Ad Atene, una squadra formata da un paramedico, un’infermiera, una ginnasta e il suo allenatore sostituisce sotto compenso persone appena defunte per aiutare amici e parenti a lenire il dolore dell’elaborazione del lutto. Si fanno chiamare Alpeis (Alpi), perché, come quelle montagne, possono rappresentare qualunque altro monte nel mondo ma non possono essere scambiate per altri. Ognuno di loro porta il nome di una delle vette della catena montuosa.
Band of Brothers – Fratelli al fronte (Band of Brothers) è una miniserie televisivastatunitense in 10 puntate prodotta da Steven Spielberg e Tom Hanks con la partecipazione della rete HBO nel 2001. La miniserie è stata ispirata dal libro Banda di fratelli (Band of Brothers: E Company, 506th Regiment, 101st Airborne from Normandy to Hitler’s Eagle’s Nest) del 1992 dello storico Stephen Ambrose, che ha anche partecipato come consulente. Può essere considerata a tutti gli effetti come uno spin-off del film Salvate il soldato Ryan che aveva Spielberg come regista e Hanks come protagonista
The Pacific è una miniserie televisivastatunitense di genere bellico prodotta da Steven Spielberg e Tom Hanks, insieme al network HBO e alle case di produzione Seven Network Australia e DreamWorks. The Pacific, anch’esso incentrato su fatti di cronaca realmente accaduti, si differenzia dalla miniserie Band of Brothers – Fratelli al fronte, anch’essa prodotta da Steven Spielberg e Tom Hanks, in quanto incentrata sugli avvenimenti della guerra del Pacifico, anziché sullo scenario europeo. Nella versione originale la voce narrante è quella di Tom Hanks (doppiata in italiano da Roberto Chevalier), che apre ogni puntata insieme alle parole di testimonianza di alcuni sopravvissuti e ad immagini di repertorio. Il 7 dicembre 1941 la base navale di Pearl Harbor viene attaccata dalle forze militari nipponiche, causando di conseguenza l’intervento americano nella seconda guerra mondiale. Il tenente colonnello Lewis “Chesty” Puller tiene un discorso ai Marinesdel suo battaglione e annuncia loro che combatteranno la guerra sul fronte del Pacifico, dove l’Impero giapponese sta ottenendo numerose vittorie. La 1ª Divisione Marines, di cui fanno parte tra gli altri i marines John Basilone e Robert Leckie, viene quindi mandata sull’isola diGuadalcanal, un luogo fino a poco tempo prima sconosciuto. Negli Stati Uniti, nel frattempo, Eugene Sledge, che non aveva potuto arruolarsi prima per un soffio al cuore, inizia l’addestramento nel Corpo dei Marines.
Finalmente in arrivo, dopo un parto piuttosto travagliato, l’adattamento di “Masters of the Air: America’s Bomber Boys Who Fought the Air War Against Nazi Germany”, best seller di Donald L. Miller di cui da quasi un decennio si vocifera la realizzazione. Inizialmente prevista da HBO, è stata poi Apple TV + ad accaparrarsi la miniserie prodotta da Steven Spielberg e Tom Hanks che ricostruirà le azioni dell’Ottava Forza Aerea dell’Esercito degli Stati Uniti, il battaglione americano che più soffrì nei combattimenti contro i nazisti. La miniserie vanta un cast importante: da Austin Butler, noto per la sua interpretazione di Elvis nell’ultimo film di Baz Luhrmann, a Barry Keoghan (Dunkirk). A questi si aggiungono due figli d’arte: Sawyer Spielberg e Rafferty Law (figlio di Jude Law). La serie è considerata come il terzo capitolo di un progetto narrativo sulla lotta armata tra le Forze Alleate e l’Asse, guidato da Spielberg e Hanks, che ha già dato alla luce le miniserie Band of Brothers (2001) e The Pacific (2010).
Visionario fino in fondo, con la nuova peste a roderlo dentro, Derek Jarman ha diretto un altro film significativo. Un’opera a bassissimo costo, 750 milioni di lire circa, di impianto teatrale. Ma, come già accaduto in Edoardo II, si tratta di teatro al servizio del cinema. Ludwig Wittgenstein è il famoso filosofo austriaco autore delTractatus logico-philosophicus. Di famiglia molto ricca, ha deciso a un certo punto della sua vita di vivere in povertà. Passato attraverso molte disgrazie familiari, suicidi e pazzie, Ludwig si era guadagnato grande stima da parte di Bertrand Russell, luminare di Cambridge. Storia e poesia nella visione crepuscolare dell’autore
Un pistolero americano che ha venduto la sua pistola a un signorotto messicano varca il confine, preso dalla nostalgia degli Stati Uniti. Ma lì si innamora di una donna sposata e uccide un uomo che l’ha insultata. Deve tornare in Messico, dove si mette in urto con i suoi antichi padroni. Ma avrà il modo di salvare il marito della sua amante e di stabilirsi con lei, questa volta definitivamente, negli Stati Uniti.
