Category: Film dal 2010 al 2019


Regia di Massimiliano Bruno. Un film Da vedere 2015 con Paola CortellesiAlessandro GassmannFabrizio BentivoglioStefano FresiIlaria SpadaCast completo Genere Commedia, – Italia2015durata 103 minuti. Uscita cinema giovedì 12 novembre 2015 distribuito da 01 Distribution. Consigli per la visione di bambini e ragazzi: +13 – MYmonetro 3,02 su 6 recensioni tra criticapubblico e dizionari.

Luciana, umile operaia, troppo mite e beneducata anche in famiglia, manda giù tanti bocconi amari. La goccia che fa traboccare il vaso è il licenziamento, conseguente alla sua, a lungo inseguita, gravidanza. In parallelo, anche il poliziotto Antonio, persona perbene, troppo mite e ingenua per sopravvivere, deve abbassare la testa, trasferito nel viterbese dal natio Veneto, perché deve espiare un tragico errore commesso nell’espletamento delle sue mansioni. Il destino sadicamente si divertirà a far incrociare i due personaggi al momento sbagliato per entrambi, arrivati al culmine dell’esasperazione. Tratto dalla commedia omonima, che la Cortellesi ha già portato sul palco in una tournée di successo. Bruno calca irrimediabilmente la mano su tutto in questo triste ritratto della Italietta: volumi troppo alti nella recitazione e nelle musiche; costante e innaturale esagitazione; taglio troppo macchiettistico in ogni personaggio di contorno; una Cortellesi sempre sopra le righe; troppo patetico-sempliciotto il poliziotto di Bentivoglio e troppo infingardo Gassman; troppo perfidi da manuale i “padroni”.

Locandina Frozen - Il Regno di Ghiaccio

Un film di Chris Buck, Jennifer Lee [II]. Con Kristen Bell, Idina Menzel, Jonathan Groff Titolo originale Frozen. Animazione, Ratings: Kids, durata 100 min. – USA 2013. – Walt Disney uscita giovedì 19dicembre 2013. MYMONETRO Frozen – Il Regno di Ghiaccio * * * 1/2 - valutazione media: 3,78 su 91 recensioni di critica, pubblico e dizionari.

Nell’immaginario regno di Arendelle, situato su un fiordo, vivono due sorelle unite da un grande affetto. Un giorno, però, il magico potere di Elsa di comandare la neve e il ghiaccio per poco non uccide la più piccola Anna. Cresciuta nel dolore di quel ricordo, Elsa chiude le porte del palazzo e allontana da sé l’amata sorella per lunghi anni, fino al giorno della sua incoronazione a regina. Ma ancora una volta l’emozione prevale, scatena la magia e fa piombare il regno in un inverno senza fine. Sarà Anna, con l’aiuto del nuovo amico Kristoff e della sua renna Sven, a mettersi alla ricerca di Elsa, fuggita lontano da tutti, per chiederle di tornare e portare l’atteso disgelo.
Dell’ispirazione dichiarata, fornita da una delle fiabe più ermetiche e suggestive di Andersen, “La regina delle nevi”, c’è ben poco, a parte la scheggia di ghiaccio nel cuore e il viaggio di una ragazzina per riportare a casa l’oggetto del suo amore. Ma questo racconto più tradizionale, sceneggiato da Jennifer Lee, ha un suo appeal, differente, nell’urgenza emotiva che porta in scena e nell’originalità dei personaggi principali, nessuno dei quali si svela del tutto al primo ingresso. Così come il dono di Elsa ha un risvolto maledetto, anche i sentimenti di Anna acquistano infatti un’imprevista doppiezza, parallela a quella di Kristoff, per non parlare di quella molto meno ingenua che anima il principe Hans.
La natura di vera e propria operetta musicale di Frozen (una scelta ardita, che rischia di non incontrare un consenso unanime) assegna ad ognuno il suo momento di gloria, approfittandone per innescare un’efficace sintesi narrativa in materia di presentazione del cast. Ecco allora che “Per la prima volta” (“For the first time in forever”) racconta in poche strofe il disperato desiderio di vita e d’amore di Anna, mentre “All’alba sorgerò” (“Let it go”) dà adito alla liberazione di Elsa dalle catene nelle quali si era costretta da sola e alla completa accettazione della sua natura portentosa. E, come in ogni musical che si rispetti, i costumi non sono accessori ma parte integrante dello spettacolo, che qui si arricchisce delle architetture nordiche, delle citazioni pittoriche e dello straordinario livello tecnico con cui il digitale dà forma, luce e sostanza al ghiaccio.
Gli adulti non potranno non pensare a Carrie o ai mutanti della saga degli X-Men, mentre i più piccoli non avranno occhi che per Olaf, il pupazzo di neve. Intanto la Disney conferma di aver intrapreso un cammino lento ma ben visibile verso un nuovo modello di principessa, che non ha più bisogno del bacio del principe per scoprirsi degna del proprio ruolo.

