Alla vigilia delle nozze tra il dottor Jekyll e Fanny Osborne viene rinvenuto il cadavere di una bambina violentata e massacrata a bastonate da un misterioso uomo in frac. Non è che il primo di una lunga serie di delitti, compiuti naturalmente dallo stesso dottore sotto le mentite spoglie di Mister Hyde. A un certo punto la fidanzata scopre tutto e a sua volta sperimenta un diabolico sdoppiamento di personalità.
Augustín, medico rabdomante, sua moglie e sua figlia Estrella abitano a La Gaviota, nel sobborgo di una città nel nord della Spagna. La ragazza cresce, e divenuta adolescente inizia a sospettare che ci sia un segreto nascosto nella vita del padre, forse un’altra donna.
Remake del celebre film con Tyrone Power del 1946 e tratto dal romanzo omonimo di William Somerset Maugham. Un reduce della prima guerra mondiale se ne va in Tibet per superare una crisi esistenziale. Avrà poi, nella Parigi degli anni Venti, una infelice storia d’amore. Non molto adatto per un dramma, il comico Bill Murray, pur mettendocela tutta, non può in nessun modo emulare, anche se non era nelle intenzioni, il grande Tyrone. La migliore sul campo è Theresa Russell.
Il cadavere di Varlam Aravidze – borgomastro di una grossa città georgiana che ha appena avuto funerali solenni – è disseppellito tre volte. L’autrice del macabro misfatto è una donna la cui famiglia è stata vittima delle sue angherie. Al processo si ricostruisce la storia del despota Varlam: ha baffetti alla Hitler, i gesti e il balcone di Mussolini, gli occhialetti di Beria, l’ardore di Somoza, la cordialità minacciosa di Stalin. Per rievocare gli anni di piombo dello stalinismo T. Abuladze pratica la mescolanza dei generi con un omaggio a Chaplin e rimandi a Buñuel. È un grottesco poema satirico che osa paragonare la dittatura staliniana a quella hitleriana con un accostamento che a molta parte della sinistra occidentale ripugnava allora e oggi ripugna ancora (un po’ meno). Ideato alla fine dell’epoca di Breznev, realizzato nel 1984 sotto Andropov e Cernenko, uscì soltanto alla fine del 1986 sotto Gorbaciov: 12 milioni di spettatori nell’URSS, premio speciale della giuria di Cannes, notorietà internazionale per il georgiano Abuladze di cui fu purtroppo l’ultimo film. In quegli anni “Varlam” divenne in Russia sinonimo di tiranno. Memorabile, nel registro drammatico, la sequenza del deposito dei tronchi arrivati dalla Siberia sui quali si cercano i nomi dei deportati nei campi di lavoro. Come epigrafe gli si addice un’amara frase di S.M. Ejzenštejn: “Nella vita la giustizia trionfa sempre, ma spesso la vita è troppo corta”.
Un film di Koreyoshi Kurahara. Con Ken Takakura, Tsunehiko Watase Titolo originale Nankyoku monogatari. Avventura, Ratings: Kids, durata 99 min. – Giappone 1983. MYMONETRO Antarctica valutazione media: 3,80 su 33 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Un gruppo di ricercatori scientifici giapponesi, per cause di forza maggiore, abbandona una splendida muta di cani da slitta in una sperduta base del Polo Sud. I quindici animali, legati tra loro, senza cibo e senza riparo, hanno ben poche possibilità di sopravvivere, ma Jiro e Taro, i due esemplari più belli e coraggiosi, riusciranno a salvarsi e a ritornare dagli uomini che li avevano dovuti abbandonare. Paesaggi splendidi e abbacinanti per una triste favola molto commovente.
Mentre la Francia festeggia la notte di San Silvestro, il notaio Martinaud subisce un pressante interrogatorio: è sospettato di aver violentato e ucciso due bambine. La moglie lo accusa apertamente. La verità verrà a galla. Tre interpreti superlativi.
Nella cittadina inglese dove vive il prof. Robert Miles, che passa il tempo a registrare le “voci dei morti” col suo gatto nero, si succedono strane morti. Molto liberamente ispirato al racconto di E.A. Poe, è un impasto non riuscito di parapsicologico, demoniaco e horror fantastico con gli ingredienti del giallo.
