Category: Buñuel Luis


Quell'oscuro oggetto del desiderio Streaming - Guarda Subito in HD - CHILI

Regia di Luis Buñuel. Un film Da vedere 1977 con Julien BertheauFernando ReyCarole BouquetAngela MolinaMilena VukoticAndré LacombeCast completo Titolo originale: Cet obscur objet du désir. Genere Drammatico – Francia1977durata 100 minuti. – MYmonetro 3,98 su 3 recensioni tra criticapubblico e dizionari.

Tratto dal romanzo La donna e il burattino (1898) di Pierre Louÿs, già filmato 4 volte (1920 e 1935 a Hollywood, 1929 e 1959 in Francia) e sceneggiato con Jean-Paul Carrière, è la storia di un ricco borghese che giuoca inutilmente tutte le carte del privilegio nella partita con una donna che continua a negargli l’unica cosa per la quale egli spasima. È l’ultima trappola del grande vecchio di Calanda (1900-83) con un personaggio femminile solo, ma con 2 attrici che si alternano senza una logica evidente. Di un romanzo ammuffito Buñuel e Carrière hanno fatto una lettura ironicamente critica, ribaltandolo (per la 1ª volta il vero protagonista è il “burattino”) e mandando in briciole tutto quel che contiene di melodramma, metafisica passionale, esotismo di paccottiglia. Sebbene fondato sulla virtù della trasparenza – da leggere al 1° grado – può apparire enigmatico perché seminato di trabocchetti, false piste, scherzi, inganni che offrono pane per i denti dello spettatore con la smania dell’interpretazione. Si provi a leggerlo in chiave psicoanalitica, come un sogno, e diventa una fonte zampillante di sorprese, simboli, trasgressioni, significati. A prescindere, come direbbe Totò, questo film sul desiderio (le sue perversioni, le sue frustrazioni) rimane un’opera divertente, libera, felice.

That Obscure Object of Desire (1977) on IMDb

Regia di Luis Buñuel. Un film Da vedere 1930 con Gaston ModotLya LysMax Ernst. Genere Fantastico – Francia1930durata 65 minuti. Consigli per la visione di bambini e ragazzi: +16 – MYmonetro 4,07 su 2 recensioni tra criticapubblico e dizionari.

2° film surrealista di Buñuel, ideato con Salvador Dalí come Un chien andalou (1929), non ha una continuità narrativa anche se vi si possono individuare un prologo, un epilogo e un filo conduttore, l’amore folle che butta l’uno nelle braccia dell’altra un uomo (G. Modot) e una donna (L. Lys) che non potranno unirsi mai. Disponibile scena per scena alle più varie interpretazioni e in linea con l’ideologia surrealista, è un pamphlet visionario contro i pilastri della borghesia capitalista (la Chiesa, lo Stato, l’esercito) e sostiene che soltanto la forza sovversiva del desiderio e dell’amore è accettabile. Lo fa con invenzioni visive fondate sull’esasperazione, l’indegnità, l’assurdo, pur rifiutando, in nome di un realismo “oggettivo”, i procedimenti formali dell’avanguardia del tempo. “… è un’opera fortemente tesa alla creazione di un nuovo linguaggio, un linguaggio articolato secondo i dettami del Secondo Manifesto del Surrealismo di cui Buñuel e Dalí furono tra i firmatari e che è contemporaneo al film.” (Auro Bernardi). Finanziato dal visconte Charles de Noailles che rischiò la scomunica, fu proiettato per 6 giorni allo Studio 28 di Parigi, bersaglio di un’incursione di squadristi di destra che lo devastarono. Pochi giorni dopo il prefetto Chiappe lo vietò. Uscì in pubblico soltanto nel 1950 a New York e nel 1951 a Parigi.

The Golden Age (1930) on IMDb

Regia di Luis Buñuel. Un film Da vedere 1965 con Claudio BrookEnrique Alvarez FelixHortensia SantavenaSilvia PinalLuis Aceves CastañedaCast completo Titolo originale: Simón del desierto. Genere Fantastico – Messico1965durata 45 minuti. – MYmonetro 4,00 su 2 recensioni tra criticapubblico e dizionari.

Dopo sei anni passati in cima a una colonna alta venti metri, nei pressi di Aleppo (Siria), il monaco Simone è trasportato dal Maligno, in jet, dal V al XX secolo e lasciato in una discoteca di New York. Film breve, perché incompiuto, ma non minore, compendia le qualità di Buñuel. Trasparenza della forma, limpidità dell’aneddoto, densità dei temi. È il suo film più settecentesco. Grande ricchezza fantastica e grottesca. Le metamorfosi del Diavolo (meglio: i travestimenti di Silvia Pinal), personaggio di esplicita carica blasfema, sono la vera novità del film che non fu terminato per colpa del suo produttore Gustavo Alatriste che, pentito, poi cercò di finirlo, proponendolo a Kawalerowicz, Rocha, Truffaut, Bellocchio, Kubrick. Tutti rifiutarono. Pur così incompiuto, ebbe un Leone d’argento e il premio Fipresci a Venezia.

