Plotone di paracadutisti americani in Birmania attraversa la giungla in territorio nemico per distruggere una stazione radar giapponese. Molte scarpe al sole. Grazie a Walsh e al suo ritmo forsennato, è uno dei più scattanti e realistici film di guerra usciti dall’officina di Hollywood. Un vero manuale di combattimento. Così antigiapponese da diventare razzista. Flynn a briglia corta. La trama sarebbe poi stata rielaborata in Tamburi lontani. Esistono copie in edizione più breve (127 minuti) e colorizzata.
Un disoccupato ruba, per disperazione, la macchina di un industriale. Poi si pente e la riporta in garage. Ma intanto la moglie l’ha denunciato alla polizia. Quando viene a sapere del ravvedimento del consorte, la donna ritira la denuncia. Faranno pace.
Liberamente ispirato a I Malavoglia (1881) di Giovanni Verga e concepito come la prima parte (l’episodio del mare) di una trilogia sui lavoratori siciliani, è l’ambizioso affresco narrativo delle lotte e delle sconfitte di ‘Ntoni Valastro e della sua famiglia di pescatori di Aci Trezza (CT) per liberarsi dallo sfruttamento dei grossisti di pesce. Opera di fascino indiscutibile, ma anche esemplare dell’interno dissidio viscontiano tra raffinato decadentismo e marxismo programmatico, tensione romanzesca e aristocratica contemplazione. Un frutto del decadentismo è l’uso del dialetto nell’edizione originale, il vernacolo di Aci Trezza, parlato dagli interpreti, veri pescatori locali, in presa diretta e poi sostituito da un dialetto più comprensibile. Sin da allora Visconti sfugge al populismo e punta al romanzo, ma guarda ai personaggi con un distacco che non si lascia commuovere e non commuove. Fotografia di G.R. Aldo con Gianni Di Venanzo alla macchina. Assistenti alla regia Francesco Rosi e Franco Zeffirelli. Restaurato nel 1993 a cura di G. Rotunno per il C.S.C
Cupo dramma di amore e di morte nella misteriosa casa rossa in mezzo alla boscaglia: Morgan (Edward G. Robinson), roso dai rimorsi per un terribile delitto commesso anni prima (ha ucciso l’amante e il marito di costei), finirà molto male, e con lui altri due loschi figuri.
Un film di Joe May. Con Margaret Lindsay, George Sanders Titolo originale House of the Seven Gables. Drammatico, b/n durata 89 min. – USA 1940. MYMONETRO La casa dei sette camini – La maledizione della morte valutazione media: 2,00 su 1 recensione.
Nella casa dei sette camini rivive lo spirito di un vecchio cattivone che fece condannare un innocente. Intrighi vari, finché il figlio del cattivone, che è della stessa pasta del padre in quanto a perfidia, muore fulminato da paralisi.
Dal romanzo Uneasy Freehold di Dorothy Macardle. Una ragazza ritorna nella casa della sua infanzia, da poco acquistata da una coppia di fratello e sorella. Di chi è lo spirito che la abita? Una delle più belle storie di fantasmi nella storia del cinema. Molta atmosfera, nessun trucco, una bella melodia di Victor Young che divenne la canzone “Stella by Starlight”. Nell’edizione distribuita in Gran Bretagna i fantasmi non si vedono, tolti dalla censura inglese.
Con impeccabile e asciutto stile documentaristico, il prolifico regista hollywoodiano Henry Hathaway racconta una vittoriosa azione del controspionaggio americano, che grazie a un suo agente infiltrato fra spie naziste scardina l’intera rete negli Stati Uniti.
Un film di Henry C. Potter. Con Melvyn Douglas, Cary Grant, Myrna Loy, Lex Barker Titolo originale Mr. Blandings Builds his Dream House. Commedia, b/n durata 94′ min. – USA 1948. MYMONETRO La casa dei nostri sogni valutazione media: 2,75 su 10 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Pubblicitario di New York si copre di debiti per sistemare la nuova casa di campagna nel Connecticut, ma risolve la situazione inventando uno slogan di successo. Da un romanzo di Eric Hodgkins, sapientemente sceneggiato dalla coppia Panama & Frank, un’agile commedia di costume che mette a fuoco con levigato garbo critico gli usi e la mentalità della classe media americana uscita dalla guerra. C. Grant in gran forma, M. Loy deliziosa. Rifatto nel 1986 da Richard Benjamin con Casa dolce casa.
