Da un racconto di Stanley L. Hough. Finita la guerra civile, due colonnelli, un tempo nemici, si ritrovano per affari in Messico e diventano amici e alleati contro banditi locali e rivoluzionari. Un po’ letargico nel ritmo e prolisso nella narrazione, è ravvivato da qualche sequenza d’azione e dalla coppia Hudson-Wayne.
Da un soggetto di Françoise Sagan. Il film racconta la storia del seduttore e assassino Landru che, all’inizio del nostro secolo, attirava le sue vittime e le cremava nel forno di casa.
Due versioni: quella in italiano piuttosto scarsa presa da youtube mentre ottima la versione in francese ma senza sub.
Un film di Kazui Nihonmatsu. Con Eiji Okada, Peggy Neal, Toshiya Wazaki, Itoko Karada, Shinichi Yanagisawa, Itoko Harada, Franz Gruber, Keisuke Sonoi, Mike Daning, Torahiko Hamada Titolo originaleUchukiju Girara. Fantascienza, Ratings: Kids+13, durata 93 min. – Giappone 1969. MYMONETRO Odissea sulla Terra valutazione media: 2,00 su 1 recensione.
In volo per marte in una missione di salvataggio, l’astronave AAB Gamma è investita dalla sostanza radioattiva di un disco volante. Al ritorno sulla Terra, la sostanza assume la forma di un uovo che schiudendosi fa apparire Guilala, mostruoso animale dalle sembianze di un gigantesco gallinaceo. L’essere per nutrirsi ha bisogno di energia atomica e si avvicina alla città di Tokyo e alla sua base spaziale minacciandone la distruzione. Mentre l’esercito si dimostra incapace di fronteggiare il pericolo, una biologa analizzando i frammenti dell’uovo isola una particolarissima sostanza che imprigionando il calore e l’energia cosmica potrebbe, forse, mettere fuori combattimento la creatura. Seguendo le istruzioni degli scienziati, i militari armano, allora, potenti missili con quella sostanza, li lanciano contro il mostro e lo riducono finalmente ad una poltiglia inoffensiva. Quel poco che resta del gigantesco Guilala verrà, più tardi, spedito nello spazio, lontano dalla Terra, oltre i confini del sistema solare. Povero e artigianale se confrontato alle produzioni della Toho, il film intervalla l’avventura con momenti umoristici avvalendosi dell’attore Shinichi Yanagisawa, noto in Giappone per le sue commedie comiche. Da segnalare la stazione spaziale Fuji Astro Flying Center dove l’equipaggio della AAB Gamma si rinfranca dai viaggi nello spazio prendendo bagni tonificanti e rimpinzandosi di cibo sintetico. Titolo americano: The X from Outer Space.
Una ragazza dell’alta società incontra durante una vacanza un uomo che le affida un gioiello: da quel momento la sua vita diventa una serie di avventure, tutte pericolose. Recatasi in Africa del Nord per consegnare il gioiello alla persona che le è stata indicata, Marie Chantal è fatta prigioniera dal terribile dottor Kha.
I subita sono stati tradotti con google, potrebbero esserci delle imprecisioni.
Quattro storie di truffe ambientate in quattro città diverse. Quattro episodi firmati da Roman Polański, Claude Chabrol, Ugo Gregoretti, Hiromichi Horikawa.
Cinque avventurieri, sopravvissuti alla guerra civile, spadroneggiano in un paese. Uno di essi viene ucciso perché infastidiva una ragazza indiana; gli altri quattro lo vendicano sopprimendo il suo difensore. Lo sceriffo ne ammazza tre; l’ultimo è eliminato dalla sua amante tradita e ingannata.
Nella Moldavia del Seicento la principessa Asa è condannata e giustiziata per stregoneria col suo amante e sepolta nella tomba di famiglia. Due secoli dopo due medici russi in viaggio la riportano casualmente in vita. La strega cerca di impossessarsi di Katia, una sua discendente che le somiglia come una gemella. Vagamente ispirato al racconto Il vij dell’ucraino Nikolaj V. Gogol’, è l’esordio nella regia di Bava, grande direttore della fotografia e geniale mago di trucchi che qui, appoggiandosi a un suggestivo apparato scenografico, esaltato da una fotografia virtuosistica che determina l’atmosfera, gli spazi, le emozioni, si cimenta in un esercizio di delirante necrofilia. Grande successo internazionale, il film contribuì al lancio della Steele. Rifatto per la TV a colori da Lamberto Bava, figlio di Mario.
