La sera dell’inaugurazione, scoppia un incendio in un grattacielo di 138 piani. C’è sotto una squallida speculazione. La tensione dello spettacolo è attutita dalle storie private dei vari protagonisti, un folto cast di buoni attori. Nel filone catastrofico degli anni ’70 è uno dei migliori. Combina le ambizioni (e i costi) spettacolari della serie A con una galleria di personaggi di film della serie B. Oscar per la fotografia (Fred Koenekamp, Joe Biroc) e la canzone. Prodotto dalla Fox e dalla Warner e tratto _ caso raro _ da due romanzi, di Richard Martin Stern, uno, e di Thomas M. Scortia e Frank M. Robinson, l’altro. Sceneggiato da Stirling Stilliphant.
Due vicende complementari si intrecciano: il rapporto conflittuale di due fratelli, entrambi pompieri sulla scia del padre morto giovane in un incendio, e l’inchiesta su una serie di incendi dolosi a scopo omicida che si riveleranno collegati tra loro. Un colosso della pirotecnica condito di suspense con agganci un po’ pretestuosi di critica verso i politici che riducono i finanziamenti pubblici ai vigili del fuoco. De Niro e Sutherland offrono due caratterizzazioni che lasciano il segno. Howard rimane un regista indecifrabile e inclassificabile che lascia incerti nel giudizio. Il titolo originale, Backdraft, significa in gergo “fiammata di ritorno”.
Roma e il mondo sono in lutto per la morte del Santo Padre. Distrutto l’anello piscatorio, il camerlengo deve fare fronte al rapimento dei quattro cardinali favoriti alla successione pontificia e alla minaccia della distruzione della Città del Vaticano ad opera degli Illuminati, una confraternita venuta dal passato a rivendicare il primato della scienza sulla Chiesa e sullo Spirito. Riunito in Concistoro per eleggere il nuovo Papa, il collegio cardinalizio assolda Robert Langdon, docente di simbologia religiosa a Harvard. Nemico stimato della Chiesa, che non gli perdona la negazione dell’incarnazione del Verbo, il cavaliere accademico accetta l’investitura e parte alla volta della Capitale. Archiviati acredine e risentimento, il professore e gli uomini della Chiesa, armati di spirito e alabarda, collaboreranno alle indagini e alla risoluzione del mistero. Un mistero nascosto dentro le chiese e sotto le segrete della Città Eterna.
Il fumetto è considerato il punto di passaggio tra le serie classiche della Bonelli (Tex, Zagor, Mister No) e quelle del nuovo corso (Dylan Dog, Nick Raider, Nathan Never), sia per le tematiche trattate, sia per aver aperto la strada a nuove iniziative di carattere editoriale. Martin Mystère ha messo in crisi la tradizionale divisione della critica tra pubblicazioni cosiddette di prestigio e popolari, tra fumetto d’autore e fumetto seriale.
Una regina cattiva vuol uccidere tutte le neonate per sfatare una leggenda sulla fine del suo regno. Ma una neonata si salva grazie al nano Willow, che con l’aiuto di un giovane guerriero sconfiggerà la regina cattiva. George Lucas e Ron Howard ( Cocoon) cercano di ridare vigore al filone fantasy combinando una fiaba alla Biancaneve con le crudezze del film alla Conan. L’impegno è evidente, ma l’alto livello spettacolare non riesce a liberarsi di un sospetto di déjà-vu.
Sonic è un riccio blu elettrico che corre ad una velocità superiore a quella del suono. Il suo potere è ricercato e invidiato ed è proprio per sfuggire ai cacciatori che lo inseguono che viene spedito tramite un anello magico sul pianeta Terra, con un sacchettino di anelli di riserva per fuggire in altri mondi, nel momento del bisogno. Ma Sonic si affeziona al nostro pianeta, e ancora di più quando diventa amico di Tom, un poliziotto dell’immaginaria Green Hills, nel Montana, che sogna un futuro da eroe della strada a San Francisco.
