Un film di Emiliano Cribari. Con Erika Renai, Alessandro Benvenuti, Marco Masini, Novello Novelli, Carlo Monni Drammatico, durata 85 min. – Italia 2006.
In un piccolo teatro di Firenze va in scena uno spettacolo. Sul palco una sola attrice, Erika Renai nel ruolo di Francesca, condannata a morte per aver compiuto un atto di cannibalismo nei confronti del fratello quando si trovava in America. L’ultima ora della sua vita si trasforma così in una sorta di viaggio nel passato, nella coscienza, nella poesia, attraverso la lettura delle pagine di un diario e un dialogo continuo instaurato con il fratello morto che ormai porta dentro di sé.
Con Via Varsavia, Emiliano Cribari conclude la sua trilogia sul cinema di parola iniziata con La ricreazione e proseguita con Tuttotorna. E la conclude nel migliore dei modi, realizzando l’opera più matura e compiuta. Rispetto ai lavori precedenti, in Via Varsavia c’è qualcosa in più, si va oltre la poesia, oltre l’astrazione, si entra direttamente dentro la vita dei personaggi, nel loro passato, nei loro gesti, è la vita stessa che si fa arte. E la vita è quella di Emiliano Cribari, visto che il film, il fare cinema, per Cribari è un pretesto per raccontarsi, per parlare di sé, di “attimi fuggenti” meritevoli di essere ricordati.
Attraverso tutti gli elementi che compongono il film, Cribari riesce a dare alla sua opera il giusto equilibrio, raggiungendo così una fusione totale tra le varie forme d’arte: il teatro, la poesia, la musica; il tutto raccordato dall’uso bilanciato del colore e del bianco e nero, e dai movimenti di macchina, lenti e leggeri come la poesia che accompagnano, come l’inquadratura che fissano.
Con Via Varsavia però Cribari non si limita a raccontare sé stesso, il suo passato, quella strada in cui ha vissuto, i ricordi che lo hanno segnato, ma elabora un’interessante riflessione sulla vita e la morte, sulla poesia e la comicità, sulla follia e l’amore per la vita. Il campo di battaglia di tutti questi elementi che si scontrano fondendosi tra loro è il corpo dell’attore, è Erika Renai, vera musa ispiratrice del regista, ormai pronta per palcoscenici più importanti. Perennemente in equilibrio tra ragione e sentimento, realtà e follia, riesce a dare volto, corpo e parola a persone diverse, a sentimenti contrapposti.
Per chi ha apprezzato le opere precedenti del regista, la speranza è che la condanna a morte di Francesca, incarnazione dell’elemento poetico, non sia metafora di una futura messa al bando della poesia dal suo cinema.
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