Anno 2013. Trasformata in isola da un terremoto del 2000, Los Angeles è diventata un lager per fuorilegge ed emarginati di ogni tipo, mentre un presidente degli USA (a vita), ultraconservatore e bigotto, ha messo al bando alcol, fumo, sesso prima e fuori del matrimonio e il mondo è diviso in due blocchi, il Nord e il Sud, entrambi totalitari. La figlia (Langer) del dittatore bacchettone si rifugia a L.A. con un congegno che può azzerare i sistemi elettrici e telematici del pianeta. Snake (Jena) Plissken (Russell) lo deve recuperare entro poche ore. Doppia sorpresa finale con sberleffo. Scritto con Debra Hill e K. Russell, il film di Carpenter, ala sinistra dell’horror nordamericano, ripete 1997-Fuga da New York, ma in modo più radicale e pessimista. Per i non cultori del trash ipertrofico e violento è un film ripetitivo, rozzo, decorativo, abitato da marionette goffe o melense, una sagra del già visto nelle trovate fantastiche, manieristico nella tetraggine notturna e nell’impianto scenografico.
In una cittadina californiana, si festeggia il centenario della fondazione. Anche se cento anni prima accadde qualcosa di poco simpatico. I cittadini, allora, finsero di aiutare sei lebbrosi per poi derubarli e mandarli alla deriva. Ora i sei ritornano sotto forma di zombi, terrorizzano la costa e ammazzano cinque malcapitati. Uno dei migliori (e inventivi) horror di Carpenter.
Un film di Robert Siodmak. Con Olivia De Havilland, Thomas Mitchell, Lew Ayers Titolo originale The Dark Mirror. Poliziesco, Ratings: Kids+16, b/n durata 85′ min. – USA 1946. MYMONETRO Lo specchio scuro valutazione media: 3,00 su 4 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Un medico deve scoprire, parallelamente alle indagini della polizia su un efferato delitto, quale di due sorelle gemelle è una psicopatica assassina. È un piccolo classico del cinema nero degli anni ’40. Partendo da una solida e aguzza sceneggiatura di Nunnally Johnson, da un soggetto di Vladimir Pozner, R. Siodmak lavora bene di chiaroscuro. Esercizio di bravura di O. de Havilland in 2 parti. Rifatto per la TV come Lo specchio nero.
Ex pugile statunitense con un avversario morto sulla coscienza torna nella natia Irlanda per trovare la pace e una moglie. Deve affrontare un omerico pugilato per conquistare sul campo la donna amata. Da un racconto di Maurice Walsh, sceneggiato da Frank S. Nugent su un tema non lontano da La bisbetica domata, Ford ha fatto il suo 1° film in cui la storia d’amore è centrale con una struttura a flashback e voce narrante. Smargiassa e nostalgica, è una commedia armoniosa ricca di passaggi umoristici e di vigore nelle cadenze di un canto d’amore per la nativa Irlanda. Affiatata compagnia d’attori e 2 Oscar: regia e fotografia (W.C. Hoch, A. Stout.
La leggenda della sfortuna che il Macbeth di Verdi porta a chi lo rappresenta sembra avverarsi durante le prove di una compagnia. La soprano ha un incidente ed è sostituita da una giovanissima cantante che ha molto successo. Ma un maniaco la perseguita. Non la uccide, ma ammazza orribilmente tutte le persone attorno a lei.
