Category: Film dal 2010 al 2019


Locandina italiana GravityUn film di Alfonso Cuarón. Con Sandra Bullock, George Clooney, Ed Harris, Orto Ignatiussen, Phaldut Sharma. Fantascienza, Ratings: Kids+13, durata 92 min. – USA, Gran Bretagna 2013. – Warner Bros Italia uscita giovedì 3 ottobre 2013. MYMONETRO Gravity * * * 1/2 - valutazione media: 3,53 su 147 recensioni di critica, pubblico e dizionari.

Gli astronauti Ryan Stone e Matt Kowalsky lavorano ad alcune riparazioni di una stazione orbitante nello spazio quando un’imprevedibile catena di eventi gli scaraventa contro una tempesta di detriti. L’impatto è devastante, distrugge la loro stazione e li lascia a vagare nello spazio nel disperato tentativo di sopravvivere e trovare una maniera per tornare sulla Terra.
Lo spazio non è più l’ultima frontiera, nel nuovo film di Cuaròn non c’è nulla da esplorare, si rimane a un passo dal nostro pianeta ma lo stesso la profondità spaziale continua a non essere troppo distante dalle lande desolate del cinema western, un luogo talmente straniante da confinare con il mistico, l’ultimo rimasto in cui esista ancora la concreta sensazione che tutto possa accadere, in cui si avverte la presenza dell’ignoto e quindi in grado di mettere alla prova l’essenza stessa dell’essere umani.
C’è tutto questo nel blockbuster con Sandra Bullock e George Clooney che Alfonso Cuaròn è riuscito a realizzare senza muovere un passo dalle convenzioni hollywoodiane, quelle che impongono l’inevitabile coincidenza dell’avventura personale con un mutamento interiore e il superamento del solito trauma radicato nel passato. Eppure dietro i dialoghi ruffiani e dietro una tensione obbligatoriamente costante (tenuta con una padronanza della messa in scena, tutta in computer grafica, che ha del magistrale ma non sorprende dall’autore di I figli degli uomini) non è nemmeno troppo nascosto uno dei film più umanisti di un’annata che ha visto il cinema statunitense proporre, a Cannes, anche la straordinaria storia di sopravvivenza individuale contro gli elementi (marittimi) di Robert Redford in All is lost.
La visione prettamente americana dello spazio, un luogo d’avventure in cui l’uomo deve combattere contro ogni avversità naturale, stavolta è fusa con quella promossa dallo storico rivale, il cinema sovietico degli anni ’70, in cui lo spazio è il posto più vicino possibile alla metafisica, terreno di visioni interiori che diventano realtà e di incontro con il sè più profondo, fino a toccare anche l’idea di origine (o ritorno) alla vita di 2001: Odissea nello spazio in un momento di struggente bellezza, in cui il corpo di Sandra Bullock pare danzare con meravigliosa lentezza.
Per Cuaròn lo spazio può essere tutto questo insieme, allo stesso modo in cui il suo film può essere sia un blockbuster sia un’opera che cerca di toccare la profondità dell’animo umano, realizzata con una sceneggiatura densa di dialoghi e molto fondata sulla recitazione (come un film a basso budget) animata da una messa in scena interamente in computer grafica (da grande film di fantasia), un lungometraggio che più che essere di fantascienza pare d’avventura (nel senso classico del termine), in cui l’essere umano lotta in scenari naturali mozzafiato, nel quale anche solo un raggio di sole che entra dall’oblò al momento giusto può far battere il cuore.

Gravity (2013) on IMDb

Regia di Mia Hansen-Løve. Un film Da vedere 2014 con Félix de Givry, Pauline EtienneHugo ConzelmannRoman KolinkaVincent MacaigneGreta GerwigCast completo Titolo originale: Eden. Genere DrammaticoThriller, – Francia2014durata 131 minuti. Uscita cinema giovedì 13 agosto 2015 distribuito da Movies Inspired. Consigli per la visione di bambini e ragazzi: +13 Valutazione: 4,00 Stelle, sulla base di 1 recensione.

Nella Parigi anni ’90 il 20enne Paul rinuncia a laurearsi per fare il DJ. Lancia il genere garage e per alcuni anni ha successo e se la spassa tra donne, alcol e droghe. Poi la musica cambia. Scritto dalla regista insieme al fratello Sven, ex DJ, ritrae in stile realistico, fino a sconfinare nel documentario, l’utopia giovanile dei baby boomers dei ’70, ma si può leggere anche come una versione attuale – con la madre al posto del padre che non c’è – della parabola del figliol prodigo. Benché prolisso, auto compiaciuto e a tratti noioso, seduce con la sua originale forza visiva, potenziata dalla camaleontica fotografia di Denis Lenoir, e con il glamour nostalgico della onnipresente colonna sonora.

Eden (2014) on IMDb

Risultati immagini per Nel Corso del TempoUn film di Wim Wenders. Con Rudiger Vogler, Lisa Kreuzer, Hanns Zischler, Rudolf Schundler, Marquard Bohm. Titolo originale Im Lauf der Zeit. Drammatico, b/n durata 175′ min. – Germania 1975. MYMONETRO Nel corso del tempo * * * 1/2 - valutazione media: 3,67 su 10 recensioni di critica, pubblico e dizionari.

È la storia dell’incontro casuale di due uomini sui trent’anni (uno ripara proiettori cinematografici, l’altro è uno psicolinguista), del loro viaggio lungo il confine tra le due Germanie, della loro reciproca conoscenza, della loro separazione. A Cannes nel 1976 vinse il premio della Critica internazionale. Film di viaggio (anzi, di erranza) come Alice nelle città (1973) e Falso movimento (1974), è una riflessione sulla Germania prospera, mercantile e americanizzata del miracolo economico, sul malessere della generazione postbellica, sulla dissoluzione del mito dell’uomo forte, sul cinema, rappresentato nel suo versante materiale (la pellicola, la macchina da proiezione, il sonoro). È uno di quei rari film che trasmettono il piacere di andare al cinema, rispettando l’intelligenza dello spettatore e, insieme, sollecitandone i sensi.

