l presidente (Præsidenten) è un film del 1919 diretto da Carl Theodor Dreyer
Un giudice in una cittadina danese vede la sua figlia illegittima ad un processo per l’omicidio del suo bambino appena nato. La ragazza era rimasta incinta di un aristocratico che non voleva sposarla e la stessa sorte era accaduta a sua madre. La pena per la figlia è la morte, lei gli chiede la grazia ma non potendola concedere il giudice decide di liberare la donna e di portarla fuori dal paese a tutti i costi.
La storia è una variazione della vicenda faustiana da un poema di Fausto Maria Martini del 1915. Una anziana dama dell’alta società, Alba d’Oltrevita (Lyda Borelli) stipula un patto con Mefisto (Ugo Bazzini), per riacquistare la giovinezza in cambio della quale però lei ha il divieto di innamorarsi. Alba è corteggiata da due giovani fratelli, Tristano (Andrea Habay) e Sergio (Giovanni Cini). Film muto fra i più importanti della sua generazione, sia per l’ispirazione dannunziana, che si riflette nel soggetto e nella scenografia della nobiltà decadente fortemente polarizzata sull’estetica Liberty, sia per l’interpretazione di Lyda Borelli, star del muto italiano. La colonna sonora è firmata da Pietro Mascagni, uno dei maggiori compositori dell’epoca e primo compositore di professione in Italia a firmare una colonna sonora, sincronizzandola con le scene del film (lavoro che definì “lungo, improbo e difficilissimo”)
Un uomo incontra per strada una bella signora e decide di seguirla fino al cinematografo dove, approfittando del buio della sala, tenta una serie di approcci.
Un film di Stuart Paton. Con Allen Holubar, Jane Gail, Dan Hanlon, Edna Pendleton, Matt Moore, Lois Alexander, William Welsh, Curtis Benton, Howard Crampton. Titolo originale 20, 000 Leagues Under the Sea. Avventura, durata 180 min. – A 1916
Il capitano Nemo, nemico giurato di qualsiasi marineria militare, accoglie a bordo del proprio sottomarino alcuni sopravvissuti al naufragio dell’ultima sua preda. Gli ospiti del Nautilus sono di fatto prigionieri, ma imparano a rispettare il nobile comandante e, nel corso di un lungo viaggio, apprendono le meraviglie, i pericoli e i segreti del mare. Durante una sosta su un’isola sconosciuta, l’equipaggio incontra una ragazza selvaggia – forse, figlia a lungo cercata del capitano Nemo – e la mette in salvo da una banda di predoni arabi. Liberamente tratto dai romanzi “20.000 leghe sotto i mari” e “L’isola misteriosa” di Jules Verne, il film, girato in esterni alle Bahamas, contava numerose scene di azione che culminavano nel combattimento con una piovra gigantesca. I costi per le riprese sottomarine di Ernest e George Williamson furono coperti solo in parte dal grande successo del film al botteghino: una buona accoglienza da parte del pubblico che, comunque, incoraggiò la parodia Crosseyed Submarine: Or, 20,000 Peeks Under the Sea firmata da William Beaudine nel 1917.La Walt Disney girò un fortunato remake nel 1954.Una precedente versione fu realizzata dalla Biograph nel 1905.
Praga, 1820. Balduin (Wegener), studente povero, vende a Scalpinelli (Gottowt) la propria “immagine” (l’immagine riflessa che si stacca dallo specchio) per 100 000 fiorini. Con l’oro maledetto spera di avere più facile accesso alla casa della ricca aristocratica (Berger) della quale è invaghito. Il suo “doppio” comincia a perseguitarlo, finché, incontratolo in casa, Balduin gli spara. E ferisce a morte sé stesso. Ispirato a La meravigliosa storia di Peter Schlemihl (1814) di Adalbert von Chamisso, sceneggiato da Hanns Heinz Ewers e ambientato sullo sfondo di una Praga di cui la fotografia di Guido Seeber sottolinea, con sovrimpressioni e trucchi ottici, gli aspetti più angosciosi e inquietanti, è considerato il precursore dell’espressionismo al cinema. Ne riprende temi (sdoppiamento della personalità, violenza del destino), segni, sortilegi, pathos luttuoso. Attraverso la presenza di Wegener, pure collaboratore alla sceneggiatura e futuro regista (e qui, come attore, fisicamente fuori parte), c’è chi vi vede l’influenza del grande ed eclettico Max Reinhardt. Fu considerato la 1ª opera d’arte del cinema germanico. La sua componente espressionista fu accentuata nel rifacimento del 1926, diretto da Henrik Galeen con Conrad Veidt e Werner Krauss. 2° remake nel 1935 con la regia di Arthur Robison.
Mary Pickford “La giovane donna”, del film, è abbastanza preso da Edwin August; In realtà, egli è il suo “ideale”. Ma il rifiuto del signor agosto a restare coinvolto in una rissa di strada lo fa sembrare un codardo alla signora Pickford. Nel frattempo, il detenuto Alfred Paget è fuggito dal carcere; e, lui è “una bestia a bada”. Mentre la Pickford e August vanno a fare un giro in automobile, Paget riesce, in un’imboscata, a prendere i vestiti e la pistola dell’uomo. Pickford cade ancora sostenendo che August è un vigliacco, e se ne va. Infine August può salvare la sua ragazza, e dimostrare che non è un vigliacco
Una delle prime versioni cinematografiche tratte dai romanzi di Lewis Carroll; il film aveva come protagonista Viola Savoy. Nata nel 1899 a Brooklyn, l’attrice interpretò sullo schermo solo questo ruolo insieme a un altro film, The Spendthrift.
Alice, recatasi a un picnic con la sorella, mentre quest’ultima legge ad alta voce vicino a un ruscello, si mette a sonnecchiare. In sogno, Alice è condotta dal coniglio bianco nel paese delle meraviglie dove la ragazza vivrà una serie di avventure: incontrerà un bruco che fuma il narghilè, la duchessa, Panco Pinco e Pinco Panco, lo Stregatto. Giocherà a croquet con il re e la regina di cuori usando come mazza un fenicottero e vedrà eseguire la quadriglia da trichechi e aragoste. Dopo essere stata chiamata come testimone a un processo che potrebbe finire con una condanna capitale, lei si rifiuta di testimoniare dichiarando che tutti i partecipanti non sono altro che un mazzo di carte da gioco.
