Nel 1997 l’isola di Manhattan è diventata un ghetto di massima sicurezza per criminali. Ergastolano, pluridecorato reduce di guerra, vi penetra per recuperare il presidente USA, prigioniero di una banda. Anticipazione in chiave di violenza avventurosa, il film si appoggia al suo fascino notturno, alla forza cupa del fantastico sociale che ricorda il Brecht di L’opera da tre soldi . Il contenitore vale più del contenuto. Seguito, un anno prima del 1997, da Fuga da Los Angeles .
Un ladro ritrova in circostanze fortuite la donna che lo ha derubato di un cospicuo bottino. Sua complice in un nuovo colossale furto, lo inganna ancora una volta ma viene fatta prigioniera insieme a lui e ad altri complici dai ribelli messicani. Quando escono di prigione c’è una ricompensa governativa da dividere; la furba donna, però, per l’ennesima volta, si impadronisce di tutto scappando con un nuovo compagno.
Tre amici che hanno derubato una diligenza ne difendono un’altra attaccata dai banditi. Il capo degli improvvisati salvatori diventa sceriffo e quando ha la possibilità di effettuare un nuovo colpo sceglie di rimanere dalla parte della legge.
Il cacciatore di taglie Jonathan Corbett (L. Van Cleef) ha l’incarico di catturare Cuchillo (T. Milian), giovane messicano accusato di omicidio con stupro. Durante la lunga caccia viene a sapere che il vero colpevole è il figlio del ricco che l’ha assunto. Scritto da Franco Solinas, è uno dei non pochi “spaghetti-western” politicizzati di ambiente messicano. Qua e là qualche traccia di Sergio Leone. Musiche di Ennio Morricone che trascrive per chitarra Per Elisa di Beethoven. Titolo spagnolo: El halcón y la presa .
Scott fa lo spazzino a Clifton, Arizona. Ma aspetta l’occasione per diventare qualcuno. L’occasione arriva con Talby, che gli insegna a diventare pistolero. Scott entra nella banda di Talby, ma, quando questi uccide lo sceriffo amico di Scott, si mette dalla parte della legge.
Un film di John Ford. Con John Wayne, John Carradine, Edmond O’Brien, James Stewart, Lee Van Cleef. Titolo originale The Man Who Shot Liberty Valance. Western, b/n durata 119 min. – USA 1962. MYMONETRO L’uomo che uccise Liberty Valance valutazione media: 3,95 su 11 recensioni di critica, pubblico e dizionari. Un giovane avvocato, Ransom Stoddard, diventa senatore degli Stati Uniti. Intervistato da un giornalista, rivela la realtà sul leggendario scontro di Shinbone con il temuto fuorilegge Liberty Valance, avvenuto nell’Ovest alla fine dell’Ottocento. Ma il vero protagonista della vicenda è Tom Doniphon, un valoroso pioniere del luogo, legato allo stile di vita del vecchio West: ottenere giustizia non con le leggi scritte, ma con il semplice ed efficace potere di una pistola. Sarà lui a cercare di far sopravvivere il fragile avvocato di città, salvandogli più volte la vita, insegnandogli a sparare, e consegnandogli le chiavi di un mondo destinato a cambiare. John Ford (regista tra gli altri di Ombre rosse, Massacro a Forte Apache, Sfida infernale, Sentieri selvaggi), con questo film esprime il suo nuovo rapporto con il mito del West. Attraverso l’utilizzo dei flashback, ritornando a un bianco e nero omogeneo, l’autore dà vita a una pellicola nostalgica e amara. Affronta il tema dei valori dell’Est contro quelli dell’Ovest (quei valori che trasformano il deserto in un giardino, che portano il progresso e cambiano la società) in un western in cui il protagonista (John Wayne) è un eroe stanco che conserva fedelmente i suoi genuini connotati. Ma che suggerisce attraverso di essi, una romantica rinuncia al suo stesso mito.
