Alice lascia suo marito perchè non lo ama più e parte in macchina in una sera piovosa. È però costretta a fermrsi per la rottura del parabrezza e trova riparo in una casa un po’ in rovina in mezzo a un enorme parco. Là viene accolta da un vecchio signore e dal suo maggiordomo e viene invitata a trascorrere lì la notte. La mattina dopo, al risveglio, scopre che i due uomini sono spariti e si rimette in macchina (con il parabrezza riparato) ma per quanto si sforzi non riesce a trovare il cancello d’uscita della casa. Ritorna quindi necessariamente indietro e comincia a chiedersi che cosa stia accadendo attorno a lei.
1945, Preston Tucker, geniale e visionario inventore di tecnologie realizzate artigianalmente, rivela un suo progetto destinato a rivoluzionare il trasporto su quattro ruote. Le grandi compagnie cercano di fermarlo e ci riescono. È una storia vera, ricostruita sui ricordi del figlio di Tucker, ma è anche una metafora autobiografica. Bello da guardare (fotografia di Vittorio Storaro), ma non del tutto riuscito.
Bella signora intorno ai quarant’anni, con due figlie e un marito con il quale è in crisi, riesce a far rivivere il passato. Durante una festa con gli ex compagni di scuola ha un malore e sviene. Si ritrova 25 anni prima, tornata ragazzina, ma con l’esperienza dell’età matura. Peggy Sue cerca di cambiare il suo futuro. Già allora il fidanzamento con Charlie non funzionava bene. Ma il destino non si lascia manipolare e, tornata in sé, Peggy Sue capisce quanto la vita è stata generosa con lei. E rivaluta l’amore per il marito. Notevole è l’ambientazione degli anni Sessanta di Coppola.
Seconda guerra mondiale: un ufficiale della marina porta a termine pericolose e importanti missioni belliche offensive servendosi dei famosi “maiali”. Nel corso di un’azione, in cui rischia la vita, viene preso prigioniero ma si salva. A guerra terminata gli verrà conferita la medaglia d’oro.
Ai fratelli Perez, che spadroneggiano su un intero paese, si oppone Johnny Oro, famoso pistolero che intende intascare la taglia posta sulle loro teste. Ci riuscirà dopo una lunga lotta, con l’aiuto di uno sceriffo coraggioso, di una donna e di qualche tubo di dinamite.
Un film di Bob Clark. Con John Marley, Henderson Fursythe, Richard Backus Titolo originale Dead of Night. Horror, durata 90 min. – Canada 1972. – VM 18 – MYMONETRO La morte dietro la porta valutazione media: 2,63 su 5 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Andy muore nel Vietnam ma un giorno torna in famiglia. Chiunque abbia a che fare con lui muore. Si scopre che il ragazzo è un morto che vive solo per il grande amore che ha per sua madre e le morti sono dovute al fatto che ha bisogno di sangue umano per nutrirsi.
Scream è un media franchiseslasher creato da Wes Craven, composto da sei film e una serie televisiva. È ispirata liberamente agli omicidi operati da Danny Rolling nel 1990. Nei film, la trama principale è incentrata su un serial killer psicopatico travestito con un costume di Halloween che cerca di uccidere Sidney Prescott (Neve Campbell) e le persone che fanno parte della sua vita. Ciascun film inizia con un omicidio o un’aggressione, per poi svilupparsi fino alla rivelazione dell’identità del killer e al suo scontro finale con Sidney.
La saga ha rilanciato i film di genere slasher negli anni novanta, in modo simile a quanto fece Halloween – La notte delle streghe negli anni settanta, fondendo scene di violenza e tensione con elementi comici. Il primo film ottenne un grande successo commerciale al momento della sua pubblicazione, divenendo uno dei film con le vendite maggiori del 1996.
Capitale europea della cultura 2012, la città portoghese di Guimarães è celebrata da quattro episodi diretti da altrettanti cineasti: in Uomo taverna, il finlandese Kaurismäki racconta di un oste, nel vecchio centro della città, che tira avanti tra generosi bicchieri di vino e solitudine; in Dolce esorcista, il portoghese Costa segue un vecchio a colloquio col suo doloroso passato di reduce; in Finestre rotte – Prove per un film in Portogallo, lo spagnolo Erice affronta il tema del lavoro attraverso le testimonianze degli ex operai di quella che è stata la più grande industria tessile d’Europa; in Il conquistatore conquistato, il portoghese De Oliveira mostra una flotta di turisti, con a capo una guida, fare visita alla statua di Alfonso Henriques, primo re del Portogallo.
