I fragili equilibri di una giovane coppia (lui la tradisce con la disinibita cognata) vengono compromessi dall’arrivo di un giovane, compagno di scuola del marito, la cui unica passione sembra quella di registrare in video le scabrose confidenze delle donne che incontra. La moglie dell’altro si innamorerà di lui. Palma d’oro al Festival di Cannes 1989.
Specialista in intercettazioni, che ha sempre vissuto immerso nel lavoro, scopre di avere una coscienza, di essere responsabile di quello che fa, di essere prima complice e poi vittima. Palma d’oro a Cannes e designato agli Oscar (film, regia), è un thriller che anticipa i tempi (Watergate) e le mode, rimanda al cinema di Antonioni (fotografia funzionale di Bill Butler), ma anche agli incubi allucinati di un Kafka tecnologicamente aggiornato. Uno dei migliori film USA degli anni ’70 con un G. Hackman perfetto come antieroe dell’era elettronica. Apparizione non accreditata di Robert Duvall.
L’arpa birmana è un film di genere drammatico, guerra del 1956, diretto da Kon Ichikawa, con Rentarô Mikuni e Shoji Yasui. Durata 116 minuti.
Goffredo Fofi racconta “L’arpa birmana” (1956) di Kon Ichikawa, un film unico nella storia del cinema che esprime una filosofia non violenta nei confronti della guerra. “L’arpa birmana” narra la storia di un soldato, unico sopravvissuto del suo gruppo, che fatto prigioniero diventa poi monaco e suonatore d’arpa che si dedica a seppellire i morti.
Regia di Jacques Demy. Un film Da vedere 1964 con Catherine Deneuve, Nino Castelnuovo, Anne Vernon, Marc Michel, Ellen Farner. Genere Musicale– Francia, 1964, durata 92 minuti. Consigli per la visione di bambini e ragazzi: +13 Valutazione: 3,00 Stelle, sulla base di 6 recensioni. La storia di un amore impossibile tra due giovani. Una semplice, tenera e malinconica favola realistica ambientata in un microcosmo senza padri come spesso succede nel cinema di Demy (1931-90); sullo sfondo una Cherbourg vera che sembra un set di un film di Minnelli. Il film è tutto cantato
Avventure sottomarine a bordo del celebre batiscafo di Jacques-Yves Cousteau.
Ho trovato dei subeng in rete che però non son proprio perfetti, di conseguenza i subita tradotti con google potrebbero avere delle imprecisioni. Se trovate di meglio mettetelo nei commenti.
La vicenda è imperniata su un soldato tedesco che combatte sul fronte russo e che, durante una licenza, conosce una ragazza e la sposa. Tornato al fronte, il giovane lascia fuggire tre prigionieri russi. Questi però credono che egli li abbia fatti allontanare solo per sparare loro alle spalle.
È sempre difficile fare la biografia cinematografica di un artista, tra l’altro contemporaneo, ed elevarlo a santone come ha fatto Oliver Stone. Lui dice di aver sempre adorato Jim Morrison dei Doors, ma il risultato lo rappresenta come un povero pazzo che credeva di essere un nuovo Messia e che vede sfruttata la sua ingenuità per scopi commerciali.
Morrison era ossessionato dall’arte in generale, amava il cinema europeo di Godard e di Antonioni, la poesia di Baudelaire e Rimbaud. Non meritava, pur nelle buone intenzioni del regista, un caleidoscopio virtuosistico ma pieno di maniera, dove personaggi come Nico dei Velvet Underground e Andy Warhol vengono rappresentati come macchiette. Rimane la grande musica dei Doors. Buon successo di pubblico.
