L’esperienza (Tadjrebeh) di Abbas Kiarostami – Iran 1973 con Hossein Yarmohammadi, Parviz Naderi **1/2
l quattordicenne Mahmad lavora come garzone in uno studio fotografico, all’interno del quale trascorre anche le notti. Trattato male o con sufficienza dal padrone del negozio, che non perde occasione per rimproverarlo, il ragazzo passa le giornate facendo le pulizie e servendo il tè, e le sere ascoltando la radio e osservando il mondo introno a lui.
Un film di Wes Anderson. Con Gene Hackman, Anjelica Huston, Ben Stiller, Gwyneth Paltrow, Luke Wilson. Titolo originale The Royal Tenenbaums. Commedia, durata 109 min. – USA 2001. MYMONETRO I Tenenbaum valutazione media: 3,86 su 31 recensioni di critica, pubblico e dizionari Royal e Etheline Tenenbaum, newyorkesi dell’upper class, hanno avuto tre figli. Tre bambini prodigio: Chas, piccolo genio della finanza inventore di topi dalmata; Richie, giovane campione di tennis; e Margot, figlia adottiva drammaturga iperdepressa. Dopo anni di separazione i tre fratelli adulti si ritrovano a fare un tuffo nel passato della grande e colorata casa d’infanzia di Archer Avenue (che tanto ricorda quella degli Amberson wellesiani) tra vecchi giochi in scatola e vinili impolverati. Tutto in questo bizzarro universo isolato dal mondo reale sembra rimasto com’era. Le camerette ospitano ancora giradischi, disegni infantili e tende da campeggio. I tre vestono ancora come una volta: tuta rossa e folto cespuglio di capelli Chas, pelliccia e occhi truccatissimi Margot, tenuta da tennista e occhiali scuri il timido Richie. Ma le loro vite sono cambiate: Chas, in seguito alla perdita della moglie, è diventato un maniaco della sicurezza sua e dei due figli; Margot, con un matrimonio infelice in corso, è altrettanto triste con il suo amante clandestino Eli Cash, vicino dei Tenenbaum con l’unico desiderio di “essere un Tenenbaum”. Richie, da sempre segretamente innamorato della sorella adottiva, si è imbarcato dopo aver perso un match decisivo proprio il giorno successivo al matrimonio di Margot. L’occasione della loro riunione è il ritorno a casa del padre Royal, forse gravemente malato, proprio nel momento in cui la sua ex moglie sta per risposarsi. Strutturato in capitoli dall’andamento descrittivo (più che narrativo) legati tra loro dall’intervento di un’eloquente voce narrante, la terza dolceamara e matura opera di Wes Anderson esalta le atmosfere eleganti, nostalgiche e surreali dei film precedenti, creando un mosaico di personaggi demodè, eccentrici e realistici allo stesso tempo. La sua grandezza è quella di riuscire, attraverso l’ironia delle sue figure stralunate, a parlarci in maniera lieve, originale e personalissima di sentimenti universali. Supportato da un appropriato universo musicale retrò (brani dei Velvet Underground, dei Beatles, di Nico e Paul Simon) e da una curatissima scenografia dai colori pop, il film, che potrebbe essere stato scritto dal Salinger di Franny & Zooey o dall’Ashby di Harold e Maude, vibra d’intensità grazie alla sentita interpretazione degli attori, qui in ruoli per loro inconsueti: dalla depressa Paltrow in versione dark, all’introverso sensibile Luke Wilson, passando per lo svanito Owen Wilson (autore insieme all’amico regista della sceneggiatura), fino ad arrivare all’immaturo e infantile padre di famiglia dandy Royal, interpretato da un intenso e stravagante Gene Hackman. A completare il quadro una galleria di personaggi “minori” che, come di consueto nel cinema “attento allo sfondo” di Wes Anderson, non sono mai marginali: dal fedele domestico Pagoda al finto medico interpretato da Seymour Cassel, volto invecchiato di quell’universo anni Settanta tanto amato dal regista.
