniugale è il luogo più adatto per spegnere l’amore. Lo fa con la riservata sposa del pastore che non resiste alle lusinghe di Pablo che soddisfa il diavolo più del suo padrone, costretto ad agire in tempi diversi da quelli in cui era abituato ad intervenire e destinato ad essere al contempo sconfitto da Britt ricevendo però da essa il dono (non contraccambiato) del sentimento d’amore. La fanciulla corrisponderà non ai canoni imposti dallo stereotipo sulla donna scandinava ma alle caratteristiche descritte al seduttore prima dell’inizio della sua impresa. Basterà però la promessa matrimoniale perché anche per lei scatti l’ora della bugia. I finali dei film bergmaniani, anche i più apparentemente consolatori, hanno sempre un po’ di veleno nella coda.
Brevi episodi, intervallati da pause buie, per questo film senza montaggio, lento e affascinante, che racconta le avventure di Willie, ex profugo ungherese perfettamente integrato in un’America che non ha nulla di magico. A scombussolare la sua vita, tranquillamente scandita da una cronica mancanza di denaro, alla quale cerca di porre rimedio con il gioco d’azzardo, ci penserà una sconosciuta cugina, che gli piomba in casa all’improvviso.
Star, adolescente senza stelle in cielo e un padre abusante in terra, trova in Jack, un ragazzo più grande e (in)sicuro di lei, la spinta per andare, lasciandosi dietro una madre assente e due fratellini innocenti. Reclutata per vendere abbonamenti porta a porta, sale sul furgone di Krystal, ‘titolare’ in costume del business e amante incostante di Jack. Lungo le strade del Midwest, tra una sigaretta, una canna e una canzone di Rihanna cantata a squarciagola, Star e Jack si innamorano. Lei ha un sogno, lui un capitale per comprarlo ma il viaggio è ancora lungo e probabilmente non porta da nessuna parte.
Vjeko è un insegnante di scuola superiore che ha dedicato tutta la sua vita allo studio della lingua croata e alla storia della nazione. Vive in un appartamento nel centro di Zagabria con suo padre Hrvoje, un Ustascia, un ufficiale dell’esercito fascista croato, ora costretto a letto da oltre sei anni. Inoltre, meno di un anno fa, Vjeko ha perso l’amore della sua vita, il violoncellista Bobo. Senza più voglia di vivere e con seri propositi di suicidio, Vjeko trova piacere solo nelle passeggiate a notte fonda, quando vaga per la città vuota vestito da donna e con il viso truccato. Una notte un gruppo di uomini lo ferma, lo picchia e lo abbandona in strada privo di sensi. In ospedale incontra Maja, un’infermiera che abita nel seminterrato del suo stesso palazzo. La donna lo riconosce e inizia a prendersi cura di lui e di suo padre infermo. In cambio Vjeko accetta di aiutare il marito di Maja, il poliziotto di origine serba, Ante, a preparare un esame sulla Costituzione croata.
Da un racconto di Albert Beich. Durante un convegno a San Francisco Clarissa e Steve, entrambi sindaci, fanno conoscenza, danno scandalo con alcune scappatelle in comune, rischiano di perdere il posto. Commedia romantica di ordinaria amministrazione, basata su un copione mediocre. Minestra riscaldata. Bravi professionisti C. Gable e L. Young; ottimi i caratteristi di contorno.
Colombo, Sri Lanka. Quando apprendono che la Germania vorrebbe invitare la nazionale di pallamano dello Sri Lanka a un torneo in Baviera, Manoj e Stanley – in attesa da anni di un visto per emigrare – raccolgono altri 21 disperati cingalesi, ignari di pallamano, e s’imbarcano per Monaco, ma all’arrivo sono obbligati a giocare. 1ª regia di Pasolini, responsabile di Full Monty (1997) e del suo straordinario successo, e anomalo produttore indipendente in area anglofona, che l’ha scritto con Ruwanthie De Chickera. Dopo quella sulla disoccupazione della classe operaia britannica, una commedia sulla fuga dal Terzo Mondo in cerca di lavoro e di una nuova identità. Pur in toni quasi cronachistici per descrivere lo spaesamento degli emigranti nella parte finale in Germania, rimane una commedia: “Un tema di forte presa sociale, un certo cinismo nel prenderlo di petto, una malcelata componente di qualunquismo, ma anche una lucidità fuori dal comune…” (Sergio Di Lino). Esposto alle Giornate degli autori a Venezia 2008 dove prese il Premio FEDIC (Federazione dei Cineclub).
In una città americana, il caporedattore di un giornale appena acquistato dall’editore D. B. Norton, fa licenziare numerosi impiegati per “fare pulizia” di personale. Tra questi c’è Ann Mitchell (Barbara Stanwyck) che, prima di lasciare il posto, fa pubblicare per la sua rubrica la falsa lettera di un disoccupato disperato che minaccia di gettarsi dal palazzo del municipio a mezzanotte della vigilia di Natale. La lettera crea subito scalpore, i centralini del municipio vengono inondati di telefonate da parte di cittadini e datori di lavoro pronti ad “adottare” il misterioso John Doe. Attorno a quest’uomo così determinato nella sua disperazione cresce l’interesse della gente.
Le richieste di reupload di film,serie tv, fumetti devono essere fatte SOLO ED ESCLUSIVAMENTE via email (ipersphera@gmail.com), le richieste fatte nei commenti verrano cestinate.