Preadolescente silenzioso e riservato, Minato ha perso il padre quando era piccolo e vive con la madre, impiegata in una stireria. Vittima a scuola di un professore eccessivamente severo, Minato è difeso dalla madre, la quale si scontra duramente con la preside dell’istituto. Eppure qualcosa non torna: Minato dice la verità o il suo professore è innocente? E se si sbagliasse anche quest’ultimo a considerare il suo alunno un bullo? Perché a guardar la storia da vari punti di vista la realtà cambia e il vero soggetto diventa l’amicizia nascosta tra Minato e un suo compagno di scuola, preso di mira perché effemminato…
Una storia, tre punti di vista, anzi no, quattro, e altrettante, forse ancora di più, posizioni da cui guardare la realtà: dalla prospettiva dei piedi di un bambino su cui il film si apre; dal balcone ai piani alti di un palazzo mentre un edificio vicino va a fuoco; dal sedile di un’auto mentre si parcheggia in retromarcia; dalle scale di una scuola; davanti a una persona a cui si sta chiedendo scusa con un inchino…
Prima che un grande narratore delle dinamiche relazioni, familiari e istituzionali, Koreeda è un grande regista e anche in questo suo nuovo Monster inserisce i cinque protagonisti – Minato e sua madre Saori, il professor Hori, la preside Makiko e il piccolo Yori – all’intero dei loro spazi – le case, la scuola, un tunnel, un rifugio nei boschi – e dà valore soprattutto ai loro movimenti, ai loro sguardi, agli oggetti che li definiscono, alle parole che usano e che vengono fraintese, usate, manipolate.
La frantumazione del racconto, diviso in tre momenti paralleli che corrispondono ai punti di vista di Saori, del professor Hori e di Minato, con la preside Makiko a fare da cerniera tra la seconda e la terza parte – apre alla tipica relatività del cinema di Koreeda, che da sempre, e in particolare in Still Walking, Like Father, Like Son e Un affare di famiglia,riflette sui ruoli familiari e sulle relazioni che nascono fuori da una cornice di affetti istituzionalizzata.
Al centro di Monster, in maniera molto simile a Close (il film di Lukas Dhont dedicato alla fragile amicizia e attrazione fra due preadolescenti), c’è un altro legame inconfessabile, giovane ma già inficiato dallo stigma sociale, che per questo apre a una serie tragica di bugie, incomprensioni, interpretazioni parziali.
Jim Carrey affronta l’autostrada del demenziale deciso a percorrerla a grande velocità. Con questo film il regista Shaydac si mette a sua completa disposizione dandogli corda. Il problema è di non usarla per impiccarsi. Una comicità come quella del Nostro (che inserisce nei titoli di coda gli spezzoni scartati) rischia, alla lunga, di diventare ripetitiva e noiosa.
In un’isola della Polinesia vivono tre amiconi: un dottore, il proprietario di una taverna, un marinaio. La figlia del medico, che non conosce suo padre, arriva da Boston per stabilire se il genitore sia degno di ricevere un’eredità e il taverniere s’assume la paternità dei bambini che il dottore ha avuto da un’indigena. Quando la ragazza scoprirà la verità avrà già deciso di rimanere nei mari del Sud perché innamorata del taverniere.
Antonia e Massimo sono sposati da quindici anni. Il loro è un matrimonio felice fino a quando Massimo muore in un incidente stradale. Antonia si chiude nel proprio dolore, accudita dalla madre e dalla cameriera filippina. Un giorno però, grazie a una dedica sul retro di un quadro, scopre che il marito aveva un’amante da sette anni. Questo la obbliga a uscire di casa e a iniziare una serie di ricerche. Raggiunge così lo stabile e l’interno da cui era stato inviato il regalo. L’appartamento è intestato al nominativo Mariani e per lei è ovvio cercare la signorina Mariani. Dopo diversi tentativi di depistaggio da parte della colorita comunità di gay e travestiti che affolla l’appartamento scoprirà la verità: l’amante di suo marito era un uomo, Michele. La prima reazione è di profondo disgusto ma progressivamente il contatto con il gruppo le farà scoprire una realtà diversa. Sarà un’esperienza capace di farla tornare a vivere pienamente. Ferzan Ozpetek, dopo il patinato ma piuttosto sterile Harem Suare, torna ai temi prediletti già presentati con originalità ne Il bagno turco. Eliminate le tentazioni esotiche (anche se non possono mancare due attori e la musica turchi), disegna caduta e ascesa di una donna borghese le cui sicurezze si sgretolano dinanzi alla progressiva scoperta della realtà. Margherita Buy è bravissima nel sottolineare i progressivi slittamenti del cuore del suo personaggio, così come Accorsi lo è nel costruire un Michele gay convinto che vede minare dal di dentro le sue certezze in materia sessuale.