Un western comico pervaso di intelligente umorismo: un uomo si stabilisce in un paesino del West assieme al suo gregge di pecore. Gli allevatori di bovini, temendo un danno ai propri pascoli, tentano di mandarlo via prima con le buone, poi con le cattive.
Cordoba è un bandito messicano che nel 1912 compie feroci scorribande al confine tra Messico e Stati Uniti. Un capitano dell’esercito USA ha l’incarico di eliminarlo. Ritmo veloce, ma lento pensiero in questa ibrida e fiacca imitazione dello “spaghetti-western”.
Il forzuto agente assicurativo Earp (Spencer) si associa allo svelto pistolero Doc (Hill) per dare la caccia all’astuto e feroce bandito Bill Sant’Antonio (Wolff) che ha rapinato un treno. G. Colizzi esordisce nella regia, anche come produttore (Crono) e sceneggiatore, mettendo insieme 2 attori _ veri nomi: Mario Girotti e Carlo Pedersoli _ in una coppia che cambierà il volto dello “spaghetti-western”. Il successo di pubblico è tale (2 miliardi d’incasso) che li riunisce in altri due western: I quattro dell’Ave Maria e La collina degli stivali, migliori del primo anche se meno redditizi. Ricco di flashback e di scene violente (torture comprese), e già incline a introdurre elementi estranei al genere. Il titolo originale era Il cane, il gatto, la volpe, rispettivamente interpretati da Spencer, Hill e Wolff che è anche un po’ serpente.
Cacciatore di taglie deve uccidere due disgraziati che hanno massacrato gli uomini e rapito la figlia di un riccone. Sequel non ufficiale di Django , doveva uscire infatti con il titolo 7 dollari su Django , è un western bizzarro, romantico, diretto con una certa eleganza, ma che porta anche l’impronta degli sceneggiatori, Scavolini, Gastaldi, Martino e Fogagnolo.
Un giovane provinciale, ambizioso e privo di scrupoli, ma tutto sommato ingenuo, cerca di dare la scalata al successo. Crede di esserci riuscito quando conquista l’amore di una ereditiera. Purtroppo, però, ha già una relazione con un’operaia che attende un figlio da lui, così quando questa cade da un barca il giovanotto la lascia affogare guadagnandosi la sedia elettrica.
Due carcerati, il bianco Johnny Jackson e il nero Noah Colleen, scappano insieme dal furgone blindato della polizia. Sono legati tra loro da una catena, ma litigano e fanno a botte in continuazione.
Roma: età di Tiberio imperatore. Il giovane e nobile Marcello ritrova a un’asta di schiavi la bella Diana, innamorata di lui da quando erano bambini. Marcello acquista lo schiavo Demetrio soffiandolo a Caligola, futuro imperatore. La vendetta non si fa attendere, Marcello è inviato come tribuno in Palestina, cioè nella terra più irrequieta di tutto l’impero. È proprio il momento dei fatti di Pilato e Gesù. Questi è condannato a morire sulla croce e l’incarico della crocefissione viene affidato proprio a Marcello che, bagnatosi col sangue del Cristo, non regge al rimorso e quasi impazzisce. Torna a Roma ricevuto da Tiberio, che dopo aver ascoltato il racconto del tribuno lo rimanda sul luogo a cercare la tunica di questo strano predicatore. Intanto Diana è stata promessa a Caligola, ma ama più che mai Marcello. In Palestina il romano ritrova Demetrio che custodiva la tunica. Marcello si è ormai convertito quando torna a Roma. Nel frattempo Caligola è diventato imperatore e non ha dimenticato. Marcello viene catturato e condannato a morte. Diana sceglie di morire con lui. La Fox aveva scelto questa storia di Lloyd Douglas dagli evidenti accenti mélo per un’importantissima operazione di cinema: La tunica doveva rappresentare la prima, vera, concreta risposta del cinema a quello che stava diventando lo strapotere della televisione. Così il film venne fotografato in cinemascope e il vecchio schermo quadrato venne praticamente moltiplicato per tre. È stata una delle più importanti invenzioni del cinema, la prima di una serie che arriva ai nostri giorni e che continuerà. La Fox era specializzata nella versione di grandi romanzi più o meno popolari (di autori come Hemingway e Fitzgerald, per esempio), realizzando una contaminazione efficace e tutto sommato positiva, anche se venivano privilegiati il sentimento e l’effetto. Anche La tunica, seppur scritto da un autore meno nobile di quelli citati, rientra perfettamente in questi concetti. Il risultato, sul piano squisitamente cinematografico, fu ottimo, il film fece grandi incassi ed ebbe la nomination per l’Oscar. Dunque si può affermare che il 1953 sia l’ultimo anno dell’era non televisiva, l’ultimo anno del cinema puro, senza condizionamenti. Il critico Mario Guidorizzi, forse con un pizzico di paradosso, nel saggio introduttivo del suo Hollywood afferma proprio che il cinema finisce nel 1953. Vale la pena ricordare i cinque titoli finalisti per gli Oscar di quell’anno: Da qui all’eternità (vincitore), Giulio Cesare, Il cavaliere della valle solitaria, Vacanze romane e, appunto, La tunica. Se era la fine di un’epoca, era uno splendido canto del cigno.
