Piano Blues, USA, , Genere: Documentario,durata 90′,Regia di Clint Eastwood, Con Ray Charles, Little Richard, Dr. John, Pinetop Perkins
La passione di una vita per il piano blues: è quella di Clint Eastwood anche interprete di un documentario che utilizza un vero e proprio tesoro composto da documenti di imporrtanza storica e interviste ad alcune leggende viventi del Blues tra cui Ray Charles, Little Richard e Dr. John.
Fascinoso disc-jockey di una radio californiana si porta a letto un’ammiratrice schizoide che comincia a perseguitarlo. 1° film di Eastwood regista, su sceneggiatura di Jo Heins, scopiazzata da James Dearden per Attrazione fatale . Storia dove prevalgono atmosfere e situazioni cariche di suspense, mistero, incubo, erotismo morboso. Il regista Don Siegel appare nel ruolo di Murphy il barista. Misty è un motivo del pianista Errol Garner.
Terry, proprietario di una rivendita di auto d’epoca, è un ex ladro. Viene avvicinato da una vecchia conoscenza, la bella Martine, che gli propone di fare “il colpo della vita”, una rapina nel cuore di Londra, nel caveau della Lloyd Bank, dove sono depositate centinaia di cassette di sicurezza. In realtà l’ex modella non svela del tutto le carte: poco tempo prima, di ritorno da un viaggio in Marocco, è stata fermata all’aereoporto per spaccio di eroina e “costretta” a stringere un accordo con un agente dei Servizi Segreti Britannici (MI5). In cambio della sua fedina pulita, la donna deve impossessarsi del contenuto di una cassetta di sicurezza contenente materiale fotografico compromettente su un membro della famiglia reale. Trovati tutti gli elementi per completare la banda, arriva il giorno del colpo… Ispirato ad una storia realmente accaduta, il film racconta di una rapina organizzata in una banca londinese nel 1971, per cui non fu arrestato nessun colpevole, una vicenda che in pochi giorni fu insabbiata. Firmato da Roger Donaldson – che ha fatto il suo debutto nel 1977 con Unica regola vincere, che ha diretto in seguito Il Bounty (1984),Senza via di scampo e, più recentemente, La regola del sospetto(2003) -, La rapina perfetta con un sapiente montaggio intreccia e rielabora alcune pagine non troppo gloriose della Storia del Regno Unito che vede coinvolti mafia, Black Power, Servizi Segreti e rampolli della famiglia più in vista della nazione. Efficace la ricostruzione attenta di una Londra primi anni Settanta, che ne svela il lato oscuro, i retroscena della vita malavitosa, i vizi e le”scarse” virtù di chi sta dietro alle scrivanie del Potere, il clima culturale (tra le “facce” e i personaggi noti che compaiono nella pellicola, la coppia John Lennon eYoko Ono che di lì a breve emigrerà negli States). Un poliziesco ben scritto, da vedere.
Nel 1917, il comandante di una squadriglia dell’aviazione inglese soffre vedendosi costretto a mandare i suoi piloti al macello e viene sostituito da un altro ufficiale che, non sopportando il peso del comando, si mette a bere. Si riscatterà offrendosi per una missione suicida.
Siamo in Francia, nell’autunno del ’44. Dopo lo sbarco in Normandia le truppe alleate cercano di sfondare la linea Sigfrido per dilagare nel cuore della Germania. Nel gran caos della guerra, una pattuglia di sei uomini fa il suo dovere, guidata da un “sergente di ferro”.
Ennesimo film sull’annoso tema degli amici-nemici. Taw Jackson (Wayne) è finito in galera a causa di Price, proprietario terriero che si è anche impadronito delle sue terre. Quando Taw esce di prigione, il “cattivo” gli manda incontro un sicario. Ma anziché uccidersi, i due preferiscono accordarsi per rapinare una diligenza che trasporta i soldi di Price.
