1970. Dopo accese discussioni e trattative poco chiare, si decide dove costruire una nuova grande fabbrica chimica. Bednarz, onesto uomo di partito, che vive nella cittadina dove la fabbrica dovrà sorgere, viene incaricato della costruzione. Ma la sua fedeltà a regole e principi gli creerà ben presto molti problemi.
Antek Gralak appena uscito di prigione e non vuole avere problemi con nessuno. Desidera solo un lavoro, una casa, una moglie, dei bambini. Con queste intenzioni, lascia la città d’origine, Cracovia, per andare in Slesia, dove inizia a lavorare in un cantiere. Tutto va per il verso giusto. Finché un giorno non scompare del materiale dal cantiere…
Romek, un ragazzo idealista di 19 anni, trova lavoro come sarto nel reparto costumi di una compagnia teatrale di Varsavia dove il suo nuovo collega, Sowa, è costretto a realizzare un costume per un solista prepotente, di nome Siedlecki, che non piace il risultato finale e porta i suoi problemi su Sowa e Romek che lo difende.
Interviste fatte da Kieslowski a 79 polacchi, di età dai 7 ai 100 anni. Le tre domande dell’inchiesta sono: In che anno sei nato? Che cosa fai? Che cosa desideri di più e chi è più importante per te?
Regia: Krzysztof Kieslowski. Durata: 10 minuti. Origine: Polonia, 1972.
Routine lavorativa di un’impresa di pompe funebri, alternata ad immagini di gente che passa nella strada di fronte. Immagini finali di neonati di un ospedale, ognuno contrassegnato dal proprio numero d’ordine.
La fotografia, girato in coincidenza con il film per il diploma “Dalla città di Lodz”, è il primo vero lavoro realizzato da Kieslowski per conto della televisione polacca ed è stato mostrato in televisione una volta sola. Andato perduto per ben due volte, oltre ad essere uno dei più cari all’autore, è probabilmente quello che meglio raggiunge lo scopo del suo primo documentarismo, sempre alla ricerca dell’evento, di un inaspettato moto della realtà. L’idea nasce da una fotografia mostratagli dal suo insegnante Kazimierz Karabasz, che ritrae due fratelli rispettivamente di quattro e di sei anni, in posa con berretto e mitragliatore in un cortile di via Brzeska, nel quartiere Praga di Varsavia da poco liberato dai russi. Era il 1944. Il giovane regista si propone di ritrovarli e insieme al suo maestro si mette sulle loro tracce, passando per vari uffici anagrafici e per i portoni di via Brzeska, ovviamente sempre seguito dalla macchina da presa.
Decalogo (Dekalog) è una serie di 10 mediometraggi prodotti dal 1988 al 1989 e diretti da Krzysztof Kieślowski. Ogni episodio, di circa 55 minuti, è indipendente dagli altri e racconta una storia di vita quotidiana ispirata, talora vagamente, talora in modo più esplicito, a uno dei dieci comandamenti biblici.
Byłem żołnierzem (Ero un soldato) è un cortometraggio documentario di Krzysztof Kieślowski del 1970.
Il film è incentrato sul racconto di un gruppo di soldati che hanno perso la vista a causa dell’esplosione di una mina. Gli orrori della guerra vengono descritti dalle parole di chi ne è tornato riportando non solo danni fisici permanenti, ma soprattutto traumi e ferite interiori che il tempo non riesce a cancellare. Ogni voce aggiunge particolari, opinioni, esperienze, sprazzi di storie personali che tracciano un quadro sempre più preciso degli avvenimenti accaduti. Nel corso della narrazione l’eroismo sbiadisce di fronte alla forza distruttrice della guerra che annichilisce l’uomo, privandolo della speranza e della possibilità di decidere della propria vita. La modalità scarna, essenziale del racconto è un gesto di accusa contro gli inganni della retorica patriottica.
Un giovane sbandato uccide un tassista in modo atroce e senza un apparente motivo. È condannato a morte e impiccato. La costruzione narrativa segue parallelamente i percorsi di tre personaggi (il ragazzo, il tassista e il giovane avvocato difensore). Versione più lunga destinata alle sale del Decalogo 5. Pur osteggiato all’epoca in patria, permise a Kieslowski (che vinse il Premio Speciale della Giuria a Cannes) di farsi conoscere a livello internazionale.
Un film di Douglas Sirk. Con Fred MacMurray, Barbara Stanwyck Titolo originale There’s Always Tomorrow. Commedia, Ratings: Kids+16, b/n durata 84′ min. – USA 1956. MYMONETRO Quella che avrei dovuto sposare valutazione media: 3,00 su 4 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Ha tutto per essere contento: brava moglie, figli, buon lavoro. Ma quando incontra una vecchia fiamma, abbassa la guardia ed entra in crisi. La sua ex, però, ha un nobile cuore: non vuole rovinargli il matrimonio. Rifacimento di There’s Always Tomorrow (1934). È un melodramma, turgido di passioni e conflitti ma di grande finezza nell’analisi psicologica, governato bene da Sirk che del mélo è un maestro. È il caso (non raro) di un remake migliore dell’originale.