Un film di Woody Allen. Con Mia Farrow, Tony Roberts, Woody Allen, José Ferrer.Titolo originale A Midsummer Night’s Sex Comedy. Commedia, durata 98 min. – USA 1982. MYMONETRO Una commedia sexy in una notte di mezza estate valutazione media: 3,79 su 15 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Nella casa di campagna di un inventore un po’ bizzarro e di sua moglie arrivano due coppie a trascorrere un fine settimana ai primi del ‘900. Fra i sei comincia un gioco di scambi di partner, di appuntamenti dati e ricevuti,fino alla buffa morte del più anziano degli ospiti, che non ha resistito all’ultimo appuntamento amoroso della sua vita. Musiche di Mendelssohn accompagnano la splendida fotografia di un film minore di Allen.
La vita di San Francesco d’Assisi raccontata in un Medioevo di fango, sangue e sporcizia, dall’inquieta cattolica Liliana Cavani. Mickey Rourke è un santo più atletico che ispirato.
Tempi duri per una tranquilla famiglia di agricoltori, in un Oklahoma squassato dagli uragani e dalla Grande Depressione. Red, musicista ubriacone, condannato dalla tubercolosi, parte in cerca di miglior fortuna con il nipotino Whit. Sulla strada per Nashville, dove li attende un festival “country”, zio e nipote, accompagnati anche dal vecchio nonno, incontrano il sesso, l’amicizia, la nostalgia, il successo.
Nel 1750 il capitano Mendoza, mercenario e mercante di schiavi, dopo aver ucciso il fratello in duello si fa gesuita, va in una missione del Sudamerica, riprende la spada per difenderla da una spedizione militare. Cinema spettacolare ad alto livello che ha tutte le carte per piacere a pubblico e critica: nobili temi e forti conflitti drammatici, una star (De Niro), un ottimo attore (Irons), bravi caratteristi, musiche di Ennio Morricone. Scritto da Robert Bolt, prodotto dall’italiano Fernando Ghia, costato 22 milioni di dollari. Qua e là irritante per il suo tragicismo programmatico. Oscar alla fotografia di Chris Menges. Palma d’oro a Cannes.
Stati Uniti. Oggi. Grazie a un strano telecomando il giovane David, insieme a sua sorella, finisce nel mondo di “Pleasantville”, una sitcom anni Cinquanta che segue con passione. A Pleasantiville non piove mai, il termometro è fisso sui 23°, non si sa cosa sia il sesso e i pompieri si preoccupano solo di salvare gatti incapaci di scendere dagli alberi. Ma l’arrivo dei due ragazzi, non avvertiti inizialmente come corpi estranei dai personaggi della soap, cambia molte cose. Al laghetto degli innamorati si comincia a baciarsi per davvero. Una brava madre di famiglia scopre l’orgasmo al punto di far incendiare un albero e, soprattutto, il colore comincia ad ottenere cittadinanza. È una vera e propria rivoluzione, stimolante per alcuni e inaccettabile per altri. Uscito dopo The Truman Show, Pleasantville ne integra l’assunto. Seppure con qualche lungaggine di troppo, Gary Ross costruisce un simpatico (ma non indolore) affresco sulla televisione del tempo andato, rivisitata con lo sguardo disincantato di uno spettatore moderno. In questa Rosa purpurea del Cairo unidirezionale (chi sta ‘fuori’ può entrare ma chi sta ‘dentro’ non può uscire) l’ipocrisia perbenista degli anni Cinquanta viene ridicolizzata con bonomia apparente. Perché nel sottotesto non si dimentica di ricordare che le ‘cacce alle streghe’ hanno inizio spesso in quegli ambienti ovattati e osservanti delle buone maniere in cui, una volta aperta la porta del bagno, non si trova il water. Perché nessuno ha così ‘bassi’ bisogni a Pleasantville!
Da un racconto fantastico di Alvaro do Carvahal. Una giovane sposa il visconte d’Alveda e scopre il suo segreto: è mezzo uomo e mezzo automa. Si uccide, disperata, mentre lo sposo si dà la morte buttandosi tra le fiamme del camino. Sarà mangiato dai cognati e dal suocero che erediteranno i suoi beni. Il film più buñueliano del grande vecchio Oliveira, interamente cantato come un’opera, impregnato di ironia fredda e di una perfida buffoneria satirica a spese dell’aristocrazia lusitana in dissoluzione.
Diviso in quattro capitoli (“La bellezza”, “L’arte”, “L’azione”, “L’armonia della penna e della spada”), comincia nel giorno del suicidio dello scrittore giapponese Yukio Mishima (1925-70) al culmine della sua fama letteraria; con una serie di ritorni all’indietro rievoca le tappe della sua vita, intersecandola con i raffinati compendi di tre romanzi, quelli che, secondo il regista e suo fratello Leonard sceneggiatore, si prestano meglio a visualizzare i problemi psicologici, le ossessioni erotiche, il narcisismo, la schizofrenia, l’ideologia dello scrittore: Il padiglione d’oro (1956), La casa di Kyoko (1959) e Cavalli fuggiti (1969). Film ambizioso riuscito a metà. Algido su una materia incandescente, ben costruito ma senza energia, raffinato senza vera eleganza, bello ma senza cuore, poco americano ma non abbastanza giapponese.