Una fiaba ambientata nel Duecento. Il cattivo signore di un borgo francese ha trasformato due innamorati in due animali: lui diventa un lupo di notte, quando lei è una bella fanciulla; lei è un falco di giorno, quando lui è un prode cavaliere. Insieme affrontano una fantastica avventura, finché durante un’eclisse solare, il maleficio si dissolve. Girato interamente in Italia, il film si avvale dell’ottima fotografia di Vittorio Storaro.
Nel 1271, mentre i resti di Luigi IX (1214-1270), re di Francia detto il Santo, sono portati attraverso la penisola italiana verso Parigi, cinque giovani cavalieri partono verso Tebe (Grecia) alla ricerca della sacra Sindone. P. Avati torna al Medioevo, già raccontato in Magnificat , con un film ad alto costo di taglio epico-avventuroso, di base antropologica e di toni che svariano dal metafisico al barbarico, dalla novellistica alla sacra rappresentazione, con innesti di ferina violenza: amputazioni, sventramenti, sangue a fiotti, procedure efferate, macabri riti liturgici. Il sacro e il blasfemo, il divino e il diabolico nascono, come l’alternanza tra abomini etici e abissi spirituali, dal contesto socio-antropologico, documentato con cura. Film medievista più che medievale, attraversato – come il sacrificio finale suggerisce – da una brezza anarchica contro ogni potere. Consulenza storica di Franco Cardini.
Un cacciatore mongolo, trovato dagli oppressori del suo paese in possesso di un talismano che lo fa ritenere discendente di Gengis Khan, è oggetto di interessate premure e quasi indotto a firmare un trattato che, se gli darà ozi e ricchezze, lo allontanerà però sempre più dalla causa degli oppressi. Il suo rinsavimento coincide con l’evasione di un partigiano che chiede la sua protezione.
Il russo Nicolaj Sukov, sergente di cavalleria (senza cavallo) reduce dalla campagna bellica del 1917-18, è in cammino per tornare a casa, attraverso pericoli e disagi d’ogni sorta. Durante la strada, scrive mentalmente alcune lettere alla moglie, colorandole di poetiche bugie.
Costa del Brasile, 1805: a migliaia di leghe lontano dall’Europa, infuria un’epica battaglia che può cambiare le sorti della guerra di Napoleone alla conquista dell’Inghilterra. La Surprise, vascello della Royal Navy guidato dal Capitano Jack “Lucky” Aubrey, e la Acheron, nave francese di stazza e potenza di fuoco estremamente superiori, si sfuggono e si inseguono, a viso aperto o col favore della nebbia, si scambiano di ruolo da preda a predatore. A bordo della Surprise, la patriottica devozione di Aubrey si scontra con l’etica scientifica del suo amico e medico di bordo Maturin, ma sapranno trovare una nell’altra la chiave per il successo dei propri scopi. Mettete una montagna di soldi in mano ad ognuno dei registi di Hollywood e state certi che, dopo averla resa poco più che una collinetta per onorare i cachet dei maggiori divi del momento, nove su dieci faranno un film mediocre, che farà storcere il naso ai critici, che avrà il sapore del “già visto”, eccetera. Peter Weir è il decimo tra questi registi. La sua montagna d’oro si trasforma nel sontuoso Master & Commander, un film compatto come un megalite. Sebbene realizzato interamente a mollo nell’Oceano, M&C non fa acqua da nessuna parte e non sono necessari grandi giri di parole per spiegarne la grandiosità: gli attori sono eccellenti (ad essere sinceri, Bettany sembra un candidato più credibile di Crowe alla statuetta più ambita del mondo, anche se quale attore non protagonista); la regia è essenziale e di stile, lasciando parlare tutta la serie di meravigliosi elementi scenografici: dalle navi ai costumi passando per le isole Galapagos, mai viste al cinema, che lasciano intontiti per la loro bellezza; la fotografia riesce a virare con piacevole disinvoltura da una prima parte grigia e nebbiosa ad una seconda soleggiata e splendente, con nel mezzo una tempesta da cineteca dei sogni. Non bastasse, in M&C c’è anche il sentimento – e non certo l’amore, visto che la presenza delle donne è ridotta ad una ventina di secondi di bellezze caraibiche. Cuore e testa (quello del Capitano Crowe che si fa travolgere dall’orgoglio e dal fervore patriottico e questa del dottor Maturin che sacrificherebbe la sua stessa vita nel nome della scienza) possono convivere senza dover sacrificare il “terzo incomodo”, l’amicizia: e come, se non traendo forza l’uno dall’altra e viceversa? Connubio creativo meravigliosamente sottolineato, in chiave metaforica, da Capitano e Dottore che, al riparo della cabina, danno vita col mescolarsi dei loro strumenti da camera ad una creatura armoniosa e magica come solo la musica è. E quando i due si scambiano le partiture, cambia la musica ma la magia resta la stessa. Anzi, si fa più bella di prima. Con questo film che sa di Ben Hur più che di Titanic, diamo un caloroso bentornato al Kolossal con la K maiuscola.