Regia di Markus Imhoof. Un film Titolo originale: More Than Honey. Genere Documentario, – SvizzeraGermaniaAustria2012durata 90 minuti. distribuito da Officine Ubu. Valutazione: 3,00 Stelle, sulla base di 2 recensioni.

“Se le api sparissero dalla Terra, all’umanità resterebbero solo 4 anni di vita”, così disse Albert Einstein, considerando che oltre un terzo della nostra alimentazione deriva dall’impollinazione delle api. Imhoof risale all’attività originaria della sua famiglia, che produceva miele, per raccontare un mistero: negli ultimi 15 anni enormi quantità di api sono morte, ovunque nel mondo. E non se ne conosce la causa, solo il nome: Colony Collapse Disorder . Con immagini prepotenti catturate nei diversi continenti e svelando retroscena ignoti al pubblico, Imhoof realizza un documentario inquietante e fondamentale per comprendere i danni mostruosi che stiamo continuando a compiere sul pianeta. Distribuito da Officine Ubu.

Regia di Mark Steven Johnson. Un film con Robert De NiroJohn TravoltaMilo VentimigliaElizabeth Olin. Genere Azione – USA2014

Mark Steven Johnson. dirige un thriller ambientato sui monti Appalachi in cui De Niro interpreta Benjamin Ford, un veterinario militare americano che vive in solitudine nelle montagne boscose, cercando di dimenticare gli orrori della guerra in Bosnia in cui ha combattuto, finché una visita inaspettata di un misterioso viandante (Travolta) con cui stringerà subito amicizia, cambierà la sua esistenza.

Regia di Ben Affleck. Un film Da vedere 2010 con Ben AffleckRebecca HallJon HammJeremy RennerBlake LivelyTitus WelliverCast completo Genere Thriller, – USA2010durata 125 minuti. Uscita cinema venerdì 8 ottobre 2010 distribuito da Warner Bros Italia. – MYmonetro 3,10 su 11 recensioni tra criticapubblico e dizionari.

Doug MacRay è il capo, assai ricercato dalla polizia, di una banda di rapinatori a Boston. Durante una rapina s’innamora di Claire, direttrice di una banca che lo esorta a rientrare nella legalità. Intanto, però, senza saperlo, è sorvegliata dall’FBI che, attraverso lei, conta di arrivare a lui. Scritto con Peter Craig e Sheldon Turner da Affleck, che aveva già diretto nel 1993 I Killed My Lesbian Wife, Hung Her on a Meat Hook and Now I Have a Three-picture Deal at Disney (considerato il titolo più lungo nella storia di Hollywood) e nel 2007 Gone Baby Gone , entrambi senza successo di pubblico né di critica. Anche questo 3° film ha fatto la stessa fine, pur avendo più di un merito nella sua mistura di azione e pathos sentimentale.

Locandina Jeff Who Lives At Home

Un film di Mark Duplass, Jay Duplass. Con Jason Segel, Ed Helms, Judy Greer, Susan Sarandon, Rae Dawn Chong.Titolo originale Jeff Who Lives At Home. Avventura, durata 83 min. – USA2011.

Una storia avventurosa, in una ricerca che ricorda la “Spada nella roccia” ma che in realtà segue un drogato mentre tenta di trovare della colla d’albero. La storia è ambientata ai giorni nostri e segue due fratelli, un perdente (Jeff) che vive a casa dei genitori (Segel), e un prepotente.
Quando lascia la casa materna, Jeff scopre che l’universo potrebbe inviargli dei segnali sulla natura del suo destino

di Marco Tullio Giordana. Un film Da vedere 2012 con Valerio MastandreaPierfrancesco FavinoMichela CesconLaura ChiattiFabrizio GifuniCast completo Genere Drammatico, – Italia2012durata 129 minuti. Uscita cinema venerdì 30 marzo 2012 distribuito da 01 Distribution. – MYmonetro 3,15 su 12 recensioni tra criticapubblico e dizionari.