Fedele a quella che era ormai diventata una sua prassi abituale, Griffith cominciò a lavorare al suo nuovo film durante il montaggio di The Clansman, nel tardo autunno del 1914. Il nuovo film, intitolato The Mother and The Law, era stato pensato come un progetto complementare a The Escape, già distribuito nei primi mesi dello stesso anno. Griffith scritturò nuovamente Mae Marsh e Bobby Harron per un secondo studio sulla prostituzione e la lotta tra bande nei bassifondi della città. Nel gennaio del 1915, quando il film in 3 rulli era praticamente completato, Griffith poté dedicarsi interamente alla promozione del suo lungometraggio sulla guerra civile. Verso la fine di febbraio lasciò la California per sovrintendere alla “prima” newyorchese e dare battaglia ai suoi avversari scatenati sul fronte della censura. Nel maggio, quando le controversie suscitate da The Birth avevano raggiunto il loro apice, Griffith tornò a dedicarsi alla sua storia di bassifondi, intenzionato a sfruttare il grande successo di The Birth. Fu allora che prese la fatidica decisione di ampliare la vicenda, trasformando The Mother in una denuncia dello sfruttamento industriale. Fece allestire set sontuosi (in particolare il ballo di Mary Jenkins, la sala da ballo degli operai, il tribunale di Chicago e le forche di San Quintino), aggiunse la sequenza dello sciopero e il salvataggio in extremis; e introdusse il tema del proprietario della fabbrica, Jenkins, della sua sgraziata sorella e dei crudeli riformatori sociali. I nuovi sviluppi della trama furono determinati, in parte, dal tentativo di sfruttare l’attualità giornalistica delle vicende che vedevano coinvolto John D. Rockfeller Jr., che già nel 1913 aveva suscitato controversie e rancori con la creazione della Fondazione Rockfeller e che ora si trovava a dover rispondere a una commissione d’inchiesta governativa sul ruolo da lui svolto durante lo sciopero di minatori che nel 1914, a Ludlow, nella sua Colorado Fuel and Iron Company, era sfociato in un massacro. Per creare questa nuova possente introduzione, Griffith intrecciò dettagli di quello sciopero con i disordini ancora più sanguinosi che nello stesso anno avevano accompagnato lo sciopero della Rockfeller Standard Oil di Bayonne, nel New Jersey. Nella nuova versione ampliata di The Mother, sono un industriale tirannico e una organizzazione benefica puritana a scatenare le disgrazie che cadono su Mae Marsh e sul suo sfortunato innamorato e che non conducono solo all’ingiusta condanna di Bobby Harron per omicidio, ma anche alla sottrazione coatta del loro bambino e a un’elaborata, nuova lunghissima sequenza di salvataggio in extremis che comprende una locomotiva, un’auto da corsa, un telefono e i famosi rasoi dell’impiccagione.Griffith continuò le riprese della sua storia moderna durante l’estate del 1915, girando ex novo il processo di Harron, le scene del carcere e la corsa risolutiva di Marsh. Nel frattempo (a metà settembre) iniziò a lavorare alla storia francese. Questo fu il primo dei due memorabili sviluppi legati all’evoluzione del film: la decisione di creare una controparte storica da raccontare parallelamente alla storia moderna. Non possiamo dire con esattezza se a questo punto Griffith intendesse contrapporre solo l’episodio francese e il moderno – mettendo a confronto gli eventi scaturiti dal massacro di Ludlow con quelli che, nella Francia del 1572, si conclusero con il massacro della notte di San Bartolomeo – o se invece l’idea della struttura in 4 episodi fosse nata simultaneamente. Già di per sé, l’aggiunta dell’episodio francese apriva il film in modo sorprendentemente innovativo, fornendo uno straordinario capovolgimento della storia moderna. L’attenzione ora era focalizzata interamente su due eventi sanguinari provocati da donne nevrotiche e violente insensibili ai diritti della famiglia in un film ancora appropriatamente intitolato The Mother and the Law. Sia che Griffith avesse contemplato o meno l’idea di fermarsi alla storia francese, fin dall’inizio dell’espansione l’accento è posto sulla spettacolarità. I fotogrammi depositati per il copyright con alcuni interni del palazzo del Louvre imbibiti a mano [o colorati con il procedimento Handschiegl?] provano che Griffith aveva girato una versione più lunga del letale intrigo di corte che coinvolgeva l’ammiraglio de Coligny, il re di Navarra e la famiglia Guisa, che in seguito avrebbe tagliato.La seconda importante decisione da parte di Griffith emerse solo verso la fine dell’anno, quando i famosi set dell’episodio babilonese cominciarono a giganteggiare sulle villette hollywoodiane di Sunset Boulevard. L’inizio delle riprese dell’episodio più costoso ebbero tutti i crismi del primo giorno di lavorazione di un nuovo film; e del resto, in un certo senso, di questo si trattava. Griffith dette un nuovo assetto e ridefinì drasticamente il suo film, poiché ora all’episodio francese e a quello moderno veniva contrapposta la fastosa e chimerica ricostruzione storica di un edonistico e pre-cristiano regno delle meraviglie. Ad alcune celebrità dell’epoca – tra cui il governatore della California Hiram Johnson – venne concesso di visitare i set. Nel gennaio del 1916 Griffith mise a pieno regime le maestranze della Fine Arts. Bitzer poté disporre di quattordici cameraman, che si alternavano sul set in base ai rispettivi impegni di routine, e “non era affatto inusuale vedere al lavoro otto cineprese contemporaneamente” (da The Brooklyn Citizen, 6 novembre 1916). L’episodio babilonese richiese 4 mesi di riprese, dal gennaio all’aprile del 1916, più di quanto avesse richiesto l’intera lavorazione di The Birth of a Nation. E, quando fu terminato, Griffith rimaneggiò nuovamente la storia moderna. Ancora insoddisfatto delle scene del processo e dell’esecuzione, fece ricostruire i set che aveva mandato al macero l’estate precedente. Una foto di scena ritrovata da Marc Wanamaker verso la fine degli anni ’80 ci mostra i set delle forche e di una porzione dell’aula giudiziaria appena ricostruiti sul pavimento della gigantesca scenografia babilonese. Poi Griffith fece allestire un altro set per girare la sequenza di Lillian Gish che dondola la culla.Il risultato finale, con l’aggiunta delle scene della Passione (girate nel dicembre del 1915) era un conglomerato di storie e stili diversi in cerca di un principio unificatore. In parte dramma allegorico, in parte circo a tre piste, il film era in carattere con il nuovo eclettismo estetico che aveva definitivamente sepolto il vecchio ideale di sintesi organica. Insieme con Treemonisha di Scott Joplin e la Terza Sinfonia di Charles Ives, Intolerance rimane uno dei grandi ibridi dell’epoca. Le “prime” e la distribuzione di Intolerance costituiscono un racconto molto complesso, come ho descritto abbastanza dettagliatamente in occasione della presentazione della copia restaurata dal Museum of Modern Art’s nel 1989 (Merritt, “D.W. Griffith’s Intolerance: Reconstructing an Unaittanable Text”, Film History, Vol. 4, inverno 1990, p. 337-375). [Il film restaurato venne presentato al MoMa di New York nell’ottobre del 1989, e vide la sua anteprima europea a Pordenone un anno dopo]. Ma dall’inizio, Griffith continuò a considerare il suo film come “una maestosa improvvisazione” (la definizione è di Richard Schickel), rimaneggiandolo a più riprese per almeno altri 10 anni. La prima proiezione pubblica di Intolerance ebbe luogo all’Orpheum Theater di Riverside, in California, il 4 agosto del 1916, dove tenne cartellone per due giorni con il titolo alquanto pomposo di The Downfall of All Nations, or Hatred The Oppressor, diretto da un certo Dante Guilio [sic] – che la stampa definiva “il famoso regista italiano attualmente prigioniero degli austriaci nelle prigioni viennesi”. Secondo gli annunci pubblicitari, il film epico di Dante Guilio – che si proclamava “PIÙ GRANDE DI ‘THE KLANSMAN’, ‘CABIRIA’ E ‘BEN-HUR’ MESSI INSIEME” – era costituito da 11 rulli. In quella fatidica occasione, le didascalie soporifere e i dettagli tediosi del film fiaccarono la resistenza di almeno un paio di spettatori; gli stessi due che in seguito – in modo abbastanza fuorviante – gli attribuirono tempi di durata wagneriana. Negli anni ’20, Lillian Gish ricordava quella serata come un’esperienza estenuante che sembrava non dovesse “finire mai”. Mentre il rettore della Stanford University, David Starr Jordan, ricordando l’anteprima di Riverside a sei mesi di distanza, le attribuiva una durata di almeno 6 ore, anche se ammetteva di aver assistito solo alla prima parte. Da questi racconti, sono nate le leggende sulla lunghezza smodata del film; che in realtà – anche alle sue anteprime – si ritiene non raggiungesse le 3 ore di durata. Ciò non di meno, anche dalle recensioni dell’epoca emerge chiaramente che il film era considerato lento e le sue didascalie verbose. Riverside fu solo la prima tappa di una lunga serie di anteprime pubbliche di Intolerance. Griffith tornò a Los Angeles per modificare le didascalie e il montaggio, e dieci giorni dopo