Inverno 1944, Milano. Bruno Spada (Orsini), funzionario di polizia, ha l’incarico di guidare un ufficio politico che ha due scopi: smantellare la rete clandestina della resistenza antifascista e controllare la fedeltà dei quadri della Repubblica Sociale Italiana. Assolve i suoi compiti con feroce e disperata coerenza. Il 25 aprile 1945 viene fucilato. Tratto dall’omonimo romanzo (1975) di Carlo Castellaneta che lo sceneggiò col regista, è il migliore dei pochi film italiani che hanno raccontato dalla parte del fascismo repubblichino il tragico periodo di Salò. La chiave di lettura è il melodramma, sulla scia del noir hollywoodiano, filtrato con un gusto quasi viscontiano per il senso di putrefazione morale e corruzione fisica, la ridondanza sempre controllata, la misoginia dei ruoli femminili, la cura dei particolari. Grande prova di Orsini che sa dare al suo Spada una malefica grandezza. Notevoli i contributi della fotografia (16 mm) di Franco Delli Colli e delle scene di Armando Nobili nella rievocazione di una Milano livida e allucinata. Fu trasmesso in 2 puntate su RAI2.
In una dimora di campagna del Gers (sud-ovest della Francia) la morte della vecchia M.me Vieuzac determina l’arrivo di figli, nuore, nipoti, bisnonni per i funerali, l’apertura del testamento e la divisione dell’eredità. Sono i giorni cruciali del maggio 1968. Con Renoir ( La règle du jeu ) e Buñuel (lo sceneggiatore J.-P. Carrière) come modelli, Malle mette in scena la grande paura dei benpensanti, e attraverso un gruppo di 12 personaggi, i vari punti di vista sul ’68 nelle cadenze leggere di una commedia caustica sui vizi pubblici e privati della borghesia. Imbozzola molti personaggi in ruoli, inclinando verso la caricatura più che verso la satira, escludendone tre per cui ha simpatia: Milou (Piccoli), la degna M.me Vieuzac (Dubost) e la piccola Françoise, orecchie e occhi indagatori sugli adulti e tenera complicità col nonno. Bravi attori, incantevole fotografia dello svizzero R. Berta, musiche parajazzistiche dell’ottantenne Stéphane Grappelli.
Un thriller molto originale. Un olandese perde le tracce di sua moglie durante il soggiorno in Francia. Tre anni più tardi uno psicopatico, che apparentemente conduce una vita normale, lo rintraccia e afferma di essere la causa della sparizione.
Non ho trovato versione in italiano, i subita sono tradotti con google, potrebbero esserci delle imprecisioni
Gaetano, napoletano timido, arriva a Firenze con un candidato al suicidio, si fa sedurre da una disinibita infermiera, scappa, ritorna. Si ritrova con un figlio che potrebbe essere non suo. Raro esempio di un film che ha messo d’accordo critica e pubblico. Quello di Troisi è uno degli esordi più folgoranti nel campo della nuova commedia italiana degli anni ’80. Vicino, come attore, a Eduardo più che a Peppino De Filippo o a Totò, Troisi combina felicemente nel suo agro umorismo ironia e tenerezza, condendolo con una fantasia nevronapoletana e invenzioni seicentesche. Il Seicento è un secolo partenopeo.
Un avvocato mette in guardia un cliente raccontandogli la storia di due coniugi che, all’inizio, sembrano i più felici di questo mondo, ma finiscono con l’odiarsi e desiderare la morte dell’altro. Danny De Vito, che ha sempre raggiunto appena la sufficienza come attore, dimostra con questo film che si può fare di una commedia un capolavoro, Allendocet. Già il titolo originale occhieggia ironicamente alla guerra delle due rose e di conflitto sanguinario si tratta veramente. Fino al termine della prima parte si crede di essere nel bel mezzo di una commedia hollywoodiana, anche se le carte in tavola sono già un po’ mischiate, ma ci si accorge ben presto che i due si odiano davvero e il finale non è per nulla consolatorio. Le migliori interpretazioni della carriera di Douglas e della Turner. Non adatto a chi crede nella famiglia e al lieto fine.
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