Il film racconta, romanzandola, la vita di Jim Bridger, famoso cacciatore di pellicce e guida dell’esercito. Jim cerca gli assassini della moglie indiana per vendicarsi, ma accantona poi la vendetta per portare pace tra i soldati e i Sioux di Nuvola Rossa.
Bande dessinée (striscia disegnata) è la locuzionefrancese che indica i fumetti; nei paesi non francofoni identifica le storie a fumetti realizzate in Francia e Belgio
famosi fumetti francesi che hanno avuto origine dalla lunga tradizione e passione Franco-Belga per le Bandes Dessinées, diventata una forma d’arte vera e propria nei paesi francofoni.
Candy, la segretaria di un avvocato che in realtà fa parte di una rete spionistica, trasporta senza saperlo un microfilm contenente formule atomiche segrete da recapitare a un laboratorio. Ma sul metro viene scippata. Con un ritmo serratissimo, Fuller ha fatto un’aspra mistura di crimine, violenza e anticomunismo. Notevoli gli interpreti.
Due amici londinesi vivono insieme in un piccolo appartamentino di un quartiere degradatissimo tirando avanti a fatica nell’attesa di una scrittura teatrale che non arriva mai. Per allontanarsi da Camden Town, uno dei due suggerisce di andare a fare una visita a Monty, lo scapolo e ricco zio dell’amico, che vive fuori Londra. I due si trasferiscono così per una settimana di vacanza nella casa di campagna di Monty. Ma lì piove quasi sempre e c’è un freddo terribile. Per fortuna lo zio Monty … [continua a leggere]arriva in visita a bordo della sua lussuosa macchina, ma non è da solo.
Film in costume tendente al melodramma e al manierismo di stampo francese supportato tuttavia da ottime interpretazioni. Siamo nel Seicento e il maestro di viola conduce una vita molto appartata e segreta. Ha due figlie e insegna l’arte della musica a un allievo volenteroso. Depardieu nel ruolo principale del signore di Sainte Colombe ci offre un altro saggio della sua bravura d’attore completo.
Euracomix (per esteso Euracomix Tuttocolore) è una collana mensile di volumi a fumetti pubblicata dalla Eura Editoriale dal 1988 fino alla chiusura della casa editrice nel 2009. Ha pubblicato prevalentemente fumetti sudamericani e argentini in particolare.
Alcune delle serie presentate erano già state pubblicate a puntate sulle pagine dei settimanali Lanciostory e Skorpio, di minore formato rispetto ai volumi originali (in questi casi la pubblicazione su Euracomix è tecnicamente una ristampa in volume).
Euracomix, presentandosi come pubblicazione ad alta tiratura e a basso prezzo di copertina diffusa in edicola, è stata tra le prime collane a proporre in Italia il fumetto argentino.
“Lo scenario storico-fantastico che si apre sotto i nostri occhi è quello di fine millennio, il terzo. Un periodo burrascoso, caratterizzato da una situazione di pace precaria. Il Sistema Solare è dominato dalla presenza della razza umana, alla quale non è bastato emigrare in posti lontani milioni di chilometri per smettere di azzuffarsi. Ovunque luccica il ghignante sorriso della ipertecnologia che spesso si fonde con quello che resta del lontano passato per creare forme assurde e barocche. Le astronavi viaggiano veloci da un desolato pianeta terraformato a un’isola galleggiante tra gli asteroidi, da una città orbitale a una verdissima foresta artificiale. I porti franchi ospitano i viaggiatori più strani: uomini d’affari senza scrupoli, cyberkiller spietati, mercenari, avventurieri e navigatori al soldo delle compagnie multi planetarie che trasportano ovunque i metalli graffiati agli asteroidi”
Helena Svensson, abile hacker dotata di un impianto neurale, ha portato a termine l’ennesima missione, riuscendo a incassare una considerevole cifra di crediti che le permetteranno di allontanarsi dalla Terra e sfuggire da un mandato di cattura. Ma al momento dell’incontro con il suo compagno e complice, Jedediah, qualcosa non fila per il verso giusto e viene arrestata e condannata a 20 anni di prigionia in un gigantesco carcere orbitale di massima sicurezza: Lazareth.
