Le vicende di un gruppo di tecnici specialisti in uragani. Li cercano, li studiano, li combattono. C’è anche un gruppo antagonista che ha la peggio. Effetti speciali, insomma quasi tutto ciò che fa cinema catastrofe. Ma già visto.
Due maestri elementari, che non riescono ad avere un figlio, si rivolgono a un luminare della scienza che prescrive uno speciale regime di vita. Il marito si presta obbedientemente, ma non si arriva che a una gravidanza isterica. Consultano una chiromante che prescrive un rimedio specifico e ordina di fare all’amore nel plenilunio.
Nei sobborghi di una città del Connecticut, Rachel Buchman sta per sposarsi. Per sua sorella Kym è l’occasione di tornare in famiglia dopo una lunga assenza: è una ex tossica, oppressa dal senso di colpa per la morte di un fratellino. La sua presenza aggressiva catalizza le tensioni latenti in famiglia e con gli amici. Scritto da Jenny Lumet, figlia di Sidney, è un film corale e anomalo nel percorso di Demme. Contiene molti stereotipi del melodramma familiare made in USA (la festa interrotta; il ritorno del figliol prodigo che smaschera silenzi, rimozioni, ipocrisie; il rimpianto di un’innocenza perduta, forse mai avuta), ma li assorbe e li disintegra a livello stilistico. In 2 modi. Intanto, ispirato da Altman ( Il matrimonio ), ma anche da certi moduli del Dogma danese, Demme applica alla fiction la sua assidua pratica di documentarista, filmando gli attori “come se fossero persone e non personaggi, lasciando alle cose il tempo e l’occasione di accadere” (R. Manassero). Poi, tornando alle origini del melodramma, correda le immagini con un continuo, ossessivo controcanto di musica e suoni: rock, blues, danze africane, ritmi orientali (forse non a caso lo sposo, Tunde Adebimpe, è il cantante dei Tv on the Radio). Come al solito, dominano i personaggi femminili, a partire dall’ottima Hathaway, ma è notevole anche la madre della Winger. Un matrimonio audio-visivo così non si era mai visto né tanto meno ascoltato.
Vita dura di un emigrato italiano negli anni Venti in Usa. Bandini, muratore, lavora solo nella bella stagione. D’inverno fa fatica a tirare avanti con la sua numerosa famiglia. Una calorosa vedova gli offre lavoro. Ma anche il suo letto.
Forse l’opera più famosa (se non migliore) di Pirandello. Mentre fervono le prove di una commedia, piomba in teatro un gruppo di personaggi per inscenare una commedia che racconti i loro drammi: il dramma del padre abbandonato dalla madre (che ha tre figli dall’amante) e, sempre del padre, che, frequentando una casa d’appuntamenti, rischia di fare l’amore con la figliastra. Il capocomico si sforza di costruire una rappresentazione su queste vicende, ma invano.
Questa presentata è la magistrale edizione televisiva dello spettacolo teatrale Compagnia Associata De Lullo-Falk-Valli-Albani andata in onda sulla Rai il 24.09.1965.
Avvocato d’ufficio, senza passione, disilluso e stanco, Perez non ha mai avuto abbastanza coraggio per diventare l’avvocato di valore che avrebbe potuto essere. Ritrova le palle – e sé stesso – quando la figlia, fidanzata con un piccolo delinquente, si trova in serio pericolo e, per salvarla, infrange ogni regola. Non è la storia in sé che conta, ma come è raccontata – la sceneggiatura è del regista con Filippo Gravino – come è descritta – un’atmosfera opprimente senza possibilità di uscirne -, come è fotografata – da Ferran Paredes che riprende il Centro Direzionale di Napoli con occhio gelido e duro – e soprattutto conta la potenza di un personaggio che Zingaretti (anche produttore) riesce a rendere credibile in ogni sfaccettatura, compresa quella forse meno risolta del rapporto della figlia con lui. Medusa distribuisce.