Milano, 12 dicembre 1969. Un’esplosione alla Banca Nazionale dell’Agricoltura fa 17 morti (a loro è dedicato il film) e 88 feriti. Le indagini della Questura – il commissario Luigi Calabresi e i suoi superiori – sono orientate sulla pista anarchica. Tra i fermati c’è Giuseppe Pinelli che, dopo 72 ore di digiuno e insonnia, nella notte del 15 precipita dalla finestra di Calabresi, in quel momento assente. Intanto a Treviso 2 giudici scoprono un gruppo di giovani neonazisti, coperti e infiltrati dai servizi segreti che, guidati da Giovanni Ventura e Franco Freda, sono gli autori della strage. Indicato da membri di Lotta Continua come responsabile della morte di Pinelli, il 17 maggio 1972 Calabresi è ucciso sotto casa. Dal 1979 Giordana continua a fare film ispirati alla cronaca. Questo è il capitolo mancante di La meglio gioventù (2003), pure scritto con Petraglia e Rulli, attingendo al controverso librone di Paolo Cucchiarelli Il segreto di piazza Fontana (2009). Per capire la difficoltà dell’impresa 3 sono i fatti: a) i personaggi “storici”, a diverso livello di peso; b) a sinistra, e non solo estrema, era diffusa la denominazione di “strage di Stato”; c) i materiali sulla strage, anche quelli giudiziari, erano intricati e spesso contradditori. Nel lancio del film c’è l’abuso della parola “verità”: quale? Il livello medio della recitazione è alto, a partire dall’ottimo Favino (Pinelli), il coerente Mastandrea (Calabresi), la sobria Cescon (Licia Pinelli). Personaggio non approfondito e scritto male è la signora Calabresi della Chiatti, ma in compenso c’è uno straordinario Gifuni (Aldo Moro un po’ troppo oracolare). Il film tende a discolpare Calabresi, ma la sua corresponsabilità oggettiva nelle 72 ore dell’interrogatorio di Pinelli è occultata. Distribuisce 01. 3 David di Donatello: attrice (Cescon) e attore non protagonista (Favino), effetti speciali visivi (Stefano Marinoni, Paolo Trifoglio).

Regia di Marco Segato. Un film Da vedere 2016 con Marco PaoliniLeonardo MasonLucia MascinoPaolo PierobonMaria PaiatoCast completo Genere Commedia, – Italia2016durata 92 minuti. Uscita cinema giovedì 3 novembre 2016 distribuito da Parthénos. Consigli per la visione di bambini e ragazzi: +13 – MYmonetro 3,40 su 1 recensioni tra criticapubblico e dizionari.

Anni Cinquanta. Domenico ha 14 anni e vive da solo con il padre Pietro da quando la madre è morta in circostanze misteriose. Pietro, uscito di galera, è il bersaglio della piccola comunità montana che lo considera “una bestia”. Quando in paese si ripresenta el Diàol, il diavolo, un orso che ha già mietuto vittime in passato, Pietro intuisce la possibilità del suo riscatto: dunque scommette con il padrone della cava di pietra locale, Crepaz, che ucciderà l’orso. Se riuscirà nell’impresa guadagnerà una somma enorme per l’epoca e la zona. Se invece fallirà, regalerà un anno del suo lavoro di spaccapietre a Crepaz. Anche per Domenico la caccia all’orso è un’occasione: per riavvicinarsi al padre, mettere alla prova la propria abilità con il fucile, e dimostrare che non è un bocia, ma un giovane uomo pronto ad affacciarsi alla vita adulta.

Regia di Marco Pozzi. Un film con Sonia BergamascoGianmarco TognazziIsa BarzizzaBenedetta Gargari. Genere Drammatico, – Italia2010durata 106 minuti. Uscita cinema giovedì 19 aprile 2012 distribuito da Movimento Film. – MYmonetro 2,75 su 6 recensioni tra criticapubblico e dizionari.

La parola anoressia (dal greco órexis = appetito) non si pronuncia mai nel 2° film di Pozzi, ritratto di Sara, figlia della borghesia medio-alta nella Milano di oggi, adolescente anoressica. Un lungo avvio muto la mostra mentre, sola in casa, ingoia freneticamente biscotti e latte e, invisibile allo spettatore, li vomita. Sara ha una specie di doppia vita: in una è brava, intelligente e studiosa; nell’altra, segreta a tutti, si occupa del suo peso che oscilla tra i 46/47 e i 50/51 chili. Lei punta sui 38, peso perfetto. Più dimagrisce, più si sente potente, invincibile. Corteggia la morte, cerca l’assoluto, rifiuta la realtà del prossimo. Elitario nelle immagini, ellittico nel racconto, Pozzi non spiega: suggerisce, insinua, allude. Per alleggerire svicola nel surreale e innesta ricordi d’infanzia, ma complica: risultano incongrui (la morte della nonna per esempio). Visto il film, è difficile dimenticare gli occhi grigioverdazzurri della Gargari, scelta dopo centinaia di provini. Distribuito da Movimento Film-Lo scrittoio. Gargari premiata al festival di Annecy 2011.

