L’horror giunge con le parole: se ne accorge un dj radiofonico, che si interroga sul senso di troncare le comunicazioni. Da un talento ribelle del cinema canadese, un film di genere che usa l’intelligenza contro l’imbarbarimento della società. Come un Carpenter meno corporeo: un assedio dove il verbo conduce morte.
Uno dei primi film di Bergman (il quinto per l’esattezza). I personaggi principali sono i giovani di una città portuale. La solitudine, le difficoltà di inserirsi nella società svedese del dopoguerra li spingono a impossibili sogni d’evasione.
Le Filippine, 1972. Delle cose misteriose stanno accadendo in un quartiere remoto. Si sentono dei lamenti provenire dal bosco, le mucche vengono colpite a morte, un uomo sanguinante viene trovato in procinto di morte a un bivio e le case vengono bruciate. Ferdinand E. Marcos annuncia la proclamazione N. 1081 mettendo l’intero paese sotto la legge marziale.
Fu diretto da Franco Rossi, insieme con Piero Schivazappa e a Mario Bava. È stato uno degli sceneggiati RAI di maggior successo, per il livello di spettacolarità superiore a quello delle precedenti produzioni televisive. Di rilievo il cast, tra cui spiccano Bekim Fehmiu nel ruolo di Ulisse e Irene Papas nel ruolo di Penelope.
Location principale furono gli studi cinematografici di Dino De Laurentiis, a Roma, mentre le riprese in esterna si svolsero prevalentemente in Jugoslavia[1][2].
Edizioni in DVD Nel 2002 la Elleu Multimedia lanciò in DVD due cofanetti contenenti ciascuno quattro puntate restaurate e rimasterizzate con biografie e filmografie negli extra. All’inizio di ciascun DVD vi è un prologo che narra le ragioni della guerra di Troia e nel secondo disco il viaggio e l’aspetto multiforme di Ulisse.
Nel gennaio del 1995 un terremoto di 7.2 gradi della scala Richter colpì i dintorni dell’isola di Awajima. Yukari, volontaria della protezione civile, arriva nella città di Kobe per aiutare gli sfollati. La dottoressa Nomura, una psicologa, le offre ospitalità nel suo studio per la notte. Qui Yukari vede i disegni del test di Baum fatti da Chihiro, un’adolescente affetta da problemi di personalità multipla. Yukari si sente in dovere di aiutarla indagando sulla dottoressa Takano, che assieme al dottor Manabe stava conducendo esperimenti sulla separazione della mente dal corpo.
Per cinque mesi in una stazione spaziale, tre astronauti non possono rientrare per un guasto meccanico. A Houston trepidano. Oscar per gli effetti speciali. L’assunto è nobile, ma lo svolgimento è convenzionale con una suspense troppo giocata sullo strazio dei sentimenti.
A New York un miliardario di origine francese s’innamora di una ballerina del Greenwich Village ma, per essere certo di essere amato per sé stesso e non per i soldi, si fa passare per un attore in bolletta. Più commedia con canzoni che musical, soffre di un fiacco copione di Norman Krasna che propone una storia risaputa senza rinverdirla. Cukor è a suo agio nella rappresentazione del mondo dello spettacolo, ma sono pochi i momenti felici. Persino la Monroe è più opaca del solito e si riscatta soltanto cantando “My Heart Belongs to Daddy” di Cole Porter. Debolucci anche i numeri musicali con le coreografie di Jack Cole.
1633. Due giovani gesuiti, Padre Rodrigues e Padre Garupe, rifiutano di credere alla notizia che il loro maestro spirituale, Padre Ferreira, partito per il Giappone con la missione di convertirne gli abitanti al cristianesimo, abbia commesso apostasia, ovvero abbia rinnegato la propria fede abbandonandola in modo definitivo. I due decidono dunque di partire per l’Estremo Oriente, pur sapendo che in Giappone i cristiani sono ferocemente perseguitati e chiunque possieda anche solo un simbolo della fede di importazione viene sottoposto alle più crudeli torture. Una volta arrivati troveranno come improbabile guida il contadino Kichijiro, un ubriacone che ha ripetutamente tradito i cristiani, pur avendo abbracciato il loro credo.
Da un romanzo di Hank Searls. Per battere i sovietici nella corsa alla luna, gli americani lanciano una capsula, guidata da un pilota civile allenato in tempi stretti da un colonnello suo amico. Più che di fantascienza, è un buddy-buddy film , cioè la storia di un’amicizia maschile messa alla prova dai politici. Pur manipolato dai boss della Warner, è un interessante e ingegnoso esempio di contaminazione tra fiction e documentario.
1° film di L. Buñuel, da lui prodotto (con il denaro della madre), sceneggiato (con S. Dalí) e diretto. Vi appare all’inizio come l’uomo xche affila il rasoio con cui recide trasversalmente l’occhio sinistro di una donna, una delle più celebri immagini-choc del cinema, collegata con quella della luna piena. Non c’è una “trama”, ma soltanto insinuazioni, associazioni mentali, allusioni; non c’è una logica, tranne quella dell’incubo; non c’è una realtà, tranne quella dell’inconscio, del sogno e del desiderio. Nato nell’ambiente parigino del surrealismo, è probabilmente il più celebre film d’avanguardia del mondo, anche se non il più significativo e importante. Molti gli preferiscono il successivo L’Âge d’or (1930). È il corrispettivo filmico del Primo Manifesto del Surrealismo (1924, ristampato da André Breton nel 1929) di cui condivide l’estetica di Lautréamont, l’influsso di Freud, la volontà rivoluzionaria di ispirazione marxiana con spunti presi da Buster Keaton e René Magritte. Il titolo incongruo deriva da Un perro andaluz , raccolta di poesie e prose di Buñuel, pubblicata nel 1927 sulla Gaceta Literaria di Madrid. Non è da escludere che abbia una connotazione polemica contro Federico García Lorca che nel 1928 aveva pubblicato Primer romancero gitano , accolto da molti con entusiastici elogi, ma non dall’amico Buñuel che gli rimproverava il “terribile estetismo”. Proiettato dal giugno 1929 allo Studio des Ursulines di Parigi, tenne il cartellone per molte settimane. Nel 1960 il regista-produttore ne cedette i diritti e fu sonorizzato con musiche ( Morte di Isotta di Wagner, tanghi argentini) scelte da Buñuel. L’attore protagonista, P. Batcheff, si suicidò pochi mesi dopo la fine delle riprese.
