La regina d'Africa (The African Queen, 1951) – Sunset BoulevardUn film di John Huston. Con Humphrey Bogart, Katharine Hepburn, Robert Morley, Theodore Bikel, Peter Bull. Titolo originale The African Queen. Avventura, Ratings: Kids+16, durata 105 min. – USA 1951. MYMONETRO La regina d’Africa * * * * - valutazione media: 4,00 su 9 recensioni di critica, pubblico e dizionari.

Africa all’inizio della prima guerra mondiale. In una piccola missione metodista condotta dal pastore Samuel Sayer e da sua sorella Rose la notizia dello scoppio delle ostilità viene portata da Charlie, un canadese semialcolizzato che trasporta merci su un’imbarcazione denominata African Queen. Di lì a poco i tedeschi, che presidiano la zona, incendieranno il villaggio e feriranno a morte il pastore. Charlie propone a Rose di allontanarsi con lui ma la donna ha un progetto ben più ambizioso. Venuta a conoscenza della presenza della “Luisa” (una nave della Marina tedesca) in un lago raggiungibile percorrendo il fiume su cui la Regina d’Africa sta navigando, vuole farla affondare utilizzando l’esplosivo che Charlie trasporta. La missione non sarà facile ma cementerà l’inizialmente difficile rapporto tra i due trasformandolo in amore.
“Una storia in cui due persone vanno su e giù su un fiume africano… A chi può interessare? Farete fallimento”. (Il produttore inglese Alexander Korda a Sam Spiegel nel momento in cui quest’ultimo decide di produrre La Regina d’Africa).
Non sono pochi i film entrati nella leggenda del cinema per il loro valore e per le vicende produttive che li accompagnarono ma questa opera di John Huston è sicuramente uno dei più esemplari. Perché sin dall’inizio si trattava di un progetto a rischio a causa del soggetto (finì invece per costare 1,3 milioni di dollari incassandone subito 4,3 e offrendo ad Humphrey Bogart l’Oscar quale migliore attore). Il rischio ulteriore era poi costituito dalle riprese in esterno realizzate nel continente africano (tra Uganda e Zaire) con un protagonista (Bogart) troppo abituato agli studios per apprezzare la stravaganza. Che invece interessava molto a Huston, all’epoca maniaco della caccia grossa all’elefante. Peter Viertel (chiamato a sostituire nella stesura della sceneggiatura Patrick Agee che la stava completando direttamente in loco) documenta questa passione nel romanzo che diventerà nel 1990 un film con lo stesso titolo Cacciatore bianco, cuore nero, diretto e interpretato da Clint Eastwood. Se a questo si aggiunge il piacere leggermente sadico che il regista provava nel mettere in difficoltà gli attori il quadro è completo. Basti citare la scena in cui Charlie/Bogart è assalito dalle sanguisughe per capire come “il Mostro” (come lo chiamavano sul set) si divertisse. In studio fece portare un secchio pieno di veri anellidi salvo poi usarne di finti. Solo per mettere in tensione fino all’ultimo l’attore.
Sul piano linguistico affascina ancora oggi la sfida colta da Huston nel realizzare un film che va oltre i generi consolidati. Infatti commedia, romanticismo, avventura e dramma si alternano e si fondono in un’opera sostanzialmente teatrale. Perché, sequenze iniziali e finali a parte, La Regina d’Africa è una pièce teatrale a due il cui palcoscenico è costituito dalle assi della scatarrante imbarcazione. La morte incombe e segna il percorso nonostante l’imposizione produttiva di modificare il finale del romanzo di C.S. Forester che si concludeva con il fallimento dell’impresa e la scomparsa di Rose nei flutti. Huston, nonostante l’happy end, scava nei corpi dei suoi protagonisti spingendoli allo stremo per compiere un’impresa non ‘eroica’ (non ne hanno le caratteristiche) ma ‘necessaria’.
In questo va tenuto conto del fatto che il romanzo era stato pubblicato nel 1935, che c’erano stati due tentativi abortiti di tradurlo per lo schermo con le coppie Laughton/Lanchester e Davis/Niven ma che ora sulla pelle di molte famiglia americane bruciavano ancora i segni di una guerra vinta contro i tedeschi che era però costata le vite di molti soldati Ryan.

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