Grazie alla guida di un vecchio sergente, quattro fanti americani della divisione “The Big Red One” sopravvivono a quattro anni di guerra sui vari fronti, dall’Algeria alla Germania. Una lezione di cinema. E di guerra. Film autobiografico, è il testamento di Fuller, la sintesi della sua esperienza bellica. Fa il contropelo ai film bellici hollywoodiani e lo dedica ai superstiti perché (come dice Carradine, alter ego del regista) “la sopravvivenza è l’unica vera gloria in guerra”. Non sono poche le scene memorabili e ancor più rari i film che della guerra raccontano gli aspetti bizzarri e tremendi.
Dopo più di vent’anni, ritorna Il grande uno rosso in versione completamente ricostruita, con l’aggiunta di 40 minuti e 8 sequenze assenti nella prima versione, recuperate a partire dallo script e dagli appunti originali del regista, dai tagli di pellicola e dalle piste sonore di proprietà della Warner Bros.
Si tratta dell’ultimo film diretto da Jarman, con il parziale aiuto di David Lewis. È un esperimento molto radicale, monocromatico. Infatti lo schermo è completamente coperto dal colore blu mentre la voce del regista ci fa attraversare dal di dentro le tensioni di un malato terminale di Aids. È autobiografico, ma come è nello stile del regista non manca l’ironia. Una storia troppo impegnativa per il grosso pubblico. Molto bella la musica di Simon Fisher Turner.
Una ragazza sordomuta viene violentata da un marinaio. La paternità del bimbo che le nasce viene attribuita al giovane medico che aveva dimostrato interesse per la giovane aiutandola a trovare un modo di esprimersi e comunicare con gli altri. Ma il vero colpevole si scopre quando tenta di sottrarre il bambino alla madre, che disperata lo uccide. Grazie ad una testimonianza, il tribunale le riconosce la legittima difesa e la sordomuta sposa finalmente il medico.
Un bandito messicano ruba ad un mite cacciatore il magnifico purosangue che l’uomo vorrebbe usare per rifarsi una vita come allevatore. Deciso a riaverlo ad ogni costo, il cowboy è costretto ad impugnare la pistola.
Brent Landers, ricercato per un delitto non commesso, batte il Nuovo Messico alla ricerca dell’uomo che può dimostrare la sua innocenza. Lo trova ma è costretto a ucciderlo. E con lui molti altri per salvare una ragazza di cui è innamorato. Uno dei classici del western all’italiana. Anche se la fattura è ancora rozza, e gli autori si muovono con notevole goffaggine. Ma ad un anno dal “boom” di Per un pugno di dollari il genere era in piena voga. Bastava Gemma a decretare il successo di una pellicola.
Negli anni ’70 dell’Ottocento lo sceriffo di Hadleyville sposa una quacquera e dà le dimissioni, deciso a partire, ma cambia idea quando apprende che con il treno di mezzogiorno arriverà un bandito, da lui arrestato per omicidio, che vuole regolare i conti con l’aiuto di tre complici. Abbandonato da tutti, affronta da solo gli aggressori. Raccontato in tempo reale con una ingegneria narrativa che ha il suo culmine nella sparatoria finale, è una lezione di etica civile in forma di western e soffre di un certo schematismo. Prodotto da Stanley Kramer, scritto da Carl Foreman (intellettuale di sinistra finito sulla lista nera negli anni del maccartismo), ispirato al racconto The Tin Star di John W. Cunningham, valse a Cooper il 2° Oscar della sua carriera. Altre 3 statuette: montaggio (Elmo Williams, Harry Gerstad), musica (Dimitri Tiomkin), canzone del titolo (Tiomkin, N. Washington), cantata da Tex Ritter. Circola in TV colorizzato, a scempio dello splendido bianconero del grande Floyd Crosby.
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