India, 1947. Lenny ha una gamba ingessata e questo le impedisce di muoversi liberamente. Trascorre così il suo tempo seduta a parlare con l’amata tata, Shanta, la cui bellezza attrae un seguito di almeno sei uomini. Lenny e Shanta stanno sedute al parco mentre volano gli aquiloni, fanno lunghe passeggiate tra le rovine alle porte del loro villaggio e nel frattempo Lenny assorbe ogni piccolo dettaglio delle conversazioni che ascolta intorno a sé. Tra i pretendenti di Shanta, musulmani e indù, uno dei quali è Sikh, e i parenti di Lenny che sono parsi e cattolici, i toni delle discussioni sul futuro dell’India e del Pakistan, compresi una serie di stereotipi, opinioni allarmiste e sentimenti d’odio sui partiti coinvolti, si fanno sempre più accesi. Via di questo passo, Lenny si trova a testimoniare l’inizio della guerra. Con l’arrivo di un convoglio di corpi massacrati dai musulmani, bande di teppisti marciano per la città portando violenza. Lenny è terrorizzata e mentre si sforza di capire cosa stia succedendo, e perché, la tragedia può solo peggiorare.
Al risveglio nel Mondo Spirituale, André Luiz incontra creature tenebrose e minacciose che vivono, insieme a lui, in quel luogo cupo e oscuro. Oltre a ciò è anche atterrito e sconvolto dal fatto che, nonostante sia “morto”, ancora prova fame, sete, freddo ed altre sensazioni fisiche. Dopo un lungo periodo di sofferenza in questa zona di dolore e purificazione dagli errori del passato, viene raccolto da Spiriti elevati e portato alla Colonia Spirituale Nosso Lar, da cui prende nome il film. Da quel momento, André Luiz inizia a conoscere meglio la vita dell’oltretomba e ad apprendere lezioni, acquisendo conoscenze che cambieranno completamente il suo modo di vedere la vita.
Un attore disoccupato accetta di occupare la casa di un collega durante la sua assenza. Dalla finestra osserva una splendida donna che, una notte, viene assassinata. Con l’aiuto di una pornostar cerca di risolvere il caso. Assai ben ambientato nel mondo californiano della pornografia, è un thriller pieno di suspense basato sugli ingredienti più tipici del bravo De Palma: claustrofobia, perversioni, terrore, deviazioni di personalità. “È un film sul cinema come trucco, inganno, falso, manipolazione” (C. Bisoni). Body double indica, in gergo, una particolare controfigura usata per girare le scene di nudo.
Alcuni amici, ognuno dei quali ha trovato il suo posto nella vita, si ritrovano per passare una serata in allegria e libertà che ricordi la loro spensierata giovinezza. Ma il tempo passato crea un distacco fra di loro e si lasciano con la convinzione non manifesta, ma sentita, di non rivedersi più.
Una roboante voce misteriosa annuncia a Napoli l’imminente giudizio universale. Ciascuno reagisce nella maniera più impensata dimostrando di volersi pentire dei propri peccati.
Sul finire degli anni sessanta dell’Ottocento la famigerata banda dei fratelli James imperversava nello stato del Missouri, assalendo banche, treni e diligenze. Gli ultimi ribelli della guerra civile erano al servizio del più carismatico dei fratelli James, Jesse, bandito professionista dal grilletto facile, lo sguardo glaciale e i modi affabili. Figlio di un pastore e ultimo dei tre fratelli James è venerato e invidiato dal più piccolo dei cinque Ford, frustrato per il credito minore ricevuto in seno alla banda. Robert, poco più che ventenne, spera di farsi apprezzare e reclutare dal carismatico leader. L’ostinata diffidenza di James per Robert trasformerà l’ammirazione in disprezzo. Il biasimo di Bob e un colpo di pistola fredderanno Jesse James a tradimento. Era il tre aprile 1882. Era l’inizio della leggenda del “bandito sociale”. Chiariamo subito una cosa: L’assassinio di Jesse James non è un western, almeno nel senso tradizionale del termine. A mancare è il respiro epico di una nazione sopravvissuta alla guerra civile e di uno stato, quello del Missouri, attraversato da locomotive a vapore cariche di capitali da rubare o da investire per ricostruire. Senza una contestualizzazione precisa del contesto sociale e del periodo storico in cui la leggenda prese forma, è difficile comprendere il personaggio di Jesse James, il guerrigliero degenerato in bandito, il fuorilegge giustificato e poi