Dal romanzo The Ipcress File (1962) di Len Deighton: l’agente Harry Palmer, che non ama molto il suo mestiere, deve investigare sul rapimento di uno scienziato trasportato al di là della cortina di ferro. Cade nelle mani di loschi figuri orientali che lo sottopongono al lavaggio del cervello. Un film di spionaggio intricato, spettacolare e narrato con una certa forza visiva. Uno dei primi ad avere come protagonista un agente segreto (l’ottimo Caine) con pregi e difetti dei comuni mortali. Sembra “di assistere a un’esibizione di Superman ancora travestito con gli abiti a buon mercato e gli occhiali di Clark Kent” (A. Walker). L’agente Palmer ritorna in Funerale a Berlino (1966) e Il cervello da un miliardo di dollari (1967).
La vicenda si svolge all inizio degli anni ’60, nella grigia e soffocante Polonia dove vige stabilmente il regime comunista. Anna è una giovane novizia in attesa di diventare suora a tutti gli effetti. Vive serenamente in un convento isolato dove, essendo orfana, è stata portata in tenerissima età, durante la II Guerra Mondiale. Poche settimane prima di prendere i voti, invitata insistentemente dalla Madre Superiora, si reca a Varsavia per incontrare la sua unica parente conosciuta, la zia Wanda, che, durante il passato, non si è mai messa in contatto con lei. Quando arriva nell’appartamento della zia, si trova di fronte una cinquantenne single, intellettuale elegante e disinvolta, ma visibilmente disillusa, al limite del cinismo. Wanda appartiene all’elite del regime, essendo un magistrato, con un passato di combattente nella Resistenza antinazista e di militante del partito. È una donna che nasconde una grande sofferenza, compensando con un’attiva vita sessuale con vari partner e con il consumo di alcoolici. In breve racconta ad Anna una tremenda verità familiare: la futura suora è in realta di razza ebrea ed era una bambina chiamata Ida. Durante la guerra, la famiglia si era rifugiata nella loro piccola fattoria, ed era stata “aiutata” da alcuni contadini polacchi. Poi i genitori di Anna sono stati uccisi in circostanze misteriose. Wanda convince la nipote a recarsi dove avevano vissuto i suoi genitori per cercare di scoprire le circostanze della loro scomparsa. Per alcuni giorni le due donne vivono insieme. Anna sperimenta la novita della vita ordinaria, i piccoli piaceri e le miserie morali degli uomini.
I subita sono stati tradotti con google, potrebbero esserci delle imprecisioni
Un Bob Hoskins in odore di grande notorietà (che conquisterà definitivamente due anni più tardi come protagonista “umano” in Chi ha incastrato Roger Rabbit?) interpreta il candido George, ex galeotto ridotto per necessità a fare l’autista per una splendida prostituta d’alto bordo (Tyson). La sua discesa negli squallidi eppure coloratissimi bassifondi londinesi, accompagnata dalla sua purezza di fondo, spesso fuori luogo, gli porterà avventura, amore, amicizia, delusioni. Ma imparerà a sentirsi meno spaesato nella vita. Ironico, solidamente costruito e molto ben recitato, il film si colloca tra i migliori prodotti della nuova cinematografia britannica.
Metà documentario metà fiction. Sfilano davanti ai nostri occhi i bugiardi più famosi del mondo, dagli autori della biografia apocrifa di Howard Hughes al celebre falsario Elmyr de Ory.