Kings of the Road (1976) on IMDb

Poster RushUn film di Ron Howard. Con Chris Hemsworth, Daniel Brühl, Olivia Wilde, Alexandra Maria Lara, Pierfrancesco Favino. Titolo originale Rush. Sportivo, durata 123 min. – USA, Gran Bretagna, Germania 2013. – 01 Distribution uscita giovedì 19 settembre 2013. MYMONETRO Rush * * * 1/2 - valutazione media: 3,81 su 107 recensioni di critica, pubblico e dizionari.

L’austriaco Niki Lauda e l’inglese James Hunt s’incontrano per la prima volta sui circuiti di Formula 3. Uno è metodico, razionale, non particolarmente simpatico; l’altro è un playboy, che si gode la vita e corre come se non ci fosse un domani. La loro rivalità diverrà storica e segnerà una stagione incredibile della Formula 1, fatta di drammi indelebili e miracolose riprese.
Come spesso accade con il miglior cinema classico americano, è il contributo delle parti a fare il tutto, ma è un tutto che poi si presenta compatto e coerente, non più smontabile e perfettamente aerodinamico, per restare in tema. La sceneggiatura di Peter Morgan è buona, ma non garantirebbe il risultato se non ci fossero le sfumature portate dagli attori, i loro sguardi, le loro ombre: un capitale che in questo lavoro pesa moltissimo, responsabile del mistero umano dietro i fatti storici e mediatici, che il copione da solo non arriva a disegnare, nemmeno laddove si arrischia in territori arditi e scivolosi, come la chiosa esplicita o la conclusione letteraria. Scrittura e interpretazione, a loro volta, non sarebbero sufficienti se non si combinassero con il lavoro ispirato di scenografi e costumisti, con una produzione europea di grande rispetto (già meritoria del documentario Senna di Asif Kapadia) e soprattutto con una regia in qualche modo “profana” come questa. L’estraneità di Ron Howard al mondo della Formula 1, infatti, che fino ad ora non rientrava nei suoi interessi né nelle sue conoscenze, è probabilmente il quid che suggella la combinazione ottimale delle parti nella confezione del tutto.
Evidentemente incapace di affezionarsi al dettaglio meccanico così come alla passione propriamente sportiva, elementi comunque interni e organici alla vicenda, Howard evita in un sol colpo ogni pit stop a rischio di retorica, concentrandosi solo e soltanto sul vampirismo reciproco tra i “duellanti” in gara e realizzando uno dei suoi film migliori, vivace, pulito, lanciato dritto alla meta.
Sexy e dannati come rockstars, novelli Icaro con una bara ambulante al posto delle ali -per assaporare l’ebbrezza del volo (James “Thor” Hunt) o sfidare il demiurgo sul terreno stesso della creazione (Lauda si occupava personalmente delle migliorìe alla vettura)-, Hunt e Lauda servono al regista come Caino e Abele, archetipi di una doppiezza in cui i termini si definiscono solo reciprocamente, per contrasto, ma anche per narrare con i mezzi dell’oggi la storia di un passato che non c’è più, dove l’individuo era ancora al centro della pista ed era il suo carisma o il suo capriccio a decidere la gara, non lo sponsor né la dittatura della televisione.

Rush (2013) on IMDb

Regia di Gavin O’Connor. Un film Da vedere 2011 con Joel EdgertonTom HardyJennifer MorrisonFrank GrilloNick NolteDenzel WhitakerCast completo Titolo originale: Warrior. Genere Azione, – USA2011durata 139 minuti. Uscita cinema venerdì 4 novembre 2011 distribuito da M2 Pictures. Consigli per la visione di bambini e ragazzi: +13 – MYmonetro 3,99 su 6 recensioni tra criticapubblico e dizionari.

Storia di una famiglia sfasciata. Due fratelli, ex campioni di lotta greco-romana, Tommy e Brendan Conlon, non si frequentano da anni. Li accomuna solo l’odio per il padre, irlandese alcolista, pure lui ex lottatore. Si ritrovano ad Atlantic City per il torneo di arti marziali miste “Sparta”, premio unico 5 milioni di dollari. Tommy, ex marine, è reduce da una sporca guerra in Asia Minore, malconcio di corpo e di mente; suo fratello Brendan fa il prof di fisica e ha bisogno di soldi perché sta per perdere la casa. Costretti a combattere tra loro, lo fanno sul serio. Il film non manca di momenti emozionanti (la scena in cui Tommy mette a letto il padre sbronzo). Prolisso, interminabile. Scritto dal regista con Cliff Dorfman e Anthony Tambakis.

Warrior (2011) on IMDb

Regia di Cãlin Peter Netzer. Un film Da vedere 2013 con Luminita GheorghiuBogdan DumitracheIlinca GoiaNatasa RaabFlorin ZamfirescuCast completo Titolo originale: Pozi?ia Copilului. Genere Drammatico, – Romania2013durata 112 minuti. Uscita cinema giovedì 13 giugno 2013 distribuito da Teodora Film. – MYmoro 3,32 su 27 recensioni tra criticapubblico e dizionari.

Orso d’oro della giuria ufficiale a Berlino e Fipresci (Critica Internazionale). Scritto dal regista con Razvan Radulescu è il più alto successo di incassi del cinema rumeno degli anni 2000. È la storia di Cornelia, donna ricca e potente che ha tutto ma non l’affetto di suo figlio Barbu, al quale si dedica in modo ossessivo. Quando, anche per un eccesso di velocità, Barbu investe e uccide un 13enne, è pronta a tutto per evitargli il carcere, senza capire che la vera libertà cui aspira lui può concederla solo lei. Netzer descrive con occhio impietoso la corruzione della società rumena e di una nuova borghesia senza scrupoli, ma il centro emotivo rimane il rapporto quasi patologico tra madre e figlio, sebbene non trascuri altri temi importanti: il perdono, l’accettazione, la comprensione. 