Ex sceriffo cattura ricercato per omicidio per attirare in un luogo prefissato suo fratello, che molti anni prima gli ha ucciso la moglie. Tutto in esterni, esaltati dal Cinemascope (fotografia di Charles Lawton Jr.), scritto con asciutta efficacia da Burt Kennedy che punta sui personaggi e sui loro comportamenti più che sull’azione. Western lineare di classica concisione, ha ritmo quieto e una suspense appena suggerita, interrotta da momenti forti in cui la violenza è indicata più che rappresentata, e segnato in contrappunto dal desiderio di pace e serenità.
All’ora “H” del “giorno X”, presso una base americana al Polo Nord, si svolge un esperimento nucleare. Più tardi, due scienziati vanno sul posto a prelevare campioni da esaminare, ma sorpresi da una improvvisa tempesta di neve, assistono a qualcosa che ha dell’incredibile: tra i crepacci ghiacciati si aggira la mole maestosa di un animale preistorico. Uno dei due uomini muore sepolto da una slavina provocata dal mostro, l’altro, Tom Nesbitt, viene portato in salvo dai soldati e ricoverato in stato confusionale all’ospedale. Nessuno dà credito alla sua testimonianza, ma il mostro esiste davvero e quando provoca l’affondamento di una nave, Nesbitt si mette in contatto con un marinaio sopravvissuto che conferma quanto lui stesso ha visto e sottopone la faccenda ad un anziano paleontologo (Cecil Kellaway). Questi, superate alcune perplessità, accetta di iniziare le ricerche e poichè al naufragio della nave segue la distruzione di un faro, azzarda l’ipotesi che il mostro, risvegliato dall’esplosione atomica, si muova in mare seguendo una corrente fredda che scende verso New York. La teoria ha fondamento, ma il professore che si è immerso all’interno di una sonda marina nelle profondità degli abissi, una volta incrociato il mostro che identifica in Redosauro, non non avrà tempo di riemergere per confermarla. Mentre militari e scienziati si scambiano opinioni sulla veridicità della storia, l’animale preistorico fa la sua spaventosa apparizione nel porto di New York e, tra un fuggi-fuggi generale, comincia ad aggirarsi indisturbato, schiacciando macchine e divorando qualche poliziotto, tra le strade della città. Il pericolo è più grande di quanto previsto: non solo il mostro non soffre granché delle fucilate e dei colpi di bazooka, ma diffonde intorno a sé germi sconosciuti che provocano febbri altissime. Nella notte, il Redosauro viene localizzato all’interno del luna park di Coney Island, e lì, un tiratore scelto (l’attore Lee Van Cleef) guidato da Nesbitt riesce ad ucciderlo sparandogli una granata radioattiva. Il gigantesco animale crolla tra le impalcature in fiamme delle montagne russe e mentre Nesbitt si abbraccia con la giovane assistente del paleontologo – l’unica che fin dall’inizio aveva creduto in lui – sullo schermo appare la scritta “THE END”. Il risveglio del dinosauro nonostante sia un film fatto in economia riscosse un buon successo. I trucchi di Harryhausen non sono dei migliori, ma si inseriscono dignitosamente nella tradizione del suo maestro O’Brien. Tra gli attori, vale la pena di sottolineare la presenza dell’ottimo Cecil Kallaway dall’aspetto angelico e pacioso (già marito tradito di Lana Turner nel Postino suona sempre due volte) e di due caratteristi, l’uno visto spesso nei film di John Ford – il granitico Jack Pennick -, l’altro, futuro divo dei western di Sergio Leone – un Lee Van Cleef ancora senza baffi ma con ancora una folta capigliatura. Il titolo originale è mutuato dall’omonimo racconto (in Italia noto come “La Sirena”) di Ray Bradbury, del quale Harryhausen, a sceneggiatura già completata, convinse la Warner ad acquistare i diritti. La scena in cui il mostro è attirato dalla luce del faro e lo distrugge è, appunto, un richiamo alle pagine di Bradbury.
Diventato adulto, Bill parte alla ricerca dei cinque banditi che distrussero la sua famiglia. Pur seguendo gli schemi, vivace e di buon ritmo. Uno dei 58 “spaghetti-western” del 1967.
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