Sette banditi rapinano una banca e scappano attraverso il deserto. Arrivano a un villaggio abbandonato, dove trovano una ragazza e un vecchio che cerca l’oro. Un classico del western, robusto e asciutto.
È la rievocazione della tragica vicenda dell’esploratore Scott e dei suoi uomini, che giunsero al Polo Nord tra dai disagi naturali e mancanza di viveri.
Sette professori ospitano una sciantosa ricercata dalla polizia. Uno s’innamora, ricambiato. Parafrasi sarcastica di Biancaneve e i sette nani, un cocktail ad alta gradazione alcolica di glottologia e gangsterismo con dialoghi ricchi di battute spiritose. Billy Wilder tra gli sceneggiatori. Rifatto dalla stesso Hawks con Venere e il professore (1941).
Sogni proibiti (The Secret Life of Walter Mitty) è un film del 1947 diretto da Norman Z. McLeod.
Walter Mitty, un giovane mite dai modi un po’ impacciati, è un impiegato in una casa editrice di New York specializzata nella pubblicazione di riviste di varie specie il cui principale è l’imponente e autoritario Sig. Pierce. Il giovane vive con una madre oppressiva e assilante e sta per sposarsi con una ragazza dal carattere capriccioso e antipatico di nome Geltrude Griswald. La ragazza infatti, accompagnata sempre dalla madre, tratta Walter in maniera piuttosto fredda e indifferente, rispettando e apprezzando decisamente di più l’amico e corteggiatore Tommy Watson.
Per evadere così dalla routine quotidiana, Walter sogna ad occhi aperti in continuazione, prendendo spunto da ciò che gli accade durante il giorno. Tra i personaggi ricorrenti che popolano i suoi sogni vi sono il suo antagonista in amore e una bellissima ragazza bionda. Inoltre, per via della scarsa memoria, segna tutto su un piccolo libretto nero tutte le commissioni che la madre gli chiede ogni giorno di fare. Un giorno, mentre prende un treno che lo porta al lavoro, incontra una bella e affascinante ragazza bionda identica a quella dei suoi tanti sogni.
All’inizio dell’Ottocento, un’istitutrice assunta per seguire la bimba d’un nobile prova simpatia per il padre della piccina, ma è sconvolta dal grande mistero che aleggia sulla casa. Scoprirà alla fine che la prima moglie dell’uomo, diventata pazza, è nascosta nel castello. Un provvidenziale incendio renderà il nobile vedovo e gli consentirà di sposare la ragazza.
Ragazza di ricca famiglia viene mandata in convalescenza a fare una crociera nel Sud America. Conosce un uomo sposato e i due si innamorano perdutamente.
Film così, oggi, non sanno farli più, e non soltanto perché attori con quel carisma non ne esistono più in circolazione. L’assurdo e il sublime vanno a braccetto, la 1ª parte è nettamente superiore alla 2ª, ma perché chiedere la luna quando si hanno le stelle? Scritto da Casey Robinson e tratto da un romanzo di Olive Higgins Prouty. B. Davis era capace di tutto, anche di un personaggio romantico. Oscar per la musica a Max Steiner.
Tre uomini aspirano alla mano di una ragazza: un milionario, un semplice operaio ed un saggio filosofo. Inizialmente lei sembra attratta dal denaro, ma poi il saggio la dirotta sul giovane e onesto operaio.
Un avventuriero sposa una maestrina in vacanza in Messico solo per ottenere la cittadinanza americana. Dramma sentimentale con risvolti divertenti nei dialoghi. La storia è raccontata in flashback da C. Boyer al regista M. Leisen sul set del film I Wanted Wings . La sceneggiatura di Billy Wilder e Charles Brackett è di prima qualità, calzante per un bravo Boyer, avventuriero imbroglione e innamorato romantico.