Un ex sceriffo ritorna al paesello per vendicare la morte del figlio ucciso da un ranchero. Trova il tempo per fidanzarsi con una ballerina e insegnare a uno sbarbatello la difficile professione di sceriffo.
Rimasta vedova, Keiko deve preoccuparsi di mandare avanti un negozio di liquori che la famiglia del marito vorrebbe vendere. I problemi aumentano quando suo cognato Koji le dichiara il suo amore, che da tempo coltivava in segreto. La donna si convince a cedere l’attività e nel contempo rifiuta le avances di Koji; senza più legami, si lascia tutto alle spalle avventurandosi in un viaggio in treno. Ma Koji decide di seguirla… Un capolavoro in cui Naruse convoglia alcuni dei motivi tipici del suo cinema: l’attenzione per la routine quotidiana (ottima la fotografia di Jun Yasumoto), l’espressione sincera dei propri sentimenti come indizio di debolezza, l’ineluttabilità di un destino drammatico che si accetta pur di preservare una parvenza di status quo. Splendida la scena conclusiva, con un intensissimo primo piano di Hideko Takamine.
Yumiko ed il marito Hiroshi stanno progettando il loro trasferimento negli Stati Uniti quando un giorno l’uomo rimane vittima di un incidente stradale. Mishima, il responsabile, cerca di espiare la tragedia ed ottenere il perdono di Yumiko, ma riesce solo a farle accettare un vitalizio in denaro. Quando però la donna, perduta insieme al nome del marito anche l’eredità, va ad abitare nell’albergo di campagna gestito dalla sorella, il destino le farà reincontrare Mishima. Al suo ultimo film, Naruse ritorna al colore, con una fotografia dai toni saturi che rischia qua e là (come nella scena del temporale) di sopraffare il film. L’opera si dimostra comunque riuscita.
Dal romanzo Aimez-vous Brahms? (1959) di Françoise Sagan, sceneggiato dal commediografo Samuel Taylor. Stanca di un amante infedele (Montand), un’arredatrice parigina quarantenne (Bergman) ha una romantica love story con un giovane e ricco americano (Perkins), ma quando l’amante ricompare, lo lascia. Prolissa commedia sentimentale in cui un bieco patetismo hollywoodiano surroga quel che doveva essere la malinconia di fondo. Sull’orlo del ridicolo i tre protagonisti tra cui il peggiore è Montand. All’attivo soltanto il bianconero di A. Thirard e alcuni caratteristi. Premiato a Cannes.
Repulsione, ovvero storia di una nevrosi, quella di Carol Ledoux, avvenente estetista ossessionata dagli uomini. Il secondo lungometraggio di Roman Polanski, il primo girato fuori dalla Polonia, è una lenta discesa di una donna verso la follia più estrema. Dall’occhio atterrito di Carol adulta che fa da sfondo ai titoli di testa fino ad arrivare all’occhio diabolico della bambina che è stata, nel finale, Polanski registra un tortuoso percorso in una psiche sempre più disturbata. E lo ambienta tra le quattro mura (crepate) di un appartamento, luogo chiuso, tetro e claustrofobico che spesso di qui in avanti sarà teatro delle ossessioni e delle allucinazioni dei suoi personaggi (Rosemary’s Baby, L’inquilino del terzo piano). I rari momenti all’esterno, per strada o nel salone estetico in cui la ragazza lavora, sono altrettanto angoscianti e non rappresentano certo una tregua, né per Carol né per lo spettatore. E allora si ritorna in casa, quella casa che Carol condivide con una sorella così diversa da lei. I problemi aumentano proprio quando quest’ultima decide di partire per un viaggio con il suo amante sposato, lasciandola sola in casa con un coniglio in putrefazione. Da qui inizia la sua confusione tra realtà e allucinazione e la progressiva discesa agli inferi della sua mente, in cui Polanski fa intuire, senza mai rivelare, un trauma trascorso che l’ha irrimediabilmente segnata fino a trasformarla in una bellissima e catatonica bambola assassina. Scritto dal giovane Polanski insieme a Gérard Brach, con cui a Parigi aveva già collaborato per un episodio di Le più belle truffe del mondo (1963), Repulsion è un’asfissiante opera di realismo fantastico e psicologico che atterrisce grazie alla forza espressionistica del bianco e nero fotografato da Gilbert Taylor, alle soluzioni visive ardite e macabre, oltre naturalmente alla magistrale interpretazione di una spaventosamente imbambolata Catherine Deneuve, dolce e agghiacciante insieme. Con quest’opera, vincitrice dell’Orso d’argento a Berlino 1965, Polanski dà il via alla sua perversa e malata indagine nei meandri della psiche umana, rappresentata dagli spazi angusti di squallidi appartamenti popolati da vicini di casa benpensanti e da anziane signore imbellettate e ficcanaso, troppo sorridenti e troppo truccate per non avere nessun sospetto su un budino preparato da loro. Rosemary lo sa bene.
