A guerra finita il reduce Diego incontra la bellissima Malou. Amore a prima vista. I due sono inseguiti dal marito e dal fratello di lei, un collaborazionista. Il Destino bussa alla porta. Ultimo film della coppia Prévert-Carné che ha la pretesa di far coesistere la mitologia di Prévert con un ambiente socialmente e storicamente ben definito come quello del dopoguerra e che – secondo sbaglio – affida a due giovani e inesperti interpreti come Montand e la Nattier i personaggi previsti per Jean Gabin e Marlene Dietrich. Alcune sequenze suggestive trasformano il film in un’antologia di splendidi frammenti costruiti su un errore. Magnifica galleria di “cattivi” (Brasseur, Fabre, Reggiani). Joseph Kosma compose per il film, su parole di Prévert, la canzone “Les feuilles mortes”.
I subita sono stati tradotti con google, potrebbero esserci delle imprecisioni.
Il film apparve in Francia in due episodi: Il boulevard del delitto e L’uomo in bianco. Carné elaborò una sintesi di 100 minuti che è quella vista in Italia col titolo appunto, Gli amanti perduti. Siamo nella Parigi del 1840, il mimo Baptiste Debureau (Barrault), romantico e malinconico, incanta le folle del teatro dei Funambules, commuovendo i ragazzi del loggione (Les enfants du paradis).
Si innamora perdutamente di Garance, donna dal fascino inarrivabile (Arletty: “Je m’apelle Garance”, nella scia di questa frase è creato un clima struggente), che per lui lascia Lacenaire (Herrand), bandito dandy. Garance è però volubile e abbandona anche il timido, innamoratissimo Baptiste per il grande attore Lemaître (Brasseur), poi per il conte di Montray (Salou), di cui diventa la mantenuta. Dopo qualche anno Baptiste, divenuto famoso e sposatosi con Nathalie (Casares), rivede Garance che non ha resistito a non andare al suo spettacolo. Fra loro si apre un duetto d’amore che è il canto più alto del romanticismo nel cinema. Lemaître, che per ironia della sorte interpreta Otello, è pazzo di gelosia. Lacenaire, insultato dal conte di Montray, lo uccide. La notte d’amore con Garance porta all’estasi Baptiste, che per lei trascura la dolce Nathalie. Ma a carnevale gli amanti si perdono. Garance fugge per le strade tumultuose di Parigi. Baptiste, disperato, la insegue senza speranza. Film romantico e poetico. Il racconto di Carné ha la fluidità stessa della vita e della storia, ricrea l’epoca di Victor Hugo con i colori della passione e la spietatezza del fato. Carné ha trasportato nella storia il suo mondo di realismo poetico fatto di bistrot, alberghi a ore, teatrini, apaches, mimi. Ha messo in scena la grande letteratura francese di Hugo, Sue, Balzac. Prévert la interpreta con la sensibilità di quello che sarà tra poco l’esistenzialismo di Sartre, Juliette Greco e delle caves. Irripetibile, è un film più grande della vita, un capolavoro senza tempo, che conserva intatto il fascino della poesia eterna.
Jean (Gabin) ha disertato e cerca abiti civili. Trova qualcuno disposto ad aiutarlo in una vecchia osteria. Siamo a Brest, nel nord della Francia. Lo aiutano due disperati come lui, un barbone e un pittore da quattro soldi. Jean incontra Nelly, triste e rassegnata a sua volta, in cerca di una qualche protezione, che trova nella casa di un vecchio che si rivela ben presto uno sporcaccione, addirittura un assassino. L’amore fra Jean e Nelly non è nemmemo un’oasi, è un momento casuale e già disperato. Si aggiunge un altro personaggio, malavitoso, che ce l’ha con Nelly. Per difenderla Jean umilia il malvivente che gliela giura. Alla fine niente va bene. Nelly torna dal vecchio, vittima di una strana, sordida attrazione, e Jean viene ucciso in strada dal malavitoso. Film di pura costruzione intellettuale studiato per simboli e con la più grande attenzione a evitare ogni minima tentazione realista. La nebbia che sovrasta tutto il film è il pericolo, è il destino, è l’avvertimento che tutto è travisato ed è ancora più difficile muoversi e decidere. Le case brutte, il caffè brutto, la gente brutta, è tutto un segnale di come sia impossibile persino la speranza. Gli uomini non determinano niente. È il destino a decidere tutto. Tutto questo nella poesia generale di un grande regista e un grande poeta che si integravano magnificamente. Carné e Prévert erano fra i padroni del cinema francese di quel momento. Perfettamente inseriti nella “moda” del Fronte Popolare, sofferenti come tutti gli intellettuali che erano stati sedotti dalle idee che venivano dall’Est e delusi dal non poterle effettivamente applicare. Dunque la miglior realizzazione di quel programma poteva stare nella solidarietà individuale e nell’amore. Ma tutto, in un momento così difficile, disperato, risultava impossibile: impossibile per Jean salvarsi fuggendo, impossibile l’amore con Nelly. In quegli anni film come Il porto rappresentavano quanto di meglio il cinema potesse offrire in Europa. Arte vera, contrapposta alla pratica americana del successo al botteghino. Un cinema di grande contenuto poetico legato, come già detto, alla cultura, ai simboli, ai significati di “quel” momento. Sono splendidi graffiti senza mercato, troppo incastrati nella cornice del loro tempo.
