L’ultimo film di King Vidor, uno stanco kolossal girato in Spagna con un cast italo-americano sugli amori del re biblico e della fascinosa regina araba.
David Marcus, avvocato ed ex colonnello degli Stati Uniti, va in Palestina per aiutare i suoi correligionari nelle lotte contro gli arabi che vogliono impedire la costituzione dello Stato di Israele. Il suo apporto sarà determinante.
Un villaggio messicano assolda sette pistoleri americani disoccupati per proteggersi dall’avidità di una banda di fuorilegge. Rifacimento, scritto da William Roberts, di I sette samurai (1954) di Kurosawa cui è palesemente inferiore. Apprezzabili le scene d’azione – in cui Sturges mette in mostra il suo senso dello spazio – la coloritura dei personaggi, la bella colonna musicale di Elmer Bernstein, candidata all’Oscar. Ebbe tre seguiti, uno peggiore dell’altro.
Cecil Blount De Mille è un regista che ha firmato opere di grandissima popolarità che, paradossalmente, non sono le sue migliori. Tutti ricordano i suoi “colossi” come Sansone e Dalila, ma personalmente ritengo che De Mille abbia dato il meglio nei western, dove aveva una sua misura particolare e grande riconoscibilità. Basta ricordare La conquista del West, un western del ’36 già perfettamente adulto, tre anni prima di Ombre rosse, e poi La via dei giganti, Giubbe rosse e Gli invincibili, quasi tutti con Gary Cooper. Tuttavia dicendo De Mille si dice Dieci comandamenti, che è un’opera meritevolissima, beninteso, un titolo che non ha mai trovato posto in nessuna delle classifiche nobili, proprio per le sue caratteristiche di troppa spettacolarità, popolarità, artificio. De Mille voleva soltanto piacere al pubblico, dargli ciò che voleva. John Ford riconosceva questa sua capacità, e in un certo senso gliela invidiava. Nei Dieci comandamenti tutto è perfetto: l’aspetto degli attori, i costumi, le armi, la natura, gli edifici, i trucchi, la musica, le inquadrature. È tutto così stilizzato e calligrafico da far invidia al più avanzato dei registi pubblicitari.
Una povera ragazza russa che ha perso la memoria viene fatta passare per Anastasia, figlia dello zar Nicola II e unica superstite della strage dei Romanov nel luglio 1918 a Ekaterinburg. E se lo fosse davvero? È un film commerciale e convenzionale ma confezionato con un’efficacia ammirevole, con una fusione perfetta di tutti gli ingredienti necessari a dare plausibilità e colore a una vicenda piuttosto improbabile. Premio Oscar per Bergman al suo rientro a Hollywood dopo il periodo rosselliniano. Sceneggiato da Arthur Laurents da una pièce di Marcelle Maurette e Guy Bolton.
Nel 2012, dopo un conflitto atomico che ha fatto regredire la Terra, New York è occupata da bande di criminali in lotta feroce. Nella 1ª parte il livido panorama di un’umanità tornata all’anno zero coinvolge, nella 2ª l’azione s’impantana e i personaggi diventano eroi da fumetto.
Un funzionario russo chiede asilo politico all’America tramite la Francia, e per provare la sua buona fede rivela i nomi di alcuni connazionali infiltrati nelle loro organizzazioni.
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