Il mondo ha riscoperto da tempo la canzone napoletana classica. Penso che adesso tocchi alla Macchietta e alla tradizione della canzone umoristica napoletana venir fuori e raccogliere cio’ che merita. Qualcuno può pensare che Si parli di generi minori. Sbaglierebbe.
La Macchietta contiene tutti gli ingredienti del miglior umorismo e poi affianca in maniera decorosissima la canzone napoletana. Questa antologia raccoglie, per la prima volta, proprio storia e testi della canzone umoristica e della Macchietta. Quelle delle origini, e dunque del passato, e quelle che via via ci hanno condotto fino al presente.
La banda musicale della polizia di Alessandria d’Egitto viene invitata a suonare all’inaugurazione del centro culturale arabo di una cittadina israeliana. All’aeroporto di Tel Aviv non c’è nessuno ad attendere il gruppo di musicisti, così il pragmatico direttore d’orchestra e colonnello Tewfiq decide di raggiungere il luogo con un autobus locale. Arrivato nella remota e desertica cittadina (una sorta di Las Vegas spoglia di luci scintillanti, giochi e schiamazzi) capisce che, per un difetto di pronuncia, ha sbagliato destinazione. Non si trova nella moderna Petah Tikva, bensì nell’arida Bet Hatikva. Poiché non c’è modo di andarsene da lì (c’è una sola corriera che passa una volta al giorno) gli otto egiziani sono costretti ad accettare l’ospitalità di Dina, la bella proprietaria dell’unico ristorante del posto. Al suo esordio in lungo l’israeliano Eran Kolirin realizza una piccola opera cinematografica, densa di valore, trovando il modo per fotografare e raccontare il suo paese con umorismo, sentimento e nostalgia, utilizzando un linguaggio (e lanciando un messaggio) universale. La banda è una brillante commedia dal retrogusto amaro che parla innanzitutto dell’essere umano. Le inamidate uniformi azzurre della banda celano i disagi esistenziali dei componenti. L’unica voce fuori dal coro è quella di Haled, dongiovanni nell’anima che seduce le fanciulle sussurrando i versi romantici di Chet Baker. La musica fa da collante tra lo sgangherato gruppo in terra straniera e i loro ospiti. È una canzone jazz israeliana che Dina sceglie per trasmettere a Tewfiq – il suo personale Omar Sharif – il desiderio di dirgli “tante cose”. È la danza delle mani del colonnello, che muove sinuosamente nell’aria per mostrare alla locandiera come si dirige un’orchestra, a creare un momento d’intesa tra l’uomo e la donna. E, infine, intorno alla tavola apparecchiata a festa, nel silenzio imbarazzante e un tantino ostile, basta intonare un’approssimativa “Summertime” per comunicare e azzerare la distanza di due paesi avversi. Al di là delle divergenze culturali e delle barriere linguistiche c’è la musica, ma c’è anche l’amore. Quello agognato da una giovane che vede la sua vita come un (melodrammatico) film arabo, quello perduto a causa del proprio rigore, quello cercato tra le braccia di uno sconosciuto. Il finale de La banda è preannunciato da una frase di Itzik. È “come un concerto che finisce di colpo, né triste, né allegro”. Un concerto, aggiungiamo noi, da godere fino all’ultima nota.
Registrazione parziale dello spettacolo teatrale portato in giro nella stagione 2005-06 con più di 250 000 spettatori. Il prologo dei quattro alieni che sbarcano sulla Terra in una città simile a Milano, è un pretesto per legare la catena delle scenette comiche. Da non perdere i fuoriscena sui titoli di coda. L’umorismo frizzante (con risvolti surreali) prevale sulla satira, ma non mancano i rimandi agli umori antimeridionali della Lega nordista. La solita ripartizione dei ruoli nel trio dà spazio soprattutto alla buffoneria sopra le righe di Aldo, impegnato anche nel cantare in platea una passionale “My Way”. È apprezzabile, comunque, l’onestà dell’operazione che non soltanto sottolinea la natura teatrale dello spettacolo, ma ne amplifica il fascino. Il merito è anche di R. Gaspari che sfrutta a dovere le invenzioni di A. Brachetti. Nella vita S. Fallisi è moglie di Aldo.
