Mentre sta portando a termine la ricostruzione dello scheletro di un dinosauro, un goffo paleontologo s’imbatte in Susan, ricca ed eccentrica signorina che, invaghitasi di lui, gli combina un sacco di guai. Di questo capolavoro della screwball comedy degli anni ’30 Hawks, produttore-regista per la RKO, diceva che ha un grave difetto: tutti i personaggi sono picchiatelli sebbene, nonostante le apparenze, il più “normale” sia proprio Susan.
Tre reduci dalla prima guerra mondiale non riescono a inserirsi nella vita pacifica e sfruttano le possibilità del proibizionismo. Il primo si dà al contrabbando, il secondo diventa un boss della mala, il terzo avvocato. Scritto da Jerry Wald, Richard Macaulay e Robert Rossen da un racconto di Mark Hellinger, è l’ultimo grande film gangster dell’epoca d’oro di Hollywood. Riprese iniziate da Anatole Litvak. Molte qualità: perentorietà del racconto, immediatezza dell’azione, secca definizione dei personaggi. Inedito in Italia dove fu importato da RAI2 negli anni ’70.
Durante un viaggio in treno dai Balcani verso Londra, Iris Henderson (Margaret Lockwood), una giovane inglese, si mette alla ricerca di un’anziana signora, Miss Froy, conosciuta durante il viaggio e poi misteriosamente scomparsa. Tutti i passeggeri, così come il personale di bordo, negano di averla mai vista, e cercano di convincere la ragazza che si tratta di un frutto della sua immaginazione. Sempre più allarmata, Iris si imbatte in Gilbert Redman (Michael Redgrave), un giovane studioso di musiche popolari con il quale la sera precedente aveva avuto un vivace battibecco, che però cerca di aiutarla. Le indagini alla fine aiuteranno a svelare il mistero: il treno è pieno di spie, e Miss Froy, che è un agente segreto, è stata catturata, e alla fine tutti i passeggeri si ritroveranno a Scotland Yard. Questa commedia nera costituisce l’unico caso in cui Hitchcock prestò esplicitamente la sua attenzione alla politica che, nel periodo, attanagliava l’Europa a causa dall’insorgenza del nazismo. E’ infatti uno dei suoi rari film situati in un preciso contesto storico, l’immediato anteguerra pieno di minacce e ambiguità. Schierato su posizioni interventiste, Hitchcock approfitta degli ostacoli che l’eroina incontra e che nutrono la suspense del film, per denunciare l’indifferenza e l’egoismo delle scelte politiche inglesi.
Lo spione di turno è il proprietario di un cinema londinese. Ottima libera trasposizione de L’agente segreto di Conrad, girata da Hitchcock in patria prima del trasferimento a Hollywood.
In una casa abbandonata di Londra, al numero civico diciassette, è custodito un prezioso collier che fa gola a tre fuorilegge, una giovane inglese, un vagabondo, uno sconosciuto ed un avventuriero, i quali si scontrano duramente per entrarne in possesso.Mentre la collana passa in modo repentino di mano in mano, la scena si sposta su un treno merci a seguito di un folle inseguimento tra i banditi in autobus. Sul convoglio i sospetti che attanagliano i personaggi sul fatto che uno di loro possa essere un detective si fanno così forti da originare una sparatoria vera e propria, con salti da un vagone all’altro e con l’uccisione del macchinista. Il treno, ormai senza controllo, finisce la sua folle corsa piombando su un traghetto ormeggiato in porto. Si salvano solo la ragazza e lo sconosciuto (che si rivela essere il detective) che, consapevoli del pericolo scampato, si abbracciano dalla gioia.
Un film di Alfred Hitchcock. Con Herbert Marshall, Nora Baring, Phyllis Konstam, Edward Chapman, Miles Mander.Titolo originale Murder!. Giallo, b/n durata 108 min. – Gran Bretagna 1930. MYMONETRO Omicidio valutazione media: 3,46 su 7 recensioni di critica, pubblico e dizionari. Diana Baring è un’attrice di una piccola compagnia teatrale che viene accusata di omicidio perché è stata trovata vicino al cadavere di un’amica. Tra i giurati che la condannano c’è Sir John Menier, un celebre attore non convinto della sua colpevolezza che inizia ad indagare per non restare tutta la vita con il dubbio di avere compiuto un terribile errore giudiziario.
