Vittorio, amico d’infanzia dell’industriale Nicola, lavora per lui come portavalori e prestanome. Ferito nel corso di una rapina, Vittorio viene sostituito (come portavalori) da un ex poliziotto. Frattanto impara a sparare molto bene con la pistola e vince diverse gare di tiro.
Su un treno del Sud Michele, campione dell’arte di campare, vende abusivamente caffè ai passeggeri. Commedia ferroviaria, degna del teatro di Eduardo De Filippo, sull’Italia di 3ª classe. Intorno a un grande Manfredi si muove una colorita folla di macchiette. Fa ridere, ma anche riflettere.
Dal pistoiese, Adriana arriva a Roma armata di bellezza, ingenuità, tenera ignoranza, desideri trasparenti e capacità di slanci affettivi. Passa da un mestiere e da un uomo all’altro, finché il “male oscuro” dell’inutilità lievita in lei. Scritto con Ruggero Maccari ed Ettore Scola, è uno dei migliori film di Pietrangeli, specialista in storie di donne umiliate, notevole anche per la frantumata struttura narrativa, fuori dagli schemi della commedia italiana e influenzata dalla francese “scuola dello sguardo”. 3 Nastri d’argento (film, sceneggiatura e attore non protagonista: un Tognazzi memorabile) e molti premi all’estero. La ventenne Sandrelli si conferma animale cinematografico di razza.
Un film di Nino Manfredi. Con Nino Manfredi, Mario Scaccia, Lionel Stander, Mariangela Melato.Commedia, durata 122′ min. – Italia 1971. MYMONETRO Per grazia ricevuta valutazione media: 4,11 su 19 recensioni di critica, pubblico e dizionari. Ragazzo miracolato si chiude in convento in attesa di un sogno che confermi la sua vocazione. Quando il sesso lo tenta, va in tilt. Cerca di uccidersi. Lo salvano. È un nuovo miracolo? 1° film lungo di Manfredi regista: insolito, intelligente, bene accolto dappertutto. Il tema dei tabù religiosi (o superstiziosi?) è svolto con pittoresca abilità. Dialogo arguto, caratteristi calibrati, ritmo. Premio Opera Prima a Cannes 1971.
Trent’anni di vita italiana, dal 1945 al 1974, attraverso le vicende di tre amici ex partigiani: un portantino comunista (Manfredi), un intellettuale cinefilo di provincia (Satta Flores) e un borghese arricchito (Gassman). S’incontrano a varie riprese, rievocando speranze deluse, ideali traditi, rivoluzioni mancate. Rapsodia generazionale turgida e sincera, poco rigorosa ma appassionata, lamentosa e qua e là graffiante, armonizzata “sul registro di un malinconico ma efficace umorismo critico” (R. Ellero), dove l’amarezza di fondo si stempera in toni crepuscolari. Tutti bravi e registrati a dovere gli interpreti, compreso il compianto Satta Flores (1937-85). Scritto da E. Scola con Age & Scarpelli, dedicato a Vittorio De Sica (1901-74) che non fece in tempo a vederlo. Fu un calibrato film-epitaffio in sintonia con i tempi e i gusti del pubblico, con una sapiente costruzione narrativa fatta di morbide sconnessioni temporali e non priva di una quieta stilizzazione teatrale. Pioggia di premi italiani, francesi e sovietici.
Disavventure di un emigrato italiano in Svizzera: l’uomo, benché lavori, perde il permesso di soggiorno; un compatriota lo assume ma poco dopo, entrata in crisi l’azienda e persa la moglie, si suicida. Il protagonista, dopo essersi abbassato a un lavoro umiliante, decide di farsi passare per svizzero ma si fa scoprire e cacciare. Sul treno che lo riporta in Italia ha un ripensamento e torna indietro, deciso a non arrendersi.
Carmela è stata promessa in moglie dal padre, guappo napoletano, ad un ricco conte, ma la ragazza ogni notte ha delle crisi di sonnambulismo e va a trovare un giovane malvisto da suo padre, Totò. Un dottore intelligente capisce che Carmela è segretamente innamorata di Totò, ma riesce a superare il blocco psicologico creato dalla proibizione paterna e a manifestare il suo amore solamente nel sonno. Con l’aiuto del professionista il padre manda a monte il progettato matrimonio con il conte. Totò e Carmela potranno finalmente amarsi alla luce del sole.