Vermont, inverno 1929-30. Samuel Fulton, milionario eccentrico e celibe, si rifugia in incognito in una cittadina dove vive la famiglia Blaidsell di un suo amore di gioventù e di nascosto le regala centomila dollari (del 1929!). L’inattesa fortuna porta infelicità e fastidi a catena, ma il denaro dura poco e tutti ritornano felici e contenti. Scritto da Joseph Hoffman, è il 1° film in Technicolor di D. Sirk e il 1° dei 9 in cui diresse R. Hudson che divenne una star soprattutto per merito suo. Tra i suoi film minori, è il più gentile e nostalgico e il più “americano”: sembra una parabola alla Brecht, riveduta e corretta da Frank Capra. Briosa ambientazione, un uso intelligente delle canzoni e un C. Coburn mattatore. 1ª apparizione (veloce) di J. Dean, goloso di gelato.
Strane cose succedono alla signora Alison Courtland: addormentatasi nella sua casa di New York, si sveglia la mattina dopo nel vagone-letto di un treno diretto a Boston. Tornata a casa, trova il marito ferito da un colpo di pistola, la stessa che si trova nella sua borsetta. Tratto da un racconto di Leo Rosten, è uno dei meno noti e meno validi film di Sirk, un noir che appartiene al filone del thriller coniugale. Apprezzabile per la cura dell’ambientazione, il ritmo e la finezza della suspense psicologica
Charisma (カリスマ, Karisuma) è un film del 1999 scritto e diretto da Kiyoshi Kurosawa. Kurosawa scrisse la sceneggiatura del film nei primi anni 90, ma accantonò il progetto fino al 1999.
Yabuike è un detective di polizia, esperto nella negoziazione degli ostaggi. Egli decide di abbandonare lavoro e casa dopo che, a causa di una sua incertezza, un ostaggio era stato ucciso da un terrorista durante l’ultima sua missione. Il detective lascia la città per avventurarsi in una misteriosa foresta di montagna; qui scopre che la zona è abitata da alcuni strani individui che si contendono il possesso di un albero, chiamato Charisma. Alcuni di loro lo vogliono distruggere in quanto pensano che l’albero sia velenoso e che stia uccidendo tutti la vegetazione circostante, altri lo proteggono perché sicuri che in esso risieda l’anima della foresta. Chi di loro ha ragione? Yabuike, dapprima semplice spettatore, diviene lentamente la figura centrale della vicenda, il giudice della disputa, con il potere di decidere se salvare l’albero oppure distruggerlo.
I subita li ho tradotti con google, potrebbero esserci delle imprecisioni.
Nell’attesa di trovare un lavoro che gli dia la possibilità di emergere, Lou si guadagna da vivere rubando. Quando vede dei reporter free-lance in azione sul luogo di un incidente decide di intraprendere quella carriera e iniziare così la sua scalata verso il successo al soldo di una produttrice che intuisce il suo potenziale e gli chiede sempre di più. Se fatti cruenti e sanguinosi non accadono, basta farli accadere. Ottimo esordio per Gilroy, che sceglie di mostrarci il lato più cinico e meschino del mito americano in chiave moderna, ponendo al centro della vicenda un ragazzo venuto dal nulla (strepitoso Gyllenhaal), con un passato di disprezzi e umiliazioni, che si accultura su internet e impara tutto e in fretta. Non c’è analisi del passato, delle cause, Lou sembra essere semplicemente figlio della società odierna: ingannevole, amorale, cinica. Eccellente fotografia di Robert Elswit. Ottima anche la colonna sonora di James Newton Howard.
Fuga all’estero di un banchiere parigino nei guai con la giustizia e del suo segretario (ex-pugile), che cerca di derubarlo. La vicenda si svolge da quando i due si conoscono, a seguito di un annuncio, al loro viaggio verso New York e New Orleans.
Attorno alla figura del grande pittore Utamaro Kitagawa si intrecciano le vicende di passione di alcune cortigiane. In particolare la storia di Okita, la musa dell’artista, innamorato di lei senza essere ricambiato: Okita si contende, invece, il cuore di Shozaburo con la modella Takasode. Girato nel 1946 che vede il Giappone riprendersi dallo choc della guerra, Utamaro o meguru gonin no onna è per molti versi un’epitome della poetica di Mizoguchi Kenji. In netto contrasto con la consuetudine didascalica delle biografie, non vengono trattate vita e opere del grande pittore nipponico. Utamaro è reinventato come alter-ego del regista, come un simbolo, un catalizzatore di ribellione, che incarna la volontà di un Giappone deciso a rompere con una tradizione millenaria.
La dottoranda in astrofisica Kate Dibiasky e il suo docente all’Università del Michigan Dr. Randall Mindy scoprono che entro sei mesi una gigantesca cometa colpirà la Terra e provocherà l’estinzione del genere umano. Allarmati riferiscono tutto alla Presidente degli Stati Uniti Janie Orlean.
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