I meriti più evidenti dell’opera includono un cast impeccabile. Sarebbe difficile immaginare attori diversi al posto di Claude Rains e Cary Grant, apoteosi dei loro personaggi sullo schermo. La scelta di Ingrid Bergman era quasi indispensabile, insieme a Casablanca sarebbe stato uno dei ruoli iconici della sua carriera. Ma il vero trionfo del film è la complessità emotiva e morale della vicenda. Lo script di ferro di Ben Hecht e Oden Clifford è geniale nel gioco di due uomini, uno contro l’altro, innamorati della stessa donna: l’intreccio sentimentale più lineare che esista. È l’anatomia di una storia d’amore in cui ne sono mappati gli elementi di contraddizione, tra tradimento e lealtà, tra onore e irresponsabilità. Una duplicità che serve ad intensificare la potenza del suo finale dall’impianto quasi bressoniano. Per il cineasta il film è ricco di echi delle sue opere precedenti e future e segnato dalla presenza di temi molto ricorrenti nella sua cinematografia (dall’inganno di identità alle madri invadenti). La pellicola fu una delle esperienze hollywoodiane di maggior successo per il grande maestro, dopo Rebecca, la prima moglie il regista cominciò a ad andare maggiormente incontro ai gusti del pubblico e agli stilemi americani. Durante la preparazione della sceneggiatura Hitchcock si mise alla ricerca di un Mac Guffin attorno a cui far ruotare la storia e alla fine decise che i cospiratori avrebbero trafficato illecitamente dell’uranio allo scopo di realizzare una bomba atomica. Gli Studios si disinteressarono addirittura al film, pensando che il MacGuffin fosse troppo ridicolo. Ironicamente Hitchcock aveva centrato l’elemento segreto e l’FBI lo aveva seguito per tre mesi per scoprire la fonte della sua informazione. Nel 1946 il governo degli Stati Uniti era ancora molto sensibile all’argomento e J. Edgar Hoover, allora capo del FBI secondo alcune indiscrezioni si mostrò titubante per la realizzazione del film, fermo restando che nel copione non vi era alcuna menzione del FBI o di armi nucleari. È celeberrima la sequenza che partendo dall’alto di una scalinata (uno dei topoi adorati dal maestro del brivido, essendo la scala sempre al centro di moltissime scene madri dei suoi film), con un vertiginoso movimento di gru, arriva scendendo in mezzo ad una folla fino ad una chiave stretta nelle mani di Ingrid Bergman. Da antologia. Per TruffautNotorius è la quintessenza di Hitchcock.
Edit 15/6/2024 sostituito con versione Criterion Collection
Nella primavera del 1941 un giovane pilota (Girotti), salvatosi col paracadute dal suo caccia in fiamme, finisce in un campo di concentramento in Grecia dal quale evade e, a bordo di un aereo nemico, torna in Italia dove riesce ad atterrare sotto il fuoco della contraerea. 2° film di Rossellini, fa parte della cosiddetta trilogia della guerra fascista con La nave bianca (1941) e L’uomo della croce (1943). Alterna momenti di carattere documentaristico nella 1ª parte a quelli avventurosi nella 2ª, rivelando già la mano e l’occhio di Rossellini: spiccio, disadorno nella ricerca di autenticità e nel rifiuto della retorica propagandistica. Soggetto di Tito Silvio Mursino, pseudonimo anagrammistico di Vittorio Mussolini (1916-97), figlio di Benito e presidente dell’ACI, società produttrice. 7 nomi in sceneggiatura tra cui Antonioni. L’episodio dell’amputazione della gamba in cancrena rimanda a Le mie prigioni di S. Pellico.
Prodotto dei fratelli Korda, è una piacevole mistura di azione, fantasia e musica in grado di battere, in materia di affabulazione e di effetti speciali, la concorrenza americana e, per i suoi ammiccamenti sornioni, modello per le nuove avventure della nuova Hollywood. Trucchi ottici e meccanici strepitosi per l’epoca, e un eccellente Technicolor. 3 Oscar per la fotografia (Georges Périnal), la scenografia (Vincent Korda) e gli effetti speciali (Lawrence Butler e Jack Whinney).
Agente del controspionaggio USA s’imbarca su piroscafo dove viaggia professore venduto ai giapponesi. Conclusione nella giungla di Panama. Per la 3ª volta Huston dirige i 3 attori del Mistero del falco. Piatto, enfatico, convenzionale, inverosimile, finale assurdo. Bogart dà qualche zampata.
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