organizzò una seconda proiezione, stavolta a Pomona, in California. Il titolo era ancora The Downfall of All Nations, e Griffith continuava a chiamarsi Dante Guilio, ma la nuova pubblicità annunciava un film di 12 rulli e il giornalista del Progress di Pomona gli attribuiva una durata di “quasi 3 ore”. Il film, presentato con l’accompagnamento musicale di “un’orchestra sinfonica” di 8 elementi, riempì le prime pagine dei giornali di titoli trionfali, ma lo spettacolo continuava chiaramente a non funzionare (The Pomona Bulletin, 17 agosto 1916).Dietro le quinte, l’aiuto regista Joseph Henabery esprimeva il proprio senso di delusione, peraltro condiviso da altri, su questo secondo tentativo: “Il film mi lasciava molto perplesso. Ero scoraggiato e insoddisfatto… Griffith aveva accumulato troppo materiale… Ma la cosa che mi disturbava più di tutto erano le didascalie”. La stampa locale dette voce allo scontento generale. Per il Progress di Pomona “Il dramma umano emerge solo nelle scene in cui la povera madre mostra la sua devozione per il bambino e per il marito perseguitato”. Un altro giornalista, dopo aver intervistato Griffith, scrisse: “Occorre un riordinamento delle migliaia di scene, un drastico taglio delle sequenze inutili, e un adeguato commento musicale – affinché il carattere di ogni singola scena, immagini e musica, possa raggiungere il suo culmine drammatico. Il signor Griffith ha davanti a sé ancora parecchi giorni di duro lavoro prima che il suo ponderoso dramma sia pronto per il pubblico”. Griffith rimaneggiò nuovamente il film, e organizzò una terza anteprima pubblica a San Luis Obispo, cui fece seguire una proiezione privata per la stampa al Tally’s Broadway Theater di Los Angeles. Infine decise di portare il film a New York per il suo debutto ufficiale.La sera della “prima” al Liberty, il 5 settembre del 1916, fu uno spettacolo nello spettacolo. Lo scenografo di Griffith aveva trasformato il teatro in un tempio assiro, con incensi che bruciavano nel foyer adorno di sagome di legno e decorazioni di gusto orientale. Le mascherine erano vestite da sacerdotesse babilonesi, mentre gli uscieri esibivano smoking di raso rosso e nero. Per preparare la serata, Griffith visse praticamente nel teatro per 10 giorni di fila, controllando di persona non solo le prove dell’orchestra di 40 elementi e del coro, ma anche lo speciale sistema d’illuminazione appositamente ideato per proiettare sullo schermo varie sfumature di colore, e l’imponente carico di marchingegni per gli effetti sonori che, stando ai resoconti dei giornali, era così ingombrante da dover essere stipato nel retropalco del Liberty. Anche i proiezionisti furono impegnati 18 ore al giorno per mettere a punto le varie velocità richieste per sincronizzare il film con la musica e gli effetti sonori. The Moving Picture World (30 settembre 1916) calcolava che, in totale, per la presentazione newyorchese erano state coinvolte 134 persone, ivi compresi i 7 uomini responsabili del “considerevole quantitativo di esplosivi” usato per le scene di battaglia.Alla fine, per un motivo o per l’altro, i critici dell’anteprima newyorchese rimasero sbalorditi. Malgrado la sua pessima nomea critica, Intolerance ricevette recensioni decisamente positive. La stampa locale, quella di categoria e anche le riviste per amatori saltarono sul carro del vincitore, esprimendo solo qualche riserva su dettagli minori. Julian Johnson di Photoplay (dicembre 1916) scrisse: “È una piacevole carrellata storica; un veloce viaggio attraverso i secoli, un corso didattico condensato in una sola serata. Intolerance è il più straordinario esperimento di racconto per immagini mai tentato prima”.Secondo l’Herald di New York (6 settembre 1916), “…le scene della guerra babilonese hanno spinto il pubblico elettrizzato a un applauso spontaneo per il loro intenso realismo. La festa indetta da Baldassarre per celebrare la vittoria sull’assalitore Ciro si svolge in un ambiente di dimensioni colossali, con l’occhio onniveggente della cinepresa che segue passo per passo lo spettacolare evento”. Il critico del N.Y. Call (10 ottobre 1916) esibì una personale predisposizione all’epica già nel titolo della sua recensione: “L’opera più grandiosa fin qui realizzata nell’arte della regia cinematografica”. L’articolo cominciava così: “Fa sembrare Cabiria uno spettacolino di marionette – tanto per parlar chiaro”.E perfino Alexander Woollcott, pur riservando a Intolerance una stroncatura sul New York Times (10 settembre 1916) – “Lo splendore senza precedenti della ineffabile ricostruzione storica si combina con una grottesca incoerenza di disegno e una totale vacuità di pensiero” – ammetteva che “le scene spettacolari valgono abbondantemente una visita al Liberty… L’immaginazione e la forza personale che emergono da questa impresa suggeriscono un uomo di grande statura. Il signor Griffith si configura come un novello Ciro. Entrambi hanno conquistato Babilonia. E varrebbe la pena di percorrere svariate miglia anche solo per vedere l’episodio babilonese”. E sicuramente molte ne percorse Griffith, che accompagnò le anteprime del suo film attraverso tutta l’America, prima a Brooklyn e a Pittsburgh, poi a Filadelfia, Milwaukee e Saint Louis. Griffith modificò e perfezionò la presentazione, ritoccando di volta in volta alcune parti del film. Tra le altre cose, lui e la sua società decisero di ampliare l’organico del coro quando il film giunse a Chicago e a Pittsburgh; mentre, a Washington DC, al posto del coro, preferì avvalersi di solisti che cantavano sulle musiche degli episodi babilonese e francese. Quando poi, nel 1917, vendette i diritti di distribuzione di Intolerance in tutto il Paese, introdusse una clausola contrattuale che impegnava il distributore “a dedicare al film la [sua] massima attenzione e a sperimentare l’impiego di un conferenziere (il corsivo è un’aggiunta; contratto Wark/McCarthy, 9 giugno 1917; cfr. accordo Wark/McSween, 6 settembre 1917).Non sappiamo con certezza se Griffith, dopo la “prima” newyorchese, abbia aggiunto nuovo materiale fotografico al suo film, ma se così fu, ciò avvenne sicuramente a breve distanza dal debutto. Le parti in questione riguardano le sequenze con le donne seminude in posa nel tempio dell’amore, poi nuovamente inserite nella danza del Tammuz. In realtà è impossibile stabilire se le scene del tempio dell’amore e della danza del Tammuz come le vediamo oggi siano apparse in tempo per la “prima” newyorchese. Ma verso la metà di novembre quelle scene erano sicuramente al loro posto, perché un fan newyorchese mandò a Griffith un rotolo di 26 piedi di versi scadenti che vi facevano esplicito riferimento. Sappiamo che le scene erano presenti anche quando il film fu presentato a Chicago, dove il locale comitato di censura fece pressione perché Griffith le tagliasse. I nudi sopravvissero all’attacco dei censori di Chicago, così come uscirono indenni da scontri simili a San Francisco e a Los Angeles. Poi cadd ero nel mirino dei furibondi censori della Pennsylvania, cui Griffith dette strenuamente battaglia. A Pittsburgh e a Filadelfia, le scene di nudo vennero usate come oggetto di contrattazione, ma anche come elemento di distrazione per sviare l’attenzione dei censori dallo sciopero operaio e dalla satira antiriformista che molte commissioni esaminatrici ritenevano diffamatori.Vergini sacre a parte, le modifiche che Griffith apportò al film a partire dal settembre 1916 fino alla fine di febbraio del 1917, quando il tour delle anteprime americane di Intolerance si concluse, furono solo ritocchi di poco conto a un’opera anomala e di difficile controllo che sin dall’inizio si era sviluppata come una “maestosa improvvisazione”. Stabilire con esattezza quando abbia eliminato le scene descrittive dall’episodio sulla Passione di Cristo, quando abbia tolto la breve e inessenziale sequenza dell’assassinio di de Coligny durante il massacro degli ugonotti, o alterato questa o quella didascalia, è virtualmente impossibile perché Griffith non smise mai di considerare il suo film come un work in progress. Senza meno le modifiche continuarono fino al 27 febbraio del 1917, quando Griffith presenziò alla sua ultima anteprima a St. Louis. A partire da quella data, la versione del film aveva raggiunto la sua forma definitiva – e tale restò almeno fino alla fine di giugno, quando il road show di Intolerance, in sale selezionate e a prezzi speciali, ebbe termine.
In Egitto, Wendland, un giovane pittore, vuole a tutti i costi vedere una mummia che terrorizza tutti quelli che vanno a visitare la sua tomba. Dalle bende, sembra che due occhi vivi scrutino i visitatori.
Il dottor Jekyll sperimenta un filtro di sua invenzione, convinto di poter isolare ed annientare gli istinti malefici che soffocano l’innata propensione al Bene presente in ciascun individuo. L’esperimento volge, però, in tragedia poiché il Male prende il sopravvento e tramuta il rispettabile scienziato nell’abominevole Mr. Hyde, una creatura dall’aspetto ripugnante, dominata da primordiale malvagità.
