Un film di Jean-Marc Vallée. Con Reese Witherspoon, Laura Dern, Thomas Sadoski, Michiel Huisman, Gaby Hoffmann. Biografico, Ratings: Kids+16, durata 115 min. – USA 2014. – 20th Century Fox uscita giovedì 2 aprile 2015. MYMONETRO Wild valutazione media: 2,50 su 19 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Nell’America degli anni ’90 una ragazza rimasta sola con il proprio fratello dopo la morte improvvisa della madre (dal padre si erano allontanati anni prima per eccesso di violenza) e la fine del proprio matrimonio, chiusa nella dipendenza dall’eroina decide di affrontare il Pacific Crest Trail a piedi, più di 1.600 Km in totale solitudine macinati in più di due mesi. In questo periodo ripensa a quello che le è successo e che è determinata a superare con un’impresa che pare superiore alle sue forze.
Tratto dal libro scritto dalla stessa protagonista “Wild – Una storia selvaggia di avventura e rinascita” e adattato da Nick Hornby per il grande schermo, il nuovo film di Jean-Marc Vallée non si distanzia molto dal precedente, Dallas Buyers Club, fondato com’è su un percorso di rinascita (che lì coincideva con uno di avvicinamento alla morte qui con uno di sopravvivenza naturale), sulla demolizione fisica e morale della protagonista e sulla sua ricostruzione a colpi di musica e paesaggi.
Jean-Marc Vallée si conferma cineasta di sistema, di conservazione e perpetuazione delle più consolidate sicurezze di Hollywood nel manipolare attenzione e commozione dello spettatore. Abile reinventore di meccanismi eterni che maschera dietro una patina di linguaggio moderno espedienti in voga da sempre. Era decisamente più solido e complesso da questo punto di vista Into the wild nel trarre da una vera storia d’esplorazione un modo differente di guardare l’America dei grandi spazi e di capire qualcosa di complesso su chi la abita o li attraversa. Questa è la prima cosa che manca a Wild: una maniera personale di affrontare l’immersione nella natura, perchè Vallée immerge la propria protagonista più nelle stagioni che nei luoghi, sorvola le particolarità degli ambienti per guardare sempre da vicino il personaggio così che gli unici paesaggi visibili sono ripresi nelle maniere più convenzionali. Più che un film di grandi scenari Wild è un film di vedute, uno in cui la pioggia suggerisce scene tristi, la neve momenti teneri e la violenza del caldo attimi pericolosi.
Si fa fatica anche a rintracciare la penna felice e dinamica di Hornby in una sceneggiatura che in maniera sistematica alterna pericoli ed occasioni, incontri salvifici e altri minacciosi con un’artificiosità da burattinaio, specie considerato il tasso già alto di empatia che la vera storia porta con sè: Cheryl Strayed, che visse da white trash, perse l’unica figura di riferimento e a soli 24 anni sembrava già alla fine della propria corsa, distrutta da sesso occasionale ed eroina, fu anche la persona che riprese tutto per i capelli penetrando 3 stati del suo paese, dimenticando tutto e reimparando ogni cosa in mezzo ai boschi. È allora solo uno specchietto per le allodole la decostruzione narrativa attraverso la quale questa trama ci viene narrata, scomposta in molti flashback che dosano il dramma per tutto il film invece che concentrarlo nell’introduzione ma sostanzialmente naive e semplicistica come se fosse stata raccontata linearmente.
Si perde così anche quella che doveva essere l’impresa di Reese Witherspoon, impalpabile e mai concreta (eccezion fatta per un momento nella prima scena in cui sembra davvero che il suo corpo inizi a stringere un rapporto con l’ambiente che attraversa) elemento stonato e mai in armonia con le location.
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