La società vista e raccontata da Gene Gnocchi non può che essere assurda, quasi surreale, e indubbiamente senza senso. Nel suo ultimo spettacolo, “Cose che mi sono capitate a mia insaputa”, il comico originario di Fidenza racconta con graffiante ironia una realtà che oggi sfugge alla comprensione. Lo fa portando in teatro un personaggio cinico e flemmatico, quasi distaccato da ciò che lo colpisce e che si ritrova, a sua insaputa, ad affrontare una serie di situazioni impossibili. Questo il contesto per portare in scena un monologo composto da graffianti ragionamenti sulla società. I problemi sono gli stessi di sempre: la disoccupazione, la carenza di lavoro, la classe politica, il dibattito sull’energia…il protagonista, in cerca di un’occupazione, si vede a malincuore costretto a comprare la tessera della loggia P3 per coronare il suo sogno di esibirsi sul palco di qualche prestigioso teatro. Questo il motivo per cui, ad esempio, dal 18 al 20 Marzo è presente al Teatro Parioli di Roma, a raccontare al suo pubblico tutto quello che gli è capitato, a sua insaputa appunto, intermezzandolo con stacchetti promozionali che la sua condizione di lavoratore precario lo obbliga a fare. “Cose che mi sono capitate a mia insaputa” è stato scritto dal comico con la collaborazione di Ugo Cornia, SimoneBedetti e Maurizio Giambroni e sta avendo forte successo in numerosi teatri italiani. Gene Gnocchi, all’anagrafe Eugenio Ghozzi, ha sulle spalle oltre trenta anni di carriera ma la sua graffiante ironia è rimasta sempre la stessa. Una satira che racconta la realtà e le sue mille contraddizioni, cercando di trovare un appiglio per comprendere quello che accade e che di solito sfugge ai più.
L’idea della famiglia Simpson venne applicata da Matt Groening e James L. Brooks nel 1987, in una serie di corti animati di un minuto da mandare in onda durante il Tracey Ullman Show. La loro prima apparizione nel talk show avvenne il 19 aprile di quello stesso anno, in un corto intitolato Good Night. Da quel momento, fino al 1989, I Simpson andarono in onda durante gli intermezzi pubblicitari dello show, ottenendo un buon successo di pubblico. La serie debuttò in prima serata, sotto forma di episodi di mezz’ora, il 17 dicembre 1989.
I Simpson sono subito diventati uno show di punta della 20th Century Fox, grande casa produttrice di film; nel corso degli anni, infatti, hanno vinto numerosi e importanti premi televisivi.[1] Il numero del magazineTIME del 31 dicembre 1999 lo ha acclamato come “miglior serie televisiva del secolo”,[2] mentre il 14 gennaio 2000 lo show ha ottenuto una stella nella Hollywood Walk of Fame. Ad oggi è la più lunga sitcom[3] e serie animata[4] statunitense mai trasmessa. Come prova dell’influenza che lo show ha avuto nella cultura popolare, l’esclamazione contrariata di Homer Simpson, “D’oh!“, è stata introdotta nell’Oxford English Dictionary. I Simpson hanno inoltre influenzato diverse altre serie animate per adulti prodotte dalla metà degli anni novanta in poi.[5] Nel 2002 la rivistaTV Guide ha classificato I Simpson all’8º posto tra I migliori 50 spettacoli televisivi di tutti i tempi,[6]miglior posizione tra le serie animate.
Sono 300gb e durante l’upload ho avuto qualche piccolo problema tecnico, se mancano episodi comunicatemeli via email (ipersphera@gmail.com), segnalazioni nei commenti verranno cancellate.
Scapolo impenitente tenta di dissuadere il nipote dal matrimonio, ma il giovane parte alla controffensiva e vince la battaglia. Lo zio sconfitto finirà per sposare la segretaria che l’amava in segreto. Commedia umoristica senza molte pretese è più che altro una sfilata di storielle, abbastanza ben condite da trovate divertenti, interpretate da noti attori di varietà.