Il giovane Biagio Solise vive a Milano dove fa il lavavetri in un grattacielo di giorno e la comparsa alla Scala di notte. Biagio sogna di diventare famoso in qualunque modo, finché una sera al teatro dove lavora, gli arriva l’occasione: la primadonna Gloria Strozzi viene strangolata nel suo camerino da uno sconosciuto e Biagio dissemina indizi in tutto il camerino per attribuirsi la colpa dell’omicidio. Il giorno dopo i giornali di tutto il mondo parlano dell’omicidio della cantante lirica, definendolo il “delitto del secolo”, Biagio è finalmente contento. Nel frattempo Biagio si costruisce un alibi, e dopo qualche fatica la polizia lo arresta. Il suo nome è su tutti i giornali, tutto va secondo i suoi piani, e viene contattato per pubblicità e film.
Ambientato a Parigi negli anni del Secondo Impero, il film narra di Nana Coupeau, attrice di poco talento che sogna una vita migliore, lontana dai quartieri malfamati della città. Questa possibilità le viene data dall’incontro con il Conte Muffat, il quale, caduto vittima del fascino di Nanà sul palcoscenico durante la rappresentazione di La Blonde Venus al teatro del varietà, grazie alla sua influenza (egli è il Ciambellano dell’Imperatrice) riesce a farle ottenere il ruolo da protagonista nella successiva pièce.
Uno dei film dell’esordio di Bergman. Un regista desidera realizzare una pellicola sul demonio e si fa aiutare da un amico che gli propone una storia per metà autobiografica e per metà riferita a una prostituta. Molto bella la scena in cui i due trovano un vecchio proiettore in un granaio e guardano un film muto.
Rinchiusa in un convento dopo aver ucciso l’amante della madre vedova, Rita – ventenne cinica e lucida – inganna per due anni suore e confessore e circuisce un giovane sacerdote che deve indagare sul suo caso. Da un romanzo epistolare (1941) di Guido Piovene, attraverso la griglia dell’inchiesta giudiziaria, un film sapiente che rappresenta il disfacimento morale di una famiglia alto-borghese, i guasti di un cattolicesimo mal inteso, la dolcezza del paesaggio vicentino, i complessi rapporti tra i personaggi tra cui spiccano la madre (Hella Petri) e la governante (Elsa Vazzoler). Abbreviato alla durata attuale da quella di 102 minuti.
La storia infrangibile della Signora delle camelie (1848) di Alexandre Dumas figlio: cortigiana si innamora di un bel giovane ricco che la ama, rinuncia a lui con la morte nel cuore e muore di tisi tra le sue braccia. È, forse, la più grande interpretazione della Garbo, in perfetto equilibrio tra cuore e cervello. Fredda, ma, sotto, ribelle. Incandescente, ma controllata. Superba capacità di trarre il massimo dal minimo, ma non va trascurata l’eleganza geniale del regista. La Garbo ebbe una nomination all’Oscar che fu vinto da Louise Rainer per Il paradiso delle fanciulle .
A Savannah (Georgia) un avvocato di successo (Branagh) passa un’imprudente notte d’amore con una cameriera (Davidtz), si lascia coinvolgere nella vita di lei e negli ambigui rapporti con il padre (Duvall), mette a repentaglio reputazione e figli, aggredisce, uccide finché scopre di essere stato usato. Da un soggetto originale di John Grisham, sceneggiato con uno pseudonimo (Al Hayes) dietro il quale probabilmente si nasconde il regista. Storia di una rovinosa deriva, iniziata quasi casualmente, il film s’ingorga e perde tensione nella parte finale dello svelamento, ma rimane degno di Altman per le qualità stilistiche di atmosfera (il tifone Geraldo che incombe), descrizione ambientale (il profondo Sud nella fotografia di Changwei Gu), definizione psicologica dei personaggi, rinuncia agli effetti, sotterranea ironia nel raccontare la sproporzione tra causa ed effetti. Il “gingerbread” del titolo è un biscotto allo zenzero che, secondo una filastrocca, fugge per non farsi cucinare e mangiare.
Una commedia fiabesca che affronta il tema del viaggio in corriera, delle ossessioni di un uomo che riesce a liberarsi delle immagini di tre donne (madre, moglie, tentatrice) che poi, attraverso un sogno si riveleranno la stessa persona.
1789. Tre marsigliesi, condannati ingiustamente dagli aristocratici, fuggono sulle montagne. Ne scendono quando comincia la rivoluzione. A capo di un gruppo di concittadini puntano su Parigi cantando l’inno di Rouget de L’Isle, che diventerà poi “La Marsigliese”. Il gruppo prende parte al famoso assalto alle Tuileries.
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