Il personaggio, nato come elemento di propaganda durante la seconda guerra mondiale, dove rappresentava un’America libera e democratica che si opponeva a una Germania nazista, antidemocratica, imperialista e bellicosa, riscosse da subito un grande successo di pubblico[6] tanto che già il primo numero della serie vendette quasi un milione di copie[7] e le vendite dei successivi numeri si mantennero su questi livelli, superando riviste come Time.[8] Il personaggio divenne rapidamente il più popolare dell’editore e venne creato anche un fan club denominato “Sentinels of Liberty”.[9] Con la fine del conflitto Capitano America perse la sua popolarità nonostante un tentativo di rilanciarlo come cacciatore di comunisti durante i primi anni della guerra fredda.[6] Nel 1964Stan Lee decise di riproporlo come comprimario nella serie Avengers[5] privandolo però degli elementi nazionalistici e dotandolo di una sensibilità e un’umanità tutta nuova, rendendolo protagonista di storie di denuncia sociale rendendolo l’incarnazione della coscienza dell’America.
Un viaggiatore europeo accompagnato da alcune guide arabe attraversa il deserto; di notte si accampano e il viaggiatore viene avvicinato da sciacalli parlanti che gli parlano dell’odio secolare per gli arabi e tentano di ottenere l’aiuto del viaggiatore per uccidere gli arabi.
Cortometraggio d’autore che si snida fra cinema e teatro. Diviso in tre sequenze, collegate insieme grazie ai tre personaggi del titolo che incrociano le loro vite sia sulla scena che nella realtà. Il primo segmento è una ripresa notturna, effettuata da un’auto in movimento lungo un viale tedesco dove le prostitute lavorano; il secondo segmento riguarda un dramma inscenato da un gruppo di attori e la scena finale è quella del matrimonio dei due sposi James e Lilith. Rielaborazione della piéce “Krankheit der Jügend” (1922) di Ferdinand Bruckner e di tre poesie di Juan de la Cruz, incastrate sapientemente l’una con l’altra, questa pellicola è firmata da quella che è considerata la “coppia terribile” del cinema europeo sperimentale: Straub e Huillet, che tentano una nuova strada espressiva miscelando vari codici e canali linguistici. Particolarmente apprezzabile il contrasto fra i luoghi: la strada aperta e illusoriamente infinita e il claustrofobico e limitato teatro. Il tutto in 22 minuti che, solo ed esclusivamente per gli addetti a lavori, possono risultare interessanti. Nel cast figura anche un giovane Rainer Werner Fassbinder, che diverrà poi uno dei pilastri del cinema tedesco. Non è decisamente un film per tutti, ma perlomeno se ne apprezza la singolarità.
Nella campagna della Mancha, Don Chisciotte e Sancho Panza si aggirano smarriti tra i campi di grano, raccontando delle loro avventure e del senso dello spirito cavalleresco. Non assistiamo mai alle loro peripezie, ma solo al loro girovagare, ai loro bagni in uno stagno, all’evoluzione della loro amicizia. Don Quixote (o Chisciotte, nell’italianizzazione corrente) e il cinema hanno avuto un rapporto storicamente difficile. Come se la fabbrica dei sogni non riuscisse a riprodurre fedelmente l’immaginario del più grande sognatore della storia della letteratura. Forse anche per questo il curioso adattamento del catalano Albert Serra è, a suo modo, il più fedele al testo originario. Perché un testo sulla disillusione e sul rifiuto pervicace ed escapista dell’evoluzione di una società, come quello di Cervantes, richiede un adattamento che non sia letterale, ma che cerchi di entrare in sintonia con lo spirito dell’hidalgo. Ossia, un mulino a vento non deve necessariamente essere rappresentato come un gigante per apparire come tale. Addio, quindi, a ogni volo pindarico sulle ali della fantasia e degli effetti speciali, sulla scia di quanto Terry Gilliam volle realizzare senza riuscirci (Lost in La Mancha): Serra, con 300 euro di budget, porta a termine tutt’altro. Un film privo di trama, sceneggiatura e attori professionisti, che procede in maniera beckettiana, come una rappresentazione impalpabile dell’esistenza di un visionario. Il Quixote di Serra parla di alberi, insetti, della fatica e dei temporali, trovando nella semplicità del quotidiano il senso ultimo di un viaggio, di cui comprendiamo il sinistro esito cammin facendo, man mano che l’hidalgo e il suo scudiero imparano a comprendersi e a capire di non poter fare a meno l’uno dell’altro. Per Serra, Honor de Cavalleria è l’inizio di un percorso negli interstizi del mito, negli angoli che nessuno rischiara ma in cui è facile trovare gli indizi più rilevanti. Con Quixote, il regista sceglie il re dei perdenti e il più lucido dei pessimisti. Una figura in sé crepuscolare, di malinconia e di morte, di passaggio di un’epoca, di tramonto di un’era. Che non a caso il regista ama girare proprio al calar del sole, quando le figure di Sancho e del Don si fanno buie e confuse, ai limiti dell’intelligibilità. Honor de Cavalleria infatti non solo è girato in esterni e in presa diretta, ma in un digitale volutamente povero e poco leggibile. Quasi Serra voglia confondere il limite tra realtà e immaginazione, ossia aiutarci a guardare il mondo attraverso gli occhi di Don Quixote. Il digitale, con la sua bassa fedeltà, acquisisce così una valenza duplice. Di giorno sembra di assistere a un documentario sulla quotidianità di Quixote e Sancho, dove di notte il senso di vaghezza soverchiante avvicina a quel sentore di morte che accompagna costantemente il cavaliere sognatore. Al suo secondo lungometraggio Serra dimostra già di possedere uno stile compiuto – campi lunghissimi in cui scorgere altre storie da raccontare, di altre vite, che potrebbero sfuggire allo sguardo per un semplice battito di ciglia o un calo di concentrazione dello spettatore – e una spregiudicata volontà dissacrante, che le opere successive porteranno a compimento.