Simon of the Desert (1965) on IMDb

Tristana (1970) | FilmTV.itUn film di Luis Buñuel. Con Catherine Deneuve, Fernando Rey, Franco Nero Drammatico, durata 105′ min. – Spagna 1970. MYMONETRO Tristana * * * * - valutazione media: 4,07 su 11 recensioni di critica, pubblico e dizionari.

A Toledo nel 1929 un’orfana viene affidata a un anziano tutore che ne fa la sua amante. Innamoratasi di un pittore fugge con lui, si ammala, perde una gamba attaccata dalla cancrena, ritorna e accetta di sposare il vecchio. Gliela farà pagare. Tratto, come Nazarín, da un romanzo (1892) di Benito Pérez Galdós, è la storia impietosa di una liberazione mancata e di un’opera di corruzione in cui la vittima, imparata la lezione di ipocrisia e crudeltà, si trasforma in carnefice. “La complessità stilistica si riflette … nella poliedricità dei due personaggi principali” (G. Tinazzi). Soltanto una sequenza onirica in questo film ammirevole per la calma lentezza della sua concisione che, nella trasparenza di un equilibrato e oggettivo classicismo, stimola, affascinandola, la curiosità dello spettatore.

 Tristana: Una passione morbosa
(1970) on IMDb

Un film di Luis Buñuel. Con Adriana Asti, Julien Bertheau, Adolfo Celi, Jean-Claude Brialy, Michel Piccoli. Titolo originale Le fantôme de la liberté. Commedia, durata 103 min. – Francia 1974. MYMONETRO Il fantasma della libertà * * * * - valutazione media: 4,17 su 13 recensioni di critica, pubblico e dizionari.

Il film è un tributo al poeta surrealista Benjamin Péret le cui peripezie formali ispirarono Buñuel nella scommessa di una trasposizione cinematografica. La pellicola è infatti strutturata in quattordici episodi apparentemente slegati e fortuiti, dove il protagonista di ognuno fa da cerniera alla scena seguente, per poi dileguarsi. L’ordine delle cose e il linguaggio vengono sottoposti ad una sarcastica decostruzione e ad un rovesciamento di senso che possono disorientare o illuminare lo spettatore. Non è difficile rintracciare le influenze delle teorie di Freud, la frequentazione assidua di Jacques Lacan e il peso degli scritti di Marx. Nel suo memoriale Dei miei sospiri estremi Buñuel dichiarerà che il film è un omaggio a quest’ultimo e allo spettro del comunismo che imperversava in Europa. Non a caso la pellicola si apre sul celeberrimo Tres de Mayo di Goya, seguito dalla fucilazione dei patrioti da un plotone di soldati napoleonici, mostrando da subito il volto cruento della libertà politica. Dagli albori della sua carriera, da quel cortometraggio di diciassette minuti firmato insieme a Salvador Dalì, il regista issava lo stendardo della libertà come principio, direzione e fine della sua esistenza e del suo stile. Libertà formale, artistica, individuale, politica e religiosa. Emancipazione dall’autorità, idiosincrasia per il feticismo, aggressività e commiserazione nei confronti dell’ordine razionale delle cose. La libertà è un fantasma da non perseguire (emblematico il grido dei manifestanti: Vivan las cadenas’) ma che persiste scuotendo dogmi e tabù. Ad iniziare dalla profanazione di una tomba, dalle cartoline dei monumenti visti come oscenità (omaggio al saggio di Michel Foucault ‘Questo non è una pipa’) , ai frati che improvvisano un nebbioso poker con santini e scapolari, fino ad un appuntamento in sala da pranzo per defecare in gruppo. La ricerca della verità è una caduta nel vuoto dove ogni appiglio si sgretola. Il significato della vita sfugge a tutti, l’esperienza va ad intrecciarsi con la dimensione inconscia. Il surrealismo, che per Buñuel non è mai stato un semplice movimento d’avanguardia ma una direzione morale e spirituale, continua ad aprire cassetti remoti e immaginari nelle infinite stanze psicologiche di questo film. Una forza primordiale e un istinto ingestibile si celano sotto le apparenze formali e l’ossequio all’autorità. Anche Buñuel, come il signor Foucault che si rifugia nella contemplazione di un ragno, è indolente alla simmetria e invade la pellicola di presenze irrazionali come galline e struzzi, toccando il culmine in un inverosimile carro armato dell’esercito a caccia di una volpe. Il marchese de Sade, molto caro al regista aragonese, proclamava che la libertà umana includeva quella di non porre limiti all’immaginazione Non esiste una verità oggettiva e anche i documenti da firmare, le carte burocratiche e le sentenze di un tribunale divengono lo specchio del relativismo. Il segno non è mai la cosa, c’è sempre un rovesciamento. Pensiamo all’episodio della bambina scomparsa che è sotto gli occhi di tutti o al killer che firma autografi come una star.
La via lattea, Il fascino discreto della borghesia e Il fantasma della libertà, nati da tre soggetti originali, vanno a formare una sorta di trilogia, per il tema comune della ricerca della libertà. Due secoli prima il popolo spagnolo aveva realmente gridato ‘Viva le catene’ (disposti a tornare sotto i Borboni, pur di non cedere a Napoleone). Adesso è un intero sistema a preferire le catene e Buñuel ne fotografa il suono grave, in un riflesso tanto bizzarro quanto amaro, grazie a cui è possibile destarsi.