Locandina Difret - Il coraggio per cambiare

Un film di Zeresenay Berhane Mehari. Con Meron Getnet, Tizita Hagere, Haregewoin Assefa, Shetaye Abreha, Mekonen Laeake.Titolo originale Difret. Drammatico, Ratings: Kids+16, durata 99 min. – Etiopia, USA 2014. – Satine Film uscita giovedì 22 gennaio 2015. MYMONETRO Difret – Il coraggio per cambiare * * * - - valutazione media: 3,47 su 10 recensioni di critica, pubblico e dizionari.

1996. Etiopia. In un villaggio nell’area di Addis Abeba la quattordicenne Hirut viene rapita e violentata da colui che la pretende come sposa nonostante l’opposizione dei genitori di lei. La ragazzina riesce a fuggire impossessandosi di un fucile e uccidendo il suo sequestratore come auto difesa. Tutto però è contro di lei, sia la legge dello stato sia le regole ancestrali delle comunità rurali. Solo Meaza Ashenafi, avvocato e leader dell’associazione Andenet (uno studio legale al femminile che assiste gratuitamente donne che altrimenti non avrebbero alcuna possibilità di difendersi dai soprusi di una società dominata dai maschi) decide di assisterla. La battaglia contro i pregiudizi non sarà facile né indolore.
“Difret” in etiope significa avere coraggio, osare. Il titolo rappresenta con efficacia il senso della vicenda anche sul piano produttivo. Alle origini del film ci sono personaggi reali: la produttrice è la sempre più impegnata sul piano sociale Angelina Jolie e alla regia c’è qualcuno che, seppur residente negli Usa, ha le proprie radici in Etiopia ed è lì che ha preteso (e ottenuto) di andare a girare un’opera che ha vinto al Sundance.
Nella vicenda di Hirut si intrecciano le due tensioni che attraversano, seppur con caratteristiche diverse, più di un Paese del continente africano. Da un lato la progressiva emancipazione delle donne che trova nelle città occasioni per affermarsi e dall’altro un mondo rurale in cui vigono regole imposte dai maschi e la più completa sottomissione della donna all’uomo. Ai tribunali previsti dall’ordinamento statale si sovrappongono le “corti di giustizia” che si riuniscono in un campo sotto un albero e in cui nessuna donna è presente. Hirut ha difeso la propria dignità di essere umano e questo la allontana dalla comunità proiettandola in una realtà aliena, quella della città in cui rumori e stili di vita la disorientano.
Accanto a lei Meaza (a cui è stato assegnato un prestigioso riconoscimento per l’attività svolta) che rivede nella ragazzina la stessa esigenza che provava lei quando aveva la sua età: il bisogno di far compiere all’intera società il passaggio necessario che porti a una trasformazione profonda dei costumi. Il magistrato che rappresenta l’accusa è una perfetta rappresentazione della difficoltà dell’impresa: vive in una realtà che dovrebbe favorirne l’apertura mentale ma resta legato ai pregiudizi maschilisti che gli sono stati inculcati. Ci vuole davvero coraggio per sfidare regole, scritte e non, come ha fatto Meaza Ashenafi riuscendo al contempo a ‘leggere’ una realtà in cui gli happy end non sono poi così happy.

Regia di Marco Righi. Un film Da vedere 2010 con Lavinia LonghiMarco D’AgostinGian Marco TavaniMaurizio TabaniClaudia BottiCast completo Genere Drammatico – Italia2010durata 80 minuti. Uscita cinema venerdì 24 febbraio 2012 – MYmonetro 3,09 su 13 recensioni tra criticapubblico e dizionari.

Nel 1984 Elia s’impegna nella vendemmia dei vigneti del padre in provincia di Reggio Emilia. Trova un inatteso aiuto nell’arrivo della cittadina Emilia che, alla vigilia della laurea, cerca di pagarsi almeno le spese del soggiorno. Da Londra arriva poi un suo fratello maggiore che provoca scompigli nella quiete campestre della famiglia. All’inizio la sequenza della masturbazione di Elia, di spalle accostata all’immagine di un crocifisso casalingo vicino al titolo, fa sospettare che questa opera prima rientri nel filone di un maledettismo infrancesato all’emiliana. L’esordiente Righi, invece, si ispira semmai alla lezione del bolognese Valerio Zurlini. Lo si sente sia nel lirismo con cui descrive la natura, sia nel riserbo sui sentimenti dei personaggi, affidati ai gesti e agli sguardi più che ai dialoghi, riserbo che un po’ si disperde nell’accelerazione narrativa dopo l’arrivo del fratello. Azzeccate la scelta e la direzione dei giovani protagonisti D’Agostin e Longhi. Produzione di Simona Malagoli per Ierà/Indiosmundo. Distribuisce Ierà.

