“Baby Face” Martin, un pericoloso gangster, torna al quartiere che lo vide ragazzo. La madre lo caccia in malo modo, ma i ragazzini lo guardano come un eroe. Martin comincia a servirsi dei teppistelli per le sue imprese. Ma gli si oppone un architetto disoccupato, Dave. I due vengono a rissa e Dave uccide Martin. Con il denaro della taglia, potrà uscire dal ghetto e costruire un avvenire per sé e la ragazza di cui è innamorato.
Tre reduci dalla prima guerra mondiale non riescono a inserirsi nella vita pacifica e sfruttano le possibilità del proibizionismo. Il primo si dà al contrabbando, il secondo diventa un boss della mala, il terzo avvocato. Scritto da Jerry Wald, Richard Macaulay e Robert Rossen da un racconto di Mark Hellinger, è l’ultimo grande film gangster dell’epoca d’oro di Hollywood. Riprese iniziate da Anatole Litvak. Molte qualità: perentorietà del racconto, immediatezza dell’azione, secca definizione dei personaggi. Inedito in Italia dove fu importato da RAI2 negli anni ’70.
Due fratelli camionisti, Joe e Paul Fabrini, sono sfruttati dal datore di lavoro. In un incidente Paul perde un braccio, mentre Joe è coinvolto in un processo di omicidio dalla moglie del principale che ha ucciso il marito. Da un romanzo di Albert Isaac Bezzerider, uno dei migliori polizieschi di taglio sociale che erano una specialità della Warner di quegli anni. Dialoghi scoppiettanti di Jerry Wald e Richard Macaulay, un quartetto di attori eccellenti.
Harry Morgan mantiene se stesso e un vecchio ubriacone che gli fa da marinaio affittando la sua barca ai turisti per la pesca in alto mare, senza disdegnare qualche lavoro come contrabbandiere. Nel 1940 l’isola della Martinica è sotto il controllo del governo di Vichy e Morgan, insofferente delle restrizioni, non è visto di buon occhio dalle autorità. Questo non gli impedisce di mettere la sua barca a disposizione della Resistenza, per trasportare un leader politico francese in fuga. Durante il viaggio, l’uomo viene ferito e nascosto in un albergo. Morgan deve allora sapersi destreggiare tra i rappresentanti del governo filonazista, il fascino della moglie del francese e l’intensa attrazione per un’americana squattrinata che ha trovato lavoro come cantante.Il contrabbandiere riesce a cavarsi dai guai e a lasciare l’isola, portando con sé il marinaio e, soprattutto, la bella americana. Si tratta di un film dalla genesi insolita e confusa. Il personaggio di Morgan nasce in un racconto di gusto hard-boiled che Hemingway pubblica nel ’33, primo nucleo di una trilogia ambientata tra Key West e Cuba che uscirà nel ’37 come Avere e non avere. Del libro rimangono il titolo e poco altro: ispirandosi alle vicende belliche di Hemingway, che ha messo la sua barca da pesca al servizio degli alleati, lo scrittore William Faulkner trasforma Morgan in un eroe di guerra. Visto il successo di Casablanca, ne viene esplicitamente copiata una parte, inserendo nella trama un leader della Resistenza francese accompagnato dalla moglie. Come se non bastasse, l’amore nato sul set tra Bogart e la Bacall risulta talmente efficace come spunto narrativo che parte della sceneggiatura ne segue passivamente lo sviluppo. Il risultato finale ha così poco a che vedere con il punto di partenza, che il libro di Hemingway potrà essere tranquillamente utilizzato per altri film: Golfo del Messico di Michael Curtiz e Agguato nei Caraibi di Don Siegel. Non si tratta di un capolavoro, ma sicuramente della somma di elementi molto interessanti: Bogart in una variante dell’eroe solo in apparenza cinico, la Bacall in numeri musicali accompagnati dal pianista e cantante Hoagy Carmichael, Walter Brennan nella simpatica caratterizzazione del vecchio alcolizzato sempre al fianco di Morgan. E naturalmente i dialoghi brillanti tra una coppia di divi che, dopo questo film, avrebbero trascorso insieme molto tempo sullo schermo e nella vita.
