La NASA sta per lanciare verso Marte navicella spaziale. Per un guasto la spedizione viene simulata, ma non tutti credono all’inganno. Tipico frutto della paranoia americana dopo lo scandalo Watergate, acquista nella 2ª parte la sua vera fisionomia di apologo contro il potere, pur mantenendo le cadenze di un thriller d’inseguimento. Nel 1975 era uscito il best seller Non siamo mai andati sulla Luna di Bill Kaysing.
I subita sono tradotti dai subeng con google, potrebbero esserci delle imprecisioni. I subita presenti in rete non erano sincronizzati.
Due agenti della Buoncostume di Los Angeles, piuttosto anticonformisti, sono incaricati di un’indagine su una squillo d’alto bordo e su un night-club dove si spaccia droga. 1° film di Hyams che veniva dal giornalismo televisivo. È un poliziesco svelto, vivace, divertente, ma convenzionale, di livello medio. Fu criticato negli ambienti gay perché mette in caricatura gli omosessuali.
Dal romanzo (1954) di Raymond Chandler: l’investigatore Philip Marlowe è sospettato di complicità nell’omicidio di una donna, uccisa dal marito. Il suicidio di quest’ultimo, che si dichiara unico responsabile del delitto, risolve la situazione, ma Marlowe è poco convinto: c’è puzza di bruciato. Marlowe n. 8 sullo schermo: Gould è assai diverso dal Cary Grant che Chandler vedeva come interprete ideale del suo detective, ma si muove come un pesce nell’acqua di questo film originale dove contano i personaggi più dell’intrigo. Sceneggiato dall’ottima Leigh Brackett (che aveva già collaborato a Il grande sonno di Hawks), il film si distacca risolutamente dal romanzo (soprattutto nella conclusione: “il più ‘morale’ dei colpi di pistola che siano stati sparati al cinema” – R. Escobar), ma è chandleriano nello spirito: quel che lo scrittore diceva in pagine di dolente amarezza, Altman lo esprime nei modi del grottesco e dell’umorismo. Piccoli ruoli per Arnold Schwarzenegger e David Carradine.
In un ospedale mobile da campo, durante la guerra di Corea, tre ufficiali chirurghi ne combinano di tutti i colori, andando a donne e infischiandosene della disciplina. Messi sotto inchiesta se la cavano vincendo a rugby. Scatenata e impertinente farsa antimilitarista che fece epoca e fu seguito dall’omonima, famosa serie TV. Fa ridere molto e morde. Oscar per la sceneggiatura di Ring Lardner Jr. che aveva adattato un romanzo di Richard Hooker. Ottimi attori cui Altman diede, durante le riprese, spazio per improvvisare. Palma d’oro a Cannes. M.A.S.H. = Mobile Army Surgery Hospital.
Una casalinga svedese, felicemente sposata e contenta (in apparenza) del suo stato, incontra un giovane archeologo americano e s’innamora pazzamente, sconvolgendo il suo tranquillo ménage.
A Venice (Los Angeles) il giovane Derek (E. Norton) riacquista la libertà dopo tre anni di carcere per l’omicidio di due balordi neri che stavano per rubargli l’auto. Il fratello e gli amici, fanatici aderenti a un movimento neonazista, lo accolgono come un eroe, ma Derek è cambiato. Epilogo sanguinoso. Scritto da David McKenna e diretto dall’esordiente T. Kaye, noto regista pubblicitario, il dramma concentra nel giro di 24 ore la memoria e il senso di tre anni con l’ottica di Danny (E. Furlong), fratello minore di Derek e suo succubo. Interessante a livello sociologico come rapporto sull’odio razzista nelle grandi aree metropolitane degli USA, il film soffre di schematismo didascalico e di scarsità di sfumature nel disegno dei personaggi, anche e soprattutto in quello del protagonista, pur interpretato con istrionismo ben controllato dall’ottimo E. Norton.
Ex leader della contestazione in un’università USA vuole tirare i remi in barca e diventare professore; due ostacoli: il “sistema” e la propria coscienza politica. Interessante commedia sul ’68 americano. Vanta una buona prova di Gould, ma è prolisso e irrimediabilmente datato.
Un giovane fotografo sposa la grintosa arredatrice Patsy. Quando la moglie viene uccisa da un colpo di fucile, sparato da un misterioso cecchino, anche il fotografo acquista un fucile e si mette a sparare sulla gente.
Edit 12 Luglio 2024: ripropongo perchè avevo messo un altro film nel link
Nel ’44, 35.000 paracadutisti alleati scendono in Olanda con lo scopo di impadronirsi di una serie di ponti che favoriranno l’avanzata delle forze alleate. L’impresa non riesce per un ponte di troppo.
