Selick porta sullo schermo il fumetto Dark Town e compone questo film che riesce a non farsi catalogare nella pletore dei cartoon delle ultime stagioni. Per una ragione semplice e benemerita: i cartoni sono disegnati davvero, hanno quella qualità e quel sapore. Brandon Fraser è Stu, il disegnatore del cartone Monkeybone, scimmietta simpatica e rompicollo. Quando ha un grave incidente il suo spirito si ritrova a viaggiare verso Downtown, semplicemente il Purgatorio. Successivamente è prevista Thanatopolis, letteralmente città della morte, approdo, ahimè, definitivo. A un certo punto incontra il suo disegno. Il confronto è intelligente ed esilarante. L’umano ha la meglio. Tutto apprezzabile, compreso Fraser.
Minacciato da uno sceneggiatore, rampante produttore esecutivo (Robbins) di Hollywood lo uccide accidentalmente. . Titolo italiano deviante per uno dei più intelligenti, perfidi e divertenti film hollywoodiani degli anni ’90. È un falso giallo e una vera commedia. Tratto da un romanzo (1988) di Michael Tolkin e da lui stesso sceneggiato, è una satira iconoclasta di Hollywood, e la sua celebrazione: il vecchio R. Altman vi condensa il suo impietoso ma sorridente giudizio sulla “fabbrica dei sogni”, diretta da persone che, incapaci di sognare, hanno soltanto incubi di carriera. È anche un film sugli anni ’80, anni sotto il segno dell’avidità di denaro e di successo, della stupidità arrogante o dell’incompetenza al potere, dell’edonismo più becero. Vi compaiono velocemente una settantina di attori più o meno famosi nella parte di sé stessi. Il grande giocatore (player) di questo film è lui, Robert Altman, classe 1925. Nemmeno un Oscar, ovviamente. 12 premi tra New York, Londra, Cannes.
La tela di fondo è un avvenimento storico: il lungo boicottaggio degli autobus pubblici che nel 1956 a Montgomery (Alabama) diede inizio alla lotta non violenta per i diritti civili della gente di colore. È la storia della lenta presa di coscienza di una donna, la padrona bianca, per merito della sua cameriera nera. Tratto da un racconto autobiografico dell’attrice Mary Steenburgen che nell’edizione originale dava la voce all'”io narrante”, diretto da un regista che viene dal documentario, è un film politicamente corretto sino all’oleografia didattica. Ha almeno 3 meriti: puntuale rievocazione d’epoca; attendibile correlazione tra femminismo e campagna per i diritti civili; insolito impiego delle 2 attrici principali, tenute entrambe su un sommesso registro recitativo sotto le righe.
The Stand è una miniserie televisivastatunitense formata da 9 episodi. La serie è in uscita in Italia il 3 gennaio 2021 su Starzplay.
The Stand è l’adattamento televisivo del popolare romanzo di Stephen King L’ombra dello scorpione, scritto per CBS All Access da Ben Cavell (SEAL Team) e Josh Boone (Colpa delle stelle). La miniserie è ambientata in un futuro post-apocalittico in cui la popolazione mondiale è stata decimata da un’arma batteriologica, un virus conosciuto a tutti con il nome di Progetto Azzurro o Capitan Trips, mutazione letale dell’agente eziologico dell’influenza. Il destino della razza umana è nelle fragili mani dell’ultracentenaria Abagail Freemantle (Whoopi Goldberg, Ghost), divenuta la guida spirituale di un gruppo di sopravvissuti che tenta di ricreare una società democratica nella città di Boulder, in Colorado. Tra questi ci sono la studentessa universitaria incinta Frannie Goldsmith (Odessa Young, Looking for Grace), lo studente represso e insicuro Harold Lauder (Owen Teague, Black Mirror), che ne è segretamente innamorato, il tecnico di un’azienda del Texas che produce calcolatrici Stuart Redman (James Marsden, Dead to Me), il musicista pop Larry Underwood (Jovan Adepo, The Leftovers), il sordomuto Nick Andros (Henry Zaga), l’anziano professore di sociologia Glen Bateman (Greg Kinnear, House of Cards), l’insegnante vergine dal misterioso passato Nadine Cross (Amber Heard, Aquaman), il socievole agricoltore Ray Brentner (Irene Bedard, FBI: Most Wanted) e il bonaccione Tom Cullen (Brad William Henke, Orange Is the New Black). Purtroppo, le loro buone intenzioni si scontrano con quelle di un altro gruppo di sopravvissuti, guidato da un demonio con poteri soprannaturali conosciuto come Randall Flagg (Alexander Skarsgård, Big Little Lies), e di cui fanno parte tra gli altri l’ex delinquente Lloyd Henreid (Nat Wolff) e la teenager ninfomane Julie Lawry (Katherine McNamara, Shadowhunters). Le leggi del tiranno Randall Flagg sono molto severe: chiunque non lo segua viene torturato e crocifisso. Quando i due campi profughi vengono a conoscenza l’uno dell’altro, il conflitto tra bene e male diventa inevitabile. Nel cast anche Heather Graham (Law & Order: True Crime), nei panni di Rita Blakemoor, una donna benestante che, malpreparata alla fine del mondo, cerca di fuggire da una New York infestata.