Jun è disoccupata, Sakurako è una casalinga, Akari è divorziata e Fumi sposata. Sono quattro amiche di Kobe che si avvicinano ai quarant’anni. Separatamente affrontano un’età della vita in cui si pongono grandi quesiti sul futuro sentimentale, insieme trovano il modo di condividere gioie e sofferenze. Dopo aver seguito il seminario del guru Ukai, si pongono dubbi sulle proprie esistenze e la scoperta che Jun ha un amante più giovane ed è in procinto di divorziare cambia le dinamiche del gruppo.
La maledizione che accompagna film come Happy Hour è quella di vederli citati sempre in relazione alla lunghezza.
Che evidentemente, nonostante la tendenza al bingewatching e l’esplosione dell’offerta in ambito di audiovisivo, resta un tabù invincibile. I 317 minuti di durata del film di Ryusuke Hamaguchi rimangono il dato più evidente, incontrovertibile e ingombrante, ma – fuor di ogni retorica – anche il meno significativo.
Happy Hour non potrebbe durare un minuto in meno senza alterare il suo incedere inesorabile e la sua capacità avvolgente di tratteggiare, con dovizia di particolari, ogni personaggio ritratto. Potrebbero forse “I Buddenbrook” racchiudere tutto in un centinaio di pagine? Ryusuke Hamaguchi ci invita a compiere uno sforzo, per compartecipare di un affresco che ha bisogno di un tempo dilatato per rappresentare l’evoluzione di emozioni carsiche, come quelle vissute dalle sue protagoniste in risposta a traumi esistenziali. Il tempo necessario, che richiede la consapevolezza di un nuovo amore, o di una infedeltà; il tempo che richiede la presa di coscienza del nostro ruolo nella famiglia, nella società, o nel cosmo. La sceneggiatura, premiata al Festival di Locarno insieme alle quattro interpreti, è costruita come un continuo confronto tra un testimone che si fa narratore di quanto ha assistito, e un altro personaggio che rimane in ascolto.
Il punto di vista è dinamico e danzante, al contrario di una regia che impone la lentezza routinaria del quotidiano, filtrandola attraverso lievi immagini desaturate, o utilizzando una luce abbagliante per entrare nelle case delle protagoniste e agevolare il loro processo introspettivo.
Un incidente stradale in cui quasi inavvertitamente uccide un uomo mette in crisi un maturo pubblicitario a un passo dal pieno successo professionale. È, forse, l’opera più matura di E. Olmi prima di L’albero degli zoccoli . Il cambio di registro sociologico frena quella partecipazione emotiva che riscalda i suoi film precedenti, ma gli detta una maggiore lucidità critica e una durezza sommessa che gli asciugano le frange crepuscolari. Con la sordina della malinconia è anche una mesta meditazione sull’avvicinarsi della vecchiaia e sulla morte.
Lei è americana, maniaca del verde e vuole a tutti i costi un certo appartamento con serra. Lui è francese e vuole la carta verde di soggiorno negli USA. Si sposano per convenienza. L’ufficio immigrazione indaga e loro s’innamorano davvero. Commediola simpatica e un po’ facile, meccanica e solo a momenti divertente. Depardieu tracima, ma funziona.
Un film di Manoel De Oliveira. Con Luìs Miguel Cintra, Diego Doria, Miguel Guilherme Titolo originale Não, ou a vã gloria de mandar. Drammatico, durata 101′ min. – Portogallo, Spagna, Francia 1990. MYMONETRO No, o la folle gloria del comando valutazione media: 3,00 su 4 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Sullo sfondo della guerra coloniale in Angola nel 1974 _ con un tenente (Cintra) a far da narratore _ si rievocano quattro traumatiche e simboliche sconfitte portoghesi contro i Romani, gli Spagnoli nel secolo XV, i Mori nella battaglia di Alcazarquivir nel 1578 e negli anni ’70 del ‘900 per difendere l’ultimo degli imperi coloniali. Sontuoso e ascetico, didattico e metafisico, surreale e carico d’ironia, radicale nel rifiuto del naturalismo, il vecchio Oliveira tiene la sua lezione di storia. Da citare almeno 3 momenti: la più bizzarra sequenza di battaglia mai vista sullo schermo, in bilico tra sublime e ridicolo; l’incantata trasposizione di un capitolo del poema I Lusiadi di Camões ai confini col Kitsch; il monologo della “nonna” sul campo di battaglia, tolto da un sermone di António Vieira, missionario e scrittore portoghese del ‘600.