L’invasione degli “aliens” è già cominciata, anche se nessuno se n’è accorto. Se ne accorge per caso un giovanotto, quando, inforcato uno strano paio di occhiali vede orribili teschi (al posto delle sembianze del tutto umane che gli apparivano a occhio nudo). Gli “aliens” inoltre non sono venuti per scopi pacifici: vogliono dominare il mondo e l’unico a saperlo è il giovanotto. Un buon ritorno di John Carpenter dopo parecchie discutibili prove.
Frances vive a New York ma non ha un vero appartamento, è un’aspirante ballerina ma non fa veramente parte della compagnia con cui danza. La sua migliore amica, Sophie, è per lei un’altra se stessa “con capelli differenti”, ma quando Sophie conosce Patch e si trasferisce da lui, Frances deve imparare a badare se stessa da sola.
Una ragazza morbosamente attaccata al fratello gli impedisce con l’inganno di sposarsi. Lui lo scopre e decide di ucciderla, ma a rimetterci è un’altra sorella. La prima finisce in galera; il ragazzo confessa ma non viene creduto e rimane solo col suo rimorso.
Due cowboy vengono assunti da una carovana di mormoni come guide. Cinque fuorilegge, braccati dalla polizia, li assalgono e impongono la loro poco piacevole compagnia.
Si raccontano gli antefatti del serial TV Twin Peaks , cioè i sette giorni che precedono la morte di Laura Palmer, schiava della cocaina e di una dissoluta vita sessuale, vittima di un padre potenzialmente incestuoso che a sua volta è posseduto da un demone. Stroncato dai critici a Cannes, il film è alleggerito nella prima parte da graffiate umoristiche e grottesche e procede poi trasformandosi in un incubo sanguinoso. È sicuramente un’opera manierista, ma di alta classe, e di un pessimismo inquietante, avvolto dalla colonna musicale di Angelo Badalamenti di turgido maledettismo e da un sound design (di Lynch) che ne fanno un film sensitivo in cui i rumori hanno la stessa importanza espressiva (espressionistica) delle immagini. La sequenza della discoteca-bordello storpiata dal distributore italiano. “Sembra un pessimo film diretto da un ottimo regista, stanco di perder tempo con un pubblico televisivo!” (D. Malcolm).
Harry, un musicista, conosce Julie, una cameriera, e tra i due è subito colpo di fulmine. Dopo una giornata passata a conoscersi l’un l’altra Julie dà appuntamento ad Harry al termine del proprio turno di lavoro in una tavola calda poco dopo mezzanotte, ma a causa di un contrattempo il giovane si presenta sul posto con un notevole ritardo quando lei se n’è già andata. Poco dopo il suo arrivo, però, Harry sente squillare il telefono della cabina accanto al locale, ed incuriosito risponde; all’altro capo della linea sembra esserci un giovane soldato in servizio presso un sito di lancio in Nord Dakota che, non accorgendosi di aver sbagliato numero, informa quello che crede essere suo padre dell’imminente inizio di una guerra nucleare, questo prima di venire apparentemente ucciso dai suoi superiori per aver violato il protocollo di segretezza.
Un uomo, innamorato di una giapponese col figlio ammalato, minaccia di morte l’impiegata di una banca se non ruberà del denaro. La ragazza è costretta ad ubbidirgli perché una donna, che aveva scoperto il ricattatore, è stata uccisa
Un giovane poliziotto è infiltrato in una banda di ladri di automobili. Il giovane scopre che il capo della gang è il fratello della ragazza di cui si è innamorato. Non è facile superare le remore che vengono dai legami affettivi.
Tre racconti di illustri autori – Maupassant ( Il telefono), Tolstoj ( I Wurdulak) e Cechov ( La goccia d’acqua) – ridotti per lo schermo, e trasformati in tre vicende dell’orrore.
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