l franchise segue le avventure di un giovane vichingo di nome Hiccup Horrendous Haddock III, figlio di Stoick l’Immenso, leader dell’isola vichinga di Berk. Sebbene inizialmente visto come goffo e sottopeso, diventa presto rinomato come coraggioso esperto di draghi, a cominciare da Sdentato, un Furia Buia, appartenente a una razza rarissima. Tramite lo studio e l’addestramento, impara presto a cavalcarlo, e diventa il suo migliore amico e suo compagno d’avventure. Insieme ai suoi amici, gestisce la popolazione di draghi alleati del villaggio in difesa della sua casa come leader di un corpo di cavalieri di draghi. Dean DeBlois, il regista della trilogia, ha descritto la sua storia come “la maggiore età di Hiccup”, prendendo un arco di cinque anni tra il primo e il secondo film, mentre spiega nel terzo e ultimo film perché i draghi non esistono più.
L’eroica resistenza del fortino di Giarabub, in un’oasi della Cirenaica (Libia) al confine con l’Egitto, che fu conquistato dalle truppe britanniche nel gennaio del 1941. “Colonnello, non voglio encomi…” diceva la canzone. Il futuro regista Beppe De Santis che nel ’42 faceva il critico divideva il giudizio in due parti: consenso per la parte di azione, dissenso per il dramma e i suoi personaggi, falsi, retorici e propagandistici.
Anni Sessanta. Un sottomarino sovietico di nuova produzione viene inviato a sperimentare il lancio di una testata nucleare. Il natante ha qualche problema di costruzione e l’equipaggio non è dei più preparati.È per questo che il timone viene affidato a un comandante inviato da Mosca (Ford) che fa passare al ruolo di comandante in seconda il precedente responsabile (Neeson). I due hanno diverse concezioni del dovere e il conflitto esplode quando si verifica una perdita nel nucleo radioattivo che fa da propulsore al mezzo. Ancora un film claustrofobico sui sommergibili, ma carico di implicazioni politico-cronachistiche. Chernobyl, il sottomarino sovietico Kursk inabissatosi nel 2000, la caduta dei muri entrano a far parte di una storia che la Bigelow (con cast tutto maschile) conduce da parere suo. Le retoriche del genere ci sono tutte, ma ci sono anche importanti pagine di cinema (una per tutte quella in cui i primi marinai vengono mandati a morte certa nell’area radioattiva). Film importante perché apre la strada a una nuova lettura degli ex sovietici da parte degli yankee: i russi sono così valorosi che sembrano americani.
Brandon O’Malley (Douglas) passa in Messico, inseguito dallo sceriffo Dana Stribling (Hudson) che gli addebita l’uccisione di suo cognato e il suicidio della sorella. S’incontrano nel ranch di John Breckenridge (Cotten) la cui moglie Belle (Malone), a sedici anni, aveva avuto una relazione con O’Malley. I due accettano l’offerta di Breckenridge di scortare una grossa mandria nel Texas. Durante il viaggio l’allevatore viene ucciso, la sedicenne Missy (Lynley), figlia di Belle, s’innamora di O’Malley che salva la vita a Stribling. Al Rio Grande, confine tra Messico e Texas, O’Malley decide di partire con Missy, dopo aver regolato i conti con Stribling, ma apprende da Belle che la ragazza è sua figlia… Intitolato anche The Day of the Gun, il film fu un insuccesso di pubblico e di critica (con poche eccezioni). Lo stesso Aldrich lo considerava poco riuscito, rimproverando allo sceneggiatore Dalton Trumbo di aver trascurato il lavoro per dedicarsi a Exodus, e a Douglas, produttore per conto della Universal, di aver usurpato le sue funzioni di regista. Nonostante le ambizioni pseudoculturali da tragedia greca della storia (tratta dal romanzo Sundown at Crazy Horse di Howard Rigsby) e l’enfasi liricheggiante dei dialoghi, il 3° dei 5 western di Aldrich è tutt’altro che trascurabile. Il conflitto tra l’outsider O’Malley e il campione della legge Stribling è congeniale al regista che conferma il suo talento in diverse sequenze d’azione o di introspezione (l’apparizione della Lynley di giallo vestita alla festa di bivacco) e nella sapiente organizzazione dello spazio (la bufera di sabbia, il duello finale).