The Phantom of Liberty (1974) on IMDb
La Via Lattea (1969): Amazon.it: Frankeur,Cuny,Terzieff,  Frankeur,Cuny,Terzieff: Film e TV

Regia di Luis Buñuel. Un film Da vedere 1968 con Christine Simon, Pierre ClémentiGeorges MarchalMichel EtcheverryAgnès CapriEllen BahlCast completo Titolo originale: La voie lactée. Genere Drammatico – Francia1968durata 102 minuti. – MYmonetro 4,10 su 4 recensioni tra criticapubblico e dizionari.

Due vagabondi, Jean e Pierre, uno giovane e ateo, l’altro vecchio e credente, partono da Fontainebleau verso il santuario di Santiago de Compostela, in Spagna, facendo una serie di incontri con diverse eresie del cristianesimo antico e moderno. Il surrealismo del vecchio maestro spagnolo è al massimo della sua forma in questa deliziosa, sarcastica scorribanda attraverso le eresie, da lui prese come segni di una dialettica tra fede e ideologia, potere e libertà. Scritto con Jean-Claude Carrière. L’attore che fa Gesù è Bernard Verley.

The Milky Way (1969) on IMDb

Risultati immagini per ViridianaUn film di Luis Buñuel. Con Francisco Rabal, Fernando Rey, Silvia Pinal, Victoria Zinny Drammatico, b/n durata 91′ min. – Spagna 1961. MYMONETRO Viridiana * * * * - valutazione media: 4,19 su 12 recensioni di critica, pubblico e dizionari.

Bella orfana, decisa a farsi suora, è ospitata in casa di un ricco zio che, dopo aver cercato di usarle violenza, s’impicca. Erede del suo castello, si dedica a opere di carità cristiana, ma è derisa dai suoi beneficiati. 1° film girato in Spagna da Buñuel dopo 30 anni d’esilio, ebbe la Palma d’oro a Cannes ex aequo con L’inverno ti farà tornare di H. Colpi, fu proibito in Spagna, attaccato dal Vaticano come “insulto alla religione cristiana”, specialmente per la scena blasfema dell'”ultima cena”, modellata su quella di Leonardo. Nonostante la sua innegabile carica eversiva, non è un film a tesi, ma un racconto di schema melodrammatico, ai limiti del romanzo d’appendice, dove i tipici temi privati buñueliani (religione, erotismo, feticismo, masochismo, movimenti dell’inconscio) s’innestano sul fondo sociale della vecchia proprietà terriera in decadenza cui succede una borghesia più efficiente. Scritto da Buñuel con Julio Alejandro de Castro. Händel (Il Messia), Beethoven (Sinfonia N. 9) e Mozart (Requiem) nella colonna musicale.

Viridiana (1961) on IMDb
Bella di giorno - Scheda Film, Trama, Trailer - Ecodelcinema

Un film di Luis Buñuel. Con Catherine Deneuve, Francisco Rabal, Michel Piccoli, Geneviève Page, Georges Marchal. Titolo originale Belle de jour. Drammatico, Ratings: Kids+16, durata 100′ min. – Francia 1967. MYMONETRO Bella di giorno * * * * - valutazione media: 4,27 su 19 recensioni di critica, pubblico e dizionari.

Moglie masochista e frigida di un medico parigino, Séverine si prostituisce dalle 14 alle 17 in una casa di appuntamenti, spinta da un ambiguo senso di colpa e da un’ansia di espiazione che non riuscirà a realizzare. Da un mediocre romanzo (1929) di Joseph Kessel, sceneggiato con J.-C. Carrière, Buñuel ha tratto un film soltanto esteriormente “rosa” ed elegante, di struttura binaria, basato sulla doppiapersonalità della protagonista, la continua oscillazione (e confusione) tra realtà e sogno, il binomio Sade/Freud e quello sessualità/cattolicesimo. Lo governano una geniale ironia e la leggerezza del tocco. Dall’edizione italiana la censura ha tolto 3 brevi scene tra le quali l’importante flashback su Séverine bambina che rifiuta di fare la Prima Comunione. Fotografia di Sacha Vierny. Leone d’oro a Venezia 1967.

 Bella di giorno
(1967) on IMDb