trasformato in una ballata, eseguita sullo schermo dal cow-boy Nick Cave. Adattamento del libro omonimo di Ron Hansen, il film di Andrew Dominik si limita all’introspezione psicologica, concentrandosi interamente e comodamente sulla relazione tra il fuorilegge navigato e l’ambizioso neofita. Gli accoliti al soldo di James, colti dopo l’ultimo assalto al treno nel 1881 (anno del suo trentaquattresimo compleanno), non hanno nulla in comune coi “cavalieri” reazionari che, con la pratica sistematica della violenza e dell’intimidazione, cercarono di sopravvivere al processo di modernizzazione economica del Sud. La maschera di Jesse James scritta da Dominik e drammatizzata da Pitt, fuori parte e fuori gioco, è priva del fascino irresistibile del cavaliere romantico, della grandezza dei suoi sentimenti, dell’amore per gli spazi aperti, della radiosità che lo rese popolare e lo consacrò alla leggenda: il bandito d’onore, il bandito battista, l’espropriatore degli espropriatori. Il film di Dominik non riesce ad appropriarsi dell’universo western né a calarvi l’eroe più discusso della mitologia nazionale americana
In una fabbrica di pigiami un’operaia canta e balla così bene da far perdere la testa al direttore. Contrastano questo sentimento rivendicazioni salariali e lotte interne tra i lavoratori e direzione, ma alla fine i buoni sentimenti hanno la meglio, come in ogni favola che si rispetti.
Scritto dal regista esordiente con Heidrun Schleef e Luca De Benedittis dal romanzo omonimo (1945) dello statunitense Glenway Wescott. In 42 festival (18 italiani) ha vinto 24 premi. Nel 1943 un appartamento borghese di Atene è requisito per ospitare il capitano tedesco Kalter. Ci vivono gli Helianos: marito, moglie, una figlia di 13 anni, un maschio di 12, l’unico che vorrebbe ribellarsi a un padrone esigente, sadico, convinto della superiorità assoluta della Germania hitleriana. Il più servo di tutti è il padre, editore scolastico, proprio perché nella cultura trova le ragioni per giustificare la sua viltà. Dopo 2 settimane di assenza, l’ospite torna e si comporta in modo più gentile, cercando di nascondere la sua depressione. Pur schematico e dimostrativo, è un 1° film efficace e abile nel raccontare i rapporti di Kalter con ciascuno degli Helianos e nella direzione degli attori, tra cui spicca il duttile Sammel. Esterni di Atene girati nelle Puglie e nel Lazio.
Due coppie: un uomo e una donna maturi e viziosi e due giovani ancora puliti. Il ragazzo, per non farsi contaminare, uccide l’uomo più vecchio e corrotto.
La storia è quella di un ricchissimo ebreo che commercia in diamanti, abbandonato dalla moglie. Il riccone riesce a rintracciare la figlia avuta da quel suo matrimonio naufragato tanti anni addietro: è una bellissima ragazza che fa la ballerina in un locale notturno. Non le svela di essere suo padre, ma la ricolma di doni.
Un film di Carl Theodor Dreyer. Con Helge Nissen, Jacob Texiere, Ebor Strandin Titolo originale Blade af Satans Bog. Drammatico, b/n durata 158′ min. – Danimarca 1920. MYMONETRO Pagine dal libro di Satana valutazione media: 3,00 su 4 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
In quattro episodi vediamo Satana (Nissen) che, maledetto da Dio, percorre il mondo inducendo gli uomini a compiere il male; può sperare di essere liberato dalla maledizione divina solo se qualcuno gli resiste, ma pochi lo fanno. Il primo episodio racconta il tradimento di Cristo da parte di Giuda, prezzolato da Satana nei panni di un fariseo. Il secondo episodio è ambientato nella Spagna del XVI secolo: Satana è un Grande Inquisitore che esercita la sua influenza su un giovane monaco tormentato, spingendolo a commettere un orribile stupro. Il terzo episodio è collocato all’epoca della rivoluzione francese: un giovane che ha la possibilità di salvare Maria Antonietta dalla ghigliottina lascia che sia giustiziata, perché gli ricorda un misfatto che era stato indotto a commettere da Satana, qui un capo giacobino. Il quarto episodio si svolge in Finlandia, durante la guerra civile del 1918: qui Satana è un empio monaco a capo di una plebaglia di bolscevichi, che minaccia di uccidere la famiglia della telegrafista Siri, se essa non manderà un messaggio che attiri i Bianchi in un’imboscata.