Un bandito messicano si unisce casualmente alle truppe di Villa e Zapata. Il comandante dell’esercito governativo, per rappresaglia, fa assassinare i suoi figli. L’uomo decide di vendicarsi, ma viene fatto prigioniero e liberato grazie all’intervento di un altro bandito. È questi, prima di morire, che lo converte alla causa della rivoluzione.
Kotoko ha un problema, ci vede doppio, nel senso che la sua mente sdoppia le persone che vede, una reale e una no, una positiva e una negativa (che cerca di attaccarla), senza che lei possa distinguere quale esista e quale sia frutto della sua immaginazione. Il suo disagio mentale è acuito dallo stress dovuto alla cura del figlio neonato che tra pianti, urla ed esigenze lentamente porta la madre al totale esaurimento.
I subita nella versione 720p sono stati tradotti con google, potrebbero esserci delle imprecisioni.
New England, 1975: un gentiluomo viene a prendere possesso del palazzo di un suo avo. Ma è male accolto dai popolani del paese vicino che ancora si ricordano la serie di disgrazie causate dagli antichi padroni. Il nuovo proprietario dapprima non se ne cura, ma a poco a poco si sente invasato dallo spirito del suo antico antenato. I cittadini assaltano il castello…
In Vietnam un gruppo di giovani reclute viene duramente addestrato per la conquista della collina 937 nella valle di Ashau. Film militarista di destra mimetizzato, “da americano” (e Irvin americano non è). Solo nel finale riesce a comunicare qualche emozione.
Una contessina, per salvare il padre in difficoltà finanziarie, acconsente a sposarsi con un uomo che non ama, un rude ingegnere minerario. Dopo qualche tempo, tra i due fiorirebbe anche l’amore, se una rivale, gelosa, non avvelenasse l’ingegnere.
Ladybug è un agente di una misteriosa organizzazione, che gli affida incarichi oltre i confini della legalità. Non si considera un assassino: è solo colpa della sfortuna se la gente finisce per morire durante le sue imprese. Questa volta avrebbe un incarico facile facile: rubare una valigetta sullo Shinkansen, il “treno-proiettile” ad altissima velocità che collega Tokyo e Kyoto. Peccato che la valigetta sia sotto la custodia di una coppia di ciarlieri ma pure letali sicari: Lemon & Tangerine, ossia limone e mandarancio. I due hanno con loro anche il figlio della Morte Bianca, un boss criminale di origine russa che ha preso il controllo di una fazione della yakuza. Ma non è tutto: sul treno viaggia The Prince, una ragazzina solo apparentemente indifesa e con un piano machiavellico, che ricatta il giapponese Kimura perché lavori con lei. Inoltre sono della partita altri due assassini: Hornet, micidiale con i veleni, e Wolf, sicario messicano in cerca di vendetta.
In un piccolo paesino tailandese un gruppo di soldati viene colpito da una strana malattia del sonno: vengono ricoverati in una scuola elementare abbandonata, adibita ad ospedale. Jenjira Widnes si offre volontaria per prendersi cura dei militari, sviluppando un particolare interesse nei confronti di Itta, un giovane che non riceve mai visite dai parenti. Ma anche la sua vita sta per subire un cambiamento: incontra due fantasmi che le raccontano dell’esistenza di un cimitero di re sepolto sotto la scuola. La giovane comincerà ad avere allucinazioni e sogni molto particolari.
I subita sono stati tradotti con google, potrebbero esserci delle imprecisioni.
Dopo la morte di suo padre Jeff (Matthew Chamberlain), il famoso fotografo di guerra Paul Prior ( Matthew Macfadyen ) ritorna nella sua città natale nell’Isola del Sud della Nuova Zelanda . Paul si riunisce anche con il fratello minore Andrew (Colin Moy), un pio allevatore di struzzi locale, sposato con la molto religiosa e agorafobica Penny ( Miranda Otto ). Sotto la pressione di Andrew, Paul prolunga con riluttanza il suo soggiorno per aiutare a sistemare la vendita del cottage del padre e del frutteto adiacente.
