Regia di Eugène Green. Un film con Fabrizio Rongione, Christelle Prot, Ludovico Succio, Arianna Nastro, Hervé Compagne, Sabine Ponte, Gilles Tonnelé, Nathalie Chazeau, Irene Fittabile, Michele Franco. Genere Drammatico, – Francia, Italia, 2014, durata 105 minuti. Uscita cinema lunedì 24 novembre 2014 distribuito da La Sarraz Pictures. – MYmonetro 2,88 su 2 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.
Alexandre Schmidt è un architetto di fama internazionale, sfiduciato verso la sua professione e incapace di comunicare con la moglie e psicologa Aliénor. L’incontro a Stresa della coppia con i giovani Gerardo e Lavinia, fratello e sorella, porterà a un ripensamento delle loro vite e a una nuova iniezione di fiducia.
C’è ancora qualcuno che crede al potere salvifico o terapeutico del cinema, c’è ancora qualcuno che crede nel ruolo prioritario e pedagogico del cinema. Qualcuno come Eugène Green, che appartiene alla schiatta dei Rossellini e dei de Oliveira, che professa un cinema che non si vergogna della sua antistoricità, palesandone invece l’assoluta contemporaneità attraverso insegnamenti e suggerimenti ispirati che non conoscono età. O per meglio dire illuminazioni, visto il ruolo che la luce riveste nell’ultimo lavoro di Green, in cui è centrale quanto lo è nel cinema stesso.
La lezione può essere appresa dal maestro e insegnata dall’allievo, in un ribaltamento di ruoli degno di un dialogo socratico sulle mancanze del razionalismo esasperato e sull’imprevedibilità del talento, quando questo è guidato dalla spiritualità. Alexandre e Gerardo come Bernini e Borromini, depositari di stili architettonici antitetici come le loro interpretazioni dell’esistenza, protagonisti di un susseguirsi di opposti che genera la più insperata delle osmosi creative. Una lectio moralis che Eugène Green conduce ricorrendo alle tecniche care al suo cinema: piani fissi, gesti ieratici, primissimi piani con attori che parlano rivolgendosi alla camera, inquadrature pittoriche (tra cui spicca il trittico dei severi esaminatori del progetto di Alexandre).
Per poi lasciarsi andare all’esame accurato delle architetture del Borromini, alla sua ascesa inarrestabile verso l’assoluto, in cui trascinare lo spettatore più attento e complice dell’operazione in atto. Un percorso verso la sapienza, inesorabilmente e inevitabilmente guidato dall’amore, che restituisce speranza in un’idea di cinema che non teme l’anacronismo e che rivendica la sua atemporalità.