Partendo da uno spunto del poeta americano Walt Whitman sull’intolleranza si raccontano quattro storie. La caduta di Babilonia: re Baldassare credendo ormai, dopo aver vinto sull’esercito della Persia, di essere al sicuro dà il via a una celebrazione fastosissima che però dà modo al nemico Ciro di sconfiggerlo. La passione di Cristo racconta tre momenti dell’esistenza di Gesù. La notte di San Bartolomeo, tratta di una storia d’amore poco prima dell’eccidio degli Ugonotti. La madre e la legge: un povero operaio, dopo uno sciopero sanguinoso, viene ingiustamente condannato a morte per omicidio. L’uomo si salverà in extremis per via della confessione dell’assassino. Uno dei film più importanti della storia del cinema.
Un film di David Wark Griffith. Con Mae Marsh, Henry Walthall, Violet Wilkey Titolo originale The Birth of a Nation. Storico, Ratings: Kids+16, b/n durata 38′ min. – USA 1915. MYMONETRO Nascita di una nazione valutazione media: 3,42 su 10 recensioni di critica, pubblico e dizionari. Si tratta di materiale stampato dalla Library of Congress intorno al 1970 a partire dai negativi originali. I due rulli consistono in materiale di ripresa e in immagini non utilizzate nel film. Le scritte a mano su alcuni fotogrammi indicano che le scene riguardano i rulli 2, 7, 10, 23, 28 e 29 nella loro numerazione prima del montaggio. Verso la fine della seconda bobina di questa raccolta, nel provino dei costumi e del trucco per Lillian Gish e Walter Long, si intravede ogni tanto il celebre cappello di paglia utilizzato da Griffith: lo si può scorgere nell’angolo in basso a destra dell’inquadratura
Quando uscì, Frankenstein fu accolto con favore dalla critica, ma il pubblico lo dimenticò rapidamente, finché negli anni Sessanta, pur risultando perduto, tornò a far notizia in quanto costituiva la prima versione cinematografica del romanzo di Mary Shelley. Nel 1980 aveva raggiunto una notorietà tale da essere incluso – unico titolo risalente all’epoca dei nickelodeon – nella lista dei film “più ricercati” dell’American Film Institute.In realtà una copia nitrato di Frankenstein esisteva nella collezione di Alois F. Dettlaff, che aveva iniziato a raccogliere pellicole infiammabili sin dal 1928. Egli aveva acquisito il film di Dawley da un ambulante del circuito regionale negli anni Cinquanta. Per trent’anni archivi e privati vari tentarono di raggiungere con lui un accordo per ottenere l’accesso al film (che negli anni Settanta egli stesso aveva trasferito su acetato 35mm). Pur avendo organizzato qualche proiezione locale e permesso la distribuzione di brevi estratti e di copie video protette, Dettlaff non rese il film disponibile su più vasta scala se non nel 2002, quando lo pubblicò privatamente su DVD. Se il trucco di Charles Ogle sembra ispirato ai vari allestimenti teatrali ottocenteschi di questo soggetto, l’adattamento di Dawley si rifà a E.T.A. Hoffmann e al Dr. Jekyll and Mr. Hyde portato sulle scene da Richard Mansfield.Il mostro è presentato come un classico doppelgänger, che riflette “il male nella mente di Frankenstein”, ossessionando il suo creatore. Gli effetti speciali impiegati nella scena della creazione sono indubbiamente notevoli, ma le immagini riflesse nello specchio che si vedono nel finale e che anticipano le varie versioni di Der Student von Prag (Lo studente di Praga), sono forse ancor più significative. – Richard Koszarski
Dopo decenni di luoghi comuni (Cabiria come antenato ideologico del fascismo, il suo regista come “inventore” del carrello, le sue architetture “studiate” da Griffith durante la lavorazione di Intolerance, le acrobazie verbali di D’Annunzio), l’opus magnum di Pastrone è finalmente oggetto di una meritata revisione critica. Il disegno e la struttura del film emergono soprattutto osservando la meticolosa concatenazione delle azioni parallele all’interno dell’inquadratura e la lussureggiante ricchezza di dettaglio nelle scene d’interni, esaltate da un impiego del colore (tintura e viraggio) efficace negli effetti quanto misurato nelle variazioni. Ecco una preziosa occasione per paragonare la più recente ricostruzione della versione 1914 del film con gli affascinanti scarti di lavorazione presentati al Ridotto del Verdi durante le Giornate.
Broken Blossoms è il più complicato tra tutti i film di Griffith; anzi, probabilmente è il film americano muto dalla maggiore complessità di disegno in assoluto. La complessità formale non è una virtù in sé, naturalmente. Ma le perfezioni formali di Broken Blossoms si conformano in modo ideale alle esigenze narrative di Griffith. Roger Shattuck, parlando di pittura moderna, associa il piacere che deriva dall’osservazione della pittura astratta alle proiezioni personali sulle forme non rappresentative della realtà. I piaceri che ci derivano da Broken Blossoms sono del genere opposto: in esso, possiamo andare oltre la descrizione griffithiana di un mondo naturale per trovare una bellezza formale nascosta.Innanzitutto dobbiamo considerare i rischi che Griffith si assunse con questa nuova storia. E non mi riferisco alle incognite del box-office – anche se, nel 1919, chiedere 3 dollari a biglietto per un film a basso costo di 6 rulli richiedeva una discreta dose di temerarietà. Ma l’aspetto più straordinario riguarda la volontà di Griffith di inoltrarsi in un terreno inesplorato e psicologicamente rischioso. In Broken Blossoms, Griffith abbassa la guardia. Attività ovviamente tabù o aspramente criticate in The Birth of a Nation e Intolerance – incrocio di razze, autoerotismo, voyeurismo, masticatura d’oppio e omicidio per vendetta – vengono trasformate in attività sensoriali gratificanti che creano pericolose risonanze di anticonformismo. Gli scarsi riferimenti del film alla cultura postbellica dell’America del 1919, lungi dall’assecondare la rampante xenofobia nazionale o il diffuso sentimento di autocompiacimento, riguardano il lato più oscuro del provincialismo americano. Per la prima volta nell’opera di Griffith, il fanatismo razzista diventa bersaglio di aspre critiche. Né appaiono meno straordinarie le fugaci allusioni del film agli operai delle fabbriche di munizioni, ai marinai americani e alla prima guerra mondiale, che, in contrasto col consueto idealismo utopistico di Griffith, descrivono una società triste e autodistruttiva guidata dalla violenza e dall’ignoranza.Questo piccolo film, girato in 18 giorni e con un modesto budget di 92.000 dollari, era stato pensato come un programmer di routine e quando Griffith avanzò la proposta di distribuirlo a sé, e a prezzi speciali, Adolph Zukor gli oppose un netto rifiuto, a quanto pare dicendogli: “Mi presenti un film come questo e pretendi anche di guadagnarci? Ma se muoiono tutti!”. Infine, su insistenza dei suoi principali consulenti finanziari, Griffith ricomprò il film e lo fece distribuire nel circuito di sale di Klaw ed Erlanger organizzandogli una elegante tournée. Fu un successo clamoroso. Poi il film raggiunse le normali sale di programmazione, come prima distribuzione della nuova United Artists Corporation. Sfruttando la scia della sontuosa campagna pubblicitaria orchestrata da Griffith, Broken Blossoms divenne uno dei tre maggiori successi commerciali della United Artists. Ancora oggi, Broken Blossoms continua a ricevere una notevole attenzione critica; e negli ultimi 10 anni ha ricevuto un numero di contributi probabilmente superiore a quelli dedicati a Intolerance e a The Birth of a Nation. Stimolanti disamine che hanno riguardato la narrazione o le poco ortodosse strategie di commercializzazione e presentazione adottate da Griffith, le relazioni tra il film e gli stereotipi anti-asiatici contemporanei, la sua promozione come film d’arte e la sua rappresentazione della struttura di classe, tutte con risultati di notevole interesse.Ma il film è interessante anche per le sue modalità di racconto. Al contrario dei suoi sovraccarichi e prolissi predecessori, The Birth of a Nation e Intolerance, Broken Blossoms è caratterizzato da uno stile narrativo ingannevolmente semplice e lineare solo in apparenza. E forse proprio per questo motivo l’organizzazione interna del suo racconto è stata in genere trascurata. Eppure, questa apparente semplicità rivela una padronanza del mezzo che, per sottigliezza di sfumature, non mi sembra meno affascinante della più vistosa sperimentazione di Intolerance. Broken Blossoms è un film che si contraddistingue soprattutto per la sua straordinaria compressione. La concentrazione di tempo e spazio dà ai personaggi, agli oggetti, alle scenografie un intenso potere metaforico che non viene mai dissipato. Griffith ricorre agli elementi tradizionalmente usati per illustrare gli aspetti deteriori della vita a Limehouse: una fumeria d’oppio, una casa da gioco, un negozio di curiosità, il tugurio dei Burrows. Curiosamente, però, spoglia questi luoghi dei consueti dettagli prosaici e sordidi. La strada desolata in cui vive Cheng