Sasà, finto avvocato napoletano, ha l’incarico di trovare la figlia di un industriale scomparsa. Il compenso sarà una “mazzetta” di banconote. La mazzetta si ingrossa col procedere delle indagini (e proporzionalmente al “marcio” che Sasà si trova a scoprire). Saltano fuori importanti connivenze e una corruzione che ha le sue radici molto in alto.
Mud Creek, Texas. Elvis Presley è vivo, ma non sta per niente bene: fiaccato da vari malanni, vegeta in una casa di riposo sotto falso nome: per sfuggire alle costrizioni del suc-cesso e riprendersi una vita libera, ha scambiato la sua identità molti anni prima con quella di Sebastian Huff, un suo imitatore, e ora nessuno gli crede quando dice d’essere il vero Elvis e che a morire nel 1977 è stato Huff. L’unico che gli dà retta è un altro ospite della casa di riposo: il fatto che si tratti di un anziano di colore, Jack, che pensa di essere John Fitzgerald Kennedy – anche lui sopravvissuto all’attentato di Dallas – non aiuta la credibilità complessiva dei due nei confronti degli altri. Qualcosa sta però per turbare la senile rassegnazione di Elvis e Jack: un’anziana residente della casa muore in seguito all’attacco di un gigantesco scarafaggio. Tutti pensano si sia trattato di un incidente. Elvis però si trova alle prese con lo stesso scarafaggio la notte dopo e riesce a friggerlo. Ma è solo l’inizio: Jack ed Elvis si ritrovano da soli ad affrontare la minaccia di una mummia egizia vendicativa.
Una spedizione geologica porta alla luce il sarcofago di un faraone assassinato oltre 3000 anni fa dal fratello e lo espone a Londra. Ma il sarcofago è vuoto. La mummia, tra lo zombie e il vampiro, è tornata in vita e compie i suoi crimini di vendetta. 6° o 7° film sull’argomento, è una minestra riscaldata che si salva solo per gli ultimi 20 minuti che hanno un certo swing. L’attore che fa la mummia è D. Owen. Henry Younger, sceneggiatore, è uno pseudonimo del regista.
Primo film di Costa della trilogia dedicata alla trasformazione del quartiere Fontainhas a Lisbona. Un racconto sulla disperazione di chi sopravvive all’impoverimento, alla violenza, alla desolazione.
Ventura, manovale in pensione, è un immigrato capoverdiano alla periferia di Lisbona. In un eterno presente successivo al rovesciamento della dittatura di Salazar, il protagonista vaga in un ospedale che è anche prigione e fabbrica, solo o in dialogo con voci e presenze; come quella dell’amico Joaquim, ferito dallo stesso Ventura in un conflitto armato, e della moglie Vitalina, che ne piange la scomparsa. All’indomani della Rivoluzione dei Garofani, nella primavera del ’74, i trapiantati a Lisbona, molti dei quali erano uomini in fuga dalla povertà delle ex colonie portoghesi in Africa, videro presto deluse le loro speranze in un futuro migliore. Soltanto intorno alla metà degli anni novanta lo Stato iniziò a interessarsi alla causa, facendo edificare senza criterio nuovi alloggi a Casal da Boba, dove gli emigrati sono confinati tutt’oggi in condizioni disagiate. Prima di quel momento vivevano accampati a Fontainhas, la baraccopoli multietnica dove Pedro Costa ha girato Ossos (1997), No Quarto da Vanda (2000), e Juventude em marcha (2006), di cui quest’opera è in un certo senso la prosecuzione.
Il vecchio Ventura, operaio capoverdiano della periferia di Lisbona, è stato abbandonato dalla moglie Clotilde e vaga sperduto tra il quartiere degradato dove è vissuto tanti anni e il nuovo alloggio in un palazzone di recente costruzione. Trascorre la giornata visitando i tanti figli, reali e ideali, mentre scrive mentalmente una lettera d’amore alla moglie, aggiungendo ogni giorno una frase. Si costruisce così, nelle piccole variazioni di un presente immutabile, Juventude em Marcha, di Pedro Costa.