Dramma sociale a tinte forti con denuncia nei confronti di organizzazioni xenofobe come il Klu Klux Klan. Frank Taylor, un operaio interpretato da Humphrey Bogart, vede sfumata una promozione a causa di un immigrato polacco, Dombrowsy, che viene preferito a Frank per la sua maggiore capacità lavorativa. Frank allora si unisce all’organizzazione xenofoba “Black Legion” che combatte gli immigrati e le minoranze razziali con metodi violenti.
Agente del controspionaggio USA s’imbarca su piroscafo dove viaggia professore venduto ai giapponesi. Conclusione nella giungla di Panama. Per la 3ª volta Huston dirige i 3 attori del Mistero del falco. Piatto, enfatico, convenzionale, inverosimile, finale assurdo. Bogart dà qualche zampata.
4ª regia (esclusi i documentari) di Huston, che l’ha scritto con Richard Brooks dal dramma omonimo (1939) di Maxwell Anderson. L’ufficiale in congedo Frank Mc Cloud arriva a Key Largo, isoletta a largo della Florida, a far visita alla vedova e al padre di un commilitone morto a Cassino che gestiscono un alberghetto. L’hotel è occupato da una banda di criminali, guidati da Johnnie Rocco, espulso dagli USA dove sta rientrando illegalmente. Intanto è in arrivo un uragano. La parentela con La foresta pietrificata (1936) è evidente, ma il film ha altri temi: la disillusione postbellica, la corruzione politica, l’analogia tra fascismo e banditismo. Aiutato dalla fotografia in profondità e dai piani sequenza di Karl Freund, Huston riesce a mitigare la verbosità teatraleggiante del testo, a sveltire al montaggio l’azione concentrata quasi sempre su un solo set e a cavare il meglio dagli interpreti: l’istrionismo ben temperato di Robinson, la sobrietà della coppia Bogart-Bacall e su tutti l’umiliata Gaye Down della Trevor, premiata con l’Oscar della non protagonista.
Come Il bruto e la bella (1952) di Minnelli, comincia con un funerale e procede attraverso 8 flashback, raccontati da 4 personaggi, che rievocano 3 tappe nella vita di una danzatrice a piedi nudi in un piccolo cabaret spagnolo, trasformata da un regista USA in star di Hollywood. Nel suo genere _ il melodramma passionale a forti tinte _ è memorabile. Su una materia trita Mankiewicz, anche sceneggiatore, ha costruito un’affascinante galleria di personaggi dell’international set. È anche un “film a chiave”: il produttore è ricalcato sul miliardario Howard Hughes, insieme con le caricature mascherate di re Farouk e del duca di Windsor.La stessa protagonista allude a Rita Hayworth. Fotografia: Jack Cardiff. Musiche: Mario Nascimbene. Bogart e la Gardner si parlano sulla piazzetta di Portofino. Brevi paesaggi a Bordighera, Sanremo, Rapallo. Oscar per O’ Brien, attore non protagonista. Slogan di lancio: “Il più bell’animale del mondo”.