Lei resiste e si uccide piuttosto che diventare una traditrice.Carl Theodor Dreyer aveva appreso il mestiere alla Nordisk, scrivendo didascalie, adattando romanzi e drammi, ed occupandosi del montaggio di gran parte dei lungometraggi della società dal 1915 al 1918. Il suo talento venne riconosciuto e gli fu pertanto concesso un sostanzioso budget per fare questo film, la più grande produzione realizzata dallo studio nel 1919. Dreyer, tuttavia, non era soddisfatto delle risorse disponibili e, dopo aver completato il film, lasciò indignato la Nordisk. Eppure, anche se la sceneggiatura è sbilanciata (il complicato episodio francese è un po’ debole), questo film ambizioso colpisce per i primi piani indagatori, i set austeri e disadorni, il montaggio teso e le composizioni attentamente centrate. La sceneggiatura era stata scritta nel 1913 dall’autore danese Edgard Høyer (l’episodio finale era ambientato in origine durante la guerra russo-giapponese); si tratta di un’opera originale e nonostante ciò che si legge in molti credits, non deve nulla al bestseller di Marie Corelli The Sorrows of Satan (1895), portato sullo schermo da D.W. Griffith nel 1926.
l presidente (Præsidenten) è un film del 1919 diretto da Carl Theodor Dreyer
Un giudice in una cittadina danese vede la sua figlia illegittima ad un processo per l’omicidio del suo bambino appena nato. La ragazza era rimasta incinta di un aristocratico che non voleva sposarla e la stessa sorte era accaduta a sua madre. La pena per la figlia è la morte, lei gli chiede la grazia ma non potendola concedere il giudice decide di liberare la donna e di portarla fuori dal paese a tutti i costi.
C’è un paradosso nella 2ª regia del produttore afroamericano Daniels: in uno dei più originali e strazianti film USA sul rapporto madre-figlia c’è Mary, fra i più odiosi personaggi di madre mai visti, interpretato da Mo’nique, pluripremiata attrice comica: odioso ma anche tragico, come rivela l’ultima sequenza dove si confronta con una segretaria scolastica e con la figlia. Non sono pochi i film sullo sgradevole tema dell’incesto: questo è forse il più crudo, realistico, angoscioso, ma – 2° paradosso – è anche la storia di una redenzione, di una tenace volontà di riscatto e di crescita attraverso l’istruzione. Nel 1987 Claireece “Precious” Jones vive ad Harlem con i genitori. È nera, povera, analfabeta e cicciona. Sessualmente molestata fin da bambina, a 12 anni stuprata dal padre, partorisce una bambina down. 4 anni dopo, ancora incinta, s’iscrive alla scuola alternativa “Each One-Teach One” dove Miss Rain le insegna a leggere, scrivere, tenere un diario. Non è la sola in quella scuola che non la considera “una macchia di unto nera da lavar via”. Interpretata dall’esordiente 24enne Sidibe, è un personaggio memorabile. Scritto da Geoffrey Fletcher, dal romanzo (1996) di Sapphire. Per alleggerire il crudele contesto il regista ha cercato di mettere in immagini sogni e desideri segreti della triste Precious, che si sente la ragazza più brutta al mondo. Oscar per l’attrice non protagonista (Mo’nique) e la sceneggiatura non originale, 3 premi al Sundance e altri 60 in 38 festival internazionali. Distribuito da Fandango.
Le richieste di reupload di film,serie tv, fumetti devono essere fatte SOLO ED ESCLUSIVAMENTE via email (ipersphera@gmail.com), le richieste fatte nei commenti verrano cestinate.