Un film di George Stevens. Con Rock Hudson, Elizabeth Taylor, Mercedes McCambridge, Carroll Baker, James Dean. Titolo originale Giant. Drammatico, Ratings: Kids+16, durata 201′ min. – USA 1956. MYMONETRO Il gigante valutazione media: 3,84 su 21 recensioni di critica, pubblico e dizionari. Bick Benedict, barone del bestiame del Texas, sposa Leslie Lynnton, bella e ricca ragazza del Maryland. Jett Rink, bracciante innamorato senza speranza di Leslie, scopre il petrolio in un terreno ereditato. Molti anni dopo, per prendersi una rivincita, Jett, ormai ricchissimo, corteggia una giovane Benedict. Da un romanzo di Edna Ferber un Via col vento alla texana. Saga familiare, affresco storico-sociale, melodramma con tanti temi al fuoco: razzismo, matrimoni misti, bigottismo, conflitti tra generazioni, ossessioni psicoanalitiche. Dean ruba il film alla coppia Hudson-Taylor e ha almeno due scene memorabili. 10 nomination e un Oscar per la regia. Scritto da Fred Guiol e Ivan Moffat. Ultimo film di Dean, morto in un incidente d’auto poco prima che le riprese fossero finite.
Un film di Gianni Amelio. Con Jacques Gamblin, Catherine Sola, Maya Sansa, Denis Podalydès, Ulla Baugué. Titolo originale Le premier homme. Drammatico, durata 98 min. – Italia, Francia, Algeria 2011. – 01 Distribution uscita venerdì 20aprile 2012. MYMONETRO Il primo uomo valutazione media: 3,87 su 48 recensioni di critica, pubblico e dizionari. Lo scrittore Jean Cormery torna nella sua patria d’origine, l’Algeria, per perorare la sua idea di un paese in cui musulmani e francesi possano vivere in armonia come nativi della stessa terra. Ma negli anni ’50 la questione algerina però è ben lontana dal risolversi in maniera pacifica. L’uomo approfitta del viaggio per ritrovare sua madre e rivivere la sua giovinezza in un paese difficile ma solare. Insieme a lui lo spettatore ripercorre dunque le vicende dolorose di un bambino il cui padre è morto durante la Prima Guerra Mondiale, la cui famiglia poverissima è retta da una nonna arcigna e dispotica. Gli anni ’20 sono però per il piccolo Jean il momento della formazione, delle scelte più difficili, come quella di voler continuare a studiare nonostante tutte le difficoltà. Tornato a trovare il professor Bernard, l’insegnante che lo ha aiutato e sorretto, il Cormery ormai adulto ascolta ancora una volta la frase che ha segnato la sua vita: “Ogni bambino contiene già i germi dell’uomo che diventerà”. Senza mezzi termini il miglior film di Gianni Amelio almeno dai tempi de Il ladro di bambini. Adattamento del romanzo di Albert Camus, Il primo uomo ripercorre a ritroso le vicende di un personaggio straordinario, silenzioso e deciso, che ricerca nel proprio passato anche doloroso le convinzioni che lo hanno portato ad essere ciò che è nel presente. Lo stile del regista è come sempre asciutto ed elegante, evita inutili infarcimenti estetici e si concentra sulla pulizia e sull’efficacia dell’inquadratura. Ogni primo piano su volti segnati dalla loro vicenda personale è preciso, giustificato, emozionante. In questo lo supporta alla perfezione la fotografia accurata ma mai espressionista di Yves Cape, tornato con questo lungometraggio ai livelli altissimi che gli competono. Anche la sceneggiatura alterna i piani temporali costruendo un equilibrio narrativo basato sulla vita interiore del personaggio principale, un’architettura narrativa complessa e sfaccettata che funziona a meraviglia. Poi ovviamente ci sono gli attori, tutti in stato di grazia. Jacques Gamblin possiede la malinconia e insieme il carisma necessari per sintetizzare al meglio l’anima di una figura complessa come Jean Colmery. Accanto a lui una schiera di volti che regalano dignità e verità a tutte le parti, anche le più piccole: su tutti vale la pena citare una sontuosa Catherine Sola nelle vesti della madre di Jean, interpretata in gioventù dalla brava Maya Sansa. Un’opera raffinata e umanissima, in grado di rivendicare l’importanza della memoria non solo personale ma collettiva, una memoria che deve essere adoperata come strumento d’indagine delle contraddizioni del presente. Sotto questo punto di vista quindi un film che guarda al passato per farsi attuale e necessario. Cinema di qualità estetica elevata e d’importanza civile. Da applauso.