Un industriale si trova in cattive acque. Ma potrebbe salvarlo un riccone, ex gerarca fascista. Per ingraziarselo, l’industriale lo riceve nel suo castello. L’ospite è in brodo di giuggiole, la società sta per nascere quando s’intromette lo spirito del castello
Il trio, originariamente denominato I Saraceni, era formato da Massimo Troisi, Lello Arena ed Enzo Decaro e basava la propria comicità su sketch che, prendendo spunto dalle situazioni quotidiane della Napoli dell’epoca, puntavano l’indice su temi disparati quali la religione, l’occupazione (e disoccupazione), il folklore e le tradizioni ormai anacronistiche, ma ancora vive soprattutto nel napoletano[2].
Dopo buone affermazioni teatrali anche fuori dell’ambito locale il trio conobbe il suo massimo periodo di notorietà quando fu protagonista della trasmissione televisiva Non stop e della successiva La sberla.
L’onorevole democristiano Giacinto Puppis (L. Buzzanca, truccato da on. Emilio Colombo) fa sogni erotici dove gli appare una donna ignuda (E. Czemerys) in un’alternanza di immagini che mostrano le sue rotondità abbinate ai monumenti di piazza San Pietro. Intanto, in un intreccio di manovre e patti segreti tra Vaticano, mafia, servizi segreti e alte gerarchie militari, il Puppis diventa Presidente della Repubblica. Anche un manipolo di suore finisce in pasto alle ossessioni erotiche di un L. Buzzanca senza freni. Proiettato al Viminale in una proiezione riservata ai parlamentari, fu bloccato dalla censura e messo in circolazione dopo una provvidenziale mutilazione. Scritto da L. Fulci con Sandro Continenza e Ottavio Jemma. Distribuito in Francia come Obsédé malgré lui . “Folgorante (e unico) caso di satira politica in cui il rapporto freudiano tra potere e piacere trova un’originalissima e piccante messa in scena.” (C. Avondola-M. Garofalo).
Sceneggiato da Castellano & Pipolo, è un insieme di episodi farseschi sulle manie di moda: collezionismo, spogliarello, cambiali, tifo sportivo, ecc. Satira annacquata nel qualunquismo.
Louie è una serie televisivastatunitense trasmessa dal 2010 al 2015 dal canale FX. La serie televisiva è scritta, diretta, interpretata, montata e prodotta dal suo stesso ideatore, il comicostand-upLouis C.K.,[1] che recita una versione fittizia di se stesso: un comico e padre divorziato che cresce le sue due figlie nella città di New York. La serie ha un formato piuttosto libero ed atipico, caratterizzato da storyline per lo più sconnesse e da segmenti (descritti come «sketch estesi»)[2] che ruotano attorno alla vita di Louie, intervallate da performance stand-up dal vivo. La serie è liberamente ispirata alla vita di Louis C.K., e lo mostra sul palco come un comico e giù dal palco come un padre di due bambine appena divorziato. Ogni episodio è costituito da due storie che possono essere collegate tematicamente o meno, oppure da un’unica storia che dura per tutto l’episodio, spesso composta da diverse scene connesse tra loro. Le scene sono intervallate da performance comiche originali di C.K., che solitamente hanno luogo in piccoli locali di cabaret di New York, tra cui Comedy Cellar e Carolines a Manhattan. Nella prima stagione vengono mostrate occasionalmente brevi conversazioni tra Louie e il suo terapeuta.
Le storie mostrate nella serie sono generalmente distinte le une dalle altre, anche se saltuariamente alcuni personaggi ricorrenti (come Pamela, amica di Louie) creano una fittizia continuity tra gli episodi. In varie occasioni, infatti, la continuità non è tenuta in considerazione. Ad esempio, in due differenti episodi vengono mostrate due attrici e due personaggi molto diversi per interpretare il ruolo della madre di Louie.[8] Come spiegato da C.K., «ogni episodio ha il proprio scopo, e semplicemente non importa se va a scombinare lo scopo di un altro episodio».[9] Alcune storie, inoltre, si svolgono al di fuori della normale linea temporale della serie, come nell’episodio God in cui Louie viene mostrato durante la sua infanzia, oppure in Oh Louie, che si svolge nove anni prima che iniziasse la sua carriera di comico. L’episodio pilota include sequenze di una gita scolastica e di un imbarazzante primo appuntamento, mentre gli episodi successivi affrontano una grande varietà di temi, tra cui il divorzio, il sesso, la depressione, l’orientamento sessuale e il senso di colpa cattolico.