Huan è pulita e ben conservata; il porto su cui si affaccia l’appartamento di Lucy è immobile e semideserto. Il contrasto tra i bassifondi della terra d’origine e quelli di luoghi remoti si basa sulla contrapposizione tra vitalità e mancanza di vita piuttosto che sull’abusato stereotipo tra pulizia e sporcizia di Burke (il quale non fa che ricordare al suo lettore i “miasmi mefitici”, le “mani sporche” e il “viscidume che ricopre gli slum” di Limehouse). La fumeria d’oppio è vista letteralmente attraverso un velo romantico (grazie al filtro diffusore usato da Henrik Sartov), e i dettagli esotici (i musicisti, gli strumenti, una mangiatrice d’oppio sdraiata sul divano) sono definiti con grande nitidezza di contorni. Ovviamente, Griffith introduce la mescolanza tra razze come un esempio di turpitudine; e tuttavia nelle sequenze della fumeria d’oppio spira un’aria di ordine classico e di serenità che contrasta con qualsiasi idea di degenerazione. I vicoli dei bassifondi alla Hogarth di film quali Easy Street di Chaplin o Humoresque di Borzage qui lasciano il posto a spazi cittadini vuoti e dall’azione sospesa alla Hopper. I parallelismi che Griffith traccia tra Lucy e l’uomo cinese sono sostanziali, ma in ultima analisi sono più importanti le differenze delle similitudini. Lucy non apprezza né capisce l’amore che Cheng Huan le offre. I piaceri che le derivano dalla sua frequentazione sono quelli di una creatura maltrattata e immatura irresistibilmente attratta dal semplice richiamo delle cose materiali. Per lei, l’appartamento del cinese diventa una sorta di padiglione magico che si fonde coi regali della madre come raffigurazione della bellezza, anche se questa associazione non va mai oltre il suo splendore esotico. Lucy, che non sopporta di essere toccata (il che non sorprende, visto l’uso che fa della frusta il padre) si lascia sfiorare dalla mano di Cheng solo mentre è assorta nella contemplazione delle belle cose che le ha appena regalato (la veste, la guarnizione per capelli orientale che sostituisce i nastri). La bambola, sia letteralmente che figurativamente, diventa la fonte di quella espressione – l’attenzione di Lucy distolta da Cheng Huan verso il suo regalo.La possibilità di una soluzione positiva del loro rapporto viene costantemente prospettata, ma solo per essere sviata immediatamente dopo. L’espressione meravigliata che compare sulla faccia di lei mentre si guarda allo specchio, si tocca le labbra e gli sorride, sembra suggerire che stia scoprendo se stessa, e che tra i due possa nascere una possibilità di contatto. Ma subito dopo lei si limita a carezzargli la guancia come farebbe con un gatto e a chiedergli: “Perché sei così buono con me, cinese?”. Cheng risponde alla sua ingenua domanda con un sorriso, ma la barriera che Griffith eleva contrapponendo l’ignoranza e il pregiudizio della classe inferiore cui appartiene Lucy all’idealismo di alta casta dell’orientale allarga ulteriormente il divario creato dai sogni contrastanti e dalla diversa immagine che i due hanno l’uno dell’altro. In altre parole, il vero motivo che distrugge la loro relazione non è l’intervento di Battling Burrows. L’idillio stesso è basato su illusioni che impediscono ad entrambi gli innamorati di vedere l’altro nella sua luce reale; per questo la loro relazione non ha alcuna possibilità di sviluppo.Da lla nostra prospettiva, è interessante notare come gli sviluppi potenziali della loro relazione, ma anche le sue limitazioni, siano intimamente associati agli oggetti di scena e alle scenografie. La storia d’amore è costruita su continui riferimenti a una molteplicità di oggetti quali bambole, fiori, nastri, incenso e splendidi abiti; ma anche sulle diverse percezioni che di questi oggetti hanno due innamorati chiusi in sogni e aspirazioni individuali che difficilmente possono condividere.Riducendo gradualmente il repertorio degli elementi all’interno della sua mise en scène e riciclandoli in continuazione, Griffith crea un’abile mistificazione attraverso la quale i dettagli scenografici e i gesti appaiono rilevanti solo per la loro reiterazione pur senza avere uno scopo funzionale dimostrabile. Essi alludono ad affinità segrete, a ‘recondite armonie’; ma inducono a comparazioni ingannevoli che non conducono da nessuna parte. Allo stesso tempo, questa rigorosa compressione aiuta Griffith a fermare – o a contenere – la progressione narrativa. I costanti rimandi a questi dettagli, che sono praticamente disseminati e sepolti all’interno di tutto il racconto, ci incoraggiano a leggere il film come un mosaico – portandoci avanti e indietro mentre colleghiamo le nuove tessere con quelle che le hanno precedute pur se la narrazione ci spinge sempre in avanti. In questo contesto, anche la ripetizione delle avance di Cheng Huan verso Lucy appartiene alla profusione di paragoni che legano i tre personaggi e i loro diversi ambienti, ma potrebbe del pari non avere un significato proprio ma tendere unicamente a rafforzare un certo nitore formale. Se la vicenda solleva qualche momentaneo dubbio sull’eroismo di Cheng Huan, questo viene però ristabilito, e allo stesso tempo ridefinito, alla fine del film. Quando gli viene strappata Lucy, Cheng sa cosa deve fare. Dopo un iniziale collasso isterico (dove la sua posizione rannicchiata accanto al letto, mentre si stringe al volto la veste strappata, riecheggia la posizione di Lucy che stringeva la sua bambola nel letto), si alza e prende la sua pistola. Dopo aver perso la creatura amata e idealizzata, Cheng perde anche il suo pacifismo, e sposa la violenza come unica alternativa. Affronta quindi Battling Burrows, in una scena caratterizzata da sottile ironia e dal rovesciamento finale dei ruoli.L’assegnazione delle armi confonde tutte le associazioni convenzionali all’Asia e all’uomo bianco. Nella storia di Burke, Cheng Huan lascia un serpente come fatale “dono d’amore” per il pugile. Nel film di Griffith, l’immagine del serpente viene invece associata alla frusta che Battling Burrows usa per tormentare e percuotere l’indifesa Lucy. L’accetta brandita da Burrows ha perfino un’associazione ancora più diretta con l’Oriente, in quanto arma tradizionalmente usata per le esecuzioni capitali in Cina. La sei colpi di Cheng Huan, al contrario, non solo è un emblema della giustizia violenta dei western, ma è anche la prima arma che si discosti totalmente dalla abusata convenzione cinematografica dell’uomo orientale con accette “alla Fu Manchu”. La fine ricorda l’inizio, con la “giustezza” della decisione del cinese rivista in termini western. Cheng Huan stermina Battling Burrows con un atto di vendetta, e al “messaggio di pace” del Buddha si sostituisce il “la vendetta è mia” del Vecchio Testamento. Dopo la precipitosa serie di perdite, capovolgimenti e separazioni, l’unica soluzione possibile è l’auto-annientamento. Dopo essere sceso al livello di un killer vendicativo di stampo western, Cheng espia con un atto di harakiri di stile asiatico. Confondendo l’usanza cinese con quella giapponese, Griffith conclude il suo film intrecciando sofferenza poetica e misticismo orientale. Ma perfino il richiamo finale alla convenzione western, con il melodrammatico salvataggio all’ultimo minuto – pur amatissimo da Griffith – viene rovesciato e liquidato come irrilevante. La polizia locale, informata dell’assassinio di Burrows, corre alla volta del negozio di Cheng per arrestarlo. Griffith inizia il montaggio alternato tra la corsa della polizia e i preparativi di suicidio del cinese, come se intendesse mettere in scena l’ennesimo intervento salvifico. Ma, concentrandosi sulle attività rituali di Cheng, Griffith perde ogni interesse per l’avanzata dei poliziotti; e costruendo la scena del suicidio in un profluvio di campanelle da preghiera, incenso, candele, fiori, e icone dall’aspetto di bambole, la trasforma nella scena dei sogni frustrati e dell’amore infelice di Cheng. Di conseguenza, i “soccorritori” si riducono al ruolo di intrusi profani, e tutte le nozioni di “salvataggio”, con annesso arresto finale da parte dei poliziotti, vengono fatte apparire ingenue e grossolane. Le autorità, naturalmente, arrivano troppo tardi, e perfino il loro ruolo di spettatori inconsapevoli viene minimizzato. Quando arrivano nel negozio di Cheng Huan, come ha scritto Edward Wagenknecht, “noi li vediamo entrare ma non entriamo con loro” (Edward Wagenknecht e Anthony Slide, The Films of D.W. Griffith, 1975). Per la prima volta nella sua carriera, Griffith salta la scena clou dell’incontro tra gli aspiranti salvatori e il loro obiettivo. Nell’ultima sequenza, Griffith rimette al passo la forza propulsiva della narrazione lineare per completare il suo disegno simmetrico. Quando le autorità entrano nel negozio di Cheng, invece di mostrarci ciò che vedono, Griffith conclude il suo film come l’aveva cominciato: un monaco buddista percuote il gong del tempio e una nave esce dal porto di Shanghai.
