Riccardo Finzi, diplomatosi detective per corrispondenza, viene a Milano e tra la scarsa fiducia generale si mette a indagare su un caso che la polizia non riesce a risolvere: l’uccisione in Brianza di una ragazza bene. Finzi risolve il “puzzle” e la polizia lo ringrazia come si fa con un grande detective da romanzo giallo
Da un dramma di Lucille Fletcher: per vendicarsi del piano criminale con cui il secondo marito e la sua amante tentano di farla credere pazza, li ammazza entrambi. La Taylor vinse con quest’interpretazione il premio della peggior attrice dell’anno. Anche quella di spaventare è un’arte. Il regista Hutton non la possiede.AUTORE LETTERARIO: Lucille Fletcher
Sulla storia, ambientata nel 1979 a Chautry (Pakistan), incombe il 1947 quando accaddero ignobili misfatti, subito coperti e poi rimossi: in India 50 000 donne musulmane furono rapite, violentate o uccise mentre 30 000 donne indù e sikh subirono la stessa sorte in Pakistan. Ayesha, vedova sikh convertita alla fede di Allah, ha il figlio Saleem invischiato nel fanatismo. 1ª fiction della documentarista TV pakistana Sumar, di chiara attualità: interessante a livello descrittivo e informativo, scandito con sagacia a quello drammaturgico, appare schematico e dimostrativo nel discorso storico-ideologico. Pardo d’oro a Locarno 2003 e premio per la migliore attrice alla Kher.
Liberamente ispirato a un libro di racconti di Piu Sung-Ling (1640-1715), è un vasto affresco epico-avventuroso con risvolti fantastici la cui azione ha per sfondo un villaggio della Cina settentrionale nell’epoca Ming (1367-1643) e per personaggi principali la bella, valorosa e perseguitata figlia (Feng) di un ministro morto sotto le torture, che s’è nascosta in una casa infestata dai fantasmi; un giovane povero (Chun), pittore e letterato; un generale travestito da cieco e un pacifico monaco buddista, esperto in arti marziali, le cui ferite si rigenerano al sole e il cui sangue si tramuta in oro. Si può dividere in tre parti: la prima ha le cadenze di un racconto del mistero con risvolti ironici; la seconda mette in scena duelli all’arma bianca che si trasformano in fantasiosi e magici balletti; nella terza parte l’azione spettacolare lascia il posto a un misticismo visionario: vi si suggerisce come l’etica dello Zen – precisione, rigore, controllo di sé, ascetismo, efficacia, lealtà – si traduce in gesto e azione. 4° film di King Hu, raffinato scenografo e coreografo, pur non mancando di squilibri, di prolissità e di passaggi opachi, è uno splendido esempio di cinema come fonte di avventura, meraviglia, magia spettacolare, organizzazione del movimento nello spazio. In concorso a Cannes nel 1975, in Italia è stato visto soltanto sui teleschermi.
Pochi giorni dopo l’attacco a Pearl Harbor, sulle coste della California infuria la psicosi dell’invasione. È il 13 dicembre 1941. Al largo c’è un sommergibile giapponese. In cielo sfreccia un aviatore pazzo. Il 1° fiasco nella carriera di Spielberg. Fantastoria col piede sull’acceleratore, ma spesso il motore s’imballa. Qua e là geniale, sempre eccessivo. Molte risate e il merito è della squadra degli effetti speciali. Scritto da Bob Gale e Robert Zemeckis, i futuri autori di Ritorno al futuro (1985), doveva essere diretto da John Milius. Su DVD ne esiste una versione più lunga di 26 minuti. Il portaordini in motocicletta è il regista John Landis, in una rara apparizione senza barba.
Un musicista quarantenne è solito classificare le belle ragazze che incontra con una votazione che va da zero a dieci. Trova la donna dei suoi sogni, quella che appunto merita il punteggio più alto, e la corteggia in modo molto pressante. Per scoprire che tra ideale e realtà c’è un abisso.
L’inventore di un nuovo prodotto viene invitato nella villa di un facoltoso possibile acquirente che ospita due coppie di amici. Il prodotto però non è in vendita a nessun prezzo e dato che tutti i presenti vorrebbero impossessarsene, si scatena una lunga serie di omicidi.
Quattro disperati accettano di trasportare un carico di nitroglicerina lungo una pista infernale che attraversa il Sudamerica. Uno solo sopravvive. Remake ad alto costo di Vite vendute (1953, da un romanzo di Georges Arnaud), di H.-G. Clouzot, di cui ricalca con puntigliosa fedeltà le orme. Fu un fiasco commerciale, ma è stato sottovalutato anche dalla critica. La parte sonora è notevole. Strambe musiche dei Tangerine Dream, ma anche Keith Jarrett e Charlie Parker.
Quando nel 1945, dopo aver dominato per due generazioni un clan di mafia italoamericana, Don Vito Corleone muore, suo figlio Michael accetta con riluttanza di occuparsi degli affari di famiglia. Imparerà presto. Da un romanzo (1969) di Mario Puzo che l’ha sceneggiato con il regista, è la storia di un sistema familiare e di clan con sottofondo nostalgico per la forza di quei legami che nell’America di oggi sembrano svalutati (come fu letto dalla maggioranza del pubblico), ma possiede anche una profonda e fertile ambiguità. C’è il parallelismo mafia-politica che diventa equivalenza nel Padrino-Parte II; c’è la magistrale ricostruzione di un’epoca e di una morale del crimine, di una struttura patriarcale più italiana che americana. Coppola sa di cosa parla e ne sa le ragioni anche se non le condivide: il suo sguardo è più distaccato che affascinato. Spaccò la critica in due ed ebbe ovunque un grande successo. 7 nomine e 3 Oscar: film, sceneggiatura e M. Brando.
