Dall’omonimo libro di Gordon A. Prange, è la ricostruzione del 7 dicembre 1941, quando i giapponesi attaccarono la base di Pearl Harbor, raccontata dal punto di vista americano e da quello giapponese. Colossal bellico in cui gli sceneggiatori _ Larry Forrester, Hideo Oguni e Ryuzo Kikushima _ e R. Fleischer si sforzano di essere obiettivi, con qualche indulgenza nel giustificare le azioni giapponesi. Cast di prim’ordine, effetti speciali che presero l’Oscar, montaggio incalzante. “Tora” significa tigre.
Da un romanzo (1966) di Giovanni Arpino: il giovane Tino è a Venezia ospite dello zio ingegnere che vive con la moglie cagionevole di salute. Ben presto si accorge che la casa nasconde un mistero. Una notte sale in soffitta… Con questo film Risi è passato al thriller e il salto gli è riuscito. C’è più di un risvolto segreto che può offrire un’angoscia e un’inquietudine molto attuali. Gassman sulla corda tesa di un istrionismo di alta scuola.
Sagacemente romanzata da Franco Solinas, è la storia vera di Anthony Mitrione (Philip M. Santore nel film), agente della CIA con copertura umanitaria, sequestrato dai Tupamaros nell’Uruguay del 1970. Spettacolare, efficace, ma con un certo rigore ideologico. Dopo la Grecia dei colonnelli e le purghe staliniane in Cecoslovacchia, Costa-Gavras mette sotto accusa le ingerenze degli Stati Uniti nella politica sudamericana. C’è un Montand intenso, nonostante sia impiegato in un ruolo negativo. Girato in Cile (di Allende). Palma d’oro a Cannes ex aequo con Yol di Güney.
Diventato cieco e sordomuto a sei anni per aver visto il patrigno che uccideva il padre _ pilota della RAF dato per morto e inaspettatamente tornato _ Tommy passa attraverso il misticismo, la droga, il sesso, la medicina ufficiale, prima di guarire, diventare campione mondiale di flipper, dichiararsi il nuovo Messia creando migliaia di seguaci che gli sopprimeranno madre e consorte. 9° film di K. Russell, è la versione cinematografica della prima “rock-opera” della storia della musica, composta dall’inglese Pete Townsend e dal suo gruppo, gli Who. Cineasta visionario e sgangherato, geniale e volgare, Russell ne ha fatto uno spettacolo assordante, abbacinante, squinternato ma straripante di energia e vitalità. Tutta da gustare la colonna musicale. 1° film con il sistema Dolby su 4 piste.
Fronte tedesco, anno 1944. Anche le ragazze vengono arruolate. Il maggiore Felix Khun, medico primario di Berlino, esclude con grande scrupolo le inabili. Questo però non piace ai suoi superiori. Per questo viene spedito in prima linea e le sue due figlie sono forzatamente destinate al fronte russo. Marga capita in un gruppo di radiotelegrafiste, solo bramose di avventure amorose. La sua immediata responsabile alterna discorsi di estremo rigore morale con accoppiamenti di vario genere…
Viene rapito il piccolo Antonio Filippini, figlio di un ricco ingegnere edile. Insieme con lui è sequestrato anche l’amichetto Fabrizio, intervenuto in sua difesa. I rapitori chiedono dieci miliardi di riscatto: l’ingegnere cerca di ottenere un ribasso e tira le trattative per le lunghe. Per costringerlo a pagare (e in fretta), i malviventi ammazzano il povero Fabrizio. Il modesto padre del piccolo assassinato farà tutto da solo e sgominerà la banda.
Una bella nubile eredita una fattoria. Un boss corteggia entrambe, ma la donna, aiutata da un vecchio, tiene duro. Poi arriva un giovane cowboy e si installa nella fattoria. Il boss diventa sempre più malvagio, fino a uccidere più volte, e viene punito come si merita. Così i due giovani possono finalmente vivere sereni.
Publio Cornelio Scipione detto l’Africano e suo fratello Lucio detto l’Asiatico sono accusati da Catone, moralista accanito e un po’ opportunista, di essersi appropriati di 500 talenti, tributo di Antioco, re della Siria. Il colpevole è l’Asiatico, e l’integerrimo Africano lo denuncia a Catone. Poi, sapendo che l’ormai corrotta Repubblica non tollera gli onesti come lui, accusa se stesso davanti al Senato. Allora i senatori lo perdonano, ma lui sceglie l’esilio. 3° film di Magni, anche sceneggiatore, dopo il successo di Nell’anno del Signore… I riferimenti satirici a un’altra repubblica, quella italiana di due millenni dopo, sono evidenti, intinti di un’amarezza che affiora quando in questa commedia popolaresca le parole dei dialoghi prevalgono sulle immagini: la parlata romanesca la fa scivolare in una riduttiva goliardia. Fotografia: Arturo Zavattini. Musica: Severino Gazzelloni. Montaggio: Ruggero Mastroianni, Amedeo Salfa.
Nora è assassinata e si sospetta di Alice, la sua convivente. Quest’ultima in carcere e in tribunale sventa ogni accusa. Qual è la verità? Alice è vittima o assassina? La verità appare sempre più lontana.