Tratto dal soggetto di Quentin Tarantino, il quale ha poi polemizzato, per via dell’arbitraria sceneggiatura, con Stone. Due giovani, un ragazzo e una ragazza, seminano il panico e la morte. Sono serial killer senza scrupoli e senza una vera e propria ragione. Imprigionati dopo il 54° omicidio, diventano divi della televisione e riusciranno a fuggire. Divertente la parodia della situation commedy per mostrare l’infanzia della protagonista e l’incontro tra i due futuri assassini. Il regista dice di essersi ispirato ad Arancia meccanica per la scelta grottesca ma il debito maggiore lo ha con Cuore selvaggo di Lynch. Ciò detto, il film è comunque il migliore che Stone abbia fatto da anni perché smuove lo spettatore, alimenta la discussione, cerca strade nuove passando da altre già segnate. Sceglie l’iperrealismo rispetto a film dello stesso genere come Henry – Pioggia di sangue e Il cameraman e l’assassino. Fa una denuncia, forse un tantino retorica, nei confronti dei mass-media. Incarna la violenza spettacolo per far sì che il serpente si morda la coda. Mischia fumetti a formati di pellicola diversi in maniera suggestiva. Fa dei chiari riferimenti alla cronaca attuale senza fare del documentarismo. Per contro, necessita di una grande maturità da parte dello spettatore. Soprattutto perché nello spettacolo caleidoscopico, che scorre come sulle montagne russe, non c’è il tempo per i più giovani di prendere le distanze dai protagonisti. La musica è quanto mai varia, spaziando dalle atmosfere di Peter Gabriel al rock di Patti Smith, a Puccini (come già aveva fatto Kubrick), fino alla voce demoniaca di Diamanda Galas. Deprecabile il divieto ai minori di 14 anni, anziché di 18.
Quando lo Studio Gin’ei commissiona al regista Gen’ya Tachibana un documentario in commemorazione del suo 70 ° anniversario, si reca su una montagna isolata per intervistare un idol della sua giovinezza, l’enigmatica Chiyoko Fujiwara, che è stata l’attrice protagonista dello studio dal 1930 fino al 1960. Mentre Chiyoko rievoca la sua vita, Tachibana e il suo cameraman si trovano improvvisamente in un viaggio nel tempo ricco e brillante. I film di Chiyoko e ricordi personali si intrecciano con gli eventi reali e si estendono ai confini della realtà.
Una ragazza prende la metropolitana. Subito dopo la stessa ragazza non riesce per una frazione di secondo a prendere la stessa metropolitana. Partono così due destini della stessa persona. Se avesse preso quel treno cosa le sarebbe successo? Così sono due le storie. Una finisce bene, con un nuovo amore, l’altra finisce male. Un singolare esperimento narrativo, di buon succeso di pubblico e di buon stile narrativo. L’emergentissima Paltrow è molto brava, a proprio agio nei due destini e personalità.
Hal ha dovuto promettere al padre in punto di morte che non avrebbe mai avuto una ragazza che non fosse bella. E così si è procurato una serie di avventure con donne belle ma che non gli interessavano granché. Un giorno però resta bloccato in ascensore con un ipnotista che gli impone di guardare all’interiorità delle donne. Così si innamora di Rosemary e dei suoi 120 chili. I Farrelly colpiscono ancora avvalendosi della disponibilità della Paltrow pronta a sottoporsi a 4 ore di trucco per assumere le ‘dimensioni’ richieste. Nella loro voglia di trasgredire i due fratelli si dimostrano ancora una volta (e nonostante le apparenze) più ‘moralisti’ di altri.
Si può essere divertenti, raccontando di un cinquantenne che sta morendo di un tumore incurabile e decide di andarsene serenamente con l’eutanasia, circondato dall’affetto di parenti e amici? Quasi vent’anni dopo Il declino dell’impero americano (1986), campione d’incassi in Canada, di cui è l’ideale continuazione e riprende alcuni personaggi/attori, il franco-canadese Arcand ci è riuscito: diverte senza cadere nel cinismo e commuove senza cedere al facile sentimentalismo. Disinvolto maestro del cinema di conversazione, abbozza, in questo film double-face con ironia anche autoironica, un altro bilancio del declino dell’Occidente americanizzato dove l’umanità si dividerà tra cittadini col passaporto USA ed estranei non residenti: europei, latini del Sud, asiatici, africani. Sono loro i nuovi barbari invasori. Il bilancio passa in rassegna il neoliberismo rampante, la fine delle ideologie (di sinistra), l’agonia della cultura sgretolata dalla società dei consumi e del profitto, la morte di Dio (iniziata nel 1966 per il Quebec cattolico). Col protagonista morente Rémy, docente di storia che si definisce socialista edonista e lussurioso, esce di scena una generazione. Apocalittico con la sordina, Arcand dice di detestare la costante accelerazione della vita e il ronzio dei media e di amare i dialoghi e gli attori. Lo dimostra con un’intelligenza venata di autoindulgenza compiaciuta. Premi a Cannes 2003: sceneggiatura e migliore attrice (Croze). Oscar per il miglior film straniero.
