Una donna non più giovane ha negato l’amore al marito e l’ha concentrato sul suo unico figlio, Michel, che è la sua unica ragione di vita. Il giovane si innamora di una ragazza che ha un protettore maturo: proprio il padre di lui. Finale drammatico.
Un armatore ha tre figlie: una buona e due cattive. Quando il padre è catturato da un orribile mostro, la figlia buona si offre alla bestia in sostituzione del genitore. Il mostro s’innamora della ragazza. Lei, sia pure con leggero ribrezzo, non si esime. Morale: il mostro si trasforma in bellissimo giovane. L’amore ha fatto il miracolo. Jean Cocteau gioca con le immagini e i buoni sentimenti. Il film nel suo esasperato formalismo era già datato nel 1946. Ora è solo curiosità da cineteca. Può servire come documento della poetica di un autore certo più celebre che importante.
“Un simile film non è raccontabile. Potrei darne un’interpretazione che mi è propria, potrei dirvi che la solitudine del Poeta è così grande e ch’e gli vive talmente ciò che crea, che la bocca di una delle sue creazioni gli resta impressa nella mano come una ferita e ch’e gli ama questa bocca, ch’e gli s’ama, insomma, che si sveglia al mattino con questa bocca dentro di sé e cerca di sbarazzarsene e se ne sbarazza sopra una statua morta, e che questa statua comincia a vivere e per vendicarsi lo trascina in avventure spaventevoli. Potrei dirvi che la battaglia delle palle di neve è l’infanzia del poeta e che quando egli gioca la partita a carte con la sua Musa, la sua Gloria e il suo Destino, bara prendendo alla sua infanzia ciò che dovrebbe attingere in sé stesso. Potrei poi dirvi che, avendo cercato di farsi una gloria terrestre, egli cade in questa noia mortale dell’eternità cui si pensa davanti a tutte le sepolture illustri” (Jean Cocteau). Realizzato nello stesso anno, il 1930, e con lo stesso finanziatore, il visconte di Noailles, di L’Age d’or, Le sang d’un poète è considerato l’ultimo frutto dell’avanguardia cinematografica surrealista. La sincerità della confessione salva questa trasposizione in immagini della mitologia personale, dei sogni e delle ossessioni di Jean Cocteau dall’uso artificioso del mezzo cinematografico e dall’enfasi del cattivo gusto.
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