Edit 10/7: sostituita versione dvdrip fra subita con 1080p
Gli innamorati Renée (Annabella) e Pierre (J.-P. Aumont) prendono alloggio nel misero Hôtel du Nord, sul canale Saint-Martin a Parigi, decisi a suicidarsi. In camera Pierre spara sulla ragazza, ma gli manca il coraggio di uccidersi e scappa. Il giorno dopo si costituisce. Renée però era soltanto ferita. Il 4° film di M. Carné è sceneggiato da Jean Aurenche e Henri Jeanson, autore anche dei dialoghi. Nell’adattare il romanzo (1929) di Eugène Dabit, impostano l’azione sulle vicende parallele di due coppie, privilegiando quella cinica Edmond/Raymonde (L. Jouvet e Arletty) a scapito di quella romantica. Il populismo e l’ambiente di Dabit permangono, ma hanno acquisito con il passare del tempo colori diversi e meno datati. La parziale lieta fine non deve ingannare. È, in fondo, la storia di un contagio.
Ucciso un rivale in amore, l’operaio François si barrica nella propria stanza, assediato dalla polizia e rivive la sua storia. Una delle vette del realismo poetico francese prebellico. Determinante l’apporto dei dialoghi di J. Prévert alla sceneggiatura di Jacques Viot in questo film assai concreto, eppur ricco di echi simbolici che non contraddicono l’impianto realistico dell’azione.” ci ha sorpreso come una voce amica nel deserto” (E. Flaiano, 1940). Tutto concorre alla felicità creativa del risultato complessivo: il bianconero di Curt Courant, le scenografie di A. Trauner, la recitazione. Ma è straordinario l’uso del materiale plastico: le sigarette, l’orsacchiotto, la rivoltella, la sveglia, fotografie, cappelli, cartoline, mobili, fiori, ecc. Influenzò il cinema “nero” americano degli anni ’40. Rifatto a Hollywood nel 1947: La disperata notte.
Sostituita versione dvdrip con bdrip 720p.
I subita li ho tradotti con google, potrebbero esserci delle imprecisioni
Ex pugile fallito sogna di trasformare un giovanotto in un campione, ma una donna “di lusso” gli guasta i piani. L’aria di Parigi non c’è. Opera minore di Carné, logora e stanca, che sostituisce un sentimentalismo rosa al pessimismo nero. I duetti tra Gabin e Arletty sono, comunque, deliziosi.
Lione 1953. Sposata a un uomo più vecchio, gretto e malato, Teresa s’innamora di Laurent, camionista italiano che in un diverbio con il marito ne provoca la morte. Un testimone della scena li ricatta. Carné tradisce il romanzo (1867) di Émile Zola, riducendolo a un meccanismo di cronaca nera, seppur dominato dall’onnipotente presenza del destino. Sul piano della scrittura, però, la sua maestria raggiunge una spoglia perfezione. Il romanzo fu portato sullo schermo da J. Feyder nel 1928 e in TV nel 1958 con la regia di J. Stelli. Uno dei 6 Leoni d’argento a Venezia 1953, quando non fu assegnato il Leone d’oro.
Ritratto corale della fauna giovanile del Quartiere Latino e di St. Germain-des-Près a Parigi, ragazzi che barano con la vita, l’amore, i sentimenti; si pascono di auto sprint, libertà sessuale e surprise-parties e dichiarano di fregarsi dei vecchi valori (patria, famiglia, lavoro). “Ma che cosa hanno?”, domanda un personaggio. Risponde un operaio: “Cinquant’anni di bordello alle spalle e altri cinquant’anni di confusione davanti a sé”. Riconosciute al film, scritto con Jacques Sigurd, l’efficace solidità della costruzione drammatica, la direzione dei giovani attori, la coerenza col tema del destino, c’è da dire che M. Carné spaccia, sotto una vernice efficace e persin troppo scaltra, vecchi trucchi melodrammatici, una storia e personaggi convenzionali. Come certi film di Cayatte di cui condivide virtù e difetti, suscitò molte discussioni. Colonna sonora jazz (Brown, Eldridge, Getz, Gillespie, Hawkins, Petterson, ecc.), fotografia di Claude Renoir.
Scritto da Jacques Prévert dal romanzo The Lunatic at Large of His First Offence di J. Storer Clouston. Londra, primi anni del Novecento. Il botanico Molyneux (Simon) e lo scrittore di gialli Chapel sono la stessa persona. Il primo è ingiustamente accusato di uxoricidio, il secondo indaga sul caso finché s’imbatte in un assassino di macellai (Barrault) che intende ucciderlo. 2° film di Carné e nascita di un quartetto che lascerà un segno nella storia del cinema francese: Prévert sceneggiatore-Carné regista-Jaubert musicista-Trauner scenografo. Un cast straordinario. 23 giorni di riprese. Un cocktail perfetto di comicità, senso dell’assurdo, paradosso. Quando uscì fu un fiasco, anche critico. Vent’anni dopo era già un film mitico. Un sottotesto anarchico e libertario, tipicamente prevertiano, dove si prendono di mira le colonne dell’ordine costituito: borghesia, polizia, clero.
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