70 anni dopo Douro , suo 1° film, il 93enne de Oliveira torna a filmare Porto, scelta come capitale europea della cultura 2001. Non potendo fare un documentario (troppi cantieri per le strade), rovista nei cassetti di casa, spulcia nei diari, evoca i fantasmi non sempre innocui della sua memoria, accende il faro dei suoi ricordi sui poeti e scrittori esiliati o morti suicidi, scherza su sé stesso giovane buffone innamorato, riscrive “la carta geografica della sua città in prima persona” (F. Tassi) e la commenta a voce. Accolto a Venezia 2001 da un lungo, commosso applauso del pubblico in piedi. Presentato nella primavera 2009 in una rassegna sul cinema portoghese a Pordenone e Udine. Versione originale sottotitolata.
Con la figlioletta Maria Joanna di sette anni una giovane docente di storia s’imbarca a Lisbona su una nave da crociera diretta a Bombay, dove l’aspetta il marito. La nave fa scalo a Marsiglia, Napoli, Atene, Istanbul, Aden, dove si fa visita ai luoghi storici e ai miti fondatori della cultura mediterranea. A bordo s’incontrano tre donne famose. Cinema saggistico in forma di racconto di viaggio in mare durante il quale a tavola si discorre con elegante noncuranza di grandi questioni: il destino della civiltà europea, la comunicazione tra i popoli, lo scontro di culture diverse, il futuro dell’umanità. È anche, nel suo inatteso e tragico finale, una pessimistica metafora della fine della civiltà occidentale, corretta da un accenno utopico (si farà sul serio l’Europa unita?) e dalla sua vocazione alla tolleranza e al multilinguismo, colpita dal terrorismo che ha le connotazioni oscure di un Male insondabile. Cinema affidato alla parola, didattico a livello elementare nella sua 1ª parte, governato dalla lucida saggezza del 95enne de Oliveira, e dal suo sorriso che si trasforma e si fissa con un fermo-immagine nella smorfia di esterefatto dolore sul volto del comandante. Fotografia: Emmanuel Machuel. Senza musica. Prodotto da Paulo Branco. Parlato in 5 lingue con sottotitoli.
Sotto i segni della precarietà e della morte e in cadenze di melodramma disperato, è la storia di un naufragio. Ritratto di Daniele Dominici, professore di letteratura, angelo caduto e insabbiato, che arriva al capolinea della sua vita in una Rimini invernale. S’innamora di Vanina, sua allieva, vaso d’iniquità nel guscio di un’insondabile malinconia. C’è un eroe “maledetto” (memorabile il cappotto di cammello dell’intenso A. Delon), c’è un ambiente, un’atmosfera, ci sono i personaggi di contorno (tra cui spicca un ottimo G. Giannini), c’è una scrittura. Qualcosa di ridondante nella 2ª parte – la descrizione dell’ignobile verminaio provinciale cui si contrappongono le sortite verso i cieli di uno spiritualismo cristiano – impedisce la piena ammirazione. Scritto con Enrico Medioli, il 7° e penultimo film di Zurlini conta sulla raffinata fotografia di Dario Di Palma, le musiche (troppe trombe) di Mario Nascimbene, le scene di Enrico Tovaglieri. Prodotto da Titanus, coproduttore A. Delon che scorciò di 27′, modificandone il montaggio, l’edizione francese ( Le Professeur ). Restaurato nel 2000 da Philip Morris.
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