Durante la prima guerra mondiale, un ufficiale inglese è incaricato di recarsi in Svizzera e uccidere un agente nemico. Un uomo muore e sembra proprio che sia la vittima designata. In realtà questa è viva e cerca di involarsi con una ragazza innamorata dell’ inglese. Non fra i migliori “Hitchcock” dell’ anteguerra.
Alla fine del XVIII secolo, una ragazza irlandese di nome Mary Yellen (Maureen O’Hara), rimasta orfana, lascia l’Irlanda per la Cornovaglia. Lì raggiunge “La taverna della Giamaica”, locale malfamato gestito dalla zia Patience e dal marito Joss. Il giudice di pace della contea è Sir Humprhey Pengallan (Charles Laughton), tipo ambiguo e mellifluo che si invaghisce subito di lei: Mary invece non lo ricambia e prova per lui solo sentimenti di ripugnanza e timore.
Il dottor Henry Jekyll studia la possibilità di separare nella psiche umana la naturale propensione al bene dall’istinto animalesco al male. Ottenuto in laboratorio un siero, lo sperimenta su di sé trasformandosi nella quintessenza della malvagità.Credendo di poter controllare il suo spaventoso alter-ego al quale dà il nome di Mr. Hyde, Jekyll continua durante il giorno ad esercitare l’attività di medico, ma, lontano da occhi indiscreti, non esita ad assaporare l’estasi inebriante del male assoluto.
Gli innamorati Renée (Annabella) e Pierre (J.-P. Aumont) prendono alloggio nel misero Hôtel du Nord, sul canale Saint-Martin a Parigi, decisi a suicidarsi. In camera Pierre spara sulla ragazza, ma gli manca il coraggio di uccidersi e scappa. Il giorno dopo si costituisce. Renée però era soltanto ferita. Il 4° film di M. Carné è sceneggiato da Jean Aurenche e Henri Jeanson, autore anche dei dialoghi. Nell’adattare il romanzo (1929) di Eugène Dabit, impostano l’azione sulle vicende parallele di due coppie, privilegiando quella cinica Edmond/Raymonde (L. Jouvet e Arletty) a scapito di quella romantica. Il populismo e l’ambiente di Dabit permangono, ma hanno acquisito con il passare del tempo colori diversi e meno datati. La parziale lieta fine non deve ingannare. È, in fondo, la storia di un contagio.
Messa in difficoltà dall’arrivo della figlia che ha mantenuto agli studi in Europa con i suoi sudati risparmi, facendole credere di essere una signora dell’alta società, Apple Annie, barbona che vende mele a un angolo di Times Square a New York, s’inventa “per un giorno” una vita da ricca con l’aiuto di un gangster generoso e dei suoi amici. Oggi può apparire una commedia datata che crede troppo nella favola che racconta, ma è un Capra a 18 carati per la perfezione senza crepe del meccanismo narrativo, il realismo poetico che lo impregna, la concertazione degli attori tra cui spicca l’infallibile M. Robson. Tratto dal racconto Madame La Gimp di Damon Runyon e sceneggiato da Robert Riskin, geniale complice del regista per tanti film, è forse il miglior Runyon portato sullo schermo. Rifatto dallo stesso Capra in Angeli con la pistola .