Child's Pose (2013) on IMDb

Edit 3/1/24 sostituito file perchè corrotto

Locandina italiana Ex MachinaUn film di Alex Garland. Con Domhnall Gleeson, Oscar Isaac, Alicia Vikander, Sonoya Mizuno, Chelsea Li. Titolo originale Ex Machina. Drammatico, Ratings: Kids+13, durata 108 min. – USA, Gran Bretagna 2014. – Universal Pictures uscita giovedì 30 luglio 2015. MYMONETRO Ex Machina * * * - - valutazione media: 3,41 su 10 recensioni di critica, pubblico e dizionari.

Tra tutti gli impiegati del grande motore di ricerca per cui lavora, Caleb è stato scelto per il prestigioso invito nella residenza del mitologico fondatore della società e inventore dell’algoritmo di ricerca. Arrivato in una zona a metà tra la magione irraggiungibile (lo porta un elicottero privato che si ferma diversi chilometri prima del primo edificio) e il rifugio zen, Caleb comprende di essere stato scelto da Nathan per un importante esperimento. Da decenni infatti Nathan è al lavoro sulla costruzione di un’intelligenza artificiale e Caleb deve testarla per capire se abbia raggiunto o meno il suo obiettivo. Il modello attuale con cui Caleb si confronta si chiama Ava, ha forma umanoide, pelle e circuiti, ragiona ed è conscia del suo status. Dopo i primi giorni Caleb comprende però che c’è qualcosa che non va, le frequenti ubriacature del capo, i moltissimi luoghi della magione in cui non può entrare e alcune strane confessioni di Ava compongono un mosaico più inquietante di quel che non sembrasse all’inizio.
Ha davvero un’anima molto classica Ex machina e fa di tutto per mascherarla con un efficace maquillage modernista. Questo film di fantascienza psicologica, tutto basato sulla parola e sul ragionamento, è strutturato intorno ad uno scienziato che si spinge oltre quello che dovrebbe essere consentito, dove la scienza sfiora il “disturbante”, e sperimenta nel suo castello remoto ed inaccessibile con quella che chiamiamo vita (una sequenza rivelatrice mostra immagini a circuito chiuso dei passati degli esperimenti di Nathan con il corretto tono gotico/spaventoso). Accanto a lui un più giovane e inesperto ragazzo di scienza che si lascia contaminare troppo da quel che vede. Tra di loro una “creatura” che somiglia più ad un Golem.
Nello scontro di intelligenze a tre del film Nathan, Caleb e Ava combattono tramite la parola (almeno fino a poco dal finale) una guerra di strategia e menzogne in cui, come spesso capita nella fantascienza contemporanea, sembra che solo il video registrato possa rivelare la verità. La realtà guardata con gli occhi è la cosa più ingannevole in assoluto, terreno di mistificazioni, mentre il video è la realtà, lo strumento di conoscenza del mondo per come è realmente, l’arma che svela gli inganni. È quindi tutto ciò che è tecnologico a meritare fiducia mentre l’analogico si dimostra costantemente insufficiente a reggere la pressione del confronto con l’inumano, non fanno eccezione gli uomini.
In questa gothic story ottocentesca modernizzata di uno scienziato impazzito che cerca di giocare a far Dio e delle creature frutto dei suoi esperimenti, il ritmo è rallentato e il passo calmo per cercare una dimensione confortevole per lo spettatore, una in cui possa ridere dei balletti disco di Nathan e intuire la presenza di segreti inconfessabili. Come per il mito di Frankenstein anche qui il punto di tutto sarà chiedersi chi dei personaggi in ballo sia davvero il mostro e chi meriti l’appellativo di essere umano (la risposta purtroppo è abbastanza scontata).
Alex Garland (già sceneggiatore di Sunshine, 28 giorni dopo e The beach per Danny Boyle) torna sui temi di Non lasciarmi (che aveva adattato) immaginando un setting tecnologico più che contemporaneo, spargendo qualche riferimento adeguato alla maniera in cui i padroni dei motori di ricerca hanno, oggi, il mondo e le informazioni di tutti nelle loro mani, per descrivere un’intelligenza artificiale basata proprio su questo, sull’accesso ad ogni informazione tramite il motore di ricerca e i dati sugli esseri umani del pianeta. Infine lentamente si pone dalla parte dell’inumano piuttosto che dell’umano per raccontare nuovamente dell’insopprimibile desiderio di vivere.

Ex Machina (2014) on IMDb

Regia di Ava DuVernay. Un film Da vedere 2014 con David OyelowoTom WilkinsonCuba Gooding Jr.Alessandro NivolaCarmen EjogoCast completo Titolo originale: Selma. Genere BiograficoDrammaticoStorico – Gran Bretagna2014durata 127 minuti. Uscita cinema giovedì 12 febbraio 2015 distribuito da Notorious Pictures. Consigli per la visione di bambini e ragazzi: – MYmoro 3,48 su 41 recensioni tra criticapubblico e dizionari.

