È difficile distinguere i volti delle persone o le loro intere membra; tuttavia, il film comunica un palpabile senso di desiderio angosciato. La colonna sonora ambientale, non meno evocativa di quella di UN LAC, fa molto per stabilire l’atmosfera, i rumori del mondo naturale che evocano ambienti (e stati dell’essere) allo stesso tempo familiari e misteriosi.
Tre personaggi al cubo, ovvero nove possibilità di interazione il cui minimo comun denominatore è sempre uno: l’ossessione. È da quest’unico sentimento, distruttivo, che evolvono, si influenzano e vengono determinate le vite di Lenz (Kristian Marr), Hélène (Ariane Labed) e Lena (Roxane Mesquida), i tre protagonisti di un ménage à trois nero come la pece, eppur struggente, che si svolge in tempi diversi e su piani sfalsati, scandito da blocchi narrativi che, un po’ alla volta, sommati gli uni agli altri, ci restituiscono nella loro totalità i ritratti ineffabili di tre anime alla deriva.
Il giovane americano Seymour, militare di stanza in Kosovo, ottiene tre giorni per andare in Bulgaria, a Sofia. È accompagnato da Roscoe, il quale negozia l’acquisto di uomini e donne per un’attività di prostituzione. All’Hotel Rodina, una sorta di bordello di stato, dove dimora con altri soldati, Seymour incontra una giovane prostituta ucraina, Mélania, e vorrebbe condurla con sé, lontana da quel luogo degradante, per sposarla. Lei è di proprietà di Boyan, imprenditore che, con la sua attività, occulta i suoi atti criminali.
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