Regia di Marco Danieli. Un film Da vedere 2016 con Sara SerraioccoMichele RiondinoMarco LeonardiStefania MontorsiPippo DelbonoCast completo Genere Drammatico, – Italia2016durata 104 minuti. Uscita cinema mercoledì 9 novembre 2016 distribuito da Bolero Film. Consigli per la visione di bambini e ragazzi: +13 – MYmonetro 3,05 su 4 recensioni tra criticapubblico e dizionari.

Cresciuta in una famiglia di Testimoni di Geova, Giulia crede in quello che fa, studia, predica. È vergine per scelta fino a quando incontra Libero, un coatto sregolato ma pieno di vita. Contro ogni aspettativa, se ne innamora e trova la forza di fuggire da un ambiente che di colpo vede represso e reprimente. Ma la scoperta della libertà e del mondo, la porteranno a fuggire anche da Libero. Per la sua strada. La Serraiocco è brava e rende reale e credibile il personaggio. Danieli (David di Donatello come miglior esordiente) sa di che cosa parla ed espone con onestà i temi della religione e dell’esclusione. Il finale è positivo e forse un po’ troppo ottimista.

Sorelle Mai

Un film di Marco Bellocchio. Con Pier Giorgio Bellocchio, Elena Bellocchio, Donatella Finocchiaro, Letizia Bellocchio.Drammatico, durata 110 min. – Italia 2010. – Teodora Film uscita mercoledì 16 marzo 2011. MYMONETRO Sorelle Mai * * 1/2 - - valutazione media: 2,86 su 35 recensioni di critica, pubblico e dizionari.

Giorgio legge Čhecov, si rifugia dalle zie a Bobbio e si prende amorevolmente cura di sua nipote Elena. Sara recita Shakespeare, rifugge la provincia emiliana e lascia che siano le sue vecchie zie a crescere la sua bambina. Giorgio e Sara si rinfacciano i loro destini sfumati e lontani da Bobbio, ma è davanti al Trebbia che finiscono sempre per tornare, tuffarsi e volersi ancora bene, cavandosi a turno dagli impacci. Attrice senza successo lei, attore con un futuro incerto lui, Sara e Giorgio aspettano l’occasione della vita, eternamente attesi dalle zie e “amministrati” da Gianni Schicchi, doppio pucciniano e amico di famiglia che li ama e li consiglia. Sulle sponde del Trebbia scorre intanto la loro giovinezza e fiorisce quella di Elena, ormai adolescente e desiderosa di sperimentarsi.
Ogni film di Marco Bellocchio è una tappa, qualcosa di nuovo rispetto a quello precedente. Così il suo film successivo non lo trovi mai dove te lo aspetteresti. Dopo la parabola di un regista che si interroga sull’identità di chi fa cinema e quella di una donna sacrificata dal potere che riflette sui “cattivi” padri della nazione, il regista piacentino torna a bagnarsi coi suoi protagonisti “familiari” nelle acque fresche del Trebbia. Sorelle mai è un “film per caso” composto da sei episodi girati in sei anni, compresi tra il 1999 e il 2008, e puntuale proseguimento di Sorelle, medio metraggio realizzato quattro anni prima in collaborazione con gli studenti del laboratorio “Fare Cinema”. Interpolando le immagini digitali con la pellicola in bianco e nero del suo debutto, Bellocchio torna ad abitare la casa dei Pugni in tasca affollandola di parenti, amici, comparse e attori. Il “richiamo di questo paese è immutabile”, dichiara Piergiorgio Bellocchio nel film, confessando alla sorella della Finocchiaro l’impossibile “addio al passato” che ha contagiato le nuove generazioni, incapaci di chiudere con l’ossessione familistica, la provincia e la ribellione. Eppure questa volta Bellocchio lascia che sorelle, figli e nipoti, sue ideali proiezioni, trovino una riconciliazione con un ingombrante passato. Cercare di realizzare una forma di disubbidienza non implica più l’assassinio della madre.
Come già inteso e messo in scena nell’Ora di religione, al delitto si sostituisce la separazione, la fuga. Incessante come quella di Giorgio e Sara, sempre in arrivo, sempre in partenza contro la stanzialità confortante delle zie. Un’altra vacanza in Val Trebbia per i Bellocchio, un altro battesimo nelle sue acque gelide anche d’estate, da non intendere come sfogo narcisistico ma piuttosto diario intimo, che rivela un’idea di cinema con cui riprendere un contatto più intimo e profondo.
C’è il racconto familiare e c’è ancora e sempre il melodramma verdiano, che muove le deflagrazioni interiori dei personaggi, di cui Bellocchio rivela fin l’ultima piega emotiva. Ovunque, e soprattutto nel cuore, c’è Bobbio, la provincia da fuggire e insieme il luogo da abitare. Nell’epilogo, che si lascia trascinare in acqua dall’iperbole della fantasia, c’è Gianni Schicchi, complice affettuoso cucito nel frac di Modugno. Coi pugni in tasca e un cilindro per cappello interpreta l’ “addio al mondo e ai ricordi del passato”.

