Regia di Amat Escalante. Un film Genere Drammatico – Messico, 2013, – MYmoro 2,20 su 7 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.
La dodicenne Estela vive con suo padre, il fratello Heli, la giovane moglie di Heli e il figlio di pochi mesi, in una casetta di due stanze in una regione povera del Messico centrale. Innamoratasi di Beto, un diciassettenne recluta di polizia che vorrebbe sposarla e portarla via, Estela gli permette di nascondere un pacchetto di cocaina in casa propria. Ma la polizia si presenta a reclamare il maltolto e la famiglia di Heli viene travolta da una spirale senza fine di violenza.
Il film si apre sul volto tumefatto e sanguinante di un ragazzo di cui ancora non conosciamo il nome, schiacciato dall’anfibio di un militare, ed è subito chiaro che stiamo per assistere ad un racconto di forza e d’impotenza, che non comprende né il concetto di giustizia né quello di pietà.
Nel caso, però, non ci fossimo fidati abbastanza dell’immagine iniziale, presto giunge un altro messaggio, direttamente dalla voce di un personaggio: “aprite bene gli occhi, così non vi perdete nulla”, e seguono la tortura, le percosse infinite, il frontale dei genitali di uno dei protagonisti spruzzati d’alcool etilico e incendiati.
Scrive e dirige Amat Escalante, il quale mira evidentemente ad inserirsi nel solco del cinema crudissimo del suo connazionale e coproduttore Carlos Reygadas ma di Reygadas non possiede né la visionarietà né l’ironia.
Il risultato è un film irrimediabilmente freddo, vuoto, insistito, che tortura in certa misura lo spettatore, non solo perché lo costringe ad uno spettacolo senza sconti, rigorosamente in tempo reale, ma soprattutto perché non sa far altro che rincarare la dose della stessa minestra di orrore e disgrazia. L’accumulo, sempre più prevedibile, di conseguenze nefaste ai danni dei personaggi principali, con l’aggiunta di un paio di spietate incursioni sugli animali, anziché servire la causa del film, ne mina progressivamente la credibilità e la forza.
Mentre i ragazzini spiaggiati sul divano guardano con gli stessi occhi e partecipano allo stesso modo delle immagini dei videogiochi “beat ’em up” e dei colpi reali inferti nel loro salotto, Escalante ci chiede di credere al suo film di fiction come ad una reale denuncia del cuore nero del Messico rurale, della corruzione della polizia e del caos che regola i rapporti umani e famigliari, ma la narrazione non è abbastanza vitale e pulsante per spingerci a farlo. La soluzione finale, poi, prevede una modalità di riscatto che lascia persino ideologicamente perplessi.
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