Un film di Jeremy Saulnier. Con Eve Plumb, Devin Ratray, Amy Hargreaves, David W. Thompson, Bonnie Johnson.Thriller, – USA 2013. – Movies Inspired MYMONETRO Blue Ruin valutazione media: 3,87 su 6 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Dwight è un derelitto, fruga nella spazzatura e dorme nella sua macchina. Capiamo come sia arrivato a questa condizione solo quando viene a sapere che un uomo sta per uscire di prigione: la persona che anni prima ha ucciso i suoi genitori e che ora è di nuovo a piede libero. La notizia gli ridà forza, lo rimette in sesto, determinato a pareggiare i conti uccidendo la persona che la legge ha lasciato libera. Dwight però è anche una persona normale, che ha poca confidenza con le armi o con la violenza, ed è solo la forza del desiderio che lo anima a spingerlo.
Non è un semplice film di vendetta Blue Ruin, la sua propensione ad inseguire dalla prima inquadratura fino all’ultima il concretizzarsi di un desiderio di vendetta personale, senza fare preamboli ma anzi raccontando durante lo svolgersi degli eventi del film (e molto lentamente) i crimini originali che hanno scatenato la catena di ripicche, lo rende uno degli studi più puri sull’aberrazione umana cui questo sentimento può portare. In questo senso fa un preciso uso, quasi matematico, della più efferata violenza, non risparmiando nulla allo spettatore.
In quest’idea narrativa è contenuta anche l’essenza dello spirito di un film che intende guardare pornograficamente il suo protagonista nel suo forzarsi a portare a termine un’impresa per la quale non è tagliato. La dicotomia tra il desiderare molto qualcosa e il non è essere molto capace a portarla a termine è dunque l’espediente narrativo che Jeremy Saulnier usa per mettere in scena la follia del gesto in sè, puro nella propria inesorabile semplicità.
Uccidere a sangue freddo quando non lo si è mai fatto prima, trascinare la propria vita in un baratro ancor più profondo di quello in cui già non versi solo per desiderio di rivalsa umana. Jeremy Saulnier scrive e dirige un protagonista tanto più inadatto al vendicarsi quanto più determinato a farlo e, dei tanti possibili angoli, sceglie di mostrarci quello che più mette in luce l’investimento personale, sentimentale e carnale che la sua vendetta richiede. Cosa si deve sacrificare? Come è possibile diventare degli omicidi? Come ragiona una persona normale coinvolta in una catena di assassinii?
In questo senso Blue ruin si differenzia dal vengeance movie idealtipico, poichè la sua rivincita più viene perpetrata meno ha un sapore soddisfacente, invece che essere un lungo viaggio o una lunga pianificazione per il più clamoroso dei confronti (destinato a giungere al culmine del climax narrativo) è un lento mettere a punto il meno calcolato dei piani dal più improvvisato dei killer, tradendo qualsiasi crescendo emotivo (emblematica la bellissima scena del confronto con la sorella nel fast food, un dialogo struggente che arrivato al suo culmine è interrotto comicamente da un uomo che chiede un po’ di ketchup). Trascinati e motivati inizialmente da una spinta tra le più forti per portare rancore, gli stessi spettatori assistono all’esaurirsi e all’impoverirsi di questa, a come la propulsione della rabbia lasci il posto a una lucida follia e soprattutto alle conseguenze che un gesto di vendetta comporta.
Non è certo priva di umorismo (benchè serissima in ogni sua componente) quest’odissea nel grottesco americano, nelle case piene di armi e nelle leggi senza senso che negli Stati Uniti fanno da quadro a simili regolamenti di conti, nei vecchi amici del liceo disposti a prestare un po’ di pallottole e nei mitra nascosti nelle poltrone. Un senso dell’umorismo pacato ma acuto da cui ben si comprende la distanza che Jeremy Saulnier prende dal proprio protagonista mentre lo guarda perseverare nei suoi istinti e desideri peggiori, noncurante dei rischi a cui tutto ciò lo espone.
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