Peripezie del giovane Mark Campbell, in Africa alla ricerca di una miniera già di proprietà del fratello assassinato. Il delitto viene attribuito alla setta africana degli “uomini leopardo”, ma il colpevole è un altro.
L’ Eunuco dell’Impero ha ordinato la condanna a morte del comandante del suo esercito per tradimento e insurrezione. La famiglia del comandante è stata assassinata, ma i suoi due figli più giovani, un figlio e una figlia, sono stati esiliati dall’impero. Al fine di completare il piano, l’eunuco ha mandato il suo scagnozzo segreto ad assassinare i due bambini. Il piano fallisce, dando inizio a numerose battaglie.
I subita sono stati tradotti con google, potrebbero esserci delle imprecisioni
La storia dell’autore letterario francese per eccellenza è strettamente legata alle sue monumentali opere, tratte dai drammi e dalle avventure della sua stessa vita, una vita che egli ha modellato in una spettacolare ed indimenticabile esplosione di passione. Il centro dell’esistenza di Balzac furono le donne, sulle quali esercitò un incredibile fascino. Donne come Madame De Bern, matura, più grande di lui, che lo amò proprio per come era, o come Eve Hanska, dama di grande fascino che egli seguì in Svizzera, in Germania e in Russia in una instancabile crociata per conquistare il suo cuore
Protagonista è il ladro internazionale creato dal romanziere Maurice Leblanc, che con i suoi travestimenti riesce a farsi beffa, nella Parigi di fine Ottocento, del prefetto della polizia, del Kaiser Guglielmo II e della baronessa Von Kraft, che era rimasta affascinata dalla sua astuzia e dalla sua galanteria.
Un film di Yakov Protazanov. Con Yuliya Solntseva, Igor Ilyinsky, Nikolai Tsereteli, Nikolai Batalov, Vera Orlova, Vera Kuindzhi, Pavel Pol, Konstantin Eggert, Yuri Zavadsky, Yulia Solntseva, Valentina Kuinzhi, Nikolai Tserectelli, Ygor Ilinski, Yuri Zavadski Avventura, b/n durata 120 min. – URSS 1924. Durante la guerra civile in URSS, un ingegnere sovietico effettua un volo su Marte. La sovrana del pianeta s’innamora dell’esploratore spaziale che prende parte a una rivoluzione tesa a sollevare i proletari marziani, soggetti a un sistema di bestiale sfruttamento. Il protagonista si risveglia e si rende conto che il suo è stato il sogno di un uomo dai nervi logori. Realizzato con notevole dispendio di mezzi, e accolto con molte riserve dalla critica e dalle autorità, è considerato uno fra i primi film sovietici di anticipazione, fra l’altro interpretato da attrici bellissime. Pregevole soprattutto per l’estrosità della messa in scena, che vanta l’impiego di scenografie costruttiviste contrapposte a scorci realistici della Mosca negli anni della NEP.