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Mike Milo è una vecchia gloria del rodeo riconvertita in addestratore di cavalli alla fine degli anni Settanta. Un incidente e diverse bottiglie dopo è in credito con la vita e in debito col suo capo, Howard Polk. Padrone di un ranch con pochi scrupoli e molte ambasce, Polk affida a Mike la missione di ritrovare suo figlio in Messico e di condurlo negli States. Mike accetta ma le cose non saranno così facili.
Due grandi classici del fumetto di guerra franco-belga: Buck Danny e Tanguy e Laverdure, che nascono entrambi dalla penna di Jean-Michel Charlier, lo sceneggiatore di Blueberry, e dai disegni dei maestri Victor Hubinon (Buck Danny) e Albert Uderzo (Tanguy e Laverdure). Preparati a rivivere con Buck Danny i grandi eventi militari che hanno segnato il XX secolo, dalla Guerra di Corea al conflitto nei Balcani, passando per la Guerra Fredda, la corsa allo spazio e il crollo del blocco sovietico, e parti con Tanguy e Laverdure per avvincenti missioni segrete con gli assi dell’aviazione francese.
Blueberry è una serie a fumetti incentrata sull’omonimo personaggio, Mike Steve Blueberry, protagonista di una famosa saga western del fumettofranco-belga[1]. Fece il suo esordio con la storia Fort Navajo, pubblicata nel corso del 1963 a puntate sulla rivista francesePilote, della casa editrice Dargaud. A creare il personaggio, lo sceneggiatore Jean-Michel Charlier (noto, fra le altre, anche per le serie Buck Danny, Tanguy e Laverdure e Barbarossa), e il disegnatore Jean Giraud (il futuro Mœbius), che all’epoca firmava le tavole con il suo soprannome “Gir”.
Godzilla (in giapponese ゴジラ?, Gojira) è un kaijū (“mostro radioattivo”) del cinema giapponese, protagonista di una lunga serie di film a partire da Godzilla (1954). La sua fama si è gradualmente espansa anche all’estero, tanto da divenire uno dei più famosi mostri del mondo e della storia del cinemadi fantascienza e fantastico, apparendo in videogiochi, romanzi, fumetti, serie televisive, ventinove film prodotti dalla Toho e tre film di Hollywood. Il personaggio viene spesso nominato “Il Re dei Mostri”, un nomignolo coniato in Godzilla, King of the Monsters!, la versione americana del film del 1954.
Godzilla è raffigurato come un enorme mostro marino preistorico, risvegliato e potenziato dalle radiazioni nucleari. Concepito quando il ricordo dei bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki e l’incidente del Daigo Fukuryu Maru era ancora vivido, il personaggio fu inteso come una metafora per le armi nucleari. Più la serie progrediva, più certi film raffigurarono Godzilla come un eroe, mentre altri mantenevano la caratterizzazione originale di un mostro distruttivo. Con la fine della guerra fredda, vari film girati dopo il 1984 fecero di Godzilla il simbolo non più del potere distruttivo delle armi nucleari, ma d’una presunta insufficiente presa di coscienza del passato militarista e imperialista del Giappone e del pericolo dei disastri naturali.
Filmografia
Esistono 33 film ufficiali appartenenti alla saga di Godzilla prodotti dalla giapponese Toho, suddivisi in quattro ere: Showa, Heisei, Millennium e Reiwa. A essi si aggiungono il remake americano del 1998 e un film, del 2014, prodotto dalla Legendary Pictures e Warner Bros. A dicembre del 2014, la Toho ha confermato che avrebbe prodotto un nuovo lungometraggio, uscito nel 2016, chiamato Shin Gojira in Giappone, mentre il titolo in lingua inglese e italiana del film, inizialmente annunciato come Godzilla Resurgence, è Shin Godzilla. Nell’agosto del 2016 è stato inoltre annunciato un film animato su Godzilla, Gojira: Kaijū Wakusei (in italiano Godzilla: Il pianeta dei mostri), diretto da Kobun Shizuno e Hiroyuki Seshita, sceneggiato da Gen Urobuchi e prodotto dalla Toho e dalla Polygon Pictures, uscito nel 2017.
Alcune note su questa release: come potete immaginarvi è stato un lavoro molto lungo e complicato, ho cercato di trovare le versioni migliori per ogni episodio rippando quasi tutti i film sia per abbassare i Gb sia per aggiungere i subita (spesso traducendoli con google. Spero non ci siano troppe imprecisioni).
Se dovesse mancare qualcosa o dovessero esserci degli errori scrivetemi nei commenti.
Le richieste di reupload di film,serie tv, fumetti devono essere fatte SOLO ED ESCLUSIVAMENTE via email (ipersphera@gmail.com), le richieste fatte nei commenti verrano cestinate.