Riccardo Finzi, diplomatosi detective per corrispondenza, viene a Milano e tra la scarsa fiducia generale si mette a indagare su un caso che la polizia non riesce a risolvere: l’uccisione in Brianza di una ragazza bene. Finzi risolve il “puzzle” e la polizia lo ringrazia come si fa con un grande detective da romanzo giallo
Un film di Larry Charles. Con Sacha Baron Cohen, Pamela Anderson, Ken Davitian Titolo originale Borat: Cultural Learnings of America For Make Benefit Glorious Nation of Kazakhstan. Commedia, durata 84 min. – USA 2006. – 20th Century Fox uscita venerdì 2marzo 2007. – VM 14 – MYMONETRO Borat – Studio culturale sull’America a beneficio della gloriosa nazione del Kazakistan valutazione media: 2,33 su 231 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Irriverente, sovversivo, oltraggioso. Borat Sagdiyev è un reporter kazako in viaggio negli Stati Uniti d’America per girare un documentario che riprenda le usanze e i costumi del nuovo mondo, per poi riportare la preziosa e fedele testimonianza al suo paese. Misogino, antisemita e razzista, semina il panico e lascia il segno a ogni suo passaggio, scardinando di volta in volta le certezze e le ipocrisie di una cultura carica di pregiudizi e oscenità. Dal creatore di Ali G., Sacha Baron Cohen, un film che promette di far ridere a crepapelle dall’inizio alla fine della pellicola. Su un carrettino di gelati, insieme al suo goffo collega, Borat viaggia in lungo e in largo negli States alla ricerca di qualcuno che gli indichi le buone maniere, lo stare in società, ma soprattutto la strada per raggiungere il suo obiettivo unico e solo: incontrare l’eroina del suo telefilm preferito.
Giandomenico Fracchia è un personaggio televisivo e cinematografico ideato e interpretato da Paolo Villaggio. Apparve per la prima volta nel programma Quelli della domenica nel 1968, ed è una delle tre principali maschere comiche di Villaggio assieme al professor Kranz e a Ugo Fantozzi.
Il Muppet Show (The Muppet Show) è una trasmissione televisiva ideata dallo statunitenseJim Henson, andata in onda dal 1976 al 1981. I protagonisti sono dei curiosi pupazzi detti Muppet, dalla fusione tra le parole inglesi marionette (marionetta) e puppet (pupazzo). Jim Henson (animatore materiale anche di alcuni dei protagonisti), già presenza importante del programma Sesame Street (in Italia come “Sesamo apriti”), che ha in parte rivoluzionato il mondo della televisione per bambini, riuscì con questo programma a collocare i suoi pupazzi in una cornice rivolta ad un pubblico di adulti. Ogni puntata della serie ha come ospite speciale un artista che interagisce con i muppet, alla maniera di un famoso show televisivo americano, l’Ed Sullivan Show. Il Muppet Show è stato sicuramente il più grande successo dei Muppet essendo andato in onda in più di 100 paesi. Nonostante il programma sia stato prodotto negli Stati Uniti, lo spettacolo viene trasmesso per la prima volta nel Regno Unito
The Muppet Show – Stagione 1 – 24 episodi (Solo 16 nei DVD Italiani)
Un misterioso amuleto finisce tra le mani di un ragazzino che, preso da smania erotica, assale un gran numero di fanciulle. Dopo numerosi, grotteschi episodi arriva finalmente uno stregone, che inghiotte l’amuleto e finisce agli inferi.
