Un film di Kiyoshi Kurosawa. Con Kumiko Aso, Haruhiko Kato, Masatoshi Matsuo Titolo originale Kairo. Horror, durata 117 min. – Giappone 2001. uscita venerdì 18 agosto 2006. MYMONETRO Pulse valutazione media: 3,17 su 21 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Taguchi, un giovane informatico, viene trovato morto nel suo appartamento. I suoi colleghi cerca di scoprire cosa possa aver spinto il loro amico a compiere un gesto tanto estremo. L’unica pista sembra condurre a un misterioso floppy, trovato nel computer di Taguchi, che contiene un virus pericolosissimo per chi lo utilizza. Altre numerose morti si susseguono, mentre c’è chi, collegandosi a internet, si ritrova su un misterioso sito in cui una voce gli propone di incontrare un fantasma. Gli eventi precipitano, strane presenze si manifestano in stanze sigillate con il nastro rosso, per l’umanità l’apocalisse della solitudine è ormai prossima.
Esaurita la spinta propulsiva iniziale che ha portato sui nostri schermi una quantità industriale di film horror provenienti dall’oriente, rimarranno impressi nella nostra mente una manciata di titoli che, per forza espressiva e capacità di raccontare le paure dell’uomo comune, hanno saputo scalfire l’immaginario occidentale. I vari Ring, The Grudge, Dark Water, storie di fantasmi così affascinanti e misteriose ma al tempo stesso così lontane dalla nostra cultura, sono stati riadattati da un’Hollywood sempre più a corto d’idee ai gusti del pubblico occidentale, attraverso un processo di mutazione dei geni portatori del virus del terrore.
Tra i titoli citati merita un posto di assoluto rilievo questo Kairo il cui successo di critica internazionale non è figlio di un Demone minore di nome Samara, ma brilla di una luce propria garantitagli da questa spietata analisi della condizione umana che riesce a mettere in campo. Attraverso inquadrature gelide e silenzi assordanti che scavano nell’animo, mette a nudo il male dell’uomo contemporaneo: la solitudine, determinata da una presenza massiccia di tecnologie sempre più invasive che, nel film di Kurosawa diventano sì un tramite, un passaggio (il titolo originale del film significa proprio passaggio) tra il mondo dei vivi e quello dei morti, ma prima di tutto sono un mezzo per entrare in contatto con sé stessi, squarciando quel velo di Maya dietro il quale si nasconde il vuoto assoluto.
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grande film