Regia di James Ivory. Un film Da vedere 1987 con Denholm Elliott, Hugh Grant, James Wilby, Helena Bonham Carter, Rupert Graves. Cast completoTitolo originale: Maurice. Genere Drammatico – Gran Bretagna, 1987, durata 140 minuti. Consigli per la visione di bambini e ragazzi: V.M. 14 – MYmonetro 3,86 su 10 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. Dal romanzo (postumo) di E.M. Forster. Due compagni di università si innamorano tra di loro. Dopo la scuola, uno, timoroso della dura morale vittoriana, si sposa e cerca di dimenticare il suo passato omosessuale. Per l’altro è più difficile. Dopo essersi tormentato a lungo, finisce per accettare la propria identità sessuale. Ivory soddisfa la sua ambizione di portare in cinema il romanzo “proibito” di Forster, ma la tematica ormai suona un tantino scontata (dopo molti film sull’argomento).
Due pellegrini affamati partono da Roma verso il Nord, attraverso la campagna; lungo la strada altri si aggiungono a loro, ciascuno diverso dall’altro, ma accomunati dal bisogno di cibo. Scritta con Vincenzo Cerami, è una fiaba comico-poetica, dominata dallo sguardo dal basso del suo autore: distaccato, affettuoso, semplice eppur misteriosamente trasfiguratore. È lo sguardo di un anarchico epicureo che guarda il mondo come se per istinto (o antica saggezza?) sapesse già tutto. Qualche squilibrio: il film per le sale è la riduzione di un’edizione per la TV di 3 puntate.
Dalla segretissima base scientifica Stazione 3 vengono sottratte alcune fiale contenenti il pericolosissimo virus denominato “Satan”. L’autore del furto, dopo aver dimostrato ai danni di una cittadina gli effetti devastanti dell’arma ora in suo possesso, ricatta il governo degli Stati Uniti chiedendo la messa al bando di ogni ricerca finalizzata alla guerra batteriologica. Se le autorità non accetteranno il patto, Los Angeles sarà distrutta. Da un romanzo del prolifico MacLean, John Sturges dirige una storia incalzante coadiuvato dalla musica di Jerry Goldsmith e da buoni protagonisti. Il tema fa leva sulle nuove paure che negli anni ’60 si diffondono nell’opinione pubblica riguardo i possibili usi militari (e i conseguenti danni per la popolazione e l’ambiente) delle sperimentazioni biologiche: un argomento svolto qui essenzialmente secondo i tempi del thriller, destinato ad acquistare in seguito forza ben più drammatica.
1899: un celebre pistolero, ormai vecchio, decide di lasciare il West e partire per l’Europa. Incontra un giovanotto che lo ammira e gli si mette alle costole, costringendolo a un’ultima, memorabile impresa… È un proseguimento ideale dei Trinità (manca Bud Spencer) e per molti versi è meglio dei suoi “genitori”: la contrapposizione Hill-Fonda è un’invenzione furbesca che tiene in piedi un western allegro e divertente. Ideato e prodotto da Sergio Leone.
Per risarcirsi di aver perduto quanto aveva di più caro, Owie Kemp (Stewart) dà la caccia a Ben Vandergroat (Ryan) sul quale pende una taglia di 5000 dollari. Lo cattura insieme alla sua ragazza Lina (Leigh) in una zona delle Montagne Rocciose, ma per scortarlo ad Abilene deve prendere con sé due infidi compagni, un cercatore d’oro (Mitchell) e un ufficiale disertore (Meeker). Durante il viaggio Ben gioca d’astuzia per seminare discordia tra i tre. 3° dei 5 western di J. Stewart con la regia di A. Mann e il 1° non scritto da Borden Chase, sostituito da S. Rolfe e H.J. Bloom. Il che purtroppo si sente, anche nel personaggio di Stewart, pur così sfaccettato nel suo impasto di dirittura morale e cinismo amaro. Il vilain R. Ryan gli ruba più di una volta la scena. La suggestione del paesaggio montagnoso, esplorato nei minimi anfratti dalla cinepresa di William Mellor; il rapporto tra personaggi e natura; l’insolita importanza drammatica del personaggio femminile; uno splendido duello finale ne fanno un western da non perdere. Girato nel Colorado. Nomination all’Oscar per la sceneggiatura.