Ispirata alle vere gesta del gangster Al Capone (Alphons Gabriel Capone, 1899-1947), nato a Brooklyn (da genitori, barbiere e lavandaia, di origine campana), la scalata al potere di Tony Camonte che diventa il n. 1 della criminalità organizzata di Chicago negli anni ’20, finché commette uno sbaglio per gelosia della propria sorella Cesca. Girato nel 1931, già con piena padronanza del sonoro, ebbe molti guai con la censura. H. Hawks, che ne era anche il produttore, girò 3 finali. È, forse, il più celebre dei gangster movie, una delle vette del genere. Che cosa lo distacca dagli altri? Non la furia saettante del ritmo, non la ricca galleria dei personaggi, non la vigoria plastica delle immagini e nemmeno la mancanza di scorie sentimentali. La vera ragione della sua grandezza è nella sua natura di dramma che aspira a essere tragedia, nel passaggio dal “patetico” del primo al “sublime” della seconda. Da un romanzo (1930) di Armitage Trail (vero nome: Maurice Coons), sceneggiato da 5 scrittori tra cui Ben Hecht e W.R. Burntt e più volte ricorretto da Hawks. Prodotto da Howard Hughes che impose il moralistico sottotitolo (La vergogna di una nazione) per tacitare la censura e le associazioni patriottiche dei benpensanti. Nel romanzo Capone si chiama Tony Guarino. Rifatto da Brian De Palma nel 1983.
È la storia romanzata dell’amore travagliato tra Elisabetta e il conte di Essex, tra intrighi di corte, tradimenti, decapitazioni. Tratto da Elizabeth the Queen di Maxwell Anderson, è un insieme di tableaux senza vita, resi più brillanti, talvolta, da scenografie pittoresche o espressioniste. B. Davis trabocca di manierismi. E. Flynn manca di tono e di colore. Nel 1939 M. Curtiz diresse 4 film e mezzo.
Johnny, un orfano adolescente, a causa delle cattive compagnie si mette nei guai. In carcere subirà poi una profonda trasformazione morale e psicologica. Grazie anche alle attenzioni e all’affetto di suo fratello, il ragazzo troverà la forza di riscattarsi.
Qui sopra versione in inglese: i subita sono stati tradotti dai subeng con google, potrebbero esserci delle imprecisioni.
Due giovani di diversa condizione sociale si amano, ma non possono sposarsi a causa di un dissidio tra i rispettivi padri. Lei allora decide di andarsene; la famiglia di lui, ricca e intransigente, finirà col commuoversi. È il film che accredita Capra come uno dei grandi registi-autori del mondo. Poesia, umorismo, realizzazione dell’impossibile. I temi che poi verranno espressi, magari con maggiore spessore, nelle opere successive. Fu anche la grande occasione di James Stewart, trentenne, che da quel momento divenne uno dei divi di punta di Hollywood.
L’intellligenza deduttiva del più noto investigatore della letteratura, Sherlock Holmes, si misura contro criminali geniali e terribili, e insieme al suo fedele assistente Watson deve affrontare intricatissimi casi ambientati nella misteriosa Londra di fine ‘800. La migliore trasposizione cinematografica è certamente la serie prodotta dalla 20th Century Fox, poi proseguita dalla Universal, in cui l’acume investigativo di Holems ha il volto dell’attore inglese Basil Rathbone, accompagnato dall’amico Watson che qui ha il volto di Nigel Bruce. Tratti dai romanzi più celebri di Sir Arthur Conan Doyle i 14 film presentati in questo imperdibile box da collezione rappresentano l’intera serie dedicata a Sherlock Holmes.
Ogni immagine in Ozu è polisemica, ogni inquadratura rinvia ad una molteplicità di significati simbolici. Il suo cinema è sintetizzabile in due ossimori, realismo simbolico e minimalismo epocale. Il film si apre con l’inquadratura di una lanterna in primo piano, mentre sullo sfondo camminano dei giovani studenti in fila indiana, e termina con l’immagine di un grosso cancello chiuso, di una staccionata che recinge un piccolo cortile, in cui siede pensosa una vecchia donna. La vita dell’uomo simbolicamente si svolge tra queste due inquadrature, all’inizio, guidata dalla luce delle speranze ed ispirata dai sogni di gioventù, alla fine, racchiusa entro uno spazio limitato, chiuso da una porta che impedisce allo sguardo di scorgere oltre, senza possibilità di sognare un futuro che non c’è più. In questo suo primo lungometraggio sonoro del 1936 sono già presenti tutti gli stilemi cinematografici ed i temi ricorrenti della filmografia dell’Ozu della maturità, che sboccerà nel secondo dopoguerra con i capolavori di Tarda primavera e Viaggio a Tokio.