Un film di Claude Chabrol. Con Stefania Sandrelli, Franco Nero, Jean Rochefort, Gert Fröbe. Titolo originale Les Magiciens. Giallo, durata 95 min. – Francia 1976. Per ravvivare il suo matrimonio stanco, Sadry si reca a Djerba in vacanza con la moglie ma appena arrivato incontra una ex fiamma e si lascia prendere da pericolose nostalgie. Un veggente, ospite dell’albergo, parla di un delitto che avverrà
Non è soltanto la cornice – periferia ed entroterra di Napoli – che lega i 5 episodi (“Sofialorèn”, “La stirpe di Iana”, “Maruzzella”, “Il diavolo nella bottiglia”, “La salita”). C’è lo sguardo dei registi, amici e collaboratori tra loro; c’è la visione alterata della realtà, deformata con scatti fantastici e invenzioni barocche; c’è lo spazio dato a una sessualità trasversale, polimorfica, trasgressiva. Nessuna delle 5 novelle è completamente risolta, ma in varia misura tutte spiazzano, incuriosiscono, divertono o magari irritano. Sono 5 film di corpi, ossia di attori. Persino “La salita” di Martone, l’episodio più austero e civilmente impegnato (con Servillo con la fascia tricolore del sindaco che, salendo sul Vesuvio, si interroga sulla crisi della sinistra), è un apologo in cadenze di favola ironica dove si recupera il pasoliniano corvo parlante di Uccellacci e uccellini .
Un pentito racconta al giudice che lo sta interrogando la storia della famiglia Cammarano. Profondamente radicata nei sentimenti camorristi fin dai primi anni Settanta espande il proprio potere. Determinazione, violenza e coesione di gruppo ne costituiscono la forza. L’ordine interno viene garantito grazie a una gerarchia rigida. I più giovani però a un certo punto non credono più a questa struttura e il gesto di Oreste insinua una crepa che porterà tutti alla distruzione. I riferimenti al teatro greco classico sono espliciti e gli attori sono bravi per virtù propria. Ma il gioco non riesce così come non era riuscito nel precedente Polvere di Napoli.
Mario è un bambino di nove anni che il Tribunale dei Minori ha sottratto alla famiglia perché considerato un bambino difficile. Giulia e Sandro sono una coppia di quarantenni che convivono da due anni, senza figli, che decidono di chiedere in affidamento un bambino. Viene dato loro Mario. Da quel momento la coppia va in crisi. Giulia è favorevole a una crescita del bambino priva di vincoli “educativi” mentre Sandro non riesce ad accettare questo stato di cose. Mario verrà alla fine sottratto alla coppia dal Tribunale ed affidato ad un’altra famiglia.
Un buon esordio italiano. Il problema dei minori che vivono lontani dalla legge e finiscono nelle reti della camorra è analizzato in maniera molto realistica. Vito è il nome di uno di questi ragazzi. Attraverso le loro storie, tra scippi e sogni ingenui (legati al mondo del cinema d’azione e alla televisione), si trova una conferma sul disagio giovanile dell’ultimo decennio.
Billy Lo, esperto di arti marziali, è un’affermata action-star di Hong Kong all’apice della carriera. Quando il giovane attore rifiuterà l’offerta di una potente organizzazione che vorrebbe ‘curare i suoi interessi’, la sua vita diventerà un inferno: dopo inutili minacce e intimidazioni, sarà vittima di un grave attentato. Inscenerà così la propria morte per potersi poi vendicare, ed in un sanguinoso finale scalerà la ‘torre’ dell’organizzazione affrontando nemici sempre più pericolosi. A cinque anni da I Tre dell’Operazione Drago, nonchè dalla morte di Bruce Lee, la Golden Harvest decide di montare un’impalcatura improbabile sopra venti minuti scarsi di materiale inedito girato da Lee anni prima. Peccato che per arrivare a vedere gli epici combattimenti contro Danny Inosanto e Kareem Abdul-Jabbar, ideale trasposizione filosofico-marziale della dottrina dell’adattamento tanto predicata da Bruce Lee, ci si debba sorbire più di un’ora di pena assoluta. Le scene aggiunte sono infatti improponibili sotto ogni punto di vista. I due ‘imitatori’ ingaggiati per sostituire il vero protagonista danno all’intera pellicola il tono di una mascherata, portando costantemente giganteschi occhiali scuri e tentando goffamente di riproporre le singolari movenze di Lee, con esito ridicolo. Tutti i primi piani sono saccheggiati da precedenti film e, come se non bastasse, per il funerale sono state usate alcune immagini del vero funerale di Bruce Lee, feretro compreso, in un orripilante quanto ‘calcolato’ tentativo di omaggio. Sforzandosi di ignorare simili bassezze, rimane un agglomerato di sequenze buone solo per fare metraggio. Oggi i gloriosi combattimenti del finale si possono reperire sul documentario Bruce Lee – La Leggenda (2000), quindi nessuna pietà per questo scempio.
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