16-11-1981. Guidati da un ex generale degradato dell’aviazione militare USA, quattro uomini fuggono da un carcere del Montana, occupano una base missilistica e si preparano a lanciare nove missili atomici Titan sull’URSS se il neopresidente USA – oltre a pagare 110 milioni di dollari e garantire loro l’immunità – non renderà noto in tv un documento segreto, redatto dal predecessore Richard Nixon e dai suoi consiglieri, che dimostra il carattere strumentale dell’intervento nel Vietnam. Nonostante l’opposizione del suo staff, il presidente vola alla base occupata per offrirsi in ostaggio ai terroristi e diventa il capro espiatorio della situazione. Dal romanzo Viper Three di Walter Wager, sceneggiato da Ronald M. Cohen e Edward Huebsch, il quartultimo film di Aldrich è un thriller fantapolitico all’insegna della catastrofe atomica, ossessione ricorrente nel suo cinema, affidato alla suspense del “conto alla rovescia”. Poco convincente nella sua rigidità ideologica che si riflette sulla resa degli attori, è permeato da un esplicito e coraggioso pessimismo, confermato dal finale: i presidenti passano o si tolgono di mezzo a fucilate, ma la cricca politico-militare che comanda a Washington rimane al suo posto. Lo riscatta solo in parte il nitido professionismo della regia, particolarmente efficace nell’uso dello split-screen . Il titolo è una citazione dell’inno nazionale statunitense. Massacrato dai tagli nell’edizione italiana.
Studente universitario di storia ebreo, appassionato della corsa, s’imbatte in criminale di guerra nazista che torna dall’Uruguay a New York per entrare in possesso di diamanti, custoditi per lui dal fratello ora defunto. Duello mortale. Diretto con sapienza un po’ accademica e qualche effettismo, basato su una sceneggiatura di William Goldman (da un proprio romanzo) che è una fantasia ebraica di vendetta, sembra che voglia dire la sua sul nazismo, la libertà e il maccartismo, ma presto si rivela un thriller efficace con un finale discutibile. Passata in antologia la scena del dentista.
Un uomo si divide tra la famiglia e l’amante e lavora nell’ambiente artistico con un compagno. Questa vita a suo modo ordinata e tranquilla viene improvvisamente sconvolta: il collega lo lascia, l’amante anche, un figlio comincia a rubare e la moglie aspetta un figlio da un altro.
Una facoltosa vedova, che una triste esperienza matrimoniale ha portato a detestare gli uomini, è in Africa con la segretaria Anna con la quale ha una relazione particolare. Poi, però, l’inquieta signora ritroverà la “normalità” tra le braccia di un rude avventuriero.
Ateo e anticonformista, Pino s’innamora di Maria Teresa, timorata di Dio, ma uno zio della ragazza mette fine alla relazione. Crisi di Pino che, incaricato di un attentato, butta la bomba-carta contro zio e nipote, sorpresi in atteggiamenti intimi. La povertà della regia e la banalità della storia impoveriscono qualsiasi ambizione di satira.
Un quinquennio nella vita di Francesco d’Assisi (1182-1226) e di Chiara (1193 circa-1253) dalla guerra con Perugia (1204) sino all’approvazione della regola francescana da parte di papa Innocenzo III. Fantasia paramusicale al glucosio su Francesco, visto come precursore dei “figli dei fiori” e messo in immagini da cartolina in tricromia per il pubblico americano. Persino Guinness è un papa moscio. Musiche di Ritz Ortolani e Claudio Baglioni. “Se fossi Papa, lo brucerei” (Stanley Kauffmann). Scritto da S. Cecchi D’Amico, L. Wertmüller e K. Ross con il regista.
Don Salvatore Anastasia, un ingenuo prete italiano, va in America a trovare il fratello Alberto, ignorando che questi è il temuto capo dell’Anonima Omicidi. E continua a volerlo ignorare anche quando Alberto è imprigionato dalla commissione Kefauver e poi ammazzato in un negozio di barbiere. Ritorna in Italia e scrive un libro innocentista.
3 episodi (più “L’università”, semidocumentario): “La bomba alla televisione” (con V. Gassman come regista anarchico); “Concerto a tre pifferi” (ritratto di un industriale); “Il prete” (A. Sordi parroco di campagna che vorrebbe sposarsi). Scritto da Benvenuti & De Bernardi, non è all’altezza del tema. Il migliore scritto da R. Sonego, è l’ultimo con Sordi in gran forma, mentre Gassman istrioneggia a ruota libera. In mezzo c’è il grande M. Simon che riesce a ridurre N. Manfredi a spalla.
Un magistrato senza macchia indaga sulla morte di una giovane drogata e risale così a un industriale, il quale tenta con ogni mezzo di ostacolarlo. Mentre la città tripudia per una vittoria calcistica, il magistrato, che ha scoperto la non colpevolezza dell’indiziato, decide di procedere egualmente contro di lui per colpire attraverso l’uomo tutto il marcio di una società irrimediabilmente corrotta.
Irlanda 1916: sposata senza amore a un insegnante, una ragazza ha una relazione con un ufficiale britannico. Turgido melodramma pastorale con conflitti intimistici dilatati su un’abnorme durata (durata originale: 206 minuti). Si direbbe che il regista non sia entrato in sintonia con la sceneggiatura dell’emerito Robert Bolt, pur ricca di scatti, furori e sbalzi d’umori, cedendo alle tentazioni del pompierismo. Ne è sortito un Breve incontro gonfiato con gli estrogeni. Mitchum fuori parte, per giunta. 2 Oscar per la fotografia (F.A. Young) e Mills nella parte di un muto storpio.