Storia dell’anno decisivo – il 1965 – del movimento per i diritti civili degli afroamericani, nato nel 1955 a Montgomery (Alabama) dal rifiuto di Rosa Parks di cedere il posto su un autobus a un bianco, e di cui divenne guida Martin Luther King, pastore di una chiesa battista della città, sostenitore della disobbedienza civile non-violenta. Un anno dopo la marcia a Washington (28/8/63), resa famosa dal discorso “I have a dream”, King riceve a Stoccolma il Nobel per la pace (10/12/64), e sceglie la cittadina di Selma per dar inizio alla campagna finale per l’esercizio effettivo del diritto di voto da parte dei neri dell’Alabama, burocraticamente impedito dai funzionari bianchi. Il governatore segregazionista Wallace, la polizia locale e il Ku Klux Klan fanno scorrere molto sangue, e non solo dei neri. Al suo 3° lungo, la DuVernay mette a segno 3 colpi da maestra: 1) girare un bio-pic corale in cui M.L. King è un individuo eccezionale, certo, ma solo in quanto interprete ed espressione di un movimento collettivo; 2) utilizzare la potenza di una sineddoche, cioè narrare la vita di King e la storia del movimento antisegregazionista attraverso la parte che ne rappresenta più intensamente il tutto; 3) mostrare l’incubazione, all’interno del movimento dei neri, di quello delle donne, trascendendone così la particolarità a favore di un’idea universale di liberazione senza fine né confini. Molti momenti di autentica commozione che raggiunge l’apice nella perforante sequenza della carica della polizia, a piedi e a cavallo, contro gli inermi manifestanti sul ponte Edmund Pettus nel bloody sunday del 7/3/65. 2 nomination agli Oscar per la fotografia (Bradford Young) e la canzone originale (John Legend) (già vincitrice di un Golden Globe), ma nessuna né per la DuVernay, né per Oyelowo. Indecente.

Selma (2014) on IMDb
Risultati immagini per L'altro Volto della Speranza

Regia di Aki Kaurismäki. Un film Da vedere 2017 con Sherwan HajiSakari KuosmanenIlkka KoivulaJanne HyytiäinenNuppu KoivuCast completo Titolo originale: Toivon tuolla puolen. Genere Drammatico – Finlandia2017durata 98 minuti. Uscita cinema giovedì 6 aprile 2017 distribuito da Cinema. Consigli per la visione di bambini e ragazzi: +13 – MYmonetro 3,90 su 28 recensioni tra criticapubblico e dizionari.

Piccolo imprenditore di mezza età, Wilkström lascia la moglie, vince del denaro al gioco e rileva un ristorante in periferia. Incontra Khaled, rifugiato siriano, che ha fatto domanda di asilo con poche possibilità di ottenerla. Nonostante il razzismo becero che li circonda, i due si daranno una mano. Premiato a Berlino con un Orso d’argento per la miglior regia, è un altro capitolo sul tema dell’immigrazione e sul mondo degli emarginati e degli autoemarginati, dove l’autore, con toni laici e umoristici un po’ neri, accanto all’egoismo – anche violento – di alcuni (sacerdoti inclusi), evidenzia la solidarietà, la comprensione di altri, con un’ottimistica fiducia nell’umanità. Ironico, spiritoso, buffo, allucinato come Tati, tenero come Chaplin, leggero e profondo.

The Other Side of Hope (2017) on IMDb

Regia di Damien Chazelle. Un film Da vedere 2014 con Miles TellerJ.K. SimmonsMelissa BenoistPaul ReiserAustin StowellCast completo Genere Drammatico, – USA2014durata 107 minuti. Uscita cinema giovedì 12 febbraio 2015 distribuito da Warner Bros Italia. Consigli per la visione di bambini e ragazzi: +16 – MYmonetro 3,90 su 6 recensioni tra criticapubblico e dizionari.

Andrew, 19enne apparentemente timido, frequenta il 1° anno di batteria jazz nella migliore scuola di musica di NY, viene notato dal prof. Fletcher, famoso direttore d’orchestra, ed entra nella sua band come 2° batterista. Scopre che il metodo didattico di Fletcher è brutale e spietato, e ne è attratto e respinto al tempo stesso. Si esercita fino a farsi sanguinare le mani e diventa il 1° batterista. La sua aggressività repressa esplode quando Fletcher lo sostituisce per un incolpevole ritardo. Dopo aver rischiato di morire pur di mantenere il suo posto, Andrew, prostrato, rinuncia al suo sogno di diventare un grande batterista e testimonia in giudizio contro Fletcher. Che così viene licenziato e gli offre una 2ª chance. Per vendetta. Sulla solida base di un’esperienza personale, Chazelle, anche sceneggiatore, esordisce con un dramma musicale di scrittura incalzante e priva di sbavature, di grande godimento estetico – visivo e uditivo insieme – e di straordinaria potenza emotiva. Danno un contributo essenziale l’alchimia tra Teller e Simmons, la nitida fotografia di Sharone Meir e naturalmente le musiche, di Justin Hurwitz. Per trovare un finanziatore al film (costato 3,3 milioni di dollari), Chazelle ne girò prima un estratto di 18′ che presentò con successo al Sundance 2013. Il personaggio di Fletcher è ispirato a Buddy Rich (1917-1987), grande batterista e rude direttore di jazz band. Whiplash (frustata) è una canzone jazz composta da Hank Levy (1927-2001) per la Don Ellis Orchestra. Premio Sundance per il miglior film americano e Oscar a Simmons (miglior attore non protagonista), al montaggio e al sonoro.

Whiplash (2014) on IMDb
Locandina italiana Nebraska

Un film di Alexander Payne. Con Bruce Dern, Will Forte, June Squibb, Bob Odenkirk, Stacy Keach. Drammatico, durata 115 min. – USA 2013. – Lucky Red uscita giovedì 16 gennaio 2014. MYMONETRO Nebraska * * * 1/2 - valutazione media: 3,97 su 72 recensioni di critica, pubblico e dizionari.