Locandina italiana Killer Elite

Un film di Gary McKendry. Con Jason Statham, Clive Owen, Robert De Niro, Dominic Purcell, Aden Young.Azione, durata 116 min. – USA, Australia 2011. – Lucky Red uscita venerdì 1 giugno 2012. MYMONETRO Killer Elite * * 1/2 - - valutazione media: 2,54 su 23 recensioni di critica, pubblico e dizionari.

1980 Danny Brice e il suo referente e modello Hunter sono due killer al massimo livello che operano nell’ambito dello spionaggio. Nel corso di un’azione Danny scopre di aver rischiato di uccidere un bambino e va in crisi ritirandosi dal servizio attivo. Dovrà però tornare ad uccidere quando uno sceicco, che vuole vendicare la morte di tre suoi figli uccisi nel corso del conflitto in Oman, prende in ostaggio Hunter. L’uomo sarà liberato solo se Danny ucciderà i tre killer facendo sembrare che si tratti di morti accidentali e non prima di avere ottenuto da loro una piena confessione in merito agli omicidi.
Gary McKendry è al suo esordio nel lungometraggio dopo aver diretto diversi spot pubblicitari e un cortometraggio che ha ricevuto la nomination per l’Oscar. Per questa sua opera prima si rifà a un libro scritto da Ranulph Fiennes che si basa su vicende che l’autore (citato anche nel film) dichiara come realmente accadute quando lavorava per l’esercito britannico e per il SAS (Special Air Service). Il libro, edito nel 1991, creò molteplici polemiche in Gran Bretagna.
In questi casi il riferimento vero o presunto al reale è però secondario così come accadde per Confessioni di una mente pericolosache attrasse un George Clooney anch’egli all’esordio dietro la macchina da presa proprio per il labile confine che sussisteva tra riferimento a fatti reali e invenzione pura nella biografia di riferimento. McKendry rispetta i canoni classici sin dall’inizio con quel bambino dal volto insanguinato che ricorda da vicino il ragazzino ucciso per sbaglio dal killer interpretato da Colin Farrell in In Bruges.
La presenza di De Niro e i numerosi inseguimenti in auto fanno poi tornare alla mente Ronin di John Frankenheimer. In questa occasione però la star hollywoodiana si ritaglia un ruolo di contorno che emerge nell’ultima parte della narrazione e gli permette di lavorare su quell’understatement che è ancora uno dei suoi punti di forza.
Il film impernia il plot sull’azione da compiere che implica il confronto tra due gruppi specializzati in azioni rischiose e complesse. Jason Statham e Clive Owen sono decisamente funzionali ai rispettivi ruoli con la differenza che al primo viene narrativamente offerto un background psicologico maggiore. Ciò che poi crea attenzione nello spettatore appassionato al genere è il fatto che attorno al settantacinquesimo minuto l’intera missione sembra essersi conclusa ma restano ancora 40 minuti di film. È a questo punto che la sceneggiatura compie lo scatto in più passando a un livello inatteso che implica un mutamento sostanziale della vicenda ampliandone la dinamica.

Poster Goon

Un film di Michael Dowse. Con Seann William Scott, Jay Baruchel, Liev Schreiber, Alison Pill, Eugene Levy. Titolo originale Goon. Commedia, durata 90 min. – USA, Canada 2011.

Etichettato come un reietto dalla sua famiglia di intelligentoni, un buttafuori supera le poche probabilità che aveva di condurre alla gloria una squadra di hockey di semi professionisti disadattati che da molto non vincevano, battendo tutto ciò che si trova davanti alla loro strada.

Regia di Marco Bellocchio. Un film Da vedere 2016 con Valerio MastandreaBérénice BejoGuido Caprino, Nicolò Cabras, Dario Dal Pero, Barbara RonchiLinda MesserklingerCast completo Genere Drammatico, – ItaliaFrancia2016durata 134 minuti. Uscita cinema giovedì 10 novembre 2016 distribuito da 01 Distribution. Consigli per la visione di bambini e ragazzi: +13 – MYmonetro 3,21 su 6 recensioni tra criticapubblico e dizionari.