Li Mu Bai è un maestro di arti marziali la cui spada viene ritenuta dotata di poteri magici. Li Mu Bai ama la bella e coraggiosa Yu Shu Lien, ma non può rendere espliciti i suoi sentimenti perché la ragazza è stata fidanzata al suo fratello di sangue. Un giorno decide di consegnare la spada a Shu Lien perché la porti al signor Tè che dovrà custodirla. Ma il dignitario se la fa rubare. Shu Lien avrà però la fortuna di incontrare la figlia del governatore Yu, ormai promessa a un futuro sposo e desiderosa invece di percorre i sentieri dell’avventura. Ang Lee torna a casa e al proprio immaginario infantile e ritrova l’originalità che ne aveva contraddistinto gli esordi. A questo regista la trasferta americana non ha fatto bene: si è messo in testa (dopo i piacevolissimi Banchetto di nozze e Mangiare Bere Uomo Donna) di spiegare l’America agli americani e ha realizzato tre film come Ragione e sentimento, Tempesta di ghiaccio e Cavalcando col diavolo che finivano col risultare più manuali di storia e/o sociologia per immagini che film. Molto meglio va quando, come in questo caso, racconta Taiwan agli occidentali con quell’attenzione all’universo femminile che lo contraddistingue e che, anche in questa storia “marziale”, conquista lo schermo unendo agilità ed eleganza.
Da un romanzo (1924) di E.M. Forster. Una giovane inglese va per la prima volta in India, accompagnata dalla madre del suo fidanzato. Accusa un medico indiano di averla aggredita. Al processo ritratta: e riparte. Grandi mezzi per un film di alto professionismo che non è soltanto illustrativo. Raffinato, un po’ frigido, romantico ma lucido. La 1ª parte _ col confronto tra due culture _ è la migliore. Ottimi attori. I personaggi inglesi sono i più riusciti. Oscar per P. Ashcroft (attrice non protagonista) e le musiche di M. Jarre.
Londra, 1870: in un severo college vittoriano studiano il giovane Sherlock Holmes e il suo futuro, inseparabile assistente Watson. Cacciati dalla scuola per colpa di un antipatico rivale, i due si lanciano a capofitto nella prima, vera indagine: scoprire il colpevole di una misteriosa serie di delitti. Guidati dall’arguzia e accompagnati da una bella fanciulla, i due giovani eroi scopriranno un antico tempio egizio nei sotterranei di Londra e smaschereranno una setta infernale comandata dal loro ex insegnante di scherma.
Harlem, 1968. Frank Lucas, gangster nero e “ricercato”, ama la famiglia, prega in chiesa e fa la guardia a Bumpy Johnson, un “padrino” che accoglie le suppliche di Harlem e distribuisce tacchini il Giorno del Ringraziamento. Richie Roberts, detective ebreo e incorruttibile della contea di Essex, sta divorziando dalla moglie, ha dimenticato di dire le preghiere e dà la caccia ai malavitosi e ai distributori di tacchini. Alla morte di Johnson, Lucas, più moderno e manageriale del vecchio padrino, subentra nelle sue attività, elimina gli avversari e diventa in pochi anni un potente boss della droga. Scavalcando le famiglie mafiose e rifornendosi di eroina direttamente nel sud-est asiatico, Lucas accumula una fortuna e attira l’attenzione di Richie Roberts. I loro percorsi, opposti e paralleli, si incontreranno sotto il ring del match del secolo: Alì-Frazier. Soltanto uno resterà in piedi, vincendo ai punti.
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