Un film di Joel Coen, Ethan Coen. Con Oscar Isaac, Carey Mulligan, Justin Timberlake, Ethan Phillips, Robin Bartlett. Titolo originale Inside Llewyn Davis. Drammatico, Ratings: Kids+16, durata 105 min. – USA, Francia 2013. – Lucky Red uscita giovedì 6 febbraio 2014. MYMONETRO A proposito di Davis valutazione media: 3,73 su 99 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
C’era una volta la capitale indiscussa del folk, quel Greenwich Village a partire dal quale Bob Dylan avrebbe cambiato la storia della musica. Ma questa storia comincia prima, quando la musica folk è ancora inconsapevolmente alla vigilia del boom e i ragazzi che la suonano provengono dai sobborghi operai di New York e sono in cerca di una vita diversa dalla mera esistenza che hanno condotto i loro padri. Llewyn Davis è uno di questi, un musicista di talento, che dorme sul divano di chi capita, non riesce a guadagnare un soldo e sembra perseguitato da una sfortuna sfacciata, della quale è in buona parte responsabile.
Anima malinconica e caratteraccio piuttosto rude, Llewyn è rimasto solo, dopo che l’altra metà del suo duo ha gettato la spugna nel più drastico dei modi, e ha una relazione conflittuale con il successo, condita di ebraici sensi di colpa, purismo artistico e tendenze autodistruttive. Appartiene alla categoria più fragile e più bella dei personaggi usciti dalla mente dei fratelli Coen, come Barton Fink o Larry Gopnik (A serious man), così come il film appare immediatamente come il ritorno ad un progetto più intimo rispetto all’ultimo Il Grinta. E tuttavia A proposito di Davis, nei confini di uno spazio limitato a pochi ambienti (l’unica possibilità di fuga si rivela un altro fallimento) e di una sola settimana di tempo (arrotolata in una circolarità tipicamente coeniana), è una celebrazione dell’arte – della musica, ma anche e più che mai del cinema – amara e sentita, tutt’altro che contenuta.
Per quanto il lavoro di rievocazione storica dell’ambiente musicale e degli ambienti in generale (è il 1961, l’anno di Colazione da Tiffany, qui omaggiato dalle finestre che si aprono sulle scale antincendio e da un gatto senza nome, destinato a riuscire nell’impresa giusto per far sentire Llewyn ancora più perdente) sia uno dei protagonisti indiscussi del film, è in un una scena molto diversa che si nasconde il suo cuore. Su un palco in penombra, senza appigli che non siano una sedia e una chitarra, e ad un certo punto più nemmeno quest’ultima, Llewyn canta la sua struggente ballata per il produttore. È un momento di emozione pura, al termine del quale, il potente interlocutore guarda il protagonista e sentenzia: non si fanno soldi con quella roba. E in questa chiusa comica e micidiale, i Coen dicono tutto, dell’arte e dell’industria, forse anche del loro stesso film, con la consueta ironia e il consueto cinismo.
Ispirato in parte al memoir del folk singer Dave Van Ronk (“The Mayor of MacDougal Street), A proposito di Davis è anche una piccola summa del cinema precedente dei fratelli di Minneapolis, fatto di incontri enigmatici, facce incredibili, bizzarre riunioni canore attorno ad un microfono, tragicomici doppi. Perché in due è meglio.
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Si sa che i fratelli Coen amano la musica e costruire personaggi dal carattere spesso “perdente”. In questo senso, il protagonista di “A proposito di Davis” (un bravo Oscar Isaac ) richiama indubbiamente quello di “Fratello, dove sei?” (un altrettanto bravo George Clooney). Le sfortunate vicissitudini dei protagonisti di questi due films, sono delineate in modo così grandioso da essere omeriche, con un tono più “epico” nel primo caso e più “picaresco” nel secondo. Si epico o picaresco , perché la sfortuna o la mancanza di talento, quando assumono un carattere così totalizzante e radicale, sono l’indice di un essere unico e quindi speciale. Tuttavia, si potrebbe rilevare che il paragone fra questi due film finisce qui. “A proposito di Davis” mi sembra, infatti, un film troppo più sottile e sofisticato di “Fratello, dove sei?”.
Il personaggio di Llewyn Davis va ben oltre la contrapposizione fra vincenti con talento o perdenti senza talento, sembrano dirci i Coen, sulla propria strada ci si può imbattere nella pura e indubbia bravura di un altro (l’incontro fugace, senza però neppure nominarlo, con Bob Dylan ), ma questo non esclude che la vita sia molto più complessa di questo. Quello che importa veramente stabilire ai Coen (sembrerebbe), è che il percorso di vita che riguarda tutti non è sempre lineare, ma può essere anche circolare. In altre parole, la vita non è sempre un processo di maturazione verso un compiuto traguardo, ma ci si può ritrovare alla fine di un percorso esattamente come si era all’inizio. Beninteso lo stile dei Coen non ha niente di didascalico, o peggio di predicatorio, ma solo una realistica lucidità, venata da molta ironia e un pizzico di malinconia.