Woody Grant ha tanti anni, qualche debito e la certezza di aver vinto un milione di dollari alla lotteria. Ostinato a ritirare la vincita in un ufficio del Nebraska, Woody si avvia a piedi dalle strade del Montana. Fermato dalla polizia, viene ‘recuperato’ da David, figlio minore occupato in un negozio di elettrodomestici. Sensibile al desiderio paterno e dopo aver cercato senza successo di dissuaderlo, decide di accompagnarlo a Lincoln. Contro il parere della madre e del fratello Ross, David intraprende il viaggio col padre, assecondando i suoi capricci e tuffandosi nel suo passato. Nel percorso, interrotto da soste e intermezzi nella cittadina natale di Woody, David scoprirà i piccoli sogni del padre, le speranze svanite, gli amori mai dimenticati, i nemici mai battuti, che adesso chiedono il conto. Molte birre dopo arriveranno a destinazione più ‘ricchi’ di quando sono partiti.
Autore indipendente e scrittore dotato, Alexander Payne realizza una nuova commedia ‘laterale’ come le strade battute dai suoi personaggi, che si lasciano indietro lo Stato del Montana per raggiungere il Nebraska in bianco e nero di Bruce Springsteen. E dell’artista americano il film di Payne mette in schermo la scrittura ‘visiva’, conducendo un padre e un figlio lungo un viaggio e attraverso un territorio che intrattiene un rapporto simbolico col loro mondo interiore. Oscillando tra dramma e commedia, Nebraska, versione acustica di Sideways, coinvolge lo spettatore in un flusso empatico coi protagonisti, persone vere dentro storie comuni e particolari da cui si ricava una situazione universale.
Ambientato nella provincia e lungo le strade che la raccordano al mondo, Nebraska frequenta una dimensione umana marginale e fuori mano rispetto all’immaginario hollywoodiano, prendendosi alla maniera del protagonista tutto il tempo del mondo per arrivare a destinazione. Una destinazione dove si realizza un passaggio che non può mai avvenire come effetto di una retorica pedagogica ma si fonda sull’impossibile, l’impossibilità di governare il mistero assoluto della vita e della morte. Non è per sé che il protagonista di Bruce Dern sogna quel milione di dollari, a lui basta un pick-up per percorrere gli ultimi chilometri di una vita spesa a bere e a rimpiangere quello che non è stato. La vincita della sedicente lotteria a Woody Grant occorre per i suoi ragazzi, per lasciare loro ‘qualcosa’ con cui vivere e per cui ricordarlo. Ma David, sensibile e affettuoso, è figlio profondamente umanizzato, testimonianza incarnata di un’eredità più preziosa del denaro. È il figlio ‘bello’ di chi è stato e di cui perpetua adesso il valore.
Nebraska è una ballata folk che accomoda allora la bellezza e l’amore, quella di un figlio per il proprio genitore, che prima di lasciare andare torna a guardare dal basso, in una prospettiva infantile e accoccolata ai suoi grandi piedi e al suo piccolo sogno. Intorno a loro scorre l’America lost and found insieme a una storia sincera che battendo vecchie strade, la struttura da road movie che diventa pretesto di ‘formazione’ (Sideways), ne infila una nuova. Nebraska è una spoglia poesia di chiaroscuri, un’indicazione lirica verso le radici, verso i padri, davanti ai dilemmi di tempi paradossali e senza guida. Diversamente dagli antieroi springsteeniani, il protagonista di Payne non cerca terre promesse e non corre sulle strade di “un effimero sogno americano”, decidendo per la lentezza, l’impegno, il rispetto e il senso di responsabilità.
L’amabile David di Will Forte è il “giusto erede” di un genitore vulnerabile che Payne non presenta come esemplare ma come testimonianza eccentrica e irripetibile della possibilità di stare al mondo con qualche passione. E quella di Woody è l’amore, lingua franca di un viaggio che contempla le tracce paterne cicatrizzate nel proprio destino. Su quel padre incerto David ritrova il proprio senso e riprende la strada.

Nebraska (2013) on IMDb

Locandina italiana BoyhoodUn film di Richard Linklater. Con Ethan Hawke, Patricia Arquette, Ellar Coltrane, Lorelei Linklater, Steven Chester Prince. Drammatico, durata 165 min. – USA 2014. – Universal Pictures uscita giovedì 23 ottobre 2014. MYMONETRO Boyhood * * * 1/2 - valutazione media: 3,90 su 45 recensioni di critica, pubblico e dizionari.

Mason (8 anni) vive con sua madre Olivia e la sorella Samantha di poco più grande ma senza il padre Mason sr., da anni separato ma rimasto comunque vicino ai ragazzi. Nonostante la madre abbia la tendenza a trovare nuovi mariti non eccezionali e costringa i figli a traslocare spesso, cambiare scuola e amicizie, lo stesso i due mantengono un rapporto forte con il padre e con lei nonostante tutto, passando 12 anni della loro vita assieme fino al momento di passare al college e di lasciare la famiglia.
Boyhood è molto più di un period movie sugli ultimi 12 anni degli Stati Uniti ed è molto più di un romanzo di formazione. È addirittura molto più di un particolare esperimento cinematografico (realizzare un lungometraggio lungo più di una decade, riunendo ogni anno il cast per girare alcune scene e vederli così invecchiare realmente), è un grandissimo affresco sull’essere ragazzi americani oggi, partendo dalle radici, dalla formazione individuale, un racconto fondato quasi tutto sul concetto di famiglia, non tanto come nucleo ma come elemento centrale nella “boyhood”, l’età tra gli 8 e i 20 anni. C’è un paese intero e il suo spirito per come è vivo oggi nella storia per nulla clamorosa di Mason.
In questo senso l’ultimo film di Richard Linklater non è diverso da La conquista del West, è l’epica di un popolo letta attraverso una famiglia e uno sguardo non-epico, molto disilluso e un po’ depresso (nonostante si rida tanto e ci si commuova molto di gioia). Non sono stati 12 anni fantastici probabilmente, lo stesso però Linklater non riprende un giorno di pioggia e limita i momenti duri a pochi casi isolati (come del resto pochi sono gli attimi di vera esaltazione), concentrandosi su quegli istanti di ordinario svolgimento in cui i sentimenti sono visibili, come se una luce passasse attraverso le persone e svelasse inesorabilmente quello che sentono.
Nonostante sia facile paragonare questo film all’altro progetto “seriale” del regista, paradossalmente Boyhood lavora su altre componenti rispetto a quelle con cui da 20 anni (e sempre insieme a Ethan Hawke) sta raccontando la storia di Jesse e Celine con Prima dell’alba (1994), Prima del tramonto (2004) e Before midnight (2013). Quella trilogia non solo vede i protagonisti invecchiare ma anche gli spettatori e si propone di cercare un parallelo tra chi guarda e l’oggetto guardato superando il concetto di cinema generazionale per come lo conosciamo. Inoltre il racconto di una vita intera in quel caso passa attravero piccoli attimi significativi, come una sineddoche: quelle poche ore ogni dieci anni che realmente contano e tirano le somme di quanto successo fino a quel momento, aprendo nuove porte verso il futuro.
Questo esperimento narrativo invece riprende l’opposto, non vuole cristallizzare intorno a dei protagonisti un sentimento immutabile nel tempo ma celebrare il cambiamento. Il suo racconto passa attraverso momenti in linea di massima ordinari o eventi poco importanti, quel che conta è il passare del tempo, cambiare realmente (non usando del trucco o un altro attore più adulto), per realizzare il sogno del cinema portato all’estremo: mostrare la vita umana mentre si svolge senza rinunciare alla forza comunicativa di un corpo vero che invecchia.