All’inizio degli anni Venti un soldato dell’Armata Rossa è ingiustamente accusato di aver fatto la spia ai rapinatori che hanno assaltato un treno carico d’oro. Il presunto traditore lascia i suoi, si aggrega ai banditi, recupera l’oro, scopre la vera spia. 1° film lungo del regista (anche interprete del capo dei banditi) che, tenendo d’occhio la lezione del western americano, straripa di trappole, svolte, ribaltamenti, romantica energia. I versi della ballata che apre il film sono di Natalija Kon&9 alovskaja, madre di Michalkov.
Ou Yang Feng (L. Cheung), già spadaccino e sicario di professione, vive da eremita nel deserto. Gli fa visita una ragazza (C. Young) che vorrebbe vendicare la morte del fratello. Gli richiama alla memoria l’unica donna (M. Cheung) che ha mai amato, ora moglie di suo fratello. Ma anche il suo migliore amico (T. Leung) è innamorato di lei. Nel suo 3° e costoso film, Wong prende in prestito i personaggi di un romanzo di arti marziali di Jin Yong e li situa in mezzo a un deserto per analizzarne ossessioni e manie. “Incredibile apologo filosofico, film di kung-fu senza combattimenti, film in costume senza un tempo di riferimento, paradossale tentativo di ‘prendere sul serio’ le storie di fantasmi e di eroi mitologici cinesi” (G. Manzoli).
A differenza della versione REDUX che dura 93 minuti questa ne dura 98
Il remake di un pilastro della cinematografia di genere di Hong Kong come One-Armed Swordsman, che segnò nel 1967 una nuova partenza per il wuxia imponendosi come pietra miliare della svolta verso un realismo ‘gore’, non poteva che prendere vita per mano di Tsui Hark, pontefice massimo del dramma di cappa e spada nonché vate di una nuova ed affascinante tipologia di kung fu movie. On vive sin dalla morte del padre in una fabbrica di lame, sotto la protezione del mastro fabbro, ma, una volta scoperto che il padre morì per mano di un avventuriero errante di rara malvagità, decide di seguire la strada della vendetta. Nel tentativo di salvare la figlia del proprio tutore da una banda di briganti, On perderà un braccio e sarà costretto a vivere da ‘storpio’, tra discriminazione e continue umiliazioni. In seguito all’ennesimo sopruso, la volontà di vendetta consumerà l’autocommiserazione, spingendolo a sviluppare uno stile marziale che si adatti alla propria menomazione fisica.
Liberamente ispirato a un libro di racconti di Piu Sung-Ling (1640-1715), è un vasto affresco epico-avventuroso con risvolti fantastici la cui azione ha per sfondo un villaggio della Cina settentrionale nell’epoca Ming (1367-1643) e per personaggi principali la bella, valorosa e perseguitata figlia (Feng) di un ministro morto sotto le torture, che s’è nascosta in una casa infestata dai fantasmi; un giovane povero (Chun), pittore e letterato; un generale travestito da cieco e un pacifico monaco buddista, esperto in arti marziali, le cui ferite si rigenerano al sole e il cui sangue si tramuta in oro. Si può dividere in tre parti: la prima ha le cadenze di un racconto del mistero con risvolti ironici; la seconda mette in scena duelli all’arma bianca che si trasformano in fantasiosi e magici balletti; nella terza parte l’azione spettacolare lascia il posto a un misticismo visionario: vi si suggerisce come l’etica dello Zen – precisione, rigore, controllo di sé, ascetismo, efficacia, lealtà – si traduce in gesto e azione. 4° film di King Hu, raffinato scenografo e coreografo, pur non mancando di squilibri, di prolissità e di passaggi opachi, è uno splendido esempio di cinema come fonte di avventura, meraviglia, magia spettacolare, organizzazione del movimento nello spazio. In concorso a Cannes nel 1975, in Italia è stato visto soltanto sui teleschermi.
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