S’incontrano nel principale porto del Marocco nel 1941 poliziotti francesi, spie naziste, fuoriusciti antifascisti, avventurieri di rango, piccoli sciacalli. L’americano Rick Blaine, proprietario di un bar, aiuta Ilsa, la donna che amava (e ama ancora) e suo marito, perseguitato politico, a lasciare in aereo la città. Film mitico sul quale il tempo sembra non avere presa, oggetto di culto per le giovani generazioni di mezzo mondo, amalgama perfetto di toni, generi, archetipi e stereotipi dell’immaginario collettivo, memorabile galleria di personaggi grandi e piccoli. È la più sottile opera di propaganda antinazista realizzata durante la guerra e la più decisiva eccezione alla teoria del cinema d’autore. Ebbe 3 Oscar (film, regia, sceneggiatura). La sua fonte è Everybody Comes to Rick’s, testo teatrale di Murray Burnett e Joan Allison che non era mai stato messo in scena e che fu sceneggiato dai Julius J. (1909-2000) & Philip G. (1909-52) Epstein e Howard Koch. Uscito in Italia verso la fine del 1945 in una versione censurata nei dialoghi per opera di qualche funzionario, presumibilmente ex fascista: eliminati i riferimenti ai fascisti italiani e tolto il personaggio del capitano Tonelli che all’aeroporto fa il saluto romano. Circola in TV anche in edizione colorizzata.
Tre reduci dalla prima guerra mondiale non riescono a inserirsi nella vita pacifica e sfruttano le possibilità del proibizionismo. Il primo si dà al contrabbando, il secondo diventa un boss della mala, il terzo avvocato. Scritto da Jerry Wald, Richard Macaulay e Robert Rossen da un racconto di Mark Hellinger, è l’ultimo grande film gangster dell’epoca d’oro di Hollywood. Riprese iniziate da Anatole Litvak. Molte qualità: perentorietà del racconto, immediatezza dell’azione, secca definizione dei personaggi. Inedito in Italia dove fu importato da RAI2 negli anni ’70.
Nell’indagine sulla morte di un ex commilitone, Rip Murdock viene a contatto con Coral Chandler, ex amichetta del morto, ora sposata segretamente a un gangster, e cade nella trappola della sua seduzione. Film che s’iscrive al libro d’oro del cinema nero degli anni ’40. H. Bogart, lasciato l’abituale ruolo del cinico dal cuore tenero, impersona un vero eroe nero intrappolato dal destino per mezzo di una classica dark lady il cui “universo distruttore, con le sue inquadrature inclinate e le sue luci cupe, tradisce lo scacco della sua vita affettiva” (C. Macek).
Giallo genere “donna spaventata”. La terrorizzata di turno è Barbara Stanwyck, sposata con il pittore Humphrey Bogart. Lei sospetta che lui abbia assassinato la sua precedente moglie, e il sospetto diviene quasi certezza quando un nuovo omicidio è nell’aria.
Qui sopra versione in inglese: i subita sono stati tradotti dai subeng con google, potrebbero esserci delle imprecisioni.
Johnny, un orfano adolescente, a causa delle cattive compagnie si mette nei guai. In carcere subirà poi una profonda trasformazione morale e psicologica. Grazie anche alle attenzioni e all’affetto di suo fratello, il ragazzo troverà la forza di riscattarsi.
Qui sopra versione in inglese: i subita sono stati tradotti dai subeng con google, potrebbero esserci delle imprecisioni.
Joseph, detto Duke, è un malvivente con alle spalle diverse condanne, uscito di prigione decide di vivere onestamente sapendo che in caso di nuova condanna sarebbe imprigionato a vita. Nonostante i suoi sforzi non riesce a reinserirsi nella società e così viene convinto da alcuni vecchi complici a partecipare ad una rapina. L’ideatore del crimine è il disonesto avvocato Fleming, la cui moglie, Lorna, è la vecchia amante di Duke. Quando i due si rincontrano i vecchi sentimenti riaffiorano.
Non ho trovato versione in italiano, i subita sono stati tradotti dai subspa originali con google, potrebbero esserci delle imprecisioni
Dal romanzo di Willard Motley. Il figlio di un commerciante ingiustamente condannato e morto di crepacuore entra nell’ambiente della mala. È riportato sulla retta via da un avvocato, ma l’ingiustizia sociale lo induce di nuovo alla rivolta. Su un tema che gli era caro (rapporto padre-figlio) Ray ha fatto un film, prodotto da Bogart, onesto e sincero nella sua denuncia sociale, ma verboso e retorico, di strategia macchinosa. Seguito: Che nessuno scriva il mio epitaffio.