Regia di Athina Rachel Tsangari. Un film con Yorgos LanthimosVangelis MourikisEvangelia RandouAriane Labed. Genere Drammatico – Grecia2010durata 95 minuti. – MYmoro 2,75 su 4 recensioni tra criticapubblico e dizionari.

Marina ha 23 anni e vive con il padre in una cittadina industriale della Grecia. La ragazza è poco interessata alla specie umana e praticamente per nulla al sesso anche se cerca di comprendere qualcosa grazie alle canzoni dei Suicide e ai documentari sulla Natura di Sir David Attenborough. C’è poi Bella, l’amica/rivale che le impartisce lezioni di educazione sessuale. Marina proverà ad applicarle con un forestiero arrivato in città per lavoro. Intanto suo padre si prepara a morire per tumore. Athina Rachel Tsangari è forse l’unica regista capace di imprimere un’impronta ‘nordica’ a un film mediterraneo. Perché Attenberg è un film algido così come appare il rapporto che Marina ha instaurato con il mondo. Accompagnando il padre alle sedute di chemioterapia gli rivela di averlo immaginato nudo e non sa nascondere la gelosia che prova nei confronti di Bella che non riesce a non assumere atteggiamenti seduttivi con chi la circonda. Marina è una sorta di etologa della razza umana che scruta e osserva così come Attenborough studia i gorilla nel lor habitat naturale. Con la differenza che la ragazza non può chiamarsi del tutto fuori dall’appartenenza all’umanità. Ne nasce così una tensione che la regista riesce a far percepire tra il desiderio di abbandonarsi alla scoperta della relazione tra i sessi e una quasi invincibile anaffettività. Se si fosse risparmiata i siparietti coreografico/musicali alla Tsai Ming Lian Tsangari avrebbe realizzato un’opera di assoluta originalità (compreso il finale con una curiosa soluzione per effettuare una cremazione non consentita). 

Attenberg (2010) on IMDb

Un film di David O. Russell. Con Christian Bale, Amy Adams, Bradley Cooper, Jeremy Renner, Jennifer Lawrence. Titolo originale American Hustle. Drammatico, durata 138 min. – USA 2013. – Eagle Pictures uscita mercoledì 1 gennaio 2014. MYMONETRO American Hustle – L’apparenza inganna * * * 1/2 - valutazione media: 3,61 su 119 recensioni di critica, pubblico e dizionari.

Abscam era il vero nome di un’operazione dell’FBI che negli anni ’70 incastrò alcuni membri del congresso con l’aiuto di una coppia di noti truffatori.
Irving Rosenfeld che per anni aveva guadagnato promettendo a persone disperate cifre grosse in cambio di cifre piccole senza mai corrispondere nulla, fu incastrato assieme alla sua socia e compagna Sydney Prosser e costretto dall’agente Richie DiMaso ad aiutare l’FBI nell’organizzazione di una truffa ai danni di politici e mafiosi. Quello che nessuno aveva calcolato era però la devastante presenza della vera moglie di Irving, un ingestibile tornado di problemi.
La storia che David O. Russell trae dalla sceneggiatura di Eric Singer rifiuta subito qualsiasi realismo storico in stile Argo e si getta a capofitto nel tunnel del grottesco, prediligendo l’uso sfarzesco ed esagerato di costumi d’epoca e parrucche (eccezionale quella totalmente implausibile di Jeremy Renner) per conferire ai suoi personaggi quell’aura di amabile vulnerabilità con cui è solito condirli per avvicinarli al pubblico. Dunque è senza proibirsi nessuna delle sue consuete ruffianerie che Russell ha realizzato forse il suo film più convincente.
Su tutta la vicenda narrata aleggia l’ombra flebile di un conflitto tra i più comuni al cinema, ovvero il rapporto che la finzione instaura con la realtà (cosa implichi cioè per due individui l’essere uniti dal proporsi a oltranza per quello che non sono), si basasse realmente su questo però American hustle non avrebbe speranze di generare interesse, tanto è svogliata la trattazione dell’argomento. Nel dipanarsi e intrecciarsi dei rapporti tra i quattro protagonisti è infatti evidente che sono i piccoli momenti autentici in un mare di bugie quel che David O. Russell ama filmare e quindi i più sinceri da guardare.

American Hustle (2013) on IMDb

Regia di Martin Scorsese. Un film Da vedere 2010 con Leonardo DiCaprioMark RuffaloBen KingsleyMichelle WilliamsPatricia ClarksonCast completo Genere Drammatico, – USA2010durata 138 minuti. Uscita cinema venerdì 5 marzo 2010 distribuito da Medusa. Consigli per la visione di bambini e ragazzi: V.M. 14 – MYmonetro 3,21 su 22 recensioni tra criticapubblico e dizionari.