The outstanding Flicker Alley 5-disc set Georges Méliès: First Wizard of Cinema (1896-1913) is now published, and I have my copy. Naturally, it’s a sensational package. Put together by Eric Lange (Lobster Films) and David Shepard (Blackhawk Films) from the archival holdings from seventeen collections across eight countries, the elegantly-presented DVDs comprises 173 titles (including one unidentified fragment) – almost (though not quite) every extant Georges Méliès film, plus the Georges Franju 1953 film, Le Grand Méliès. The DVDs are region 0, NTSC format. The set comes with a well-illustrated booklet, which has essays by Norman McLaren (something of a surprise – it’s a transcript of an audio recording he made for a conference he couldn’t attend) and a long piece by John Frazer on Méliès’ life and work, adapted by Shepard from a text first written by Frazer in 1979. The full list of titles is now available on the Flicker Alley site, but here’s The Bioscope’s version, with the titles in the chronological order in which they appear on the DVDs, with Star-Film catalogue number, original French title and English title. 1896 1 – Partie de cartes, une/Playing Cards 26 – Nuit terrible, une/Terrible Night, a 70 – Escamotage d’une dame chez Robert-Houdin/Vanishing Lady, the 82 – Cauchemar, le/Nightmare, A 1897 96 – Château hanté, le/Haunted Castle, The 106 – Prise de Tournavos, la/Surrender of Tournavos, The 112 – Entre Calais et Douvres/Between Calais and Dover 122-123 – Auberge ensorcelée, l’/Bewitched Inn, the 128 – Après le bal (le tub)/After the Ball 1898 147 – Visite sous-marine du Maine/Divers at Work on the Wreck of the “Maine” 151 – Panorama pris d’un train en marche/Panorama from Top of a Moving Train 153 – Magicien, le/Magician, The 155 – Illusions fantasmagoriques/Famous Box Trick, The 159 – Guillaume Tell et le clown/Adventures of William Tell, The 160-162 – Lune à un mètre, la/Astronomer’s Dream, The 167 – Homme de têtes, un/Four Troublesome Heads, The 169 – Tentation de Saint Antoine/Temptation of St Anthony, the Entrevue de Dreyfus et de sa femme à Rennes 1899 183 – Impressionniste fin de siècle, l’/Conjurer, The 185-187 – Diable au couvent, le/Devil in a Convent, The 188 – Danse du feu/Pillar of Fire, The 196 – Portrait mystérieux, le/Mysterious Portrait, The 206 – Affaire Dreyfus, la dictée du bordereau/Dreyfus Court Martial – Arrest of Dreyfus 207 – Ile du diable, l’/Dreyfus: Devil’s Island – Within the Palisade 208 – Mise aux fers de Dreyfus/Dreyfus Put in Irons 209 – Suicide du Colonel Henry/Dreyfus: Suicide of Colonel Henry 210 – Débarquement à Quiberon/Landing of Dreyfus at Quiberon 211 – Entrevue de Dreyfus et de sa femme à Rennes/Dreyfus Meets His Wife at Rennes 212 – Attentat contre Me Labori/Dreyfus: The Attempt Against the Life of Maître Labori 213 – Bagarre entre journalistes/Dreyfus: The Fight of Reporters 214-215 – Conseil de guerre en séance à Rennes, le/Dreyfus: The Court Martial at Rennes 219-224 – Cendrillon/Cinderella 226-227 – Chevalier mystère, le/Mysterious Knight, The 234 – Tom Whisky ou l’illusionniste truqué/Addition and Subtraction L’Homme-orchestre 1900 243 – Vengeance du gâte-sauce, la/Cook’s Revenge, The 244 – Infortunes d’un explorateur, les/Misfortunes of an Explorer, The 262-263 – Homme-orchestre, l’/One-Man Band, The 264-275 – Jeanne d’Arc/Joan of Arc 281-282 – Rêve du Radjah ou la forêt enchantée, le/Rajah’s Dream, The 285-286 – Sorcier, le prince et le bon génie, le/Wizard, the Prince and the Good Fairy, The 289-291 – Livre magique/Magic Book, The 293 – Spiristisme abracadabrant/Up-to-date Spiritualism 294 – Illusioniste double et la tête vivante, l’/Triple Conjurer and the Living Head, The 298-305 – Rêve de Noël/Christmas Dream, The 309-310 – Nouvelles luttes extravagantes/Fat and Lean Wrestling Match 311 – Repas fantastique, le/Fantastical Meal, A 312-313 – Déshabillage impossible, le/Going to Bed under Difficulties 314 – Tonneau des Danaïdes, le/Eight Girls in a Barrel 317 – Savant et le chimpanzé, le/Doctor and the Monkey, The 322 – Réveil d’un homme pressé, le/How He Missed His Train L’Homme à la tête en caoutchouc 1901 325-326 – Maison tranquille, la/What is Home Without the Boarder? 332-333 – Chrysalide et le papillon, la/Brahmin and the Butterfly, The 335-336 – Dislocation mystérieuse/Extraordinary Illusions 345-347 – Antre des esprits, le/Magician’s Cavern, The 350-351 – Chez la sorcière/Bachelor’s Paradise, The 357-358 – Excelsior!/Excelsior! – Prince of Magicians 361-370 – Barbe-Bleue/Blue Beard 371-372 – Chapeau à surprises, le/Hat With Many Surprises, The 382-383 – Homme à la tête en caoutchouc, l’/Man With the Rubber Head, The 384-385 – Diable géant ou le miracle de la madone, le/Devil and the Statue, The 386 – Nain et géant/Dwarf and the Giant, The Voyage dans la lune 1902 391 – Douche du colonel/Colonel’s Shower Bath, The 394-396 – La danseuse microscopique, la/Dancing Midget, The 399-411 – Voyage dans la lune/Trip to the Moon, A 412 – Clownesse fantôme, la/Shadow-Girl, The 413-414 – Trésors de Satan, les/Treasures of Satan, The 415-416 – Homme-mouche, l’/Human Fly, The 419 – Équilibre impossible, l’/Impossible Balancing Feat, An 426-429 – Voyage de Gulliver à Lilliput et chez les géants, le/Gulliver’s Travels Among the Lilliputians and the Giants No number – Sacre d’Edouard VII, le/Coronation of Edward VII, The 445-448 – Guirlande merveilleuse, la/Marvellous Wreath, The 1903 451-452 – Malheur n’arrive jamais seul, un/Misfortune Never Comes Alone 453-457 – Cake-walk infernal, le/Infernal Cake-Walk, The 458-459 – Boîte à malice, la/Mysterious Box, The 462-464 – Puits fantastique, le/Enchanted Well, The 465-469 – Auberge du bon repos, l’/Inn Where No Man Rests, The 470-471 – Statue animée, la/Drawing Lesson, The 473-475 – Sorcier, le/Witch’s Revenge, The 476 – Oracle de Delphes, l’/Oracle of Delphi, The 447-478 – Portrait spirite, le/Spiritualistic Photographer 479-480 – Mélomane, le/Melomaniac, The 481-482 – Monstre, le/Monster, The 483-498 – Royaume des fées, le/Kingdom of the Fairies, The 499-500 – Chaudron infernal, le/Infernal Cauldron, The 501-502 – Revenant, le/Apparitions 503-505 – Tonnerre de Jupiter, le/Jupiter’s Thunderbolts 506-507 – Parapluie fantastique, le/Ten Ladies in an Umbrella 508-509 – Tom Tight et Dum Dum/Jack Jaggs and Dum Dum 510-511 – Bob Kick, l’enfant terrible/Bob Kick the Mischievous Kid 512-513 – Illusions funambulesques/Extraordinary Illusions 514-516 – Enchanteur Alcofribas, l’/Alcofribas, the Master Magician 517-519 – Jack et Jim/Comical Conjuring 520-524 – Lanterne magique, la/Magic Lantern, The 525-526 – Rêve du maître de ballet, le/Ballet Master’s Dream, The 527-533 – Faust aux enfers/Damnation of Faust, The 534-535 – Bourreau turc, le/Terrible Turkish Executioner, The 538-539 – Au clair de la lune ou Pierrot malheureux/Moonlight Serenade, A 540-541 – Prêté pour un rendu, un/Tit for Tat Voyage à travers l’impossible 1904 547-549 – Coffre enchanté, le/Bewitched Trunk, The 552-553 – Roi du maquillage, le/Untamable Whiskers 554-555 – Rêve de l’horloger, le/Clockmaker’s Revenge, The 556-557 – Transmutations imperceptibles, les/Imperceptible Transmutations, The 558-559 – Miracle sous l’Inquisition, un/Miracle Under the Inquisition, A 562-574 – Damnation du Docteur Faust/Faust and Marguerite 578-580 – Thaumaturge chinois, le/Tchin-Chao, the Chinese Conjurer 581-584 – Merveilleux éventail vivant, le/Wonderful Living Fan, The 585-588 – Sorcellerie culinaire/Cook in Trouble, The 589-590 – Planche du diable, la/Devilish Prank, The 593-595 – Sirène, la/Mermaid, The 641-659 – Voyage à travers l’impossible/Impossible Voyage, The 665-667 – Cascade de feu, la/Firefall, The 678-679 – Cartes vivantes, les/Living Playing Cards, The 1905 683-685 – Diable noir, le/Black Imp, The 686-689 – Phénix ou le coffret de cristal, le/Magic Dice, The 690-692 – Menuet lilliputien, le/Lilliputian Minuet, The 705-726 – Palais des mille et une nuits, le/Palace of the Arabian Nights, The 727-731 – Compositeur toqué, le/Crazy Composer, A 738-739 – Chaise à porteurs enchantée, la/Enchanted Sedan Chair, The 740-749 – Raid Paris – Monte-Carlo en deux heures, le/Adventurous Automobile Trip, An 756-775 – Légende de Rip Van Vinckle, la/Rip’s Dream 784-785 – Tripot clandestin, le/Scheming Gamblers’ Paradise, The 789-790 – Chute de cinq étages, une/Mix-up in the Gallery, A 791-806 – Jack le ramoneur/Chimney Sweep, The 807-809 – Maestro Do-Mi-Sol-Do, le/Luny Musician, The 1906 818-820 – Cardeuse de matelas, la/Tramp and the Mattress Makers, The 821-823 – Affiches en goguette, les/Hilarious Posters, The 824-837 – Incendiaires, les/Desperate Crime, A 838-839 – “Anarchie chez Guignol, l’”/Punch and Judy 843-845 – Hôtel des voyageurs de commerce ou les suites d’une bonne cuite, l’/Roadside Inn, A 846-848 – Bulles de savon animées, les/Soap Bubbles 849-870 – Quatre cents farces du diable, les/Merry Frolics of Satan, The 874-876 – Alchimiste Parafaragaramus ou la cornue infernale, l’/Mysterious Retort, The 877-887 – Fée Carabosse ou le poignard fatal, la/Witch, The L’Tunnel sous la Manche ou le cauchemar anglo-français 1907 909-911 – Douche d’eau bouillante, la/Rogues’ Tricks 925-928 – Fromages automobiles, les/Skipping Cheeses, The 936-950 – Tunnel sous la Manche ou le cauchemar anglo-français, le/Tunnelling the English Channel 961-968 – Eclipse de soleil en pleine lune/Eclipse, or the Courtship of the Sun and Moon, The 1000-1004 – Pauvre John ou les aventures d’un buveur de whisky/Sightseeing through Whisky 1005-1009 – Colle universelle, la/Good Glue Sticks 1014-1017 – Ali Barbouyou et Ali Bouf à l’huile/Delirium in a Studio 1030-1034 – Tambourin fantastique, le/Knight of Black Art, The 1035-1039 – Cuisine de l’ogre, la/In the Bogie Man’s Cave 1044-1049 – Il y a un dieu pour les ivrognes/Good Luck of a Souse, The 1066-1068 – Torches humaines/Justinian’s Human Toches 548 A.D. 1908 1069-1072 – Génie du feu, le/Genii of the Fire, The 1073-1080 – Why that actor was late 1081-1085 – Rêve d’un fumeur d’opium, le/Dream of an Opium Fiend, The 1091-1095 – Photographie électrique à distance, la/Long Distance Wireless Photography 1096-1101 – Prophétesse de Thèbes, la/Prophetess of Thebes, The 1102-1103 – Salon de coiffure/In the Barber Shop 1132-1145 – Nouveau seigneur du village, le/New Lord of the Village, The 1146-1158 – Avare, l’/Miser, The 1159-1165 – Conseil du Pipelet ou un tour à la foire, le/Side Show Wrestlers 1176-1185 – Lully ou le violon brisé/Broken Violin, The 1227-1232 – The Woes of Roller Skates 1246-1249 – Amour et mélasse/His First Job 1250-1252 – Mésaventures d’un photographe, les/The Mischances of a Photographer 1253-1257 – Fakir de Singapour, le/Indian Sorcerer, An 1266-1268 – Tricky painter’s fate, a 1288-1293 – French interpreter policeman/French Cops Learning English 1301-1309 – Anaïc ou le balafré/Not Guilty 1310-1313 – Pour l’étoile S.V.P./Buncoed Stage Johnnie 1314-1325 – Conte de la grand-mère et rêve de l’enfant/Grandmother’s Story, A 1416-1428 – Hallucinations pharmaceutiques ou le truc du potard/Pharmaceutical Hallucinations 1429-1441 – Bonne bergère et la mauvaise princesse, la/Good Shepherdess and the Evil Princess No number – unidentified film 1909 1495-1501 – Locataire diabolique, le/Diabolic Tenant, The 1508-1512 – Illusions fantaisistes, les/Whimsical Illusions 1911 1536-1547 – Hallucinations du Baron de Münchausen, les /Baron Munchausen’s Dream 1912 Pathé – A la conquète du pôle/Conquest of the Pole, The Pathé – Cendrillon ou la pantoufle merveilleuse/Cinderella Pathé – Chevalier des neiges, le/Knight of the Snow, The 1913 Pathé – Voyage de la famille Bourrichon, le/Voyage of the Bourichon Family, The Almost needless to say, the quality of the digital transfers is excellent, sometimes startlingly so. There are fifteen examples of beautiful hand-colouring. Many musicians have provided scores, making the DVD a fascinating demonstration in itself of different approaches to the task of accompanying Georges Méliès (even if, for myself I find the American taste for organ accompaniment baffling). They are Eric Beheim, Brian Benison, Frederick Hodges, Robert Israel, Neal Kurz, the Mont Alto Motion Picture Orchestra, Alexander Rannie, Joseph Rinaudo, Rodney Sauer and Donald Sosin. Some of the films come with Georges Méliès’ original English narrations, designed to be spoken alongside the films, and here are spoken by Serge Bromberg and Fabrice Zagury (with some rather quaint mangling of the English language in places). Georges Méliès is confirmed here as among the pre-eminent artists of the cinema, perhaps the most exuberant of all filmmakers. The films display imagination, wit, ingenuity, grace, style, fun, invention, mischief, intelligence, anarchy, innocence, vision, satire, panache, beauty and longing, the poetry of the absurd. Starting out as extensions of the tricks that made up Méliès’ magic shows, to view them in chronological order as they are here is to see the cinema itself bursting out of its stage origins into a theatre of the mind, where anything becomes possible – a true voyage à travers l’impossible, to take the title of one of his best-known films. The best of them have not really dated at all, in that they have become timeless, and presumably (hopefully) always will be so. Méliès in his lifetime suffered the agony of seeing his style of filmming turn archaic as narrative style in the Griffith manner became dominant, but we can see now that is his work that has truly lasted. The films will always stand out as showing how motion pictures, when they first did appeared, in a profound sense captured the imagination. And there is that consistency of vision that confirms Méliès as a true artist with a body of work that belongs in a gallery – or in this case a boxed set of DVDs – for everyone to appreciate. What a great publication this is. Every good home should have one.