Orfano di madre a 9 anni, Massimo, bimbo solitario, appassionato di Nosferatu e Belfagor, cresce tifando per la squadra del Toro. Diventato un giornalista affermato, porta sempre dentro di sé lo struggimento per la morte, per lui misteriosa, della madre, su cui scopre finalmente la verità. Adattamento di Bellocchio, con Edoardo Albinati e Valia Santella, dell’autobiografia “caso letterario” del giornalista Massimo Gramellini. Della Torino degli anni ’60 e ’90 – che diventa storia d’Italia attraverso i programmi TV, i tuffi di Cagnotto, la tragedia aerea del Grande Torino, tangentopoli – Bellocchio sembra aver superato la rabbia de I pugni in tasca e racconta con gentilezza le cicatrici lasciate dall’elaborazione del lutto e il conseguente rapporto con la fede fino allo squarcio del velo del negare sempre tutto. Mancano le riflessioni che hanno creato il successo del libro. La fotografia di Ciprì è un valore aggiunto.

Regia di Ali Aydin. Un film Da vedere 2012 con Ercan KesalMuhammet UzunerTansu Biçer. Titolo originale: Küf. Genere Drammatico – TurchiaGermania2012durata 94 minuti. Uscita cinema martedì 30 aprile 2013 distribuito da Sacher. – MYmoro 3,39 su 15 recensioni tra criticapubblico e dizionari.

Presentato alla Settimana della Critica di Venezia 2012 e premiato come Opera Prima, è costato all’esordiente Aydin 7 anni di lavoro per scrivere la sceneggiatura. Fa perno su un paradosso. Il fenomeno dei desaparecidos non riguarda soltanto l’Argentina. Negli anni 1990-96 si è ripetuto in Turchia. Nel 1995 centinaia di donne – sui mass media battezzate “le madri del sabato” – cominciarono a riunirsi davanti al liceo Galatasaray con le fotografie dei figli scomparsi dopo il loro arresto per mano della polizia di un governo di estrema destra. Il paradosso è che nel film non sono nemmeno nominate – anzi vi compare, per due minuti appena, una donna sola. Girata alla fine delle riprese, ma inserita all’inizio della storia, c’è una sequenza straordinaria di 11 minuti (con la cinepresa immobile, come nel resto del film se si tolgono brevissime panoramiche): un dialogo tra un avvocato e Basri, guardiano delle ferrovie il cui lavoro consiste nel controllare i binari che ogni giorno, d’estate come d’inverno, percorre a piedi e che per 18 anni scrive 2 lettere al mese al ministero degli Interni e alla questura: vuole sapere che fine abbia fatto il figlio Seyefi, un curdo come gli altri scomparsi. I suoi resti sono stati ritrovati a Istanbul. Secondo Aydin, la lettura di Dostoevskij ha contato molto per la cupezza del suo protagonista assoluto che perde a poco a poco anche la speranza.

Regia di Maja Milos. Un film con Isidora SimijonovicVukasin JasnicSanja MikitisinJovo MaksicMonja SavicCast completo Titolo originale: Klip. Genere Drammatico, – Serbia2012durata 100 minuti. distribuito da Il Kino. Valutazione: 3,00 Stelle, sulla base di 2 recensioni

Jasna è una studentessa serba di scuola media superiore. Ha un padre gravemente ammalato, una madre che avrebbe bisogno di un aiuto che lei le nega e una sorella minore. La sua vita vera si svolge tutta fuori casa nel rapporto con le compagne e con Djole, un ragazzo da cui è attratta e che la cerca solo per avere dei rapporti sessuali. Tra alcol e droghe le giornate si susseguono e le varie situazioni vengono spesso riprese da Jasna con il suo telefonino.
Maja Milos scrive e dirige questo suo primo lungometraggio che ha già compiuto un interessante percorso in diversi festival di rilievo tra cui Rotterdam (dove ha vinto due premi) e Toronto. La crudezza del linguaggio visivo che non teme di entrare nel territorio della pornografia potrebbe farla facilmente accostare al cinema di Larry Clark ma il suo punto di vista è del tutto differente. Nel cinema del regista statunitense si percepisce in più di un’occasione uno sguardo che si compiace di ciò che sta mostrando con un misto di voyeurismo e di godimento nell’épater le bourgeois. Maja Milos, grazie alla scelta di far raccontare il rapporto con il sesso e con il mondo di un’adolescente attraverso le riprese che lei stessa realizza, non ripete solo una scelta estetica che altri hanno già utilizzato ma va oltre.