3 episodi (più “L’università”, semidocumentario): “La bomba alla televisione” (con V. Gassman come regista anarchico); “Concerto a tre pifferi” (ritratto di un industriale); “Il prete” (A. Sordi parroco di campagna che vorrebbe sposarsi). Scritto da Benvenuti & De Bernardi, non è all’altezza del tema. Il migliore scritto da R. Sonego, è l’ultimo con Sordi in gran forma, mentre Gassman istrioneggia a ruota libera. In mezzo c’è il grande M. Simon che riesce a ridurre N. Manfredi a spalla.
Si rimettono insieme i balordi romani per tentare, in trasferta a Milano, una rapina al furgone del Totocalcio. Fiacco ma non spregevole seguito di I soliti ignoti. Svanita ogni intenzione critica, tutto si riduce a uno scherzoso e lamentoso appello alla comprensione per i poveri diavoli costretti a rubare.
Una delegazione del cinema italiano giunge a Buenos Aires per partecipare al Festival di Mar del Plata. Traffici, maneggi, intrighi. Commedia spesso sopra le righe, bruciata alla brava per offrire pretesti agli attori che ne profittano fin troppo, ma con due o tre scene azzeccate. “Soffrì molto di essere girato in un paese assai disorganizzato. Le cose non funzionavano, andavamo tutti un po’ in fretta… a rivederlo guadagna… aveva una carica di volgarità e di cattiveria umoristica genuina… Avevamo un po’ perso la misura. Ma il film non era stupido” (V. Gassman).
Nel 1937 arriva, in una cittadina del meridione (gli esterni sono girati a Matera), un assicuratore che viene scambiato per un gerarca inviato per una ispezione, e colmato di attenzioni e favori. La trilogia satirica sul fascismo di Zampa, scritta da V. Brancati, morto nel 1954, diventa quadrilogia con questa commedia, sceneggiata da E. Scola e R. Maccari, inclini a raccontare una storia del passato con l’occhio al presente. Il lontano modello è L’ispettore generale (Revizor, 1836) di N.V. Gogol. Mette in valore Manfredi e il suo duttile gioco di rimessa e una compagnia di bravi attori tra cui spicca S. Randone.
Sospesa tra lo splendore dei sogni e lo squallore della realtà, la vita dell’impiegato Nando scorre tranquilla fino all’avvento della signora Jacobetti che intende portare radicali innovazioni nella ditta. Nando sogna di ucciderla, poi scopre di amarla.
In un nuovo e lussuoso albergo in un paese della provincia di Roma, vengono a trascorrere le vacanze persone diverse. Una serie di vicende sentimentali stereotipate ed innocenti caratterizza la vita dei villeggianti.
Il ragioniere Anselmi (Alberto Sordi) è uno scapolo impenitente. Quando il suo amico Armando si sposa, è costretto a far da testimone ma disprezza l’idea del matrimonio. Avendo lasciato all’amico e alla moglie l’appartamento, va a vivere in una pensione dove conosce Gabriella, una giovane hostess con cui intreccia una relazione. La ragazza ben presto si innamora, ma lui si defila e lei si fa trasferire a Milano. Riconquistata la libertà, dà sfogo alla sua vocazione da “don giovanni”, ma ben presto la solitudine lo attanaglia. Consigliato anche dalla madre, decide di trovare una compagna di vita. Ma l’obiettivo si rivela arduo. Capirà alla fine che è la signorina Carla, con la quale ha avuto furiosi litigi, a fargli battere il cuore. Sarà lei a portarlo all’altare
Dora (Catherine Spaak), una ragazza di Parma che abita con lo zio prete in una canonica, seduce un seminarista in vacanza e poi lo segue a Riccione. Inizia così una peregrinazione attraverso l’Italia che la conduce tra le braccia di diversi uomini. Quando deciderà di tornare da quello per cui in fondo prova qualcosa, scoprirà che questi è mantenuto da una donna più anziana di lui. Finirà per scegliere la strada della prostituzione. Tratto dal romanzo omonimo di Bruna Piatti.
Il tema dell’egoismo diventa, per lo scrittore impegnato a svolgere un’indagine sull’argomento, un’occasione di riflessione e di introspezione. Comprenderà, alla fine del suo lavoro, che la vita va vissuta in funzione degli altri.
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