Nella cartella ci sono due versione 720p, una Criterion e l’altra no. Differiscono di 5 minuti una dall’altra, quale è meglio? a voi l’ardua sentenza.
Un film di Adachi Masao del 1968. Drammatico. Giappone.
Ispirato dalla vera storia di una geisha assassinata in una città famosa per le sue terme, Adachi ha forgiato qui il suo stile preferito, una sorta di documentario concettuale che racconta l’incidente in tono monotono. Lo stesso evento che all’inizio di Violated Angels sfuggiva a ogni principio di causalità, viene qui rappresentato come un singolare antispettacolo.
Fanciulla scompare da una villa sulla scogliera. Nel cercarla il suo innamorato scopre un passaggio segreto che porta a una città sottomarina abitata da esseri mostruosi guidati da un potente. Almeno per i fan del cinema fantastico i piccoli film di Tourneur sono chicche. Anche qui, specialmente nella 1ª parte, non mancano momenti di strana poesia. Più fiacca, anche per mancanza di mezzi, la parte subacquea.
Un film di John Boorman. Con Lee Marvin, Toshiro Mifune Titolo originale Hell in the Pacific. Drammatico, durata 104′ min. – USA 1968. MYMONETRO Duello nel Pacifico valutazione media: 3,10 su 9 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Naufraghi su un’isola deserta del Pacifico, un pilota americano e un ufficiale della Marina giapponese, nemici in guerra, cercano di stabilire norme di sopravvivenza. Ma il conflitto li dividerà. Al montaggio il film fu modificato dalla produzione che vi appiccicò un finale di bombardamento che distruggeva tutta l’isola. Il messaggio pacifista è appesantito da un impianto allegorico, ma non sono molti i registi che come Boorman sanno mettere in immagini il rapporto dell’uomo con la natura selvaggia.
Una banda di fuorilegge viene catturata e condannata a morte. Il fratello del capo prende il posto del boia e li libera. I fuggitivi, inseguiti dallo sceriffo, vengono sorpresi al risveglio. Sulla via del ritorno sono attaccati dai crudeli bandoleros: i due fratelli muoiono per difendere la donna che il capo dei fuorilegge ama.
Enea giunge con la sua gente nel Lazio. La figlia del re di quelle terre si innamora di lui, ma il sovrano dei Rutuli riesce, con l’inganno, a renderlo inviso agli abitanti del luogo. Scoppia una lunga e drammatica guerra.
Per sfuggire ai creditori e al pubblico inferocito per l’ennesima pagliacciata presentata sul ring, l’impresario di lotta libera Raimondo Rusteghin e il suo socio salgono a bordo di una macchina del tempo decisi a raggiungere un futuro migliore. Ma, sbagliando a manovrare i comandi, si ritrovano catapultati nell’antica Grecia, dove, scambiati per maghi, vengono coinvolti, loro malgrado, nella rivalità tra Ercole e Maciste e, quando due ancelle li aiutano a recuperare la macchina del tempo, sono ben felici di tornare nel presente.
1) “Fatebenefratelli” (Comencini con Spaak, Law): adolescente svelta tenta di sedurre giovane prete; 2) “La vedova” (Castellani con Spaak, Salvatori): giovane vedova siciliana è costretta dalla famiglia del marito a rinunciare agli uomini; 3) “La moglie bambina” (Rossi con Spaak, Salerno, Celi): sposato con una bella ragazza, insegnante deve difendersi dall’invidia del prossimo. Caso raro di un film a episodi in funzione di una star non ancora ventenne: la belga C. Spaak (1945) che aveva esordito da protagonista nel 1960 con I dolci inganni . Tre racconti garbati, un po’ sciapi ma mai volgari.
Dal romanzo A Kestrel for a Knave di Barry Hines. In una città industriale del Nord un ragazzino vive con la madre e un fratellastro in un quartiere periferico. Catturato un falchetto, lo addestra dedicandogli intelligenza e amore, tutto ciò che non riesce a dare alla famiglia e alla scuola. “Ha un respiro narrativo molto più disteso delle opere precedenti; coglie nel vivo senza bisogno di una programmatica provocazione stilistica, con un’intensità malinconica e una purezza visiva di gran lunga superiori a quelle del successivo Family Life” (E. Martini). 1° premio a Karlovy Vary.
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