Sam, giovane bancario, è ucciso per sbaglio da un ladruncolo inetto che doveva soltanto derubarlo per conto di un mascalzone, socio di Sam. Al defunto si permette di rimanere tra i vivi come fantasma per saldare il conto e proteggere la moglie amata, aiutato da una medium nera che sente e trasmette la voce. Bizzarro mix di thriller criminale, sentimentalismo, comicità, ebbe un inatteso successo di pubblico e 2 Oscar alla sceneggiatura di Bruce Joel Rubin e alla Goldberg, non protagonista. Il Sam di Swayze divenne popolare nel mondo della musica hip-hop e la scena del vaso fu parodiata in una quindicina di film. Montaggio del geniale Walter Murch. 1ª regia di Zucker da solo.
Romanzo epistolare imperniato sull’amore tra due sorelle di colore e sui loro differenti destini dal 1908 al 1937. Dalla brutale negritudine dell’adolescenza all’emancipazione dell’età adulta. Tratto dal forte e pluripremiato romanzo (1981) di Alice Walker, premio Pulitzer 1983. S. Spielberg ha rischiarato la torva materia epica del romanzo con i colori romantici dell’elegia, smussando le tinte e attenuando i passaggi spinti. Carico d’emozioni, figurativamente sontuoso, regia inventiva. W. Goldberg un po’ teatrale, ma bravissima. Sceneggiato da Menno Meyjes. Fotografia: Allen Daviau. 11 candidature agli Oscar, nemmeno una statuetta. Nella stagione 2005-06 ne fu tratto il musical di Marsha Norman, Brenda Russell, Allee Willis e Stephen Bray. Grande successo.
Un film di Bill Duke. Con Whoopi Goldberg, Barnard Hughes, Kathy Najimy, Mary Wickes, James Coburn. Titolo originale Sister Act 2: Back in the Habit. Commedia, Ratings: Kids, durata 106′ min. – USA 1993. MYMONETRO Sister Act 2 – Più svitata che mai valutazione media: 2,20 su 11 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Alle prese con teppisti arroganti che rischiano di far chiudere la scuola, le suore del convento di Santa Caterina chiamano in aiuto la loro amica che si sta esibendo a Las Vegas. Lei corre, con il suo vecchio travestimento, e sistema tutto. Pigro e piatto seguito che sta in piedi quando è in scena l’irrefrenabile W. Goldberg. View full article »
Un film di Emile Ardolino. Con Whoopi Goldberg, Maggie Smith, Kathy Najimy, Wendy Makkena, Mary Wickes. Titolo originale Sister Act. Commedia, Ratings: Kids, durata 100′ min. – USA 1992. MYMONETRO Sister Act – Una svitata in abito da suora valutazione media: 2,70 su 23 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Testimone di un omicidio, una cantante nera di night-club fugge e chiede aiuto alla polizia che, in attesa del processo, la nasconde in un convento travestita da suora. Metterà a soqquadro il pio asilo. Allegra, vivace, divertente anche se sconnessa commedia con una Goldberg (la protagonista doveva essere Bette Midler, ma era impegnata) scatenata e simpatica. Bei numeri di rhythm’n blues anni ’60 in chiesa. Grande e inatteso successo di pubblico. View full article »
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