Ha avuto dieci nominations per l’Oscar e ne ha vinti solo due minori (direzione artistica e costumi). Beatty e Keitel, pur non avendo l’Oscar per l’interpretazione sono i migliori sul campo. Infatti la regia di Levinson, brillante ma anche plateale, ha solo qualche vero sprazzo: come un dialogo tra Beatty e la Bening creato con le ombre cinesi. L’immagine poi di questo gangster assassino è troppo ambigua. Troppo simpatico, eppure sanguinario, troppo romantico nel suo sogno di creare Las Vegas ma al tempo stesso pronto a uccidere un grande amico con le lacrime agli occhi. E come le “prime” delle opere di Puccini, l’anteprima della Città del gioco è un fiasco per poi esplodere commercialmente una volta che il creatore è morto. Garbata la musica di Morricone, candidato all’Oscar.
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Due soggetti si incontrano in una sala da poker della California. Bevono. Diventano amici dopo essere stati congiuntamente aggrediti in un parcheggio. Non si conoscevano prima e continuano a non saperne molto l’uno dell’altro, ma sono consapevoli di ciò che c’è da sapere: sono due irrimediabili giocatori. Si tratta di Charlie Waters e Bill Denny. Due vite vissute alla giornata, prima del miracolo finale a Reno. Mr. Altman da vita a personaggi scanzonati, eccentrici e caricaturali. Ogni suo film, è totalmente autonomo dagli altri, senza un’ evidente continuità tra il prima e il dopo. Il cineasta ha sempre avuto una filmografia convulsa, forte anche dei grandi cambiamenti che stavano attraversando il panorama cinematografico hollywoodiano americano a partire dagli anni Sessanta fino alla metà del decennio successivo, dalla progressiva scomparsa dei generi che avevano fatto la fortuna di Hollywood all’esplosione della televisione. Non c’è genere che confini California Poker, né coerenza se non la propria. Non una stravagante e graffiante commedia sulla febbre del gioco, ma un viaggio in un incubo tutto americano o quasi, impressionante diagnosi psicologica e sociale, di straordinaria precisione.
Il film si apre sull’inquadratura di un cielo nuvoloso. Attacca la voce fuori campo: “Questo è quanto io ricordo della storia di un giovane dalla personalità non comune che ebbi la ventura di incontrare in varie fasi della mia vita. Nell’estate del ’19 io ero di passaggio a Chicago, quando un mio amico, Elliott Templeton, che avevo incontrato a Londra e a Parigi, mi invitò a pranzo. Il ricevimento doveva aver luogo in uno di quei brillanti circoli di campagna tipici di quel dopoguerra americano…”. Il racconto è di Somerset Maugham (impersonato da Herbert Marshall), il grande scrittore inglese che pubblicò il romanzo nel 1944. Maugham conosce in pochi istanti, al suono di una dolce orchestra, tutti i personaggi che comporranno la storia: la stupenda Isabella (Tierney), la romantica Sofia (Baxter, premio Oscar), Gray (Payne), rampollo ricchissimo innamorato di Isabella. Ed è in scena anche Elliott (Webb), delizioso snob a oltranza (“… non capirò mai come si possa andare a Parigi senza abiti da sera…”). Poco dopo appare Larry, il protagonista, interpretato da Tyrone Power. Maugham continua il suo racconto: “È questo il giovane di cui scrivo. Non è celebre. Forse, quando la sua vita giungerà al termine, egli non avrà lasciato maggior traccia di quella che lascia il sasso che cade nell’acqua, e forse la vita che egli si è scelta avrà un’influenza sempre crescente sull’umanità e molto tempo dopo la sua morte ci si renderà conto che ai nostri tempi viveva una creatura non comune…”. Isabella vorrebbe sposare Larry, che però ha in programma una vita particolare: non lavorerà, ma girerà il mondo alla ricerca di se stesso. Isabella per un po’ lo aspetta, poi sposa Gray, mentre Larry continua la sua ricerca fra gli artisti di Parigi, i lavori in miniera, la frequentazione di ogni tipo di umanità, e l’India, dove un santone gli impartisce le lezioni decisive. Nel frattempo Sofia si è “perduta” e Isabella ha continuato a essere innamorata di Larry. È un’espressione esemplare del grande cinema di mestiere hollywoodiano. Un grande romanzo, di un grande scrittore, tradotto secondo le regole del grande cinema. La voce fuori campo rappresenta un altro esercizio strano e splendido. Il fraseggio della scrittura viene ridotto allo spazio della necessità del film, un’operazione che solo apparentemente è blasfema. La sintesi che ne risulta, rispetto al racconto, spesso è più efficace del romanzo stesso. Il compromesso filologico, in sostanza, può risultare ottimo cinema.
Favoletta divertentina della Disney. Lo sapevate che il diavolo è nero? È Bill Cosby (Robinson) che accorda al defunto Elliott Gould un ulteriore periodo di vita, se, sulla Terra, riuscirà a procurargli almeno tre anime di persone innocenti.
Due coppie cominciano ad annoiarsi e scoprono che si possono fare giochi birichini a 4. Buon esordio nella regia dell’attore Mazursky con una commedia simpatica che mette alla berlina con intelligenza e mano leggera i luoghi comuni della libertà sessuale degli anni ’60. Originò una serie TV.
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