Noboru Iguchi è un nome assai caro agli amanti di quel cinema folle ed eccessivo di marchio strettamente nipponico. E’ infatti a lui che negli anni recenti dobbiamo il merito di aver realizzato due titoli di culto quali The Machine Girl e Robogeisha, veri e propri concentrati di nonsense e divertimento esagerato che hanno ottenuto imperituro alloggio nel Valhalla dei trash movie. Ma se una ragazza “meccanica” intenta a vendicarsi per la morte della propria famiglia e una geisha “robotizzata” alle prese con la sua personale e particolare ribellione, potevano apparire già come personaggi assurdi inseriti in contesti ancora più ironicamente surreali, la protagonista e l’ambientazione di Zombie Ass – Toilet of the Dead (che già dal titolo annuncia la sua più “pura essenza”…) varcano un nuovo limite del buon gusto, andando a rivoluzionare in chiave farsesca un filone sempre sulla cresta dell’onda come quello dei film di zombi. L’inizio è sui generis per le produzioni sui morti viventi. Un gruppo di amici -tre ragazze e due ragazzi- si perdono in una foresta. Tra di loro vi è Megumi (Arisa Nakamura), studentessa di karate, che nasconde un drammatico segreto nel suo passato scolastico. All’improvviso i giovani vengono attaccati da uno zombi, e si avviano in una precipitosa fuga, soltanto per ritrovarsi accerchiati da altre orde di non morti. Quest’ultimi hanno però una differenza dai classici topoi del genere, e come arma per stordire le loro vittime hanno dei potentissimi… peti (!!), nonché dei lunghi vermi che escono dai loro orifizi pronti ad aggredire i malcapitati di turno. Megumi e i suoi compagni pensano di aver trovato un alleato in un mite professore e sua figlia, ma in realtà coloro che apparivano come salvatori si rivelano dei sadici assassini, loro stessi creatori del morbo zombificante.
IT Crowd (The IT Crowd) è una sitcom britannica scritta da Graham Linehan e prodotta da Ash Atalla andata in onda su Channel 4 in 4 stagioni dal 3 febbraio 2006 al 30 luglio 2010, e conclusa con un episodio speciale il 27 settembre 2013.
La serie IT Crowd è ambientata negli uffici della Reynholm Industries, una fittizia società di Londra. È incentrata sulle gag della squadra del reparto IT, relegata in un seminterrato sporco, disordinato e trasandato, in grande contrasto con la splendente architettura moderna e le favolose vedute di Londra di cui gode il resto dell’azienda. La segretezza che circonda l’attività dell’azienda serve da running gag attraverso la serie – tutto ciò che si sa è che l’impresa ha comprato e venduto ITV (fatto che Denholm Reynholm ha completamente dimenticato), e una volta ha fatturato “milleottocento miliardi di miliardi”. La squadra è ciò che Douglas Reynholm descrive come “una persona intraprendente e dinamica (Jen), un genio (Moss) ed un uomo irlandese (Roy)”.
I mostri (The Munsters) è una situation comedy brillante con elementi horror prodotta negli Stati Uniti e andata in onda per la prima volta dal 24 settembre 1964 sul network statunitense CBS
I protagonisti della serie televisiva sono una famiglia di mostri che vive in un sinistro maniero come una qualsiasi famiglia americana. I membri di questa bizzarra famiglia sono il padre Herman, una sorta di mostro di Frankenstein che fa sentire la sua forza così come impone l’ordine nella casa; la madre Lily, una specie di vampira ricalcata sul modello della famosa Bride of Frankenstein; il nonno, un vampiro vestito nella “classica” tenuta resa famosa da Bela Lugosi; il figlio Eddie Wolfgang, lupo mannaro, e la nipote Marilyn, l’unica ragazza “normale” della famiglia in tutti i sensi.
Un goffo cameraman non riesce a combinare niente di buono: potrebbe riprendere fatti importanti se non dimenticasse di inserire la pellicola in macchina e se non sovrapponesse due filmati. Sta per abbandonare il lavoro quando una scimmietta, che ha ripreso involontariamente due scene interessantissime, gli porta il successo e l’amore di una bella ragazza.
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