Regia di Maïwenn. Un film Da vedere 2011 con Karin ViardJoey StarrMarina FoïsNicolas DuvauchelleMaïwennKarole RocherCast completo Titolo originale: Poliss. Genere Drammatico, – Francia2011durata 134 minuti. Uscita cinema venerdì 3 febbraio 2012 distribuito da Lucky Red. – MYmonetro 3,05 su 11 recensioni tra criticapubblico e dizionari.

Come se fosse pronunciata da un bambino, Polisse sta per Police che è tra l’altro il titolo di un bel polar (1985) di Pialat. Al centro dell’azione c’è un settore della polizia francese, la Brigade de Protection des Mineurs (BPM), che si occupa di bambini molestati e di famigliari molestatori. Al suo 3° LM la 35enne regista/attrice (ex compagna di Luc Besson) che l’ha scritto con E. Bercot, ha fatto un film, premio della giuria a Cannes 2011, che fa bene e fa male allo spettatore. Fa bene perché, a livello visivo, è pudico e indiretto: le molestie non sono visibili. Fa male perché l’abisso e l’orrore di cui tratta sono troppo profondi per accettarli. Il torto della regista è di voler dire troppo, contraddicendosi. Evita di mostrare poliziotti eroici e pedofili mostruosi, ma qua e là si dà al melodramma. Come attrice, fa la parte di una fotografa. Contrariamente ad Acab , poliziesco italiano, Polisse è un film positivo, con un inopportuno suicidio nel finale. Distribuito da Lucky Red.

Locandina italiana ...E ora parliamo di Kevin

Un film di Lynne Ramsay. Con Tilda Swinton, Ezra Miller, John C. Reilly, Jasper Newell, Rocky Duer. Titolo originale We Need to Talk About Kevin. Drammatico, durata 110 min. – Gran Bretagna, USA 2011. – Bolero uscita venerdì 17 febbraio 2012. MYMONETRO …E ora parliamo di Kevin * * * 1/2 - valutazione media: 3,50 su 32 recensioni di critica, pubblico e dizionari.

Eva ha messo da parte le sue ambizioni professionali e il suo amore per New York per crescere Kevin in provincia e in tranquillità, ma il rapporto tra madre e figlio è sempre stato complicato, fin dal principio. Da neonato non smetteva mai di piangere, da bambino non parlava, poi non ha mai fatto altro che disobbedire. Tutto contro la madre, per provocarla e addolorarla. A 16 anni, infine, Kevin ha premeditato e commesso il peggio: una strage, a scuola. Due anni dopo, Eva ripercorre i ricordi, in cerca delle proprie mancanze, delle proprie responsabilità e di un perché.
Per il suo terzo film, la regista Lynne Ramsay ha trovato ispirazione nel controverso romanzo di Lionel Shriver, ovvero di un’altra donna, nonostante il nome. D’altronde al centro del dramma ci sono alcune tra le domande che più scuotono l’identità femminile: come gestire la responsabilità della maternità, per esempio, il suo essere, da un preciso momento in poi, per sempre e nonostante tutto. E il cuore del film è sicuramente nella storia d’amore tra madre e figlio, un amore-odio, pieno di ambiguità e di non detti, fatto non si sa bene se di troppa remissione, di eroica resistenza o di incontrollabile destino. Lo porta in superficie Tilda Swinton, con la rigidità che è corazza del personaggio, in verità esploso dentro, ma anche con una varietà di emozioni ben impressionanti. Non la si vedeva così convincente dalla prova di Michael Clayton.
Sul fronte estetico il film è molto insistito. Troppo. Il colore del sangue è declinato e ripreso in tutti i modi possibili, con la sequenza dedicata e disturbante dei corpi imbrattati e annegati nel pomodoro – che setta immediatamente gli assi cartesiani della tragedia in corso, quello lirico e quello quotidiano, famigliare – e poi con la vernice, la marmellata, la stampa sulla T-shirt, le ferite, i bersagli. Anche il montaggio è studiatissimo, rimescolato al millimetro, costruito per la tensione. A questa estrema eleganza di modi e di temi del girato corrisponde e al contempo sfugge il tappeto sonoro, magnificamente lavorato, dal quale passa, senza soluzione di continuità, il flusso sentimentale del film: il dolore, la paura, la rabbia, lo sprazzo di felicità e la disperazione della protagonista.
Non tutto convince, in … E ora parliamo di Kevin, ma il colpo arriva comunque allo stomaco, perfettamente assestato, come tirato con l’arco da un professionista.