Gli anni che vanno dal 1919 alla sua partenza per Hollywood furono incredibilmente fecondi per Lubitsch. I suoi spettacolari ma umanizzati film storici – Madame Dubarry (1919), Anna Boleyn (1920), Das Weib des Pharao (1922) – furono inframmezzati da lavori in stile kammerspiel come Rausch (1919) e Die Flamme (1922), e da spumeggianti commedie come Die Aus-ternprinzessin (1919), Die Puppe (1919), Kohlhiesels Töchter (1920) e Die Bergkatze (1921). Nel 1947, scrivendo a Theodore Huff, Lubitsch ricordava che “Die Austernprinzessin è stato il primo dei miei film in cui fosse evidente uno stile chiaramente definito.” Qui, peraltro, la ricerca stilistica va ben oltre il “tocco alla Lubitsch”. Il movimento di danza formale e ritmico da lui elaborato per il film manca di fonti immediatamente riconoscibili, anche se anticipa la coreografia di Kurt Jooss ed i balletti eccentrici di Valeska Gert e dei suoi seguaci. Senza precedenti è anche il modo in cui Lubitsch unisce i personaggi, la coreografia e l’ambientazione. Nella stessa lettera a Huff, ricordava con soddisfazione la scena in cui l’amico e sostituto del principe Nucki, Josef, viene fatto attendere nell’anticamera del signor Quaker, “il re delle ostriche”. Josef, affascinato dalle elaborate decorazioni sul pavimento di legno, è tutto assorto nel ripercorrerle, in tutte le loro volute, finché la scena diventa un balletto per un solo danzatore. Ilona Brennicke e Joe Hembus, esaminando il modo in cui l’arredo di un set può condizionare il movimento dei suoi occupanti, indicano, acutamente, l’indovinato titolo di un film di Lubitsch molto più tardo, Design for Living.Un’influenza sicura sul film – e forse sui suoi ritmi di movimento così particolari – fu l’operetta austro-ungherese degli inizi del secolo. Die Austernprinzessin e So This Is Paris, con la deliziosa sequenza di charleston, sono i più musicali dei film muti di Lubitsch, anche se la musica sarebbe sempre stata per lui un’ispirazione fondamentale. Si dice che, avendo iniziato la sua carriera come cabarettista, amasse suonare il piano sul set e (come Chaplin) provasse lui stesso ogni ruolo. Lubitsch seppe stare comodamente a cavallo fra due mondi. Era incantato dal nuovo mondo e dalla modernità, dalle manie e dalla musica americana; eppure, allo stesso tempo, trasse un’ispirazione proficua e costante dal vecchio mondo europeo dell’operetta, della commedia musicale, delle storie della Ruritania, della commedia da boulevard francese e del teatro comico ungherese, che funse da base per alcuni dei suoi migliori film hollywoodiani. Egli portò nei film di Hollywood il mondo, lo spirito e l’eleganza di Franz Lehár, Oscar Straus e Leo Fall.Die Dollarprinzessin di Fall (presentato a Vienna nel 1907) è chiaramente collegato a Die Austernprinzessin, con una bisbetica viziata che viene domata da un aristocratico decaduto, anche se nell’operetta di Fall la storia è ambientata in America, dove il nobile batte gli americani al loro stesso gioco facendo la propria fortuna. A sua volta, Die Austernprinzessin anticipa i rapporti tra Maurice Chevalier e Jeanette MacDonald in The Love Parade, One Hour with You e The Merry Widow. Prima di partire per l’America, Lubitsch stava lavorando ad una versione muta di Ein Walzertraum (Il sogno di un valzer), di Oscar Straus, che fu in seguito realizzata da Ludwig Berger; ci si chiede però che cosa questo “musical muto” avrebbe potuto essere in mano a Lubitsch, che avrebbe infine realizzato Ein Walzertraum a Hollywood come film sonoro, The Smiling Lieutenant.Lubitsch ricordava che Die Austernprinzessin fu anche il primo film in cui decise di far evolvere il suo stile comico dallo slapstick alla satira. Qui si diverte a spese dei nuovi ricchi americani, rappresentati dal signor Quaker, che vive in un’opulenta villa di stile europeo con eserciti di servi e segretarie ossequienti che si muovono in sincrono. C’è persino un valletto che gli regge il sigaro. La ricchezza, però, non è tutto: la viziata, petulante “principessa delle ostriche” (Ossi Oswalda) diventa pazza di gelosia nell’apprendere che la principessa del lucido da scarpe sposerà un nobile. Suo padre riesce a calmare i suoi capricci solo promettendole di comperarle un principe. (Gli spiantati principi europei vengono prontamente forniti da apposite agenzie.) Il confronto tra i ricchi, chiassosi americani e l’aristocrazia europea, impoverita ma ancora orgogliosa, si fa più frizzante quando il principe Nucki, in pieno stile favola/operetta, manda l’umile amico Josef a prendere il suo posto come cortigiano al palazzo dei Quaker.Ci sono allestimenti meravigliosi, come il banchetto di nozze, per cui si dice che Lubitsch avesse assunto 300 autentici camerieri professionisti. Con le loro movenze da robot, i camerieri si susseguono ritmicamente davanti a ciascun ospite, cambiando insieme con i piatti. Dice Enno Patalas, “La presentazione dello spreco, in Lubitsch, è sempre liberatoria e divertente.” La festa diventa un foxtrot di massa che coinvolge ospiti e camerieri ed è la sequenza del film che più spesso viene menzionata. Un’altra scena memorabile è il parco coperto di neve sulle cui panchine si lasciano cadere, uno dopo l’altro, gli stanchi festaioli. Nel 1972 Friede Grafe giudicò Die Austernprinzessin “il miglior film comico mai realizzato in Germania, un’opera farsesca farsa di dirompente volgarità”.DAVID ROBINSON, CATHERINE A. SUROWIECLa partitura di Peter Vermeersch è stata commissionata come evento inaugurale dell’edizione 2005 del Festival Internazionale di Ghent, dove è stata eseguita dalla Flat Earth Society.
Un film di Ernst Lubitsch. Con Max Kronert, Hermann Thimig, Victor Janson, Marga Köhler, Ossi Oswalda.Titolo originale Die Puppe. Commedia, b/n durata 60′ min. – Germania 1919. MYMONETRO La bambola di carne valutazione media: 3,00 su 4 recensioni di critica, pubblico e dizionari. Atterrito da un’orda di nubili vogliose, Lancelot, inibito baronetto, è costretto al matrimonio da uno zio malatissimo. Accetta di portare all’altare una bambola meccanica, l’esatto “doppio” di Ossi, figlia di Hilarius, artefice di automi e robot. La vera Ossi prende il suo posto, innescando buffi equivoci a catena. Quella del 27enne E. Lubitsch è una fiaba di tono scanzonato, di allegra bizzarria e di simulato candore, ricca di invenzioni al limite del surreale e di sottintesi psicanalitici, non priva di una divertente vena anticlericale. Racconta la storia di una iniziazione maschile, incubi compresi. Come dice Michael Henry in un saggio del 1971, i punti in comune col contemporaneo Das Kabinett des Dr. Caligari sono numerosi. Ispirata a un’operetta di A.E. Wilner, basata su racconti di E.T.A. Hoffman, è una burla con cui il regista fa emergere la componente ludica dell’espressionismo. Muto. Altro titolo italiano: La poupée.
Il dottor Paul Giraud e sua moglie Suzanne sono una coppia felice. Si amano molto e non hanno mai neanche pensato di tradirsi. Però, quando il loro destino si incrocia con quello di Georgette e Maurice Lalle, una coppia di ballerini, le cose iniziano a cambiare e le notti parigine sembrano essere troppo brevi…
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