Tratto da un romanzo di Frederick Forsyth, il film narra la storia dello Sciacallo, un killer incaricato di eliminare De Gaulle. Il controspionaggio francese deve trovarlo – compito arduo in quanto nessuno conosce il volto del misterioso individuo – e renderlo inoffensivo.
Avvocato californiano, aggressivo uomo politico, si ripresenta candidato per il Senato, ma è ansioso di raggiungere la Casa Bianca. Nel proporre il ritratto di questo uomo politico lo sceneggiatore Jeremy Larner, ex capo ufficio stampa di Eugene McCarthy, aveva in mente Ralph Nader e Jerry Brown, ma R. Redford si rifà esplicitamente a Bob Kennedy. Oscar per la sceneggiatura.
I subita sono stati tradotti con google, potrebbero esserci delle imprecisioni
Quattro avventurieri mercenari sono assoldati per liberare il presidente di Stato africano prigioniero dei golpisti. Robusto e convenzionale, poco attendibile nei suoi risvolti romanzeschi sulla drammatica situazione politica dell’Africa odierna, ideologicamente confuso ed equivoco. Ebbe un seguito nel 1985, anch’esso scritto da Reginald Rose.
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Heidi è una bambina di 6 anni che vive con la zia Dete. Dovendo andare a lavorare a Francoforte, la zia decide di affidare Heidi alle cure del nonno, un uomo che vive da solo in una baita nel cuore delle Alpi Svizzere e che viene soprannominato in paese “Il vecchio Burbero”. L’arrivo della nipotina cambierà presto il suo cuore.
Laura è una fotografa professionista e ha poteri straordinari che le permettono di assistere anche da lontano ad alcuni delitti. “Vede” dunque uccidere molte persone (una scrittrice e tre bellissime modelle). Si offre allora di aiutare la polizia.
Una bellissima nera ospite di una coppia durante un viaggio in Africa non si fa scrupoli di offrirsi a chi più le aggrada. Sta per innamorarsi del suo anfitrione, ma gli preferisce la libertà.
La struttura dell’intreccio è la stessa, identico il tema centrale (il prezzo del successo), ma è cambiato lo sfondo: non più il cinema, ma il mondo della musica rock. Dopo la prima mezz’ora non priva d’interesse a livello descrittivo, si trascina nel tiremmolla sentimentale della coppia, gonfiandosi ora in turgidi dialoghi d’amore ora in aperture liriche da cinema pubblicitario. Streisand sopra le righe. Buon livello musicale. Oscar per la canzone “Evergreen” di Streisand-Williams. 1° film di successo con colonna sonora Dolby.
Non ho trovato versioni in italiano migliori di questa.
I subita nella versione in inglese sono stati tradotti con google, potrebbero esserci delle imprecisioni.
Dal romanzo di Vladimir Nabokov, sceneggiato da Tom Stoppard e girato in inglese. Berlino, 1929: un fabbricante di cioccolata, emigrato russo da dodici anni, entra in una crisi d’identità e di sdoppiamento. Incontrato un uomo nel quale crede di vedere il proprio sosia, lo uccide, gli prende abiti e documenti e si rifugia in Svizzera. L’inganno dura poco. Tutto è di prim’ordine, ma è un film nato morto: un Resnais ( Providence ) mescolato con Sternberg e Ophüls e filtrato attraverso un bagno di cattivo teatro dell’assurdo di formalismo baroccheggiante, tedioso nel suo intellettualismo, affliggente nel suo gelido umorismo grottesco.
Il lombardo Nullo e la siciliana Carmela, operai in una fabbrica, s’innamorano. La donna, intossicata da esalazioni venefiche, muore. Nullo la vendica. Comencini taglia, alleggerisce alla lombarda il vino meridionale ad alto tasso alcolico di Ugo Pirro (soggetto e sceneggiatura) in una love story proletaria diseguale, ma ricca di momenti espressivi. Imperfetto, ma anche imprevedibile sullo sfondo di una suggestiva e malinconica Milano della cintura operaia. Fu capito dai critici francesi a Cannes, e la Sandrelli, di nuovo siciliana e doppiata controvoglia, è bravissima.
Dal romanzo (1945) di Carlo Levi (1902-75): un intellettuale torinese, medico e scrittore antifascista a contatto con l’antica civiltà contadina della Lucania dov’è confinato intorno al 1935. F. Rosi mette la sordina alla dimensione antropologica e magica del bel libro di Levi e l’accento su quella sociale e politica. Un po’ raggelato nei paesaggi o lirici o didattici, ma ammirevole per l’intensità della sua delicatezza. Accanto a un G.M. Volonté introspettivo e sommesso e ad attori naturali ben guidati c’è un ottimo P. Bonacelli. La versione televisiva dura 270 minuti.