26° lungometraggio di Scorsese, scritto da Laeta Kalogridis dal romanzo L’isola della paura di Dennis Lehane, ambientato al largo del Massachusetts sulla piccola e selvaggia isola Shutter. Nel 1954 vi sbarcano Teddy Daniels e Chuck Aule, agenti dell’FBI, per indagare sulla scomparsa di Rachel Solando, madre omicida misteriosamente fuggita da una cella blindata dell’Ashecliffe Hospital, manicomio/prigione diviso in 3 sezioni (uomini, donne e psicopatici più pericolosi). L’azione procede su un doppio binario: realtà/fantasia, presente/passato, legati dall’alterazione di una mente confusa. Subito si sa che Teddy soffre di forti emicranie e allucinazioni, frutto dei ricordi bellici di quando entrò in divisa nel lager di Dachau e partecipò alla rabbiosa uccisione collettiva degli aguzzini tedeschi. A queste immagini si alternano quelle della moglie, morta due anni prima in un incendio, appiccato da un piromane che potrebbe essere nel manicomio. Alle sue tempeste intime corrisponde un uragano che travolge l’isola. In Teddy, sempre più angosciato, nasce il sospetto, aggravato dalla presenza di uno psichiatra tedesco, che a Shutter (siamo alla fine del maccartismo) stiano ripetendo gli esperimenti dei medici nazisti sul cervello dei pazienti e che egli sia vittima di un oscuro complotto. Si può discutere una certa prolissità verbosa, gli eccessivi rimandi cinefili al cinema noir del passato, il colpo di scena verso la fine, ma non negare il suggestivo coinvolgimento emotivo di molte sequenze, l’alto livello recitativo degli attori (specialmente DiCaprio alle prese col profondo buio di Teddy), l’ammirevole lavoro scenografico di Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo. Dal romanzo di Lehane fu tratta una graphic novel italiana di Stefano Ascari e Andrea Riccadonna. V.M. 14.

Shutter Island (2010) on IMDb

Regia di Kim Ki-Duk. Un film con Ye-na Kim. Titolo originale: A-men. Genere Drammatico – Corea del sud2011durata 72 minuti. Valutazione: 2,00 Stelle, sulla base di 1 recensione.

Una giovane donna coreana arriva a Parigi, ma non trova nessuno ad attenderla all’aeroporto. Prova a chiamare l’uomo che veniva a visitare, ma il numero non è attivo. Si reca all’abitazione di costui, solo per scoprire che il connazionale è partito per Venezia. La ragazza prende quindi il treno per l’Italia. Durante la notte, una misteriosa presenza che veste una maschera a gas si manifesta nel suo compartimento. Inizia un inquietante gioco di fughe e rincorse tra la donna e l’arcana figura.

Amen. (2002) on IMDb
Non parlano, non servono sottotitoli

Regia di Matt Brown. Un film con Dev PatelJeremy IronsDevika BhiseToby JonesStephen FryJeremy NorthamCast completo Titolo originale: The Man Who Knew Infinity. Genere Drammatico, – USA2015durata 108 minuti. Uscita cinema giovedì 9 giugno 2016 distribuito da Eagle Pictures. Consigli per la visione di bambini e ragazzi: +13 – MYmonetro 2,88 su 4 recensioni tra criticapubblico e dizionari.

India Coloniale, 1912, il giovane matematico autodidatta Ramanujan (Dev Patel) decide di inviare a un illustre professore inglese, G.H. Hardy, le sue recenti scoperte. Fermo e ostinato nel suo lavoro, dopo l’invito di Hardy (un Jeremy Irons che riconferma il suo perenne stato di grazia) al rinomato Trinity College di Cambridge, Ramanujan parte per l’Inghilterra contro il volere della madre, lasciando la sua terra e il suo amore, la moglie Janaki.
L’uomo che vide l’infinito non è soltanto la storia di una mente geniale che supera le barriere della rigidità accademica, la sua fu una piccola e incisiva rivoluzione. Privo di metodo, il suo approccio alla matematica si distingueva dai canoni dell’ambiente del Trinity College e veniva considerato poco convenzionale. Ramanujan è istintivo, puro, privo di sovrastrutture accademiche, il suo criterio di indagine sembra avere più a che fare con il trascendente e con la spiritualità tipica del suo paese di origine, che con l’austerità del college inglese. Grazie alla guida del mentore e amico Hardy, un personaggio eccentrico e fuori dagli schemi, da un lato impara una certa metodologia che gli servirà per portare avanti il suo lavoro – le più volte citate “dimostrazioni”- dall’altro verrà accettato da un ambiente inizialmente molto ostile.
Il film di Michael Brown crea due linee narrative ponendo l’accento sulle due relazioni: quella tra Ramanujan e Hardy e quella tra Ramanujan e l’Inghilterra. La figura del suo maestro rappresenta proprio quell’anello di congiunzione tra i due mondi. Hardy è infatti un personaggio non conforme alla società del tempo, è un pacifista e un uomo moderno, antiaccademico e, non a caso, molto amico di Bertrand Russel. Sarà lui infatti a proporre come fellow Ramanujan, cercando non solo di far apprezzare da tutti l’importanza del suo lavoro ma anche iniziare un processo che esorti il paese colonizzatore a guardare il colonizzato come un suo pari.
Se con Hardy è facile costruire un rapporto egualitario che si trasformerà poi in una profonda amicizia, con il paese che lo sta ospitando Ramanujan deve faticare molto di più e servirsi di un tramite (un inglese) per farsi accettare. Il processo raccontato in questo film cela un sottotesto che rimanda al discorso coloniale ma lo accenna solo in parte e lo fa nel momento in cui si sofferma sugli sguardi e gli atteggiamenti avversi che gli inglesi rivolgono verso lo straniero. Ramanujan viene deriso per i propri abiti, chiamato straccione, picchiato da soldati dell’esercito, diventando il “diverso” su cui sfogarsi, nella cornice di un Paese distrutto e messo in ginocchio dalla guerra.
Il regista preferisce calcare la mano sui momenti più toccanti dando spazio a un’estetica artificiosa e manierata (un esempio può essere la scena di Janaki in penombra all’interno del tempio) e utilizzando anche musiche eccessivamente enfatiche, cercando così di porre l’attenzione sull’elemento melodrammatico. Le scoperte di Ramanujan contribuirono a creare la base per gli studi sulla teoria delle stringhe e dei buchi neri, la sua fu un’impresa verso l’infinito.