Le speranze di una madre ormai anziana di vedere il proprio unico figlio felicemente realizzato nel lavoro, dopo anni di sacrifici fatti come operaia in una seteria di un piccolo villaggiodella provincia di Shinshu, per mantenerlo agli studi fino all’università, vengono disilluse dal suo viaggio a Tokio, dove scopre che il giovane, nonostante la laurea, ha trovato soltanto un modesto impiego, mal retribuito, come insegnante presso una scuola serale e vive con la moglie ed il figlio da poco nato in un angusta casetta alla periferia della metropoli, che ricorda suggestivamente le borgate pasoliniane di Mamma Roma, film di un altro grande poeta, vissuto come Ozu per tutta vita con la madre, ed ispirato come questo dalla venerazione del regista per la figura materna.
La qualità di questo film, nonostante sia stato prelevato da Youtube, è discreta. Non ho trovato versioni migliori.
Un film di Alfred Hitchcock. Con Henry Kendall, Joan Barry, Percy Marmont, Betty Amann, Elsie Randolph, Aubrey Dexter, Hannah Jones Titolo originale Rich and Strange.Drammatico, b/n durata 92 min. – Gran Bretagna 1932. MYMONETRO Ricco e strano valutazione media: 3,00 su 4 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Fred ed Emily sono una coppia di giovani sposi che conduce una vita molto banale, alla periferia di una grande città. All’improvviso ricevono una grossa eredità e decidono di concedersi un viaggio in nave verso Oriente, ma l’atmosfera della vacanza di lusso li travolge: Fred si lascia sedurre da una principessa esotica ed affascinante, in realtà molto spregiudicata; Emily è corteggiata da Gordon, un romantico piantatore che le propone di abbandonare il marito per seguirlo in India. Tra i due coniugi si accende una lotta di odio e rancore, quando la nave fa naufragio nel mar della Cina. Bloccati in cabina, si perdonano tutto e giurano amore eterno davanti alla morte, cadendo poi in un sonno profondo. Al loro risveglio si accorgono di essere rimasti gli unici occupanti del piroscafo, insieme ad un gatto nero. Salvati da una giunca cinese, assistono alla morte di un asiatico e ad un parto in condizioni estreme e si rendono conto di aver mangiato il gatto nero sopravvissuto con loro dopo il naufragio, la cui pelle è inchiodata all’albero della giunca ma i cui occhi continuano comunque a splendere. Tornati a casa ricadono nella banalità quotidiana, tra litigi e dispetti, come se non fossero mai partiti. Film appartenente al primo periodo inglese del regista, Rich and Strange rientra nel filone dei melodrammi hitchcockiani realizzati ‘a prova di thriller’: ottima testimonianza del fatto che temi da commedia possono essere trattati con un’intensità creativa davvero unica.
Il barone Frankenstein, tormentato dall’idea di aver inventato un mostro, decide di partire con la moglie, ma il dr. Pretorius lo costringe a un altro esperimento: creare un essere di sesso femminile. Quattro anni dopo il celebre Frankenstein (1931), la Universal decise di dargli un seguito. Il risultato è ottimo, secondo molti, persino migliore del precedente per l’armonia tra i vari contributi: una sceneggiatura che accentua gli aspetti umani e patetici del “mostro”; la raffinata messinscena di Whale; la bellezza dei trucchi di Jack Pierce; gli effetti speciali di John Fulton; la bravura degli interpreti. Circola un’edizione di 75′ senza il prologo con Byron e Mary Shelley e la scena in cui il mostro uccide il borgomastro. Rifatto 50 anni dopo come La sposa promessa . Seguito da Il figlio di Frankenstein .
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