Gunther e Michael rincorrono l’utopia di partire per il Perù in cerca di un tesoro nella zona del Rio Das Mortes. Ma la fidanzata di Michael, si oppone.
Il melodramma di una madre di famiglia il cui marito, improvvisamente, diventa un assassino. “Il viaggio in cielo di mamma Kusters” è un film freddo e gelido sui rapporti umani, che vengono descritti con cinismo ma anche con un po’ di pietà da parte di R. W. Fassbinder, che riesce a creare un personaggio reale, vivido e intenso.
Un’anziana donna delle pulizie vedova sposa un immigrato marocchino, di vent’anni più giovane. Doppio scandalo. Non è soltanto un film sul razzismo quotidiano e sulla normalità, ma anche sull’amore e la felicità. Il personaggio che più interessa non è Alì, trasparente e monolitico nella sua araba semplicità di cuore e di comportamento, ma Emmi cui l’amore non basta a farle superare i pregiudizi, l’educazione piccoloborghese, l’innata tedescheria. L’impasto di melodramma e di critica sociale funziona perché il primo è al servizio della seconda come la circolazione del sangue alimenta un organismo. Tenero, asciutto, un po’ schematico. Noto anche come Tutti gli altri si chiamano Alì . Premiato a Cannes 1974 da FIPRESCI e OCIC, a Chicago e in Germania (Brigitte Mira).
Un film di Rainer Werner Fassbinder. Con Ingrid Caven, Volker Spengler, Gottfried John Titolo originale In einem Jahr mit 13 Monden. Drammatico, durata 124′ min. – Germania 1978. – VM 14 – MYMONETRO Un anno con 13 lune valutazione media: 3,00 su 8 recensioni di critica, pubblico e dizionari. Gli ultimi 5 giorni prima del suicidio del transessuale Elvira/Erwin che rievoca il suo passato. Colpito dal suicidio, avvenuto nell’estate del ’78, dell’amico/amante Armin Meier, Fassbinder lo girò in 25 giorni, curandone anche la fotografia. Meditazione sulla liceità del suicidio, è uno dei suoi film più sconsolati, personali e aspri contro la società. Da citare almeno la sequenza del mattatoio e quella in cui la protagonista è costretta a parodiare un film di Jerry Lewis. Il titolo si riferisce alla credenza che negli anni lunari con 13 lune (tra cui il 1978) le persone molto sensibili sono soggette a profonde depressioni.
Una giovane attraente tedesca, sposa di guerra, attraverso il mercato nero e la prostituzione riesce a diventare una brillante donna d’affari, rimanendo sempre leale al marito prima prigioniero, poi detenuto. È uno dei migliori, e il più armonioso, film di Fassbinder, denso di avvenimenti e di personaggi, pieno di drammaticità e di sarcasmo, una ricca parabola sul “miracolo” tedesco. Schygulla memorabile. È uno dei quattro personaggi femminili (con Lilì Marlene, Lola, Veronika Voss) attraverso i quali Fassbinder ha composto una quadrilogia sulla Germania nazista e postnazista.
Storia d’amore e di sfruttamento tra giovane sottoproletario omosessuale che ha vinto mezzo milione di marchi al lotto e il figlio di un piccolo industriale grafico sull’orlo del fallimento. Il secondo sfrutta il primo finché se ne sbarazza dopo averlo spremuto fino all’ultimo marco. Pur svolgendosi in un ambiente gay, l’omosessualità non è posta come un problema. Conta l’analisi dei temi di dominio, sfruttamento, espropriazione nella cornice di un melodramma raffreddato e lucido in cui Freud si concilia con Marx: un Sirk straniato alla Brecht. Uno dei film più politici di Fassbinder, e uno dei più riusciti. Il titolo originale corrisponde a “pugno di ferro della libertà”.
Dal romanzo (1895) di Theodore Fontane: sposata a 17 anni a un vecchio barone, si lascia sedurre da un ufficiale che il marito uccide; respinta dai genitori e ripudiata dallo sposo, invecchia e muore. È il film più delicato, spoglio, bressoniano di un regista incline al melodramma che, invece di drammatizzarlo, si è limitato a filmare il libro con una lettura sottovoce, costruendolo in brevi sequenze, quasi sempre a cinepresa ferma, e omettendo deliberatamente le scene d’azione, sostituite con la loro descrizione orale. Chiede allo spettatore, prima ancora che un occhio, un orecchio attento alla scrittura di Fontane: leggera, priva di violenza, attenta alle sfumature. Già portato 3 volte sullo schermo da Gustav Gründgens ( Il romanzo di una donna , 1939), Rudolf Jugert (1956) e Wolfgang Luderer (1968) nella Repubblica Democratica Tedesca. Il personaggio di Fontane è ispirato alla vera storia di Else (Elisabeth) von Ardenne, protagonista di uno scandalo clamoroso nella Berlino dell’ultimo ‘800. Morì a 99 anni.
Tratto dall’omonima pièce di Bertold Brecht, un film per la televisione in cui Schlondorff tematizza la ribellione, aderendo in tal modo all’ideologia (sessantottina) che imperversava a quel tempo in Europa.
Radiografia collettiva della Germania nell’autunno 1977 dopo il sequestro e l’uccisione dell’industriale Hans-Martin Schleyer; il dirottamento di un Boeing della Lufthansa a Mogadiscio con l’intervento di reparti specializzati che liberano gli ostaggi; la morte, nel carcere di Stammheim, dei terroristi Andreas Baader, Gudrun Esslin, Jan Carl Raspe e Ulrike Meinhof. Realizzato a ridosso della cronaca e già pronto nel febbraio 1978, mescola spettacolo e ideologia, analisi critica e indignazione civile, finzione e documentario. I racconti simbolici o metaforici si alternano con le testimonianze di taglio documentario. Per i temi che affronta – terrorismo, involuzione dello stato di diritto, crisi della sinistra, comportamento dell’opinione pubblica – riguarda anche gli italiani. Mandato in onda su RAI2 nel 1980.
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