Capitano americano si finge mercante e va in Messico per scoprire chi vende fucili agli Apaches. Il suo compito è duramente ostacolato dal figlio di un ricco proprietario. 5° e ultimo film di Mann con Stewart, scritto da Philip Yordan e Frank Burt che gli hanno dato una struttura da tragedia classica sulla fine di una potente e corrotta famiglia. Una dose di violenza maggiore del solito, dialoghi piccanti, un ottimo uso dei paesaggi del New Mexico. Il sapiente gioco dei conflitti psicologici in un mondo primitivo ha un’insolita attendibilità storica. 1° film in Cinemascope di Mann. Restaurato.
Dopo La finestra della camera da letto e Cattive compagnie, il regista Hanson confeziona questo film senza infamia e senza lode, comunque sotto le aspettative. Tuttavia evoca atmosfere alla Hitchcock. Peyton, alterata psicologicamente a causa della perdita del marito e del proprio bambino, viene assunta in casa Bartel come governante. Dietro questa assunzione però c’è di mezzo una vendetta: la signora Bartel infatti ha portato indirettamente al suicidio il marito di Peyton..
Un film destinato al mercato estero e soprattutto americano. Infatti gli italiani sono proprio come ci vedono gli stranieri. Cliché, vedute turistiche. I figli di Matteo Scuro, interpretato da Mastroianni, vivono tutti in grandi città. Non ce n’è uno in provincia o in un paesino. Matteo ha dato i nomi ai figli pensando alle sue opere liriche preferite: Canio, Tosca, Guglielmo, Norma e Alvaro. Vorrebbe unirsi a loro ma sono troppo impegnati, così li cerca a Napoli, Roma, Firenze, Milano e Torino. Non sarà tutto rose e fiori. Qualche rara sequenza divertente c’è, come il bambino che guarda la lavatrice e non la televisione, ma si sente una ricerca presuntuosa delle scene madri e alla fine si rimane orfani ugualmente.
Negli Stati Uniti d’inizio anni ’40, Stan, uomo senza averi e dal passato doloroso, si unisce a un luna park ambulante, dove impara i trucchi del mestiere dalla veggente Zeena e da suo marito Pete. Sedotta la giovane Molly, il cui numero consiste nel resistere alle scariche elettriche che le attraversano, parte con lei verso la grande città. Ambizioso e avido, diventa il Grande Stanton, indovino e sensitivo che col suo numero di pseudo occultismo seduce uomini ricchi e potenti e li convince di poter comunicare coi loro morti.
Un mago da luna park si accorda con una psicologa di pochi scrupoli per raggirare la gente con falsi esperimenti di spiritismo. La moglie non è d’accordo e lo abbandona. Truffato dalla sua complice, l’uomo ritorna dalla consorte.
Un uomo profondamente legato alla propria donna decide di eliminare un attempato dongiovanni che tenta di irretirla; lo trova già morto e, ovviamente, egli è il primo a essere sospettato.
Un ladro, con nobile passato di rivoluzionario e di combattente per la libertà, si imbatte in una coppia di contadini messicani poveri e disperati. La donna gli chiede di portarla via, l’uomo tenta di derubarlo, ma all’ultimo momento non ha il coraggio e addirittura lo difende dalla rabbia dei suoi ex compagni. Il ladro viene ucciso egualmente e la coppia messicana si ritrova più unita.
Traffichino dalle scarpe spaiate è incaricato dalla moglie di un operaio dell’Italsider di trovare il marito scomparso. Nella sua traversata del ventre di Napoli lo attendono sorprese. Commedia grottesca in cui la denuncia sociale sul degrado di Napoli ha cadenze di farsa, ma sfora nel fantastico sociale e ricorre alle tecniche dell’investigazione. Scritto da Elvio Porta con il regista. Musiche di Tullio De Piscopo e Pino Daniele.
La storia è molto semplice. I protagonisti si amano, emigrano in Argentina, si lasciano e si ritrovano fino a che uno dei due decide di fare ritorno ad Hong Kong. Ciò che rende interessante il film è che, nei panni dei due protagonisti, troviamo due attori divenuti famosi grazie a film d’azione. C’è poi la regia, sempre estremamente attenta all’uso del mezzo, di Wong Kar-Wai che ci trasmette l’inumanità di un mondo che non riesce ad accogliere l’umanità disperata che lo abita.
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