Nel 1941 in Libia durante la ritirata da Tobruk un carro armato americano (con qualche inglese), al comando di un coraggioso comandante, è in difficoltà per la sete, ma fa molti danni alla Wehrmacht tedesca. Semplice, intenso, attendibile: un buon film bellico. Ebbe 2 candidature agli Oscar: fotografia di R. Maté e J. Carrol Naish attore non protagonista. Fu rifatto in chiave western con Nuvola nera.
A Vincent Parry, condannato ingiustamente per uxoricidio, non resta che una possibilità: la fuga, nella speranza di dimostrare la propria innocenza scoprendo da solo l’assassino. La galera lo ha reso duro, ma questo non basta per sopravvivere quando si è braccati dalla polizia. Per sua fortuna Irene Jansen, una donna giovane e ricca che si è interessata al suo caso, lo aiuta a superare i posti di blocco. Anche Sam, un tassista che riconosce Parry dopo averlo preso a bordo, è convinto della sua innocenza e lo conduce da un chirurgo plastico. Dopo l’operazione, trovando assassinato l’unico amico disposto ad aiutarlo, Parry si rifugia in casa di Irene, scoprendo che questa conosce alcune delle persone la cui testimonianza gli è stata fatale al processo. Dopo qualche giorno, Parry riprende le indagini con un volto nuovo. Oltre che dalla polizia, deve guardarsi da un malvivente che ha scoperto il suo segreto e intende ricattarlo. È proprio quest’ultimo a fornirgli l’indizio decisivo per risolvere il mistero. Ma il suicidio del colpevole impedisce a Vincent di provare la propria innocenza, costringendolo a rifugiarsi in Perù, dove con Irene potrà cominciare una nuova vita. Piuttosto elementare per quanto riguarda il “chi è stato”, dato l’esiguo numero dei personaggi sospettabili, il film punta invece sulla tensione della caccia all’uomo, vissuta dal punto di vista di Parry con un impiego rimasto celebre della ripresa in soggettiva. Il volto di Parry resta in ombra o nascosto dietro le bende, visibile soltanto nelle fotografie sui giornali, fino a quando non assume definitivamente le fattezze di Bogart. Insolita per l’epoca, e per i vincoli del codice Hays, anche la luce in cui vengono presentati i poliziotti: più persecutori che tutori della legge. Una visione kafkiana consona alla personalità del “giallista maledetto” David Goodis, dal cui romanzo Giungla umana ( Dark Passage) è tratto il film. Un pessimismo temperato tuttavia dalla presenza di singoli coraggiosi cittadini pronti ad aiutare il protagonista e, naturalmente, da un opportuno lieto fine.
Philip Marlowe, ex poliziotto e investigatore privato di Los Angeles, viene convocato dal vecchio milionario Sternwood per indagare sul ricatto subito dalla figlia minore Carmen. La sorella maggiore, Vivian, è invece più interessata a sapere che fine abbia fatto Sean Regan, ex membro dell’Ira ed ex contrabbandiere, assunto da Sternwood per risolvere i problemi creati dalle due figlie. Nel giro di poche ore, Marlowe trova Carmen in compagnia del cadavere del ricattatore, mentre qualcuno elimina l’autista degli Sternwood. L’investigatore comincia le indagini da una libreria che funge da paravento per attività illecite e si trova a scoperchiare una storia di gangster, gioco d’azzardo e omicidi. Tutti pensano che Marlowe sappia più di quello che sa e il detective sta al gioco, anche se il metodo può rivelarsi molto rischioso. E, sbrogliando le diverse trame intrecciate tra loro, riesce a scoprire la verità, per quanto amara. Non è la prima volta che Marlowe viene portato sullo schermo e non sarà l’ultima: le opere di Raymond Chandler forniranno materiale al cinema e alla televisione per decenni.
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