The Man Who Knew Infinity (2015) on IMDb

Regia di Ildikò Enyedi. Un film Da vedere 2017 con Alexandra BorbélyMorcsányi GézaErvin NagyPál MácsaiJúlia NyakóCast completo Titolo originale: A teströl és a lélekröl. Genere Drammatico, – Ungheria2017durata 116 minuti. Uscita cinema giovedì 4 gennaio 2018 distribuito da Movies Inspired. Consigli per la visione di bambini e ragazzi: +13 – MYmonetro 3,99 su 6 recensioni tra criticapubblico e dizionari.

In un macello di Budapest viene assunta una nuova ispettrice della qualità, la giovane Maria. Il direttore finanziario è subito incuriosito dal suo atteggiamento assolutamente riservato e dedito al lavoro con una rigida applicazione delle regole. A seguito di un test psicologico a cui vengono sottoposti tutti i dipendenti, emerge che entrambi sognano regolarmente di trovarsi in un bosco mentre nevica, lui nel ruolo di un cervo e lei nel ruolo della femmina. Messi a conoscenza di questo fatto i due iniziano un problematico avvicinamento.

On Body and Soul (2017) on IMDb
Risultati immagini per Il Profeta

Un film di Jacques Audiard. Con Tahar Rahim, Niels Arestrup, Adel Bencherif, Reda Kateb, Hichem Yacoubi. Titolo originale Un Prophète. Drammatico, durata 150 min. – Francia, Italia 2009. – Bim uscita venerdì 19 marzo 2010. MYMONETRO Il Profeta * * * 1/2 - valutazione media: 3,91 su 158 recensioni di critica, pubblico e dizionari.

Malik El Djebena ha 19 anni quando viene condannato a sei anni di prigione. Entra con poco o nulla, una banconota ripiegata su se stessa e dei vestiti troppo usurati, che a detta delle guardie non vale la pena di conservare. Quando esce ha un impero e tre macchine pronte a scortare i suoi primi passi. In mezzo c’è il carcere, la protezione offertagli da un mafioso corso, l’omicidio come rito d’iniziazione, l’ampliarsi delle conoscenze e dei traffici, le incursioni in permesso fuori dal carcere, dove gli affari prendono velocità.
Ciò avviene all’interno di una prigione, il cinema lo ha già raccontato altrove meglio che qui, per non parlare di come nasce un padrino. Quello che fa Audiard, nel suo film, è prendere il genere per mostrarsi infedele, instaurare con esso un doppio gioco, come fa Malik con il boss corso, stare apparentemente nelle regole ma prendersi la libertà di raccontare anche molto altro.
Malik è uno che apprende in fretta. Impara ad uccidere ma, dallo stesso crimine, impara anche che nel carcere c’è una scuola dove possono insegnargli a leggere e a scrivere. Dalla scuola apprende un metodo, grazie al quale impara da autodidatta il dialetto franco-italiano della Corsica: di fatto si procura un’arma, che obbliga il capo a tener conto di lui. Dagli arabi impara a capire cosa vogliono, dai Marsigliesi impara a trattare, da un amico, forse, imparerà a voler bene.
I compagni di galera prendono a definirlo un profeta, perché lui è quello che parla, con gli uni e con gli altri, quello che porta i messaggi dentro e fuori, che conosce la gente che può far comodo negli affari. Egli fa grandi cose, insomma; la sua via è tracciata come quella di chi ha una missione.
Ancora una storia che ruota nell’universo tanto umano quanto traditore della comunicazione, dunque, dopo quella in cui Vincent Cassel leggeva dalle labbra e quella in cui Romain Duris si affidava alle note. Qui le lingue sono almeno tre, ma è quella silenziosa del sangue che sigla gli accordi, e il potere, in questo codice, è inversamente proporzionale al numero di parole che richiede.
La critica di Audiard alla mala educazione del sistema carcerario è evidente, talvolta aspra, talvolta sarcastica (le uscite per “buona condotta”), ma non è tramite la parola che si esprime: la sua lingua è quella della regia, di cui è interprete sicuro e abile. Quello che propone allo spettatore, qui come in tutte le sue opere, è l’immersione completa nel mondo che racconta, la sospensione del pre-giudizio, lo spettacolo della complessità di un personaggio maschile. La pretesa questa volta, però, va oltre l’offerta: nonostante l’ottimo Tahar Rahim, protagonista, Un prophète si dilata oltremodo, prova qualche artificio ma non fino in fondo, sfiora emozioni interessanti che abbandona troppo in fretta, si lascia imprigionare dalla materia che vorrebbe liberare. Un film più maturo dei precedenti, ma meno comunicativo.

A Prophet (2009) on IMDb

Regia di Luca Guadagnino. Un film Da vedere 2017 con Armie HammerTimothée ChalametMichael StuhlbargAmira CasarEsther GarrelCast completo Titolo originale: Call me by your name. Genere DrammaticoSentimentale, – ItaliaFranciaUSABrasile2017durata 132 minuti. Uscita cinema giovedì 25 gennaio 2018 distribuito da Warner Bros Italia. Consigli per la visione di bambini e ragazzi: +13 – MYmonetro 3,93 su 7 recensioni tra criticapubblico e dizionari.

Estate 1983, tra le province di Brescia e Bergamo, Elio Perlman, un diciassettene italoamericano di origine ebraica, vive con i genitori nella loro villa del XVII secolo. Un giorno li raggiunge Oliver, uno studente ventiquattrenne che sta lavorando al dottorato con il padre di Elio, docente universitario. Elio viene immediatamente attratto da questa presenza che si trasformerà in un rapporto che